8. Il conflitto di attribuzione.
Il Consiglio dei ministri ha
deciso di impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale le leggi regionali di
Puglia, Campania e Basilicata che impediscono l'installazione di impianti
nucleari nei loro territori [1].
Le tre leggi non riconoscono
l'esclusiva competenza dello Stato in materia di tutela della concorrenza, art.
117, comma 2, lett. e), cost. [2],
della sicurezza, art. 117, comma 2, lett. h), cost. [3],
dell'ambiente, art. 117, comma 2, lett. s), cost. [4].
Le stesse leggi regionali
intervengono autonomamente in una materia concorrente con lo Stato quale quella
della produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica, art. 117,
comma 3, cost., senza rispettare i principi fissati dalla normativa statale.
I criteri suddetti sono
in corso di approvazione; essi sono solo enunciati nella delega fissata dalla
l. 99/2009 in maniera tale da evidenziare un conflitto solo potenziale; vi è il
dubbio che il ricorso al momento sia ammissibile.
Il conflitto di
attribuzione è sicuramente evidente solo quando, dopo l’approvazione del d. lg.
le regioni non si siano conformate agli stessi principi approvati con
provvedimento legislativo.
9.
Il d. lg. 15
febbraio 2010, n. 31.
Il d. lg. 15 febbraio
2010, n. 31, detta la disciplina della localizzazione, della realizzazione
e dell'esercizio di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di
impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio,
nonché delle misure compensative e delle campagne informative.
Il d.lg. è frutto di
una prova di forza del Governo che non ha ottenuto il parere favorevole della
Conferenza delle regioni.Poiché il parere negativo della Conferenza non è
vincolante la legittimità del d.lg. è garantita, ma si preannuncia un percorso
ad ostacoli dell’esecutivo nell’attuazione del decreto [5].
Capitolo 4
I decreti
delegati. La certificazione dei siti
SOMMARIO: 1. L’Agenzia per la sicurezza nucleare di cui
all’art. 29 della legge 23 luglio 2009, n. 99. Autorità amministrativa
indipendente. 1.1. Le funzioni. 2. I requisiti degli operatori e degli impianti
fissati con d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31. 3. Le caratteristiche dei siti. Lo
schema di parametri per le aree idonee. 3.1. Il segreto militare nel d. lg. 15
febbraio 2010, n. 31. 4. La Valutazione Ambientale Strategica. 5. I contenuti.
6. L’istanza per la certificazione dei siti. Il procedimento. 7. L’intesa con
la regione interessata. Il procedimento in caso di dissenso. Il Comitato
interistituzionale Ministeri – Regione. 7.1. Il potere sostitutivo. I principi
costituzionali.
1. L’Agenzia per la sicurezza nucleare di cui all’art. 29 della legge 23
luglio 2009, n. 99. Autorità amministrativa indipendente.
L’art. 29 della legge 23 luglio
2009, n. 99, ha istituito l'Agenzia per la sicurezza nucleare [6].
L'Agenzia è organo collegiale
composto dal presidente e da quattro membri. I componenti dell'Agenzia sono
nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del
Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
Il Presidente del Consiglio dei ministri designa il presidente dell'Agenzia,
due membri sono designati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare e due dal Ministro dello sviluppo economico.
I commentatori affermano l’Agenzia
per la sicurezza nucleare non godrà però
dell’indipendenza necessaria, anzi, il passaggio in merito è stato cancellato
con un apposito emendamento al testo legislativo originario . Le conseguenze di
tale decisione non possono che essere negative, in termini di credibilità del
paese, anche alla luce delle procedure di nomina dei cinque membri del
collegio. Nello specifico, il presidente è nominato dal premier, mentre due
membri a testa sono indicati dai ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo
economico. E’ previsto un parere da parte delle Commissioni parlamentari
competenti ma non vi è alcun requisito di maggioranza qualificata, rendendo di
fatto le nomine puramente politiche [7].
L’Agenzia rientra fra le autorità amministrative indipendenti.
Le autorità amministrative
indipendenti sono istituite dal legislatore al fine di governare determinati
settori di servizi prima affidati all’amministrazione. Il fenomeno è del tutto
differente da quello della cosiddetta amministrazione per enti pubblici dove
gli enti erano direttamente dipendenti dall’amministrazione statale e, in
particolare, avevano il controllo diretto o indiretto da parte dei ministeri.
Le autorità amministrative
indipendenti sono, infatti, totalmente svincolate da ogni rapporto con
l’organizzazione ministeriale.
Il fenomeno ha incontrato un
indubbio successo visto il proliferare di tali autorità.
Non esiste una legge generale che
disciplini le caratteristiche fondamentali di dette autorità perché questi enti
non costituiscono una categoria omogenea; si può solo evidenziare una
caratteristica negativa ossia che esse non sono organi dell’amministrazione
statale.
Le Autorità esercitano dei poteri
regolatori nell’ambito delle competenze ad esse attribuite che sono poste al di
fuori della tradizionale tripartizione dei poteri e al di fuori del circuito di
responsabilità delineato dall'art. 95 della Costituzione.
Detto potere deve essere
supportato da un procedimento partecipativo, inteso come strumento della
partecipazione dei soggetti interessati sostitutivo della dialettica propria
delle strutture rappresentative.
La dottrina nota che nonostante
la natura ibrida che ne caratterizza
status e disciplina, collocandosi le autorità sul crinale tra la disciplina
privatistica e quella pubblicistica, vi è tuttavia un generale consenso, in
dottrina ed in giurisprudenza, sull'applicabilità ad esse dei principi che
regolano l'azione amministrativa, e quindi, innanzitutto, dei principi di
legalità, buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa, di cui all'art.
97 Cost.; di poi, dei principi contenuti nella legge 7 agosto 1990, n. 241,
come modificata dalla legge 15/2005 [8].
.In assenza di
responsabilità e di soggezione nei confronti del Governo, l'indipendenza e
neutralità delle Autorità può trovare un fondamento dal basso, a condizione che
siano assicurate le garanzie del giusto procedimento e che il controllo avvenga
poi in sede giurisdizionale.
Non è pensabile che l'attività di
regulation sia svolta senza la
necessaria partecipazione al procedimento dei soggetti interessati: nei settori
regolati dalle Autorità, in assenza di un sistema completo e preciso di regole
di comportamento con obblighi e divieti fissati dal legislatore, la caduta del
valore della legalità sostanziale deve essere compensata, almeno in parte, con
un rafforzamento della legalità procedurale, sotto forma di garanzie del
contraddittorio.
La dottrina ha sottolineato che
si instaura una correlazione inversa tra legalità sostanziale e legalità
procedurale: quanto meno è garantita la prima, per effetto dell'attribuzione
alle Autorità indipendenti di poteri normativi e amministrativi non
compiutamente definiti, tanto maggiore è l'esigenza di potenziare le forme di
coinvolgimento di tutti i soggetti interessati nel procedimento finalizzato all'assunzione
di decisioni che hanno un impatto rilevante sull'assetto del mercato e sugli
operatori [9].
1.1. Le
funzioni.
L'Agenzia per la sicurezza
nucleare svolge le funzioni e i compiti di autorità nazionale per la
regolamentazione tecnica, il controllo e l'autorizzazione ai fini della
sicurezza delle attività concernenti gli impieghi pacifici dell'energia
nucleare, la gestione e la sistemazione dei rifiuti radioattivi e dei materiali
nucleari provenienti sia da impianti di produzione di elettricità sia da
attività medihe ed industriali, la protezione dalle radiazioni, nonché le
funzioni e i compiti di vigilanza sulla costruzione, l'esercizio e la
salvaguardia degli impianti e dei materiali nucleari, comprese le loro
infrastrutture e la logistica [10].
L'Agenzia è composta dalle
strutture dell'attuale Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale
dell'ISPRA [11] e dalle
risorse dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA) [12]
, attualmente preposte alle attività di competenza dell'Agenzia che le saranno
associate.
La norma mette in accento una delle caratteristiche
della costruzione delle centrali che devono essere senza oneri per lo Stato a
cominciare dai costi per l'Agenzia.
L’Agenzia svolge le sue
funzioni senza nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della finanza
pubblica [13] e
nel limite delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente, ex art. 29 della legge 23 luglio 2009, n. 99.
L'Agenzia vigila sulla
sicurezza nucleare e sulla radioprotezione nel rispetto delle norme e delle
procedure vigenti a livello nazionale, comunitario e internazionale, applicando
le migliori efficaci ed efficienti tecniche disponibili, nell'ambito di priorità
e indirizzi di politica energetica nazionale e nel rispetto del diritto alla
salute e all'ambiente ed in ossequio ai princìpi di precauzione suggeriti dagli
organismi comunitari.
L'Agenzia presenta
annualmente al Parlamento una relazione sulla sicurezza nucleare.
L'Agenzia mantiene e sviluppa
relazioni con le analoghe agenzie di altri Paesi e con le organizzazioni
europee e internazionali d'interesse per lo svolgimento dei compiti e delle
funzioni assegnati, anche concludendo accordi di collaborazione.
5. L'Agenzia è la sola
autorità nazionale responsabile per la sicurezza nucleare e la radioprotezione.
In particolare:
a) le autorizzazioni
rilasciate da amministrazioni pubbliche in riferimento alle attività di cui al
comma 1 sono soggette al preventivo parere obbligatorio e vincolante
dell'Agenzia;
b) l'Agenzia ha la
responsabilità del controllo e della verifica ambientale sulla gestione dei
rifiuti radioattivi;
c) l'Agenzia svolge ispezioni
sugli impianti nucleari nazionali e loro infrastrutture, al fine di assicurare
che le attività non producano rischi per le popolazioni e l'ambiente e che le
condizioni di esercizio siano rispettate;
d) gli ispettori dell'Agenzia,
nell'esercizio delle loro funzioni, sono legittimati ad accedere agli impianti
e ai documenti e a partecipare alle prove richieste;
e) ai fini della verifica
della sicurezza e delle garanzie di qualità, l'Agenzia richiede ai soggetti
responsabili del progetto, della costruzione e dell'esercizio hdegli
impianti nucleari, nonché delle infrastrutture pertinenziali, la trasmissione
di dati, informazioni e documenti;
f) l'Agenzia emana e propone
regolamenti, standard e procedure
tecniche e pubblica rapporti sulle nuove tecnologie e metodologie, anche in
conformità alla normativa comunitaria e internazionale in materia di sicurezza
nucleare e di radioprotezione;
g) l'Agenzia può imporre
prescrizioni e misure correttive, diffidare i titolari delle autorizzazioni e,
in caso di inosservanza dei propri provvedimenti, o in caso di mancata
ottemperanza da parte dei medesimi soggetti alle richieste di esibizione di
documenti ed accesso agli impianti o a quelle connesse all'effettuazione dei
controlli, ovvero nel caso in cui le informazioni o i documenti acquisiti non
siano veritieri, irrogare, salvo che il fatto costituisca reato, sanzioni
amministrative pecuniarie.
