Iva delle locazioni brevi
Secondo la Corte Ue è corretto ritenere che lo sfruttamento
di un bene immobile diviene un’attività economica rilevante ai fini
IVA quando l’operatore “intraprende iniziative attive di
commercializzazione”, utilizzando mezzi simili a quelli impiegati per attività
di produzione, commercializzazione o prestazioni di servizi da soggetti
esercenti un’attività d’impresa, arte o professione.
Mentre è lo stesso paragrafo 1 dell’articolo 9 della
Direttiva 2006/112/CE che, dopo aver affermato che deve considerarsi
soggetto passivo IVA chiunque esercita, “in modo indipendente e in qualsiasi
luogo”, un’attività economica, senza tener conto delle finalità perseguite e/o
dei risultati raggiunti, precisa che alla nozione di attività economica deve
essere ricondotto, fra l’altro, anche “lo sfruttamento di un bene
materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità”.
La normativa nazionale, affinché una locazione
turistica divenga attività d’impresa, richiede la verifica non solo del
requisito della continuità nello svolgimento dell’attività economica, ma anche
quello dell’adozione di un’organizzazione in forma d’impresa. L’articolo
1 del DPR 633/1972 nel precisare che sono rilevanti ai fini Iva unicamente
le prestazioni di servizi e le cessioni di beni effettuate (nel
territorio dello Stato) da soggetti esercenti attività d’impresa, arti o
professioni richiama i tre requisiti (soggettivo, oggettivo e territoriale) che
devono sussistere affinché l’operazione consistente in una locazione breve venga
assoggettata al tributo.
Se, con riferimento agli ultimi due presupposti lo scenario
è “limpido” (da punto di vista oggettivo, il comma 2 numero 1 articolo 3 DPR
633/1972 prevede espressamente che costituiscono prestazioni di servizi, se
effettuate verso corrispettivo, “le concessioni di beni in locazione, affitto,
noleggio e simili” mentre, sotto il profilo territoriale, sono rilevanti Iva in
Italia unicamente le locazioni turistiche di immobili situati nel territorio
dello Stato) altrettanto pacifica non è la disamina del requisito soggettivo.
La locazione turistica, infatti, non rientra fra le attività
di cui agli articoli 2135 e 2195 del cod. civ. e, quindi, per poterla
qualificare come un’attività commerciale, è necessario che la medesima
sia organizzata in forma d’impresa e cioè che il soggetto non si
limiti a prestare determinati servizi, ma svolga a proprio rischio un’attività
di organizzazione di mezzi e persone finalizzata alla prestazione medesima.
Come affermato dall’Agenzia delle entrate nella R.M.
155/E del 13.10.2000, a proposito del trattamento da applicare alle prestazioni
di alloggio e prima colazione effettuate nelle strutture ricettive meglio note
come Bed and Breakfast, “il presupposto soggettivo di imponibilità all’Iva
sussiste qualora le prestazioni di servizi siano non occasionali, cioè
rientranti in un’attività esercitata per professione abituale, e (omissis) il
carattere saltuario della attività di fornitura di “alloggio e prima colazione”
si identifica con quello dell’occasionalità; ne consegue, in via generale, che
l’esclusione dal campo di applicazione dell’Iva può affermarsi solo se
l’attività viene esercitata non in modo sistematico o con carattere di
stabilità e senza quella organizzazione di mezzi che è indice di professionalità
dell’esercizio dell’attività stessa.”
Entrando ora nel merito del regime impositivo applicabile, è
necessario verificare se l’attività commerciale eventualmente svolta integri i
requisiti di un’attività di gestione immobiliare (e in quanto tale
destinataria del regime di esenzione di cui all’articolo 10 punto 8) del DPR
633/1972) ovvero di una prestazione di servizi di tipo alberghiero (soggetta
ad imposta con aliquota del 10%, ai sensi di quanto previsto dal numero
120 della Tabella A Parte III allegata al DPR 633/1972).
Secondo la Cassazione (da ultimo si veda la sentenza n.
