L’art.
16 del d. lg. 504/1992, ispirandosi al principio per il quale non può essere
riconosciuta ad un soggetto una indennità di esproprio che abbia un valore
superiore a quello dichiarato dalla stesso soggetto ai fini fiscali, prevede
che l’indennità di esproprio sia ridotta ad un importo pari al valore
denunciato nell’ultima dichiarazione I.C.I.
Lo stesso principio è
stato ribadito dall’art. 37, 7o e 8o co., d.p.r. 327/2001.
L’indennità è ridotta ad
un importo pari al valore indicato nell’ultima dichiarazione o denuncia
presentata dall’espropriato ai fini dell’imposta comunale sugli immobili prima
della determinazione formale dell’indennità nei modi stabiliti dall’art. 20, 3o
co., e dall’art. 22, 1o co. e dell’art. 22 bis.
Qualora il valore
dichiarato risulti contrastante con la normativa vigente ed inferiore
all’indennità di espropriazione come determinata in base ai commi precedenti .
La
norma mira a ristorare il proprietario del pregiudizio a lui derivante nel caso
in cui l’imposta versata nei cinque anni precedenti all’espropriazione,
conteggiata sul valore venale del bene, sia superiore a quella che sarebbe
risultata se fosse stata calcolata sull’indennità di espropriazione
effettivamente corrisposta; né tale disciplina, nella parte in cui non si applica
al periodo di tempo antecedente agli ultimi cinque anni rispetto alla data
dell’espropriazione, pone dubbi di legittimità costituzionale in riferimento
agli art. 2, 3 e 53 cost. (Cass.
civ., sez. trib., 4.10.2004, n. 19750).
Per contro l’ammontare discendente
dai criteri di legge è suscettibile di riduzione, ai sensi dell’art. 16, 1o
co., d. lg. 30.12.1992, n. 504, qualora l’espropriante provi che l’espropriato
ha presentato denuncia ai fini dell’imposta comunale sugli immobili inferiore
al valore disposto per legge (Cass. civ., sez. I, 9.5.2006, n. 10682).
Altra giurisprudenza ha
ribadito che l'evasione dell'I.C.I. non impedisce al soggetto espropriato di
ottenere l'erogazione dell'indennità (Centofanti N. , Diritto Urbanistico 2008, 428).
Il diritto all'indennità di
esproprio non va penalizzato in caso di omessa od infedele dichiarazione I.C.I.
La disciplina che regola il
rapporto tra i due istituti, va interpretata nel senso che l'evasore totale non
perde il suo diritto all'indennizzo espropriativo, ma è unicamente destinato a
subire le sanzioni per l'omessa dichiarazione e l'imposizione per l'I.C.I. che
aveva tentato di evadere, potendo l'erogazione dell'indennità di espropriazione
intervenire solo dopo la verifica che essa non superi il tetto massimo
ragguagliato al valore accertato per l'I.C.I. stessa, ed a seguito della
regolarizzazione della posizione tributaria con concreto avvio del recupero
dell'imposta e delle sanzioni.
Analogamente l'evasore parziale
resta soggetto alle stesse conseguenze per il minor valore dichiarato e, salva
rettifica da parte dello stesso proprietario, il comune può procedere ad
accertamento del maggior valore del fondo agli effetti tributari per poi
commisurare, in via definitiva, l'indennità espropriativa che, quindi, non va
liquidata con riferimento alla dichiarazione infedele”
(Cass. Civ., sez. I, 3.1.2008, n.
19, FACDS, 2008, 2, 361).
La questione di legittimità costituzionale dell'art.
16 del d. lg. 504 del 1992 è apparsa
rilevante e non manifestamente infondata per cui le Sezioni Unite della
Cassazione hanno chiesto lumi alla Consulta.
Tale impostazione, portata alle estreme conseguenze,
finisce per svuotare il diritto di proprietà rendendo il terreno edificabile
soggetto ad una vera e propria confisca. Il problema di fondo, quindi, riguarda
la legittimità della norma nella parte in cui rende possibile "l'esproprio
a costo zero del suolo edificabile
Secondo le Sezioni Unite la norma può presentare dei
profili di illegittimità costituzionale nella parte in cui prevede
l'azzeramento dell'indennità di esproprio nel caso di evasione totale.
La sanzione, in tale ipotesi, potrebbe apparire
sproporzionata rispetto alla violazione effettuata dal proprietario svuotando
di contenuti il diritto di proprietà
È rilevante e non manifestamente infondata la q.l.c.
del d.p.r. 8 .6.2001 n. 327, art. 37, comma 7, nella parte in cui, in caso di
omessa dichiarazione/denuncia I.C.I. o di dichiarazione/denuncia di valori
assolutamente irrisori, non stabilisce un limite alla riduzione dell'indennità
di esproprio, idoneo ad impedire la totale elisione di qualsiasi ragionevole
rapporto tra il valore venale del suolo espropriato e l'ammontare della
indennità, pregiudicando in tal modo anche il diritto ad un serio ristoro,
spettante all'espropriato, con riferimento all'art. 117 cost., comma 1, e art.
42 cost., comma 3, anche in considerazione del disposto dell'art. 6 e dell'art.
1, del primo protocollo addizionale della convenzione Europea dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali.(Cass. Civ., sez. un., 14.4.2011 n. 8489, DG, 2011, 183).
La Corte Costituzionale ha
successivamente dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 16,
comma 1, del d. lg. 30.12.1992, n. 504.
La norma censurata,
nell’interpretazione offerta dalle Sezioni Unite civili, viola sia l’art. 42,
terzo comma, Cost., sia l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 1
del primo protocollo addizionale alla CEDU. La disciplina stabilita dall’art.
16 non è, infatti, compatibile con il citato nucleo minimo di tutela del
diritto di proprietà, in quanto non contempla alcun meccanismo che, in caso di
omessa dichiarazione/denuncia ICI, consenta di porre un limite alla totale
elisione di tale indennità, garantendo comunque un ragionevole rapporto tra il
valore venale del suolo espropriato e l’ammontare della indennità. Peraltro,
tale vulnus si determina anche per il caso di dichiarazione/denuncia di valori
irrisori, o di valori che potrebbero condurre comunque ad elidere il necessario
vincolo di ragionevolezza e proporzionalità fra il comportamento tributario
illecito e la sanzione, e quindi la pronuncia di illegittimità costituzionale
deve necessariamente riguardare anche siffatto profilo della disciplina. Resta
ferma la discrezionalità del legislatore di stabilire sanzioni che,
eventualmente, incidano anche sull’indennità di espropriazione, purché non
realizzino una sostanziale confisca del bene, sacrificando illegittimamente il
diritto di proprietà all’esclusivo interesse finanziario leso dal contribuente,
tenuto conto della diversità di procedimenti e di garanzie che sovrintendono
all’accertamento tributario ed alle relative sanzioni, peraltro già
autonomamente previste dal d.lg. n. 504 del 1992. (Corte Cost., 22.12.2011, n.
338).
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