Gli importi delle sanzioni
irrogate dall'Agenzia sono versati, per il funzionamento dell'Agenzia stessa.
h) l'Agenzia informa il pubblico
con trasparenza circa gli effetti sulla popolazione e sull'ambiente delle
radiazioni ionizzanti dovuti alle operazioni degli impianti nucleari ed
all'utilizzo delle tecnologie nucleari, sia in situazioni ordinarie che
straordinarie;
i) l'Agenzia definisce e
controlla le procedure che i titolari dell'autorizzazione all'esercizio o allo
smantellamento di impianti nucleari o alla detenzione e custodia di materiale
radioattivo devono adottare per la sistemazione dei rifiuti radioattivi e dei
materiali nucleari irraggiati e lo smantellamento degli impianti a fine vita
nel rispetto dei migliori standard internazionali, fissati dall'Agenzia
internazionale dell'energia atomica (AIEA);
l) l'Agenzia ha il potere di
proporre ad altre istituzioni l'avvio di procedure sanzionatorie.
Lo
statuto dell'Agenzia, in corso di approvazione, dovrà stabilire i criteri per
l'organizzazione, il funzionamento, la regolamentazione e la vigilanza della
stessa in funzione dei compiti istituzionali definiti dalla legge, ex art. 29 della legge 23 luglio 2009,
n. 99.
2. I requisiti degli operatori e degli impianti. I requisiti fissati con d.
lg. 15 febbraio 2010, n. 31.
La dottrina rileva che
l’evoluzione interna al settore dell’energia ha comportato uno schema operativo
che consenta al provato di inserirsi nella realizzazione delle centrali
nucleari. Il processo di liberalizzazione del mercato elettrico in atto da
tempo su iniziativa delle istituzioni comunitarie in vista della formazione di
un mercato unico dell’energia è in Italia relativamente più avanzato che in
altri paesi europei. Difatti, nonostante la forte presenza dell’ex-monopolista,
cioè di Enel, il mercato elettrico interno vede la presenza di un significativo
numero di produttori, distributori e venditori.
La precedente esperienza
italiana nel settore nucleare relativa alla costruzione e all’esercizio delle
vecchie centrali si è svolta in regime di monopolio legale della produzione di
energia ormai definitivamente abbandonato. La presenza di un mercato
liberalizzato richiede quindi un mutamento di prospettiva nella regolazione del
nucleare: da un lato le nuove regole debbono garantire ad una pluralità di
soggetti industriali di poter partecipare con le proprie risorse e
competenze alla produzione di energia elettronucleare; dall’altro debbono
essere introdotti adeguati correttivi alle dinamiche di mercato per rendere con
esso compatibili quelle misure potenzialmente lesive della concorrenza che si
sono finora accompagnate di regola agli investimenti degli operatori privati
nel settore nucleare [14].
Per adeguarsi a dette nuove
regole il legislatore ha disposto che gli operatori devono essere in possesso o
in grado di garantire i requisiti soggettivi, definiti con decreto del Ministro
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, in termini di disponibilità delle risorse
umane e finanziarie, capacità tecniche, materiali e delle strutture
organizzative necessarie per attivare, gestire e controllare il processo di
ottenimento delle autorizzazioni e degli atti di assenso comunque denominati
previsti dalla legge in materia di sicurezza nucleare e radioprotezione, nonché
per garantire il pieno controllo delle attività di progettazione, costruzione,
esercizio e disattivazione degli impianti nucleari, anche nel rispetto delle
raccomandazioni formulate dall’AIEA, ex
art. 5, d.m. 23 dicembre 2009, n. 174 [15].
Gli operatori, di propria iniziativa o su richiesta del
Ministero dello sviluppo economico, presentano al predetto Ministero ed al
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare il proprio
programma di intervento [16] per lo sviluppo
di impianti nucleari.
I programmi devono rispettare le
linee programmatiche individuate dal Governo ai sensi dell’articolo 3 e delle
delibere CIPE di cui all’articolo 26 della legge 23 luglio 2009, n. 99.
Gli indirizzi sono quelli della
politica energetica governativa che nella normativa statale si rapporta con la
pianificazione territoriale regionale in maniera del tutto indiretta.
La verifica tecnica dei requisiti
degli impianti nucleari [17]
per la predisposizione del rapporto preliminare di sicurezza è affidata
all’Agenzia su richiesta degli operatori.
3. Le caratteristiche dei siti. Il procedimento di
approvazione.
Le
caratteristiche dei siti sono proposte dall’Agenzia e approvate dal Ministero
dello sviluppo economico, dal Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
Le
caratteristiche ambientali e tecniche cui devono rispondere le aree idonee
sono: a) popolazione e fattori socio-economici; b) qualità dell’aria; c)
idrologia e risorse idriche; d) fattori climatici; e) biodiversità; f)
geofisica e geologia; g) valore paesaggistico; h) valore
architettonico-storico; i) accessibilità; l) sismo-tettonica; m) distanza da
aree abitate e da infrastrutture di trasporto; n) strategicità dell’area per il
sistema energetico e caratteristiche della rete elettrica; o) rischi potenziali
indotti da attività umane nel territorio circostante, ex art. 8, d.lg. 23.12.2009, n. 174.
I
criteri generali ed astratti che delineano le caratteristiche dei siti sono
aggetto di un procedimento di accesso che ne consente la verificabilità
Lo
schema che delinea le caratteristiche dei siti
è pubblicato sui siti Internet del Ministero dello sviluppo economico,
del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dell’Agenzia, dando contestualmente
avviso della pubblicazione almeno su cinque quotidiani a diffusione nazionale.
Nei
sessanta giorni successivi alla pubblicazione, le Regioni, gli Enti locali,
nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, possono formulare
osservazioni e proposte tecniche in forma scritta e non anonima, trasmettendole
ad un indirizzo di posta elettronica dell’Agenzia appositamente indicato. Le
comunicazioni sui siti internet e sui quotidiani indicano le sedi ove possono
essere consultati gli atti nella loro interezza, le modalità, i termini, la
forma e gli indirizzi per la formulazione delle osservazioni o proposte. La
suddetta consultazione pubblica è svolta nel rispetto dei principi e delle
previsioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.
Le
caratteristiche dei siti sono approvate con d.m. su proposta dell’Agenzia
formulata tenendo conto delle osservazioni pervenute e motivando l’eventuale
mancato accoglimento delle stesse.
La localizzazione è posta alla
fine di un complesso procedimento che come abbiamo visto parte dalla
definizione astratta delle caratteristiche dei siti. Nel frattempo stanno
circolando in via ufficiosa i nomi di dieci città che tra qualche anno
potrebbero ospitare gli impianti atomici Monfalcone in provincia di Gorizia, Scanzano Jonico in
Basilicata, Palma in provincia di Agrigento, Oristano in Sardegna, Chioggia in
provincia di Venezia, Caorso in provincia di Piacenza, Trino Vercellese in
provincia di Vercelli, Montalto di Castro in provincia di Viterbo, Termini
Imerese in Sicilia e Termoli in Molise potrebbero essere scelti per la
costruzione delle centrali nucleari.
Quel che è certo è la disponibilità data da Regioni
come Sicilia e Molise alla realizzazione degli impianti.
Il decreto, allo studio del Comitato di Esperti
predisposto dal Governo, copre tutta la catena del nucleare toccando aree,
siti, impianti, depositi, indennizzi alla popolazione e lo smantellamento delle
centrali a fine funzione, operazione già affidata a Sogin.
I siti devono avere alcuni
requisiti:la vicinanza al
mare o a fiumi per l’approvvigionamento idrico, l’assenza di rischio sismico e
un adeguato collegamento con la rete elettrica sono le caratteristiche ideali
per la costruzione delle nuove centrali [18].
3.1. Il segreto militare nel d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31.
La l. 23.7.2009, n. 99, art. 25,
comma 2 definisce i seguenti principi direttivi che il Governo è tenuto a
rispettare nell’esercizio della delega.
Fra l’altro vi è la previsione
della possibilità di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale,
soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione.
Il d.p.c.m. 8.4.2008 sul segreto di Stato sugli impianti
civili per produrre energia all’all. n. 17, ricomprende gli
stabilimenti civili di produzione bellica e gli impianti civili per produzione
di energia ed altre infrastrutture critiche.
Le future
centrali nucleari e i termovalorizzatori, alias inceneritori, saranno coperti da segreto militare.
Uno degli ultimi
decreti di Prodi che estende il segreto militare anche a “impianti civili per
produzione di energia ed altre infrastrutture critiche”.
La definizione è
comodamente ampia, direi. Le “infrastrutture critiche” sono un insieme
indefinito ed infinito.
Significa che
per l’ubicazione delle medesime si potrà andare per le spicce. Inoltre vigili
del fuoco ed Asl non effettueranno più i controlli.
Queste funzioni,
dice il decreto, “sono svolte da autonomi uffici di controllo collocati a
livello centrale dalle amministrazioni interessate che li costituiscono con
proprio provvedimento”.
Significa, credo
di poter tradurre, che non verremo mai a sapere cosa succederà dentro centrali
nucleari, inceneritori ed “infrastrutture critiche” assortite.
Quello
che uscirà fuori dagli impianti, almeno quello, lo potremo mai più sapere? E se
scopriremo inquinate acqua o aria, alla fonte di quell’inquinamento coperta da
segreto militare riusciremo più a risalire?
