venerdì 16 giugno 2017

riforma in materia di cittadinanza



È da circa tredici anni che in Parlamento si discute di una riforma in materia di cittadinanza. L’obiettivo è quello di modificare l’attuale legge, la n. 91 del 5 febbraio 1992, che prevede lo ius sanguinis: la cittadinanza italiana viene trasmessa solo dai genitori ai figli. Il cittadino straniero nato in Italia, oggi, ha diritto alla cittadinanza solo se, una volta diventato maggiorenne, dichiari entro un anno di volerla acquisire e fino a quel momento abbia risieduto nel Paese "legalmente e ininterrottamente". La nuova legge, invece, introdurrebbe altre due modalità di acquisizione della cittadinanza per i figli minori di genitori stranieri: lo ius soli “temperato” e lo ius culturae. Negli anni, la discussione intorno a questo tema è stata accesa e il ddl arrivato al Senato ha subito diversi cambiamenti (sono state aggiunte delle restrizioni). Nonostante questo, la polemica continua. Cosa prevede
La questione della cittadinanza, incrociando i dati Istat e Miur, riguarderebbe circa 800mila minori stranieri figli di immigrati (su circa un milione che sono in Italia) che potrebbero diventare italiani dopo l’entrata in vigore della nuova legge. Il testo prevede due nuovi modi per acquisire la cittadinanza:
- Lo ius soli temperato
Rispetto allo ius soli classico, che attribuisce la cittadinanza di un Paese a chiunque nasca nel suolo nazionale, quello temperato pone delle condizioni. Saranno cittadini italiani per nascita i figli, nati nel territorio della Repubblica, di genitori stranieri se almeno uno di loro ha un permesso di soggiorno Ue di lungo periodo e risulta residente legalmente in Italia da almeno 5 anni. Il principio dello ius soli non si applicherà, però, ai cittadini europei, visto che il permesso di lungo periodo è previsto solo per gli Stati extra Ue.
- Lo ius culturae
Possono ottenere la cittadinanza anche i minori stranieri nati in Italia, o entrati entro il 12esimo anno, che abbiano “frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali”. La frequenza del corso di istruzione primaria deve essere coronata dalla promozione. I ragazzi arrivati in Italia tra i 12 e i 18 anni, poi, potranno avere la cittadinanza dopo aver risieduto legalmente in Italia per almeno sei anni e aver frequentato “un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo”.
Servirà dichiarazione di un genitore
In entrambi i casi, per ottenere la cittadinanza italiana servirà la dichiarazione di volontà del genitore del minore o del suo tutore: dovrà essere consegnata all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza entro il 18esimo anno. In assenza di questa dichiarazione, potrà essere il diretto interessato a richiederla, entro il suo 20esimo compleanno. Le nuove norme valgono anche per gli stranieri in possesso dei nuovi requisiti ma che abbiano superato, all’approvazione della legge, il limite di età dei 20 anni per farne richiesta: un’eccezione per salvaguardare i diritti di chi è già arrivato da anni in Italia. Il Viminale ha 6 mesi per il rilascio del nulla osta. Viene prevista anche la possibilità di rinunciare alla cittadinanza italiana sempre entro i 20 anni. Anche negli altri Paesi europei ci si divide tra ius sanguinis (diritto di cittadinanza per sangue, che quindi passa da genitori a figli) e ius soli (diritto di cittadinanza in base al Paese di nascita). I 27 Stati non hanno una legislazione univoca e di solito temperano un principio con l’altro. Ma tutti, anche quelli più flessibili, non contemplano lo ius soli puro (adottato, invece, negli Usa). http://tg24.sky.it/politica/2017/06/15/

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