La Corte
costituzionale, con la sentenza n. 233/2006, ha evidenziato che le disposizioni legislative
che ricollegano al rinnovo dell'organo politico l'automatica decadenza di
titolari di uffici amministrativi (c.d. spoils system) sono compatibili con
l'art. 97 Cost. solo qualora si riferiscano a soggetti che: a) siano titolari
di "organi di vertice" dell'amministrazione e b) debbano essere
nominati "intuitu personae", cioè sulla base di "valutazioni
personali coerenti all'indirizzo politico regionale".
La Corte ha
precisato che la norma fa riferimento a nomine "intuitu personae"
effettuate dagli organi politici della Regione, di talché risulta ragionevole
la scelta legislativa in forza della quale esse cessano all'atto
dell'insediamento di nuovi organi politici, in quanto tale scelta mira a
consentire a questi ultimi la possibilità di rinnovarle, scegliendo (su base
eminentemente personale) soggetti idonei a garantire proprio l'efficienza e il
buon andamento dell'azione della nuova Giunta, per evitare che essa risulti
condizionata dalle nomine effettuate nella parte finale della legislatura
precedente.
La successiva
giurisprudenza costituzionale, nel confermare il principio sviluppato nella
sentenza n. 233 del 2006, ne ha precisato la portata, affermando che i
meccanismi di c.d. spoils system, ove riferiti a figure dirigenziali non
apicali, ovvero a titolari di uffici amministrativi per la cui scelta
l'ordinamento non attribuisce, in ragione delle loro funzioni, rilievo
esclusivo o prevalente al criterio della personale adesione del nominato agli
orientamenti politici del titolare dell'organo che nomina, si pongono in
contrasto con l'art. 97 Cost., in quanto pregiudicano la continuità dell'azione
amministrativa, introducono in quest'ultima un elemento di parzialità,
sottraggono al soggetto dichiarato decaduto dall'incarico le garanzie del
giusto procedimento e svincolano la rimozione del dirigente dall'accertamento
oggettivo dei risultati conseguiti (sentenze n. 390, n. 351 e n. 161 del 2008;
sentenze n. 104 e n. 103 del 2007).
L’incarico dirigenziale
fiduciario comporta un trattamento economico stabilito con contratto
individuale che può baipassare i limiti fissati dai contratti collettivi
nazionali.
Alla contrazione di
assunzioni del pubblico impiego, per contenere la spesa, fa dunque riscontro un riconoscimento di
funzioni a dirigenti chiamati per meriti non acquisti sul campo della pubblica amministrazione
ma fuori con stipendi ben maggiori di quelli previsti dai contratti di lavoro
ch sono in assoluta sintonia con la classe degli amministratori, che li hanno
nominati .
Amministratori che
hanno aumentato i loro compensi in misura proporzionale a quella degli alti
dirigenti che li supportano.
Si è realizzato un
cerchio magico autoreferente.
Questa i impostazione
ha comportato la drastica riduzione, per esigenze di contenimento della spesa, della classe impiegatizia media quella che
lavorava e si assumeva la responsabilità a favore di una classe impiegatizia
alta ben remunerato che attua indirizzi politici ma che non necessariamente
redige materialmente gli atti.
Risultato una buona
dose di consulenze in più e l’attribuzione esterna di incarichi che prima l’amministrazione
svolgeva in proprio. Così si è creata una classe di supermanager e una di
impiegati riducendo gli incarichi prima attribuiti ai funzionari intermedi.
La spesa peraltro
non è diminuita.
Basta guadare i
bilanci degli enti e ci si accorge che la spesa è aumentata riducendo i
servizi!
La giurisprudenza
ha cercato di porre di i limiti alla nomine discrezionali
Essa, ad esempio, ha escluso che i direttori generali delle Asl
siano dirigenti apicali e che essi vengano nominati in base a criteri puramente
fiduciari, cioè in ragione di valutazioni soggettive legate alla consonanza
politica e personale con il titolare dell'organo politico. Corte cost.. 104 del
2007
In riferimento al
requisito della scelta "fiduciaria", cioè effettuata sulla base di
valutazioni soggettive di consonanza politica con il titolare dell'organo che
nomina, la Corte ha osservato che il direttore generale di Asl, al contrario, è
nominato fra persone in possesso di specifici requisiti culturali e
professionali" e viene "qualificato dalle norme come una figura
tecnico-professionale che ha il compito di perseguire gli obiettivi gestionali
e operativi definiti dagli indirizzi della Giunta.
Quanto affermato
nella sentenza n. 104 del 2007, relativamente ai direttori generali delle Asl
del Lazio, è stato ribadito dal giudice delle leggi anche in ordine ai
direttori generali delle Asl della Regione Calabria e al direttore generale
dell'Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Calabria (Arpacal),
quest'ultimo essendo ai primi equiparato quanto al trattamento economico e
giuridico, nonché al "regime della decadenza, della revoca, della
cessazione dal servizio e sull'incompatibilità" (art. 11, comma 9, della
legge della Regione Calabria 3 agosto 1999, n. 20).
I meccanismi di
c.d. spoils system, ove riferiti a figure dirigenziali non apicali, ovvero a
titolari di uffici amministrativi per la cui scelta l'ordinamento non
attribuisce, in ragione delle loro funzioni, rilievo esclusivo o prevalente al
criterio della personale adesione del nominato agli orientamenti politici del
titolare dell'organo che nomina, si pongono in contrasto con l'art. 97 Cost.,
in quanto pregiudicano la continuità dell'azione amministrativa, introducono in
quest'ultima un elemento di parzialità, sottraggono al soggetto dichiarato
decaduto dall'incarico le garanzie del giusto procedimento e svincolano la
rimozione del dirigente dall'accertamento oggettivo dei risultati conseguiti. T.A.R.
Calabria Catanzaro, sez. II, 19/12/2011, n. 1624.
Sotto altro profilo
la giurisprudenza ha limitato la possibilità di revoca ad nutum del dirigente
incaricato per scelta discrezionale.
Il d.lg. 30 marzo
2001 n. 165, art. 21, peraltro prevede la revoca dell'incarico dirigenziale
solo "in relazione alla gravità dei casi"; sicché occorre che
sussistano i presupposti di fatto della responsabilità dirigenziale (mancato
raggiungimento degli obiettivi, inosservanze di direttive, illeciti
disciplinari) e che questi raggiungano una soglia di apprezzabile gravità tale
da essere proporzionale alla più radicale misura della revoca dell'incarico.
Il super dirigente
caduto in disgrazia può pertanto rimanere al suo posto e chiedere in caso di
revoca il risarcimento per danno ingiusto, tanto paga il contribuente.
In ogni caso, a
garanzia del dirigente, gli incarichi dirigenziali possono essere revocati
esclusivamente nei casi e con le modalità dell'art. 21, comma 1, secondo
periodo, cit. Quanto poi alle conseguenze della revoca illegittima
dell'incarico dirigenziale la disciplina del recesso dal rapporto di lavoro dei
dirigenti pubblici non è quella dell'art. 2118 c.c., propria dei dirigenti
privati, ma segue i canoni del rapporto di lavoro dei dipendenti con qualifica
impiegatizia. Pertanto, in caso di revoca illegittima dell'incarico
dirigenziale ne consegue che l'Amministrazione è tenuta a ripristinare
l'incarico dirigenziale illegittimamente revocato ed a corrispondere le
differenze retributive. Cassazione civile, sez. un., 01/12/2009, n. 25254, in
Giust. civ. 2010, 3, 719.
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