4. La Valutazione Ambientale Strategica.
L’art.
9, d.lg. 23.12.2009, n. 174, obbliga la vas per dei criteri che fissano le
caratteristiche ambientali.
La
Strategia nucleare, insieme ai parametri sulle caratteristiche ambientali e
tecniche delle aree idonee sono soggette alle procedure di valutazione ambientale
strategica ai sensi e per gli effetti di cui al decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152 e successive modificazioni, nonché al rispetto del principio di
giustificazione di cui alla Direttiva 96/29/EURATOM del Consiglio del 13 maggio
1996.
Il
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare cura lo
svolgimento della consultazione pubblica, secondo i principi e le disposizioni
di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ed iniziative volte a
consentire la partecipazione al procedimento delle popolazioni interessate.
Al
termine della procedura di valutazione ambientale strategica, il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette al Ministero
dello sviluppo economico e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il
parere motivato, adottato di concerto, per gli aspetti di competenza, con il
Ministro per i beni e le attività culturali.
Il
Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
adeguano, per le parti di rispettiva competenza, la Strategia e i parametri
sulle caratteristiche ambientali secondo le conclusioni della Valutazione
ambientale strategica e sottopongono gli atti così adeguati all’approvazione
del Consiglio dei Ministri.
I
testi approvati sono pubblicati sulla Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana.
5. I contenuti della v.a.s.
Il d.lg. 4/2008, dopo avere
abrogato la disciplina portata dal d.lg. 3.4.2006, n. 152, regola la valutazione
ambientale strategica di piani e
progetti, recependo la dir. europea 2001/42 [19].
La
v.a.s. deve essere effettuata per tutti i piani e programmi che sono elaborati
per la valutazione e gestione della qualità dell'aria, per i settori agricolo,
forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei
rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione
territoriale o della destinazione dei suoli e che, al contempo, definiscono il
quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di
localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti sottoposti a v.i.a. o a
verifica di assoggettabilità a v.i.a.
Rispetto
alla precedente definizione, che comprendeva integralmente quella della
direttiva 2001/42/CE, l’obbligo della v.a.s. è ora previsto anche per i piani
di gestione della qualità dell’aria ampliando così ulteriormente una casistica
già particolarmente estesa.
Sono
sottoposti a v.a.s. anche i piani/programmi per i quali è necessaria la
valutazione d'incidenza ai sensi dell'art. 5 del d.p.r. 8.9.1997, n. 357 (in
questo caso, la valutazione d'incidenza è compresa nella procedura) in
considerazione dei possibili impatti sulle zone di protezione speciale o sui
siti di importanza comunitaria.
Diversamente la v.i.a. consiste
nello studio concernente l’impatto sull’ambiente dalla realizzazione di una
singola opera.
La procedura di v.a.s. ha natura endoprocedimentale ed è
quindi effettuata durante il processo di formazione del piano o del programma e
prima della sua approvazione definitiva. Essa è quindi parte integrante delle
procedure ordinarie utilizzate per l’adozione e approvazione dei piani e dei
programmi.
La v.a.s. deve essere
effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed
anteriormente alla sua approvazione.
La redazione del rapporto
ambientale spetta al proponente o all’autorità procedente senza nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il rapporto ambientale
costituisce parte integrante del piano o del programma e ne accompagna l'intero
processo di elaborazione ed approvazione. Nel rapporto ambientale debbono
essere individuati, descritti e valutati gli impatti significativi che
l'attuazione del piano o del programma proposto potrebbe avere sull'ambiente e
sul patrimonio culturale, nonché le ragionevoli alternative che possono
adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell'ambito territoriale del
piano o del programma stesso.
L'allegato VI, d. lg. 4/2008,
riporta le informazioni da fornire nel rapporto ambientale a tale scopo, nei
limiti in cui possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto del
livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione correnti, dei contenuti e
del livello di dettaglio del piano o del programma.
Per evitare duplicazioni
della valutazione, possono essere utilizzati, se pertinenti, approfondimenti
già effettuati ed informazioni ottenute nell'ambito di altri livelli
decisionali o altrimenti acquisite in attuazione di differenti disposizioni
normative.
La proposta di piano o di
programma è comunicata all'autorità competente.
La comunicazione comprende il
rapporto ambientale e una sintesi non tecnica dello stesso.
Dalla data di pubblicazione
dell'avviso decorrono i tempi dell'esame istruttorio e della valutazione.
La proposta di piano o
programma ed il rapporto ambientale sono altresì messi a disposizione dei
soggetti competenti in materia ambientale e del pubblico interessato affinché
questi abbiano l'opportunità di esprimersi.
La documentazione è
depositata presso gli uffici dell'autorità competente e presso gli uffici delle
regioni e delle province il cui territorio risulti anche solo parzialmente
interessato dal piano o programma o dagli impatti della sua attuazione, ex art.
12, d.lg. 3.4.2006, n. 152, mod. art. 1, d.lg. 4/2008.
Per i piani sottoposti a
v.a.s. va redatto un rapporto ambientale che è parte integrante della
documentazione del piano o del programma.
Nel rapporto ambientale
debbono essere individuati, descritti e valutati gli impatti significativi che
l'attuazione del piano o del programma proposto potrebbe avere sull'ambiente e
sul patrimonio culturale nonché le ragionevoli alternative che possono
adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell'ambito territoriale del
piano o del programma stesso.
Le informazioni da fornire nel
rapporto ambientale sono contenute nell'allegato VI, ex art. 13, 4° co., d.lg. 3.4.2006, n.
152, mod. art. 1, d. lg.
4/2008.
Contestualmente alla
comunicazione del rapporto ambientale all’autorità competente, l'autorità
procedente cura la pubblicazione di un avviso sulla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana o sul Bollettino Ufficiale della regione o della provincia
autonoma interessata.
L'avviso deve
contenere: il titolo della proposta di piano o di programma, il proponente, l’autorità
procedente, l'indicazione delle sedi ove può essere presa visione del piano o
programma e del rapporto ambientale e delle sedi dove si può consultare la sintesi non tecnica anche mediante
pubblicazione sul proprio sito web.
Entro il
termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell'avviso, chiunque può
prendere visione della proposta di piano o programma e del relativo rapporto
ambientale e presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori
elementi conoscitivi e valutativi, ex
art. 14, d.lg. 3.4.2006, n.
152, mod. art. 1, d. lg. 4/2008
L'autorità competente, in collaborazione con l'autorità
procedente, svolge le attività tecnico-istruttorie, acquisisce e valuta tutta
la documentazione presentata, nonché le osservazioni, obiezioni e suggerimenti
ed esprime il proprio parere motivato entro il termine di novanta giorni a
decorrere dalla scadenza dei termini utili per la presentazione di
osservazioni.
L'autorità procedente, in collaborazione con l'autorità
competente, provvede, ove necessario, alla revisione del piano o programma alla
luce del parere motivato espresso prima della presentazione del piano o
programma per l'adozione o approvazione,
ex art. 15, d.lg. 3.4.2006, n. 152, mod. art. 1, d.lg. 4/2008.
Ogni decisione è demandata all'organo competente
all'adozione o approvazione del piano o programma. A tale autorità è trasmesso
il piano o programma ed il rapporto ambientale, insieme con il parere motivato
e la documentazione acquisita nell'ambito della consultazione, ex art. 16, d.lg. 3.4.2006, n.
152, mod. art. 1, d.lg. 4/2008.
La decisione finale è pubblicata
sulla Gazzetta Ufficiale o sul Bollettino Ufficiale della Regione con
l'indicazione della sede ove si può prendere visione del piano o programma
adottato e di tutta la documentazione oggetto dell'istruttoria. Sono inoltre resi
pubblici, anche attraverso la pubblicazione sui siti web delle autorità
interessate: a) il parere motivato espresso dall'autorità competente; b) una
dichiarazione di sintesi in cui si illustra in che modo le considerazioni
ambientali sono state integrate nel piano o programma, ex art. 17, d.lg. 3.4.2006, n.
152, mod. art. 1, d.lg. 4/2008. La
mancata redazione della v.a.s. determina l’annullabilità del piano.
6. L’istanza per la certificazione dei siti. Il
procedimento.
E’
l’operatore che propone al Ministero dello sviluppo economico ed all’Agenzia
istanza per la certificazione di un sito sulla base dei criteri fissati
L’istanza
deve contenere per ciascun sito, a pena di irricevibilità, i dati identificati
con successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con
il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita
l’Agenzia [20].
L’Agenzia
effettua l’istruttoria tecnica sulle singole istanze dopo aver completato la
verifica della regolarità formale delle istanze medesime, complete di
documentazione, entro 30 giorni della relativa ricezione.
L’Agenzia,
entro centoventi giorni dalla presentazione della domanda - salva la
possibilità di richiedere delle integrazioni - rilascia la certificazione per
ciascun sito proposto [21]
.
7. L’intesa con la regione interessata. Il
procedimento in caso di dissenso. Il Comitato interistituzionale Ministeri -
Regione.
L’Agenzia
trasmette le certificazioni dei siti al Ministero dello sviluppo economico, al
Ministero dell’ambiente della tutela del territorio e del mare ed al Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti.
Il
Ministro dello sviluppo economico sottopone ciascuno dei siti certificati
all’intesa della Regione interessata.
In
caso di mancata definizione dell’intesa entro il termine di sessanta giorni dal
ricevimento della richiesta dell’intesa stessa, si provvede alla costituzione
di un Comitato interistituzionale [22],
i cui componenti sono designati in modo da assicurare una composizione
paritaria, rispettivamente, dal Ministero dello sviluppo economico, dal
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da un lato, e dalla Regione,
dall’altro.
L’intesa
opera anche in deroga ai Piani energetico ambientali delle Regioni interessate
da ciascuna possibile localizzazione.
Il
legislatore mantiene la procedura di localizzazione unica per le varie centrali
che si devono realizzare.
Il
Ministro dello sviluppo economico trasmette l’elenco dei siti certificati sui
quali è stata espressa l’intesa regionale alla Conferenza Unificata che si deve
esprime entro e non oltre sessanta giorni dal ricevimento della relativa
richiesta. Se non si raggiunge l’intesa il Consiglio dei Ministri provvede con
deliberazione motivata sulla base delle intese già raggiunte con le singole
Regioni interessate da ciascun sito.