6502/2014) per applicare l’aliquota Iva al 10% occorre che il cliente sia
“alloggiato” e che i servizi gli siano resi nell’ambito di una “azienda
alberghiera”, cioè di una struttura che fornisce alcuni servizi (quali,
per esempio la pulizia, i cambi di biancheria, i pasti, etc.) non
meramente accessori alla locazione.
Nella sostanza, l’elemento di discrimine fra le
operazioni di mera locazione e le prestazioni “alberghiere” secondo la
giurisprudenza deve essere individuato nella presenza o meno di forniture di
servizi accessori alla mera locazione.
Principi, questi ultimi, applicati dalla stessa Suprema
Corte (sentenza n. 755/1991) per affermare la natura d’impresa in relazione all’attività
di affittacamere.
Con la circolare n. 12/E/2007 afferma infatti l’Agenzia che
“l’attività di locazione di immobili ad uso turistico può essere qualificata
come attività di prestazione di alloggio nel settore alberghiero se
sia qualificabile come tale sulla base della normativa di settore. In tal caso
è assoggettata ad Iva, con applicazione dell’aliquota del 10 per cento, ai
sensi del n. 120) della Tabella A, Parte III, allegata al DPR 633/1972”.
Al contrario, torna applicabile il regime di esenzione,
riservato alle locazioni di immobili di civile abitazione, qualora dal
combinato disposto delle norme regionali di settore e della normativa ordinaria
emerga che le prestazioni di alloggio sono prive del carattere “alberghiero”.
Il corretto inquadramento circa il regime Iva applicabile
alle citate operazioni di locazione breve (esenzione o imponibilità) assume poi
rilevanza ai fini della corrispondente detrazione dell’Iva assolta a monte, che
compete solo qualora l’attività esercitata venga qualificata come prestazione
di servizi “alberghieri” resa in regime di imponibilità.
In tale ultimo caso, infatti, la detrazione, in deroga alla
limitazione oggettiva recata dalla lettera i) dell’articolo 19-bis.1 del DPR
633/1972, compete anche con riferimento alle spese sostenute per l’acquisto e/o
la manutenzione degli immobili abitativi adibiti all’attività d’impresa che
devono considerarsi immobili strumentali a prescindere dalla loro
classificazione catastale.
Con una recente sentenza (la n. 8628 del 29.4.2015) la Corte
di Cassazione ha riconosciuto la detraibilità dell’Iva assolta su fatture per
lavori di ristrutturazione di porzione di immobile avente catastalmente
destinazione abitativa (categoria A/2), ma in concreto utilizzata per lo
svolgimento dell’attività di “affittacamere e case per vacanze” dovendosi
ritenere “decisiva la (pacifica) strumentalità dello stesso rispetto
all’attività svolta dal contribuente”.
Sullo stesso filone interpretativo l’Agenzia delle entrate
che con la risoluzione n. 196/E/2007 ha riconosciuto che gli immobili
abitativi, utilizzati dal soggetto passivo nell’ambito di una attività di tipo
ricettivo che comporti l’effettuazione di servizi Iva imponibili, devono essere
trattati alla stregua dei fabbricati strumentali per natura.
Più di recente, con la risoluzione n. 18/E/2012, l’Agenzia
precisa, infine, che “in conseguenza dell’imponibilità delle prestazioni
di alloggio in esame, in coerenza con i principi generali dell’Iva,
l’imposta sull’acquisto di beni o servizi afferenti dette tipologie di
prestazioni risulta detraibile benché relativa ad unità che sotto
l’aspetto catastale si presentano come abitative. Ai fini dell’applicazione dei
principi sopra enunciati, occorre, pertanto, verificare, in linea di fatto, se
l’immobile abitativo, nel momento in cui sono realizzati i lavori di
manutenzione o ristrutturazione, sia già effettivamente
utilizzato per lo svolgimento di attività ricettizia, ovvero se a
tale utilizzazione risulti inequivocabilmente destinato”. ecnews.it
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