domenica 4 luglio 2021

Castello del Catajo: giustificato il vincolo di tutela indiretta che intenda conservare i caratteri peculiari dell'ambiente entro cui il bene culturale è collegato

 





Il Castello del Catajo è un bene monumentale tutelato con vincolo di tutela diretta apposto da distinti provvedimenti del 19 aprile 1925, del 15 gennaio 1930 e del 13 aprile 1964, quest’ultimo comprensivo oltre che dell’immobile anche dei parchi annessi e delle adiacenze, che è stato dichiarato di interesse culturale particolarmente importante ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. a), del D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, con decreto del 21 febbraio 2011, che ha esteso il vincolo diretto ad alcuni terreni.
Con la nota n. 26859 del 20 dicembre 2017, la Soprintendenza ha dato comunicazione di avvio del procedimento per l’apposizione di un vincolo di tutela indiretta ai sensi dell’art. 45 del D. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.
Il vincolo è stato successivamente adottato con il provvedimento del 18 aprile 2018 della Commissione regionale per il patrimonio culturale del Veneto (“Corepacu”).
Il vincolo apposto ha un’estensione di circa 3 kmq e comporta anche l’inedificabilità dell’area in cui la società ha progettato di realizzare la struttura commerciale.
La Soc. Deda s.r.l., proprietaria di un’area di circa 150.000 mq collocata di fianco al casello autostradale di Terme Euganee, lungo la A13 Padova – Bologna ed a circa 1000 mt. dal bene monumentale rappresentato dal Castello del Catajo, ha impugnato il provvedimento avanti il T.A.R. per il Veneto, che con la sentenza n. 449 del 10 aprile 2019 ha respinto il ricorso.
Avverso tale pronuncia ha proposto appello la società originariamente ricorrente.
Con sentenza n. 4923 del 2021 il Consiglio di Stato ha posto fine alla ultraventennale vicenda, confermando la legittimità del provvedimento impugnato.
In base all’art. 45 del Codice dei beni culturali “Il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”.
La norma demanda all’amministrazione di delimitare le misure più idonee a preservare il valore ed il significato che il bene colturale rappresenta nel territorio nel quale è collocato.
La giurisprudenza ha precisato che il vincolo indiretto concerne la c.d. cornice ambientale di un bene culturale (cfr. Cons. Stato, IV, 9 dicembre 1969, n. 722; VI, 18 aprile 2011, n. 2354).
Ne deriva che non è il solo bene in sé – nel caso di specie il Castello del Catajo - a costituire oggetto della tutela, ma l’intero ambiente potenzialmente interagente con il valore culturale, che può richiedere una conservazione particolare. In questo senso il canone di verifica del corretto esercizio del potere deve avvenire secondo un criterio di congruenza, ragionevolezza e proporzionalità.
La giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 3 luglio 2012 n. 3893) ha già avuto modo di precisare che tali criteri sono tra loro strettamente connessi e si specificano nel conseguimento di un punto di equilibrio identificabile nella corretta funzionalità dell’esercizio del potere che deve essere congruo e rapportato allo scopo legale per cui è previsto.
Ai fini del presente giudizio – tenuto conto del particolare rilievo che assume l’area in cui si colloca il Castello, non solo per garantirne la vista, la conservazione e la tutela, ma quale componente del valore e del pregio storico dello stesso – deve ulteriormente osservarsi come la giurisprudenza abbia precisato che il vincolo indiretto può essere apposto per consentire di comprendere l’importanza dei luoghi in cui gli immobili tutelati dal vincolo diretto si inseriscono mediante la loro conservazione pressoché integrale (Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 maggio 2017, n. 2493).
Deve anche ricordarsi che la valutazione dell’amministrazione nell’ambito in discorso è per lo più insindacabile, se non sotto il profilo della congruità e della logicità della motivazione ed in particolare per difetto o manifesta illogicità della motivazione o errore di fatto (cfr. Cons. St., sez. IV, 22 giugno 2005, n. 3305; Cons. St., sez. VI, 22 agosto 2006, n. 4923; Cons. St., sez. IV, 9 febbraio 2006, n. 659).
Il vincolo indiretto attiene ad un’area che costituisce “una cornice ambientale che si pone in una relazione visuale e prospettica inscindibile con il Castello e ne costituisce il contesto concorrendo a determinarne il carattere di eccezionalità” e “qualsiasi considerazione di carattere architettonico sui contenuti intrinseci e formali del Castello del Catajo deve necessariamente essere accompagnata dalla consapevolezza che una parte fondamentale del suo valore e del suo stesso significato è riconducibile alla relazione attiva che il complesso esprime nei confronti del territorio circostante”.
La giustificazione del vincolo indiretto e la sua estensione ed incidenza (il vincolo è stato apposto per una estensione di circa km 3 e comporta l’inedificabilità assoluta delle aree) appaiono coerenti con la natura, le caratteristiche e le ragioni di tutela del bene monumentale al quale è funzionale.
Invero, il provvedimento di tutela indiretta intende conservare i caratteri peculiari della cornice ambientale entro la quale il bene culturale è collocato, mirando alla salvaguardia non solo delle direttrici prospettiche, che consentono di apprezzarne l’inserimento spaziale, ma anche dei molteplici coni visivi godibili dai punti di vista privilegiati del complesso architettonico, mirando a conservare le condizioni di prospettiva e di decoro storiche rispetto “al sistema territoriale di cui il Castello del Catajo risulta essere baricentro visivo e matrice costitutiva”.
L’estensione del vincolo non trova giustificazione nell’esigenza di preservare i valori del contesto territoriale in sé considerato (pur in sé dotato di valore), bensì i valori che lo stesso esprime in funzione del bene culturale del Castello del Catajo e delle sue pertinenze, a cui è inscindibilmente correlato.
Non deve inoltre trascurarsi che l’estensione del vincolo, nel caso in esame, trova una logica spiegazione nell’imponenza e nell’ubicazione del complesso monumentale da tutelare, in quanto nel perimetro del vincolo diretto sono incluse anche la collina che fiancheggia il Castello e alcune aree agricole; pertanto, sussiste una logica congruenza tra l’ampia estensione del vincolo indiretto e l’ampia estensione del vincolo diretto da tutelare (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 luglio 2012, n. 3893).
Il vincolo indiretto può essere apposto per consentire di comprendere l’importanza dei luoghi in cui gli immobili tutelati dal vincolo diretto si inseriscono mediante la loro conservazione pressoché integrale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 maggio 2017, n. 2493).
In definitiva, il contenuto del vincolo impugnato risulta in sintonia con le caratteristiche del bene monumentale al quale è funzionale. In altre parole, il potere concretamente esercitato dall’amministrazione, che come detto è espressione di discrezionalità tecnica, non appare irragionevole o illogico, trovando invece la propria giustificazione nell’esigenza conservativa determinata dal vincolo diretto, tenuto conto delle peculiarità dello specifico bene che viene in considerazione.
Da un altro punto di vista, nonostante l’effettiva presenza di manufatti nell’area interessata dal vincolo, deve rilevarsi come questi siano di dimensioni contenute, sicché, ad una visione globale dell’area, nonostante tali sporadiche costruzioni, questa appare comunque in gran parte inedificata e l’area dell’appellante si colloca di fronte al Castello da cui la divide il territorio agricolo delimitato dall’autostrada.
Per altro, la giurisprudenza ha già avuto modo di precisare che l’avvenuta edificazione di un’area non costituisce ragione sufficiente per recedere dall’intento di proteggere i valori estetici o paesaggistici ad essa legati, in quanto l’imposizione del vincolo comporta l’imposizione al proprietario delle cautele e delle opere necessarie proprio in funzione della conservazione del bene e per la cessazione degli usi incompatibili con la conservazione dell’integrità dello stesso (cfr. Consiglio di Stato n. 3401 del 2012; n. 4196 del 2011).
Il cd. vincolo indiretto non ha contenuto prescrittivo tipico per essere rimessa all’autonomo apprezzamento dell’amministrazione la determinazione delle disposizioni utili all’ottimale protezione del bene principale, fino all’inedificabilità assoluta, se e nei limiti in cui tanto è richiesto dall’obiettivo di prevenire un vulnus ai valori oggetto di salvaguardia (cfr. Cons. St. n. 3663/2021).
La stessa Corte europea dei diritti dell’uomo (cfr. sentenze 21 febbraio 2008 e 26 giugno 2007) ha chiarito che la classificazione di un’area come rilevante dal punto di vista culturale ed archeologico – ed il conseguente divieto di edificazione che venga eventualmente disposto senza indennizzo alcuno - trova giustificazione nella necessità di proteggere il patrimonio culturale ed archeologico - esso riguardando una collettività ben più vasta di quella che si trova nel territorio ove lo stesso materialmente ricade.
L’estensione del vincolo su una vasta area e l’esigenza di prescrizioni articolate e puntuali è stata dettata dalla necessità di preservare il contesto nel quale si colloca il bene monumentale, il cui è pregio è intimamente legato a quello del territorio che lo circonda.
La collocazione dello stesso ha comportato la necessità di intervenire su un’area che interessa il territorio di tre Comuni e che include anche aree disomogenee, alcune con la presenza di edifici ed infrastrutture, che necessitano pertanto di prescrizioni specifiche e differenziate.
Tali prescrizioni sono espressione del potere di salvaguardia previsto dall’art. 45 del D.lgs. 22 gennaio 2004, senza indebite sovrapposizioni con il contenuto proprio della pianificazione urbanistica di competenza dell’ente locale.
Invero, le valutazioni volte alla tutela storico artistica, tra le quali è compreso il vincolo indiretto, operano su di un piano differente, esterno e sovraordinato rispetto a quello urbanistico, come si desume chiaramente dall’art. 45 comma 2 del D.lgs. 22 gennaio 2004, secondo il quale gli enti pubblici territoriali recepiscono le prescrizioni nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici.
La giurisprudenza con riferimento al rapporto tra tutela dei valori culturali e paesaggistici e pianificazione urbanistica, sulla base dell’art. 9 Cost., ha affermato la prevalenza dell’impronta unitaria della tutela culturale e paesaggistica sulle determinazioni urbanistiche, pur nella necessaria considerazione della compresenza degli interessi pubblici intestati alle due funzioni (cfr. Corte Cost. n. 180 e n. 437 del 2008; n. 367 del 2007).

Per il testo integrale della sentenza:

https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza/?nodeRef=&schema=cds&nrg=201905940&nomeFile=202104923_11.html&subDir=Provvedimenti


Foto da: 
https://www.facebook.com/castellocatajo/photos/a.458683677987/10159104797057988/

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