Solo
a tal punto il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, adotta il decreto di approvazione dell’elenco
dei siti certificati.
Con
il medesimo decreto ciascun sito certificato ed approvato è dichiarato di
interesse strategico nazionale, soggetto a speciali forme di vigilanza e
protezione, ed è attribuito alla titolarità dell’operatore richiedente.
Il
decreto è pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana, nonché nei siti Internet del Ministero
dello sviluppo economico, dei Ministeri concertanti e dell’Agenzia, ex art. 11, d.l. 23.12.2009, n. 174.
7.1. Il potere sostitutivo. I principi costituzionali.
La materia dei controlli dello
Stato e delle regioni sugli enti locali è disciplinata dalla costituzione
modificata dalla l. cost. 3/2003.
La norma, pur sancendo il
principio del controllo sostitutivo del Governo sugli enti territoriali, non
preclude anche controlli regionali sugli enti locali.
La giurisprudenza ha precisato
che i principi, espressamente dettati dall'art. 120, 2° co., cost., per
regolare i rapporti tra lo Stato e tutti gli altri enti locali (comprese le
regioni), valgono, ed a maggior ragione, anche nei rapporti tra le regioni e
gli enti minori, tanto più che il controllo sostitutivo si inquadra nell'ambito
dell'esercizio di poteri di vigilanza (di un organo su altri organi allo stesso
sottordinati) che sono propri di una concezione verticistica dello Stato che
non trova più riscontro nel nuovo Titolo V cost. [23].
L’attribuzione di gran parte dei
poteri normativi e amministrativi dallo Stato agli enti territoriali ha posto
la necessità di garantire che lo Stato debba potersi sostituire all’ente inerte
o inadempiente.
Tale potere sostitutivo trova la
sua giustificazione nella condotta dilatoria posta in essere dall’ente
incaricato per l’esercizio di un potere [24].
La norma afferma che il Governo
può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province
e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o
della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la
sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica
o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini
territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a
garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio
di sussidiarietà e del principio di leale
collaborazione, art. 120 cost., sost. art. 6, l. cost. 18.10.2001, n. 3.
La norma prevede che nei casi e
per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione,
il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente
per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente
interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari;
decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo
interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio
dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina
un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il
Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.
Qualora l'esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia. Qualora l'esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione.
Qualora l'esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia. Qualora l'esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione.
Il Governo può promuovere la
stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza
unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o
il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni;
in tale caso è esclusa l'applicazione dei commi 3 e 4 dell'art. 3 del decreto
legislativo 28.8.1997, n. 281. Nelle materie di cui all'art. 117, terzo e
quarto comma, della Costituzione non possono essere adottati gli atti di
indirizzo e di coordinamento di cui all'art. 8 della l. 15.3.1997, n. 59, e
all'articolo 4 del decreto legislativo 31.3.1998, n. 112, art.8, l. 5.6.2003,
n.131.
La legge ha superato le eccezioni
di incostituzionalità in quanto fissa dei principi generali che devono essere
disciplinati con procedimenti speciali dal legislatore ordinario.
La Corte costituzionale ha
dichiarato inammissibile la questione di illegittimità costituzionale dell'art.
8 commi da 1 a 4, l. 5.6.2003, n. 131, il quale dà attuazione all'art. 120
cost., censurato dalla provincia di Bolzano e dalla regione Sardegna per
violazione delle competenze di cui al combinato disposto degli art. 117 comma 3
cost., art. 10, l. cost. 18.10.2001, n. 3, artt. 8, 9, 10, 52 ultimo comma e
107 dello statuto per il Trentino Alto Adige e artt. 3, 4, 5, 56 dello statuto
sardo e delle relative norme di attuazione, nonché in relazione agli artt. 70 e
77 cost.
Poiché il concreto
trasferimento alle regioni ad autonomia speciale delle funzioni ulteriori
attratte dal nuovo titolo V deve essere effettuato con le procedure previste
dall'art. 11, l. 131 del 2003, ossia con norme di attuazione degli statuti
adottate su proposta delle commissioni paritetiche, fino a quando tali norme di
attuazione non saranno state approvate la disciplina del potere sostitutivo di
cui si contesta la legittimità resta nei loro confronti priva di efficacia e
non è idonea a produrre alcuna violazione delle loro attribuzioni
costituzionali [25] .
La Corte costituzionale ha il
compito di verificare la sussistenza dei requisiti per l’esercizio del potere
sostitutivo da parte delle regioni.
La Corte ha dichiarato
infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art 91, 8° co., l. r.
Veneto 4.11.2002, n. 33, nella parte in cui prevede che, trascorso il termine
stabilito per i comuni per l'adeguamento dei propri strumenti urbanistici con
la previsione della disciplina urbanistico edilizia dei complessi ricettivi
all'aperto esistenti e, ove occorra, con l'individuazione delle aree
specificamente destinate agli insediamenti turistico ricettivi, in relazione
alle indicazioni della programmazione regionale e provinciale, la regione
procede alla nomina di un commissario ad acta, in riferimento agli art. 114,
117 e 120 cost. [26].
Il procedimento sostitutivo
si inquadra fra i procedimenti di controllo; esso presuppone il potere di
riesame da parte di un organo sovraordinato o comunque diverso da quello che ha
potestà di emanare un determinato provvedimento [27].
Capitolo 5
L’informazione ambientale.
SOMMARIO: 1. Le informazioni ambientali.
La legge 8 luglio 1986, n. 349. 1.1. La natura del diritto di accesso
all’informazione ambientale. 2. La Convenzione internazionale di Aarhus del 25
giugno 1998 "sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del
pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia
ambientale. 3. Il decreto legislativo 19 agosto 2005 n.195 sull'accesso del
pubblico all'informazione ambientale. 4. La campagna di informazione nel d.lg. 15 febbraio 2010, n. 31.
1. Le informazioni ambientali. La legge
8 luglio 1986, n. 349.
La dottrina rileva che
l'amministrazione pubblica agisce, sempre più spesso sulla base di informazioni
che non ha formato, che non detiene, di cui talora ignora la provenienza e le
modalità di selezione: dati prodotti od organizzati da altre amministrazioni,
informazioni tratte da banche dati e da basi di dati che integrano e sempre più
spesso sostituiscono informazioni documentali e la conoscenza diretta dei
fenomeni [28].
La legge 8 luglio 1986, n. 349,
recante l'istituzione del Ministero dell'ambiente e, in particolare, nell'art.
14, che riconosce il diritto di accesso alle informazioni sullo stato
dell'ambiente a qualsiasi cittadino [29].
Il cittadino è stato per la prima
volta eletto a principale destinatario delle informazioni detenute dalla
pubblica amministrazione proprio nel contesto della disciplina contenuta nella
legge istitutiva del Ministero dell'Ambiente [30].
Il diritto di accesso
all'informazione è stato successivamente consacrato nel d.lg. n. 39/1997, il
quale ha dato attuazione ai principi dettati dalla direttiva Cee n. 90/313,
riconoscendo, all'art. 3, il diritto all'informazione ambientale come diritto
della persona, senza alcun collegamento ad un interesse particolare che il
soggetto richiedente debba dimostrare [31].
La giurisprudenza considera il
diritto di accesso alle informazioni ambientali dall'art. 14 comma 3, l. 8
luglio 1986 n. 349 una sorta di controllo sociale diffuso La dottrina rileva
che l'amministrazione pubblica agisce, sempre più spesso sulla base di informazioni
che non ha formato, che non detiene, di cui talora ignora la provenienza e le
modalità di selezione: dati prodotti od organizzati da altre amministrazioni,
informazioni tratte da banche dati e da basi di dati che integrano e sempre più
spesso sostituiscono informazioni documentali e la conoscenza diretta dei
fenomeni [32].
La legge 8 luglio 1986, n. 349,
recante l'istituzione del Ministero dell'ambiente e, in particolare, nell'art.
14, che riconosce il diritto di accesso alle informazioni sullo stato
dell'ambiente a qualsiasi cittadino [33].
Il cittadino è stato per la prima
volta eletto a principale destinatario delle informazioni detenute dalla
pubblica amministrazione proprio nel contesto della disciplina contenuta nella
legge istitutiva del Ministero dell'Ambiente [34].
Il diritto di accesso
all'informazione è stato successivamente consacrato nel d.lg. n. 39/1997, il
quale ha dato attuazione ai principi dettati dalla direttiva Cee n. 90/313,
riconoscendo, all'art. 3, il diritto all'informazione ambientale come diritto
della persona, senza alcun collegamento ad un interesse sulla qualità del bene
ambiente che può essere espletato da qualsiasi cittadino su qualsiasi
informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora o contenuta nelle
basi di dati riguardante lo stato delle acque, dell'aria, del suolo, della
fauna, della flora, del territorio e degli spazi naturali, nonché le attività,
comprese quelle nocive, o le misure che incidono o possono incidere
negativamente sulle predette componenti ambientali e le attività o le misure
destinate a tutelarle, ivi compresi le misure amministrative e i programmi di
gestione dell'ambiente [35].
La
dottrina considera che la qualità delle informazioni sia una problematica in
grado di influire in modo significativo sulle modalità di azione e di relazione
delle amministrazioni pubbliche, ma è anche una sfida difficilmente eludibile
se è vero che l'esigenza di disporre di informazioni caratterizzate da uno
specifico regime di qualità attesa, è avvertita in misura crescente a livello
di organizzazioni complesse [36].
1.1. La natura del diritto di accesso
all’informazione ambientale.
La
dottrina rileva che l’evoluzione al diritto di accesso alle informazioni
ambientali riduce le limitazioni al suo esercizio e lascia ben poco alla
discrezionalità della pubblica amministrazione [37].
Sono
previste, infatti, le stesse forme di tutela previste per il più generico
diritto di accesso.
Essa
condivide l'orientamento giurisprudenziale che lo considera quale diritto
soggettivo.
La
giurisprudenza, ha ritenuto, dopo la massiccia attribuzione al giudice
amministrativo di giurisdizione su diritti conseguente alla legge 205/2001, che
l'attribuzione della cognizione di diritti soggettivi alla giurisdizione del
giudice amministrativo non costituisca più un'eccezione alla regola generale di
cui all'art. 24 Cost. e che, conseguentemente, non sia più necessaria una legge
che attesti espressamente che la materia rientra nella giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo. Il Collegio ha inoltre rilevato che l'Atto del
Senato n. 1281, ha esplicitamente inserito il diritto di accesso tra i
"diritti civili e sociali" di cui all'art. 117, lett. m) della Costituzione ed ha precisato
che il giudice amministrativo giudica sulle controversie in materia di accesso
in sede di giurisdizione esclusiva.
La
valutazione dell'eventuale prevalenza degli interessi del richiedente l'accesso
rispetto a quelli pubblici, che costituiscono il limite all'esercizio stesso
del diritto, è compiuta direttamente dall'ordinamento e non
dall'amministrazione, mancando qualsiasi elemento di discrezionalità vera e
propria, ossia qualsiasi valutazione sull'opportunità, da parte della P.A.,
ravvisandosi, semmai solo ristretti ambiti di discrezionalità tecnica [38].
Dalla
qualificazione di diritto soggettivo del diritto d'accesso ai documenti o alle
informazioni ambientali, che in tal sede più interessa, ne consegue che
l'istanza di accesso, ancorché respinta con decisione non tempestivamente
impugnata dall'interessato, ovvero rimasta senza risposta, possa essere
nuovamente proposta fin tanto che il diritto stesso non sia soddisfatto per vie
amministrative ovvero giurisdizionali, non sussistendo il limite del termine di
decadenza proprio dell'interesse legittimo [39].
La
giurisprudenza precisa, peraltro, che l'ambito applicativo del d.lg. n. 195 del
2005, per quanto esteso, non può dare titolo ad una forma di accesso
indiscriminato a tutte le pratiche inerenti ad un determinato settore di
attività amministrativa, non potendosi il diritto all'informazione in materia
ambientale, al pari del diritto di accesso in genere, tradursi in uno strumento
di controllo sistematico e generalizzato sulla gestione di tutti i procedimenti
amministrativi in itinere e, più in
generale, sull'intero operato di un ente pubblico, che finirebbe per conferire ad un'associazione privata
poteri ispettivi che non le competono [40].
2 La Convenzione internazionale di
Aarhus del 25 giugno 1998 sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del
pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia
ambientale
Il
diritto di accesso alle informazioni trova il suo fondamento sia nella
direttiva 90/313/CEE, concernente la libertà di accesso alle informazioni in
materia di ambiente, sia in leggi nazionali,
La
Convenzione internazionale di Aarhus del 25 giugno 1998 sull'accesso alle
informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e
l'accesso alla giustizia in materia ambientale - ratificata nel nostro paese
con la l. 16.3.2001, n. 108, art. 1 – è ispirata al primo principio della
Dichiarazione di Stoccolma sull'ambiente umano (1972) ed alla Dichiarazione di
Rio sull'Ambiente (1992); essa persegue l'obiettivo di promuovere la democrazia
ambientale, allo scopo di garantire ad ogni individuo il diritto di vivere in
un ambiente adeguato alla propria salute ed al proprio benessere.
L’art. 1, La
Convenzione di Aarhus riconosce il diritto di ognuno, sia per la generazione
propria sia per quella futura di vivere in un ambiente che assicuri la sua
salute e il suo benessere e assicura il diritto di accesso ai processi
decisionali che riguardano il territorio [41].
L’accesso
all’informazione sul territorio non può essere limitato dalla presenza di
interessi qualificati: l’informazione deve essere data anche se la domanda può
essere evasa sotto forma di altra pubblicità data in altra forma [42].
La
giurisprudenza ha riconosciuto che il diritto di accesso, previsto dalla l. n.
241 del 1990, all'informazione ambientale non è stato riservato alle sole parti
interessate; la particolarità ha trovato conferma con il d.lg. 25 febbraio 1997
n. 39 che, in attuazione dei principi della Direttiva C.E.E. n. 90/93, ha
stabilito all'art. 3 (poi trasfuso nell'art. 3, d.lg. n. 195 del 2005) che le
autorità pubbliche sono tenute a rendere disponibili le informazioni relative
all'ambiente a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dimostrare
il proprio interesse [43].
3. Il decreto legislativo 19 agosto
2005, n. 195, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale.
La
dottrina nota che la direttiva 2003/4/CE, si ripromette di apportare un
contributo significativo allo sviluppo sostenibile, sfidando la politica di
segretezza che ancora sussiste in numerose amministrazioni europee
Non
sarebbe pertanto paradossale immaginare che il diritto di accesso alle
informazioni possa diventare, a giusta ragione, uno dei perni su cui fondare
l'intero sistema di protezione dell'ambiente [44].
Il d.
lg. 19 agosto 2005, n.195, attua la direttiva
2003/4/ce sull'accesso del pubblico all'informazione
ambientale.
La
dottrina rileva che tra le discipline nazionali conformate dal diritto
comunitario merita di essere rimarcata quella in materia di dati sullo stato
dell'ambiente, disciplinata ora in particolare dal d.lg. 19 agosto 2005, n. 195,
ai sensi del quale l'informazione ambientale deve essere aggiornata, precisa e
confrontabile.
Questa
normativa, che ha innovato la precedente disciplina la cui capacità di
garantire un'effettività e pienezza dell'informazione ambientale era stata oggetto
di critiche, si caratterizza per vari profili di rilievo, dati in particolare
dalla presenza di un nucleo informativo essenziale minimo in termini
quantitativi e dall’attenzione a meccanismi procedurali ed organizzativi di
garanzia.
In primo luogo, infatti, i requisiti di qualità si integrano con standard di tipo quantitativo, sulla scorta di quanto già previsto dalla direttiva comunitaria: i dati diffusi devono, infatti, comprendere almeno una serie di informazioni.
In primo luogo, infatti, i requisiti di qualità si integrano con standard di tipo quantitativo, sulla scorta di quanto già previsto dalla direttiva comunitaria: i dati diffusi devono, infatti, comprendere almeno una serie di informazioni.
La
qualità delle informazioni ambientali passa, inoltre, attraverso l'espressa
attribuzione al Ministero dell'ambiente del compito, se possibile, di
garantirla. L'informazione sulle metodologie di raccolta e formazione dei dati,
prevista dal d.lg. n. 195/2005, introduce, infine, nel nostro ordinamento un
modello di qualità come potenziale riverificabilità [45].
L’art. 30, d.lg. 15 febbraio 2010, n. 31,
dispone che il Ministero dello sviluppo economico, sentito il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare deva promuovere un
programma per la definizione e la realizzazione di una “Campagna di
informazione nazionale in materia di produzione di energia elettrica da fonte
nucleare”.
Il Ministero ha l’obbligo di avvalersi, tramite stipula di
un’apposita convenzione, dell’Agenzia per l’attrazione degli investimenti e lo
sviluppo d’impresa S.p.A e prevedendo, nell’ambito di detta convenzione, il
coinvolgimento di un rappresentante dell’Autorità per l’energia elettrica e il
gas (AEEG), del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza
del Consiglio dei Ministri, dell’Agenzia nazionale per la sicurezza nucleare,
dell’ISPRA, dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo
sviluppo economico sostenibile (ENEA) e dell’Area istituzioni, territorio e
ambiente dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI).
Il programma deve essere approvato con decreto del Ministro
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare ed il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, previa acquisizione del parere del Dipartimento per l’informazione e
l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il programma deve definire l'obiettivo, il fabbisogno
finanziario, le risorse utilizzabili, il contenuto dei messaggi, i destinatari
ed i soggetti coinvolti nella realizzazione della campagna di informazione; la
relativa strategia di diffusione, unitamente alle modalità, ai mezzi ed agli
strumenti ritenuti più idonei al raggiungimento della massima efficacia della
comunicazione, sono definiti da un soggetto di particolare competenza del
settore, individuato nell’ambito della convenzione, al quale sono altresì
affidate l’ideazione, la programmazione e la realizzazione della campagna
medesima.
Capitolo 6
La tutela.
SOMMARIO: 1. Le funzioni del Ministero
dell’ambiente e degli Enti locali. 2. Le funzioni delle associazioni
ambientaliste. 3. La tutela. Il rinvio alla l. 163/2006
1.
Le funzioni del Ministero dell’ambiente e degli Enti locali.
La
tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ex art. 117, 2° co., lett. s), cost., è
riservata alla legislazione esclusiva dello Stato.
Tale
competenza suole esplicarsi proprio nella fissazione di standard minimi di
protezione, rispetto ai quali, in genere, alla legislazione regionale è
consentito non già, di apportare deroghe o discipline più permissive, ma,
semmai, di fissare limiti più severi di tutela [46].
L’art. 299, d.lg. 3.4.2006, n. 152, riserva al Ministro le
funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di tutela, prevenzione e
riparazione dei danni all’ambiente, direttamente o mediante la Direzione
Generale per il danno ambientale istituita presso il Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e gli altri uffici ministeriali competenti.
L’azione ministeriale si svolge normalmente in
collaborazione con le regioni, con gli enti locali e con qualsiasi soggetto di
diritto pubblico ritenuto idoneo.
L’art. 299, d.lg. 3.4.2006, n. 152, in particolare
prevede la richiesta di intervento statale da parte di regioni, province
autonome e enti locali, anche associati, nonché di persone fisiche o
giuridiche.
L’intervento
può essere richiesto sia da coloro che sono o potrebbero essere colpite dal
danno ambientale, o da quelli che vantino un interesse legittimante la
partecipazione al procedimento relativo all’adozione delle misure di
precauzione, di prevenzione o di ripristino, come le organizzazioni non
governative che possono promuovere la protezione dell’ambiente, di cui all’art.
13 della l. 8.7.1986, n. 349,
Detti soggetti possono
presentare al Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio, depositandole presso le Prefetture – Uffici
territoriali del Governo, denunce e osservazioni, corredate da documenti ed
informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia
imminente di danno ambientale e chiedere l’intervento statale a tutela
dell’ambiente a norma della parte sesta del presente decreto.
L’intervento di questi soggetti è riduttivo rispetto alla
legittimazione processuale prima spettante in quanto la loro non è più
un’azione autonoma ma di stimolo a quella ministeriale
Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio
valuta le richieste di intervento e le osservazioni ad esse allegate e informa
senza dilazione i soggetti richiedenti dei provvedimenti assunti al riguardo.
Nulla dice la norma nel caso in cui il Ministero sia inerte
od assume interventi che siano ritenuti inadeguati.
Tale
accentramento delle funzioni in capo al Ministro solleva dubbi in rapporto alle
disposizioni dell’art. 117, 3° co., cost. - che delega alla legislazione
concorrente delle regioni la tutela del territorio già riconosciute sotto il
profilo della legittimazione attiva all'azione dall’art. 9, d.lg. 18.8.2000, n.
267 [47].
Gli
aspetti positivi di una concentrazione delle funzioni in capo al ministero sono
evidenti, ma sussiste una antica diffidenza della centralizzazione delle
funzioni che ha trovato riscontro con il decentramento regionale.
2. Le funzioni delle associazioni ambientaliste.
Le
disposizioni del d.lg. 3.4.2006, n. 152, non possono essere considerate
abrogatrici in modo implicito dall’art. 9, d.lg. 18.8.2000, n. 267.
Detto
articolo istituisce l’azione popolare, spettante a ciascun elettore. Esso può
far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla
provincia.
Detta
azione è estesa alle associazioni di protezione ambientale di cui all'art. 13,
l. 8.7.1986, n. 349, che possono proporre le azioni risarcitorie di competenza
del giudice ordinario che spettino al comune e alla provincia, conseguenti a
danno ambientale. L'eventuale risarcimento è liquidato in favore dell'ente
sostituito e le spese processuali sono liquidate in favore o a carico
dell'associazione.
Ai
sensi dell’art. 18, 4°, 5° co. le associazioni di protezione ambientale hanno
le seguenti facoltà:
1) il
potere di denunciare, assieme ai cittadini, i fatti che danneggino i beni
ambientali di cui siano a conoscenza, con lo scopo di sollecitare l’intervento
da parte dei soggetti pubblici autorizzati;
2) il
potere d’intervenire nei giudizi per danno ambientale e di ricorrere al
tribunale amministrativo per l’annullamento di atti illegittimi.
Le
seguenti associazioni di protezione ambientale sono state individuate con
decreti del Ministero dell’ambiente: Agriturist; Amici della terra;
Associazione Greenpeace; Associazione Kronos 1991; Club Alpino Italiano;
Federnatura; Fondo ambiente italiano; Gruppi ricerca ecologica; Italia nostra;
Lega ambiente; Lega italiana per i diritti dell’animale; Lega italiana
protezione uccelli; Mare vivo; Touring Club Italiano; World Wildelife Fund.
La
giurisprudenza ha precisato che la speciale legittimazione delle associazioni
di protezione ambientale di intervenire nei giudizi per il danno ambientale e
ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti
illegittimi, riconosciuta dall'art. 18, l. 8.7.1986, n. 349, riguarda l'associazione
ambientalistica nazionale formalmente riconosciuta e non le sue strutture
territoriali, le quali non possono ritenersi munite di autonoma legittimazione
processuale neppure per l'impugnazione di un provvedimento ad efficacia
territorialmente limitata [48].
La
dottrina riconosce la partecipazione al giudizio ambientale delle associazioni
ambientalistiche.
E’ stata
ampliata la sfera di legittimazione delle associazioni ambientalistiche, da un
lato precisandone l’estensione all’impugnativa avanti al giudice amministrativo
degli atti adottati da regioni, province e comuni, dall’altro consentendo la
proposizione in via autonoma delle azioni risarcitorie, in sostituzione delle
province e dei comuni, ex art. 17, l.
127/1997 [49].
Le
associazioni ambientaliste possono costituirsi parti civili nel giudizio
penale, vista la legittimazione ad intervenire loro attribuita dal legislatore
possono proporre azioni risarcitorie addebitando solo le relative spese: il
risarcimento del danno ambientale compete all’ente sostituito, ex art. 4, 3° co., l. 3.8.1999, n. 265).
La
giurisprudenza ha statuito il difetto di legittimazione ad intervenire in
giudizio per una associazione ambientalista che non abbia dimostrato di
possedere i requisiti, richiesti dalla giurisprudenza, per poter rientrare nel
novero degli enti esponenziali portatori in via continuativa di interessi
diffusi radicati nel territorio, il che avrebbe comportato la specificazione,
con riferimento alla situazione concreta e fattuale, del come, perché ed in
quale misura il provvedimento impugnato si rifletta negativamente sulla propria
posizione sostanziale, determinandone una lesione concreta, immediata e di
carattere attuale [50].
3. La tutela. Il rinvio alla l. 163/2006.
La
tutela nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa, che in ogni
modo riguardino le procedure di progettazione, approvazione e realizzazione
delle opere, infrastrutture e insediamenti produttivi concernenti il settore
dell'energia, è disciplinata dall'art. 246 del d. lg. 12.4.2006, n. 163.
L'udienza
di merito è fissata d’ufficio, senza richiesta di fissazione da parte del
ricorrente entro quarantacinque giorni dalla data di deposito del ricorso.
Il
legislatore si preoccupa che i tempi della giustizia amministrativa non
interrompano la celerità nell’esecuzione delle opere appaltate.
In sede
di pronuncia del provvedimento cautelare, il giudice deve tenere conto delle
probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che
possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita
realizzazione dell'opera.
L’accoglimento
della domanda cautelare comporta una particolare valutazione della
irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente che deve essere comparato con
quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure.
La
sospensione o l'annullamento dell'affidamento non comporta la caducazione del
contratto già stipulato.
La
dottrina nota la novità del termine usato dal legislatore. La norma introduce
un termine nuovo: la caducazione del contratto, discostandosi dalla
classificazione civilistica e abbandonando il termine risoluzione usato, ad
esempio, dall’art. 14, d.lg. n. 190/2002 [51].
Il
risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente.
La
giurisprudenza ha precisato che la semplificazione procedurale non comporta
anche che i giudizi avverso l'aggiudicazione delle suddette opere possano
dichiararsi improcedibili, atteso che la norma in questione un qualche effetto
all'eventuale annullamento dell'aggiudicazione lo riconosce, e cioè il
risarcimento del danno [52].
La
misura del risarcimento del danno per equivalente, conseguente all'annullamento
giurisdizionale di un'aggiudicazione, può liquidarsi, in analogia a quanto
previsto dall'art. 134 del d.lg. n. 163/2006 per il caso di recesso della
stazione appaltante, nella misura del 10% del prezzo [53].
Nella
relazione illustrativa si motivava tale previsione con l’esigenza di ridurre
l’incidenza dei provvedimenti giurisdizionali sulla realizzazione delle opere e
degli interventi programmati in sede politica e normativa, che“non è limitata
al solo profilo della mancata realizzazione –
nei tempi previsti – delle opere e degli interventi, ma concerne anche
il profilo dei costi degli interventi stessi, i livelli di occupazione, la
credibilità degli attori istituzionali del sistema e la fiducia degli operatori
economici.
Appare
opportuno, pertanto, estendere al settore dell’energia modelli processuali già
sperimentati dal legislatore in altri settori e ritenuti pienamente legittimi
dalla Corte costituzionale.
Si ricorda che
l’art. 246 del D.Lgs. n. 163/2006 si connota – secondo quanto riportato nella
medesima relazione illustrativa - per l'applicazione delle direttive 89/665/CEE
e 92/13/CEE che permettono di escludere la caducazione del contratto già
stipulato dai soggetti aggiudicatori nelle ipotesi di sospensione o di
annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione di prestazioni pertinenti alle
infrastrutture, limitando la riparazione degli interessi o dei diritti lesi al
solo risarcimento per equivalente, con esclusione della reintegrazione in forma
specifica [54].
Parte Quarta
Conclusioni
Capitolo 8
Conclusioni
La
pianificazione per la localizzazione degli impianti nucleari accentua la difficoltà
sul piano giuridico di individuare le competenze Stato - Regioni - enti locali
nella pianificazione territoriale.
Una
prima teoria ritiene che sia prevalente l’autorità centralista dello Stato.
Una
seconda teoria spinge per un decentramento regionale.
Questa
teoria è però contestata da tutti coloro che ritengono che la pianificazione
territoriale rientri nelle funzioni degli enti locali e, laddove esiste la
competenza concorrente dello Stato, essi debbano essere quanto meno sentiti.
Le
conferenze di copianificazione sono un sistema che cercare di giungere ad una
composizione degli interessi dei vari antagonisti al fine di trovare una
soluzione condivisa.
Tali
soluzioni sono facilmente risolvibili a livello locale dove gli interventi
anche quelli più impattanti infrastrutturali trovano una soluzione e dove lo
scontro fra gli opposti interessi può trovare soluzione.
Nel
caso di panificazione delle centrali nucleari il problema di trovare la
pianificazione ottimale sembra essere secondario rispetto ad interessi
economici e sociali che si scontrano.
L’esigenza
di garantire lo sviluppo e di trovare uno sbocco occupazione nel campo
energetico confligge con l’esigenza di coloro che indicano forme alternative di
sviluppo che a molti appaiono più garantistiche nel rispetto del diritto alla
salute.
L'allargamento
delle funzioni legislative delle regioni operato con la modifica dell'art. 117
della costituzione non ha risolto il problema poiché le nuove norme sono
rimesse alla Corte costituzionale affinché risolva il conflitto di
attribuzione.
Venendo
più specificatamente al problema della localizzazione delle centrali nucleari
le funzioni in materia di energia sono riservate allo Stato ma alle regioni
sono attribuite la funzione legislativa concorrente in materia di governo del
territori.
Il conflitto sulla localizzazione dei siti per lo
smaltimento delle scorie nucleari relativi allo smaltimento delle centrali
dismesse dopo il referendum, indetto con d.p.r. 4 settembre 1987, ha segnato il
primo tempo di una partita non ancora chiusa a favore dello Stato riconoscendo
la sua funzione di indirizzo ritenendo sufficiente la mera partecipazione
regionale nel procedimento consultivo.
La legge per favorire lo sviluppo l. 99/2009 che prevede la
localizzazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare conferma la previsioni di un percorso
legislativo controverso.
Alcune regioni
infatti hanno proposto il ricorso alla Corte Costituzionale contro l'esautoramento degli enti locali a
proposito della scelta dei siti, ma soprattutto il successivo d.lg. 31/2010,
è stato approvato dal governo contro il parere della Conferenza regionale.
Le decisioni del governo sono comunque in
linea con gli indirizzi esposti dalla comunità europea.
La
Commissione della Comunità rileva, infatti, che la domanda di energia elettrica
nell'UE dovrebbe continuare ad aumentare. L'insufficienza delle capacità
destinate a coprire il carico di base potrebbe compromettere la stabilità della
rete elettrica dell'UE.
La
quota delle fonti di energia rinnovabili è destinata ad aumentare, ma occorre
prestare maggiore attenzione alla sostituzione o all'estensione della durata di
vita delle centrali nucleari che raggiungeranno il termine della loro vita
utile originariamente previsto prima del 2020.
Le
scelte della Comunità sono comunque supportate da rigidi meccanismi di
controllo della sicurezza e di partecipazione d informazione degli abitanti dei
luoghi oggetto di localizzazione degli impianti nucleari.
Se
l'emanazione del d.lg. 31/2010, è stata contrastata il suo
percorso operativo si rivela particolarmente difficile.
Il documento che deve contenere la strategia del Governo in
materia nucleare e la costituzione dell'Agenzia per la sicurezza nucleare sono
tappe fondamentali di questo percorso.
L'otto
marzo 2010 da Parigi, dove ha partecipato alla conferenza internazionale
sull’accesso al nucleare civile, il Ministro dello Sviluppo Economico, Claudio
Scajola ha dichiarato che “ il programma nucleare italiano procede nei tempi
previsti. Il Governo sta creando le condizioni necessarie affinché le imprese
possano avviare i lavori per la costruzione della prima centrale nucleare entro
il 2013.
L’energia nucleare rappresenta una fonte
energetica disponibile su vasta scala e competitiva, che consente ai Paesi di
diversificare gli approvvigionamenti energetici e di contenere la dipendenza
dai combustibili fossili, i cui prezzi sono instabili e poco prevedibili. Il
nostro obiettivo di lungo periodo - ha concluso il Ministro - è il riequilibro
del sistema di generazione elettrica: puntiamo, infatti, ad un mix composto dal
25% di nucleare, 25% di fonti rinnovabili, 50% di combustibili fossili” [55].
Entro tre mesi dall’entrata
in vigore del decreto 31/2010 - ossia dal 23 marzo quindi entro il 23 giugno 2010 - dovrà essere
messo a punto un documento programmatico contenente gli obiettivi strategici in
materia nucleare, l’indicazione della potenza complessiva delle centrali e i
tempi di costruzione e messa in esercizio.
Entro fine luglio 2010,
l’Agenzia per la sicurezza nucleare (ASN), con il contributo di IPSRA, ENEA e
delle Università, proporrà i parametri esplicativi dei criteri tecnici per
individuare le aree idonee alla localizzazione delle centrali; un mese dopo
(fine agosto 2010) il Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con gli
altri Ministeri (Ambiente, Infrastrutture, Beni culturali), sulla base della
proposta dell’ASN, definirà i criteri per la localizzazione degli impianti e li
renderà noti attraverso i siti web dei Ministeri e i quotidiani per avviare una
fase di consultazione pubblica che durerà due mesi (fine ottobre 2010). Trenta
giorni dopo il termine della consultazione (fine novembre 2010) sarà emanato il
decreto con i parametri definitivi utili ad individuare le aree nella quali
localizzare le centrali.
Tali parametri, insieme con
la strategia nucleare, saranno sottoposti a Valutazione Ambientale Strategica
(VAS). Gli esiti della VAS comporteranno l’adeguamento della Strategia
nucleare. Entro tre mesi dalla pubblicazione degli adeguamenti della Strategia
nucleare, gli operatori potranno avviare il procedimento di autorizzazione
unica, presentando al Ministro per lo Sviluppo Economico l’istanza di
certificazione del sito sul quale intendono insediare la centrale atomica.
L’istanza dovrà contenere
l’indicazione puntuale del sito, il progetto preliminare dell’impianto, le
indagine tecniche, la valutazione di sicurezza e degli effetti ambientali, ecc.
A questo punto entrano in
gioco le Regioni, le quali dovranno esprimersi sui progetti, secondo una
procedura e una tempistica molto articolata, ex artt. 11 e 12 del d.
lg. 31/2010.
Inizia il confronto vero sulla localizzazione dei siti.
Il sistema di localizzazione appare particolarmente
infelice perché costringere a delineare una serie di siti idonei per delegare
poi la scelta di solo quattro siti agli operatori.
Al termine della scelta dei
siti idonei alla localizzazione l’operatore può richiedere l’autorizzazione
unica, contenente il progetto definitivo della centrale, lo studio di impatto
ambientale, il modello operativo per la gestione e lo studio di disattivazione
dell’impianto.
Al termine di una complessa
procedura è rilasciata l’autorizzazione unica.
Il conflitto con le regioni - che sembrano orientate
prevalentemente contro la localizzazione di centrali nucleari nel loro
territorio - appare inevitabile.
Il conflitto di attribuzione è già in atto con quella
legislazione regionale che è orientata ad effettuare le scelte pianificatorie
attraverso conferenze di pianificazione che riuniscono nel procedimento di
approvazione gli enti territorialmente interessati.
Le norme regionali dispongono, infatti, l'esatto contrario
di quanto precede la norma statale per la localizzazione delle centrali
nucleari.
Il governo può solo cercare di spingere le regioni ad
accogliere le richieste degli operatori potenziando eventualmente i meccanismi
di compensazione e producendo il massimo sforzo finanziario per creare
un'Agenzia della sicurezza che sia un
organismo realmente terzo – per la composizione del suo consiglio di
amministrazione - tale da dare effettive
garanzie ai cittadini.
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amministrativo, Atti e ricorsi, II, 1987.
Ringraziamenti
Ci tengo ad inserire nella tesi una breve, ma
per me significativa, pagina relativa ai
“Ringraziamenti” nella quale intendo esprimere la mia gratitudine per
tutte quelle persone
che mi sono state vicine durante il mio
percorso di Studente Universitario.
La strada, specialmente agli inizi, è stata
caratterizzata da difficoltà e da momenti di scoramento ed è anche grazie al
loro aiuto ed al loro sostegno che sono riuscito a
proseguire ed a concludere la mia “carriera”
studentesca.
Con più precisione vorrei dire Grazie ai miei
genitori che mi hanno aiutato e mi
hanno spronato nei momenti di maggiore
incertezza, senza mai farmi mancare il loro supporto morale ed affettivo ed, in
particolar modo, a mio padre che è stato sempre pronto a risolvere ogni mio
dubbio in materia legislativa e ad appoggiare la mia attività didattica.
Ringrazio, inoltre, le mie sorelle che mi hanno
sempre incitato a studiare ed a dare il massimo in qualsiasi esame; qualche mio
caro amico che mi ha saputo supportare quando è stato il momento di farlo e a Marco
che mi ha dato un grande aiuto ad acquisire un metodo di studio adeguato e adatto
alle “esigenze” universitarie.
Esprimo, infine, tutta la mia gratitudine al
Relatore della Tesi, il Prof. Alberto Clini, per la disponibilità e gentilezza dimostrate
durante tutto il periodo della sua redazione.
[1] Redazione Nuove centrali
nucleari. Governo contro regioni. Impugnate leggi di Puglia, Campania e
Basilicata 4 febbraio, 2010,
in www. Ansa.it
[2] La normativa nazionale, di cui al d.lg. 31
marzo 1998 n. 114, avente quali finalità la realizzazione della trasparenza del
mercato, della concorrenza, della libertà di impresa e della libera
circolazione delle merci, rientra nelle competenze c.d. trasversali riservate
allo Stato in quanto costituiscono scelte di politica economica riservate allo
Stato, in virtù dell'art. 117, comma 2, lettera e), Costituzione. T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 1 luglio 2009, n. 1752.
[3] Le competenze e le funzioni relative ad ambiti
riservati allo Stato, perché attinenti alla salvaguardia dell'ordine pubblico e
della sicurezza pubblica, non rientrano fra i compiti di polizia amministrativa
trasferiti alle regioni ed ai comuni ai sensi del D.P.R. n. 616 del 1977. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 1 luglio 2009, n. 687.
[4] Qualora la norma preveda la previa intesa con
la Conferenza permanente sopracitata, risulta assicurata la partecipazione del
sistema delle autonomie regionali al procedimento. Corte
costituzionale, 24 luglio 2009, n. 251
[5] Per Stefano Saglia, sottosegretario al
ministero dello Sviluppo Economico con delega all’energia il parere
negativo della Conferenza conferma un atteggiamento pregiudizialmente negativo
nel confronto sul futuro energetico del Paese. Nucleare: da Regioni no a maggioranza su decreto, in www.regioni.it.
[6] Con l’insediamento del Commissario e dei sub
Commissari, avvenuto il 15 settembre 2009, prende avvio l’Agenzia
nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico
sostenibile (ENEA) prevista dall’articolo 37 della L. 99 del 23 luglio
2009, in www.enea.it.
[7] Nucleare:
luci ed ombre articolo per articolo 8 luglio
2009, in www.libertiamo.it
[8] Poto M., Autorità amministrative indipendenti e
garanzie partecipative. Nota a Consiglio di Stato , 27 Dicembre 2006, n. 7972
sez. VI , in Resp. civ. e prev.,
2007, 5, 1143.
[9] Caringella F., Corso di diritto amministrativo, 2004, 858.
[10] Rendina F., Ecco come sarà la
nuova Agenzia nucleare, 27 .10. 2009
in www.ilsole24ore.com
Spetterà all'Agenzia anche il compito di
promuovere e favorire «quell'opera di comunicazione necessaria a garantire che
il processo sarà qualificato e credibile» per dissodare la ritrosia delle
nostre popolazioni. L’Esecutivo non ha
inteso sovrapporre il dibattito sulla scelta dei siti alle elezioni amministrative.
[11] Il
d.l. 25 giugno 2008, n.112 convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, che detta disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e
la perequazione Tributaria, all’articolo 28 istituisce l’ISPRA.
L´Istituto Superiore per la Protezione e
la Ricerca Ambientale svolge le funzioni, con le inerenti risorse finanziarie,
strumentali e di personale, dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per
i servizi tecnici di cui all’articolo 38 del Decreto Legislativo n. 300 del 30
luglio 1999 e successive modificazioni, dell’Istituto Nazionale per la Fauna
Selvatica di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157 e successive
modificazioni, e dell’Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e
tecnologica Applicata al Mare di cui all’articolo 1-bis del decreto-legge 4
dicembre 1993, n.496, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1,
comma 1, della legge 21 gennaio 1994, n. 61.Con decreto del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, saranno determinati gli
organi di amministrazione e controllo, la sede, le modalità di costituzione e
funzionamento, le procedure per la definizione e l’attuazione dei programmi per
l’assunzione e l’utilizzo del personale, nonché per l’erogazione delle risorse
dell’ISPRA.
[12] L’art.
37, l.99/2009istituisce l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie,
l'energia e lo sviluppo economico sostenibile – ENEA.
1. E' istituita, sotto la
vigilanza del Ministro dello sviluppo economico, l'Agenzia nazionale per le
nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA).
2. L'Agenzia nazionale per le nuove
tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) è un ente di
diritto pubblico finalizzato alla ricerca e all'innovazione tecnologica nonché
alla prestazione di servizi avanzati nei settori dell'energia, con particolare
riguardo al settore nucleare, e dello sviluppo economico sostenibile.
3. L'Agenzia nazionale per le nuove
tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) opera in piena
autonomia per lo svolgimento delle funzioni istituzionali ad essa assegnate,
secondo le disposizioni previste dal presente articolo e sulla base degli
indirizzi definiti dal Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca. L'Agenzia nazionale per le
nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) svolge
le rispettive funzioni con le risorse finanziarie, strumentali e di personale
dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA) di cui al decreto legislativo 3 settembre 2003, n. 257, che, a decorrere dalla data di
insediamento dei commissari di cui al comma 5 del presente articolo, è
soppresso.
4. Con decreto del Ministro dello sviluppo
economico, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, con
il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le Commissioni
parlamentari competenti, che si esprimono entro venti giorni dalla data di
trasmissione, sono determinati, in coerenza con obiettivi di funzionalità,
efficienza ed economicità, le specifiche funzioni,
gli organi di amministrazione e di controllo, la sede, le modalità di
costituzione e di funzionamento e le procedure per la definizione e
l'attuazione dei programmi per l'assunzione e l'utilizzo del personale, nel
rispetto del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto degli enti
di ricerca e della normativa vigente, nonché per l'erogazione delle risorse
dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo
economico sostenibile (ENEA). In sede di adozione di tale decreto si tiene
conto dei risparmi conseguenti alla razionalizzazione delle funzioni
amministrative, anche attraverso l'eliminazione delle duplicazioni
organizzative e funzionali, e al minor fabbisogno di risorse strumentali e
logistiche.
5. Per garantire l'ordinaria amministrazione e lo
svolgimento delle attività istituzionali fino all'avvio del funzionamento
dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo
economico sostenibile (ENEA), il Ministro dello sviluppo economico, con proprio
decreto, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, nomina un commissario e due subcommissari.
6. Dall'attuazione del presente articolo,
compresa l'attività dei commissari di cui al comma 5, non devono derivare nuovi
o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
[13] Diversamente
l'autorità di regolazione francese è la ASN Autorité
de Sûreté Nucléaire. Si tratta di un'autorità amministrativa indipendente
creata dalla legge 686 del 13 giugno 2006 (cd “loi TSN” relativa alla
trasparenza e sicurezza in materia nucleare) che è responsabile del controllo
delle attività nucleari civili.
L'ASN realizza un programma di
monitoraggio radiologico e assiste il governo in caso di emergenza. E’
finanziata dal governo (il budget annuale è di 58 milioni di euro). Ammannati
L. e Spina L., Il “ritorno” al nucleare. Il contesto regolatorio e l’Agenzia per la
Sicurezza Nucleare, in Amministrare, 2009, fasc. 2, 245.
[16]
La procedura ricalca quanto disposto dall’art. 208, d.lg. 3 aprile 2006, n.152,
che detta norme in materia ambientale, disciplina la richiesta di
autorizzazione unica per i nuovi impianti di
smaltimento e di recupero dei rifiuti. La norma prevede che i soggetti
che intendono realizzare e gestire nuovi
impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono
presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando
il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per
la realizzazione del progetto stesso dalle
disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di
sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica.
[17] La verifica tecnica deve accertare la rispondenza ai
migliori standard di sicurezza internazionali definiti dall’AIEA, alle linee
guida ed alle migliori pratiche raccomandate dall’AEN-OCSE, tenendo conto delle
approvazioni relative ai requisiti e alle specifiche tecniche degli impianti
nucleari, già concesse negli ultimi dieci anni dalle Autorità competenti di
Paesi membri dell'Agenzia per l'energia nucleare dell'Organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico (AEN-OCSE) o dalle autorità competenti di
Paesi con i quali siano definiti accordi bilaterali di cooperazione tecnologica
e industriale nel settore nucleare, art. 7, d.l. 23.12.2009, n. 174 .
[18] www.Edilportale 14.9.2009.
[19] Centofanti
N., Diritto urbanistico 2008, 59.
[20] I dati sono:
a) identificazione del soggetto istante, completa degli elementi sui requisiti
richiesti dall’articolo 5; b) puntuale indicazione del sito destinato
all’istigazione dell’impianto e titolarità dello stesso; c) progetto
preliminare dell'impianto, recante l’indicazione della tipologia
dell’installazione, delle principali caratteristiche tecniche, dei principi di
funzionamento, nonché la definizione della capacità massima installata; d)
cartografia con la localizzazione del perimetro dell’impianto nell’ambito del
sito indicato; e) documentazione relativa alle indagini tecniche effettuate
sulle aree; f) documentazione relativa alla valutazione preliminare di
sicurezza di cui all’articolo 7; g) documentazione richiesta dalla normativa in
materia di valutazione ambientale strategica di cui al d.lg. 3 aprile 2006, n.
152; h) documentazione relativa alla valutazione degli effetti ambientali; i)
documentazione relativa agli strumenti di pianificazione territoriale e di
tutela ambientale e paesaggistica; l) elenco delle servitù da costituire su
beni immobili di terzi per la costruzione e l’esercizio degli impianti e delle
opere connesse; m) ogni altra documentazione tecnica necessaria a comprovare ed
a verificare la rispondenza del sito prescelto alle caratteristiche ambientali
e tecniche ed ai relativi parametri di riferimento di cui all’articolo 8, comma
1, nonché alla coerenza del progetto con la Strategia nucleare, ex art. 10, d.l. 23.12.2009, n. 174 .
[21] L’Agenzia
deve verificare la rispondenza della domanda: a) alle caratteristiche
ambientali e tecniche ed ai relativi parametri di riferimento di cui
all’articolo 8, comma 1, approvati ai sensi dell’articolo 9, comma 5; b) alle
scelte tecniche relative all’interazione sito-impianto; c) alla strategia nucleare
di cui all’articolo 3, con riguardo alla capacità produttiva dell’impianto, ai
tempi di realizzazione ed entrata in esercizio previsti e alle tecnologie
proposte, art. 11, d.l. 23.12.2009, n. 174.
[22] Le modalità
di funzionamento del Comitato interistituzionale sono stabilite con decreto del
Ministro dello sviluppo economico, previo parere della Conferenza unificata da
esprimere entro trenta giorni dalla richiesta del parere stesso. Ove non si
riesca a costituire il Comitato interistituzionale, ovvero non si pervenga
ancora alla definizione dell’intesa entro i sessanta giorni successivi alla
costituzione del Comitato, si provvede con decreto del Presidente della
Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, integrato con la
partecipazione del presidente della Regione interessata, ex art. 11, d.l. 23.12.2009, n. 174.
[23] T.A.R.
Sicilia Palermo, sez. II, 21.12.2004, n. 2894.
[24] Cesaroni P., I controlli, in Caringella F. (a cura
di) Corso di diritto amministrativo,
2004, 1621.
[27] Galli R., Corso
di diritto amministrativo, 1996, 765.
[28] Franzoso F., Il diritto di accesso alle informazioni
ambientali, in Riv. giur. Ambiente,
2004, 5, 631.
[29] Franzoso F., Il diritto di accesso op. cit., 2004, 5,
632.
[30] Putti P.M., L'informazione ambientale e la comunicazione di rischio: il "problema"
del nucleare, in Responsabilità
Civile e Previdenza, 2004, 1, 259-266.
[32] Franzoso F., Il diritto di accesso alle informazioni ambientali, in Riv. giur. Ambiente, 2004, 5, 631.
[33] Franzoso F., Il diritto di accesso op. cit., 2004, 5, 632.
[34] Putti P.M., L'informazione ambientale e la comunicazione di rischio: il
"problema" del nucleare, in Responsabilità
Civile e Previdenza, 2004, 1, 259-266.
[35] T.A.R. Veneto, sez. III, 30 ottobre 2003, n. 5731, in Foro
amm. TAR, 2004, 68. Sarcone V., La « specialità » del diritto
all'informazione ambientale. Nota a T.A.R. Veneto, 30 Ottobre 2003, n. 5731
sez. III, in Foro amm. TAR, 2004, 1,
71.
[36] Carloni
E., La qualità delle informazioni
pubbliche. L'esperienza italiana nella prospettiva comparata, in Riv. trim. dir. pubbl., 2009, 1, 155.
[37] Il
d.lg. 24 febbraio 1997 n. 39 (di recepimento della direttiva n. 90/313/Cee del
7 giugno 1990) ha notevolmente ampliato, sia sotