domenica 12 febbraio 2017

Le controversie relative all’utilizzazione di beni acquisiti in assenza di un valido titolo

Le controversie relative all’utilizzazione di beni acquisiti in assenza di un valido titolo, ex art. 34, D. L. 6 luglio 2011, n. 98.
La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo va riconosciuta non solo quando si impugni un atto del procedimento espropriativo, ma anche quando il ricorso miri a ottenere la tutela del diritto di proprietà, in presenza di un comportamento dell'amministrazione connesso all'esercizio della funzione pubblica, sussistendo tale connessione anche per ciò che attiene alle controversie relative alle espropriazioni cd. "sananti" previste dall'art. 43, t.u. 8 giugno 2001 n. 327 ed in presenza di domande che volte ad ottenere la condanna dell'Amministrazione al risarcimento dei danni.
L'art. 43 prevede una normativa speciale sugli effetti dell'illegittimità dell'atto, che appare prevalente rispetto a quella generale, pur successiva, rintracciabile nella legge sul procedimento.
Detta norma stabilisce, infatti, che qualora sia impugnato un provvedimento di acquisizione ovvero sia esercitata una azione volta alla restituzione di un bene utilizzato per scopi di interesse pubblico, l'amministrazione che ne ha interesse o chi utilizza il bene può chiedere che il giudice amministrativo, nel caso di fondatezza del ricorso o della domanda, disponga la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo".
Il legislatore ha così ipotizzato non solo che l'acquisizione possa essere comunque disposta senza che venga seguita la via maestra del procedimento, con tutte le garanzie per esso previste, ma ha anche previsto che nel caso di fondatezza del ricorso, proposto anche avverso un atto di acquisizione, sia esclusa comunque la restituzione del bene. T.A.R. Toscana Firenze, sez. I, 12 maggio 2009, n. 817.                                                                          La giurisprudenza ha sancito che le questioni relative al quantum del risarcimento del danno non incidono sulla legittimità del provvedimento di acquisizione, potendo al più derivarne l'obbligo per il Comune di rideterminarne l'ammontare.
Si è infatti rilevato che, mentre la previsione del risarcimento costituisce condizione di legittimità della delibera ex art. 43 d.p.r. 327 del 2001, ad analoghe conclusioni non può pervenirsi per quanto riguarda la congruità del risarcimento e l'adeguatezza dei criteri di valutazione adottati nella liquidazione del danno. T.A.R. Abruzzo Pescara 15 giugno 2006 n. 345.
La Corte Costituzionale ha successivamente  dichiarato  l’illegittimità costituzionale dell’art. 43 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, per violazione dell’art. 76 della Costituzione. La norma censurata è contenuta nel testo unico, in materia di espropriazioni, redatto in attuazione della L. 50 del 1999, che aveva previsto un generale strumento permanente di semplificazione e di delegificazione. La legge-delega aveva conferito, sul punto, al legislatore delegato il potere di provvedere ad un coordinamento formale relativo a disposizioni vigenti; l’istituto previsto e disciplinato dalla norma impugnata, viceversa, è connotato da numerosi aspetti di novità. Il citato art. 43, infatti, ha anzitutto introdotto la possibilità per l’amministrazione e per chi utilizza il bene di chiedere al giudice amministrativo, in ogni caso e senza limiti di tempo, la condanna al risarcimento in luogo della restituzione. Peraltro, esso estende tale disciplina anche alle servitù, rispetto alle quali la giurisprudenza aveva escluso l’applicabilità della c.d. occupazione appropriativa, trattandosi di fattispecie non applicabile all’acquisto di un diritto reale in re aliena, in quanto difetta la non emendabile trasformazione del suolo in una componente essenziale dell’opera pubblica. Infine, la norma censurata differisce il prodursi dell’effetto traslativo al momento dell’atto di acquisizione.  Corte cost., 8 ottobre 2010, n. 293. S. MIRATE, L’acquisizione sanante è incostituzionale:la Consulta l’eccesso di delega, in Urb. App., 2011,3,60.
Il legislatore è intervenuto con una nuova norma l’art. 34, D. L. 6 luglio 2011, n. 98, che introduce l’art. 42 bis al posto dell’abrogato art 43 , D.P.R.327/2001, a regolare l’istituto per adeguarsi ai dettati della Corte .
Il provvedimento di acquisizione deve essere motivato in riferimento alle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l’emanazione valutate comparativamente con i contrapposti interessi privati ed evidenziando l’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione.
Il corrispettivo complessivo risulta formato da tre addendi: il valore venale del bene, l’indennità per il pregiudizio non patrimoniale e l’indennità per il periodo di occupazione senza titolo.
Per il pregiudizio non patrimoniale deve essere corrisposto forfettariamente il 10% del valore venale del bene.
L’indennità per il periodo di occupazione, se il ricorrente non prova il maggior danno, è determinata nel 5% del valore venale. La dottrina nota che tale indennità è inferiore a quella prevista per la indennità di occupazione che è calcolata in 1/12 del valore venale ossia in percentuale pari al 8,33%, ex art. 50, D.P.R. 327/2001, con conseguente illegittimità costituzionale della stessa disposizione per violazione al principio di uguaglianza. L. MACCARI, La nuova disciplina dell’acquisizione sanante, in Urb. App., 2011, 10, 1146.
L’autorità che emana il provvedimento deve darne comunicazione alla Corte dei Conti perché si attivi qualora riscontri nei comportamenti tenuti dall’amministrazione un danno erariale

Una prima applicazione dell’istituto si è avuta da T.A.R. Umbria 229/2011 che ha disposto affinché l’amministrazione convenuta proponga al ricorrente il pagamento di somme a titolo di risarcimento del danno da determinarsi secondo i criteri indicati dall’art. 34, D. L. 6 luglio 2011, n. 98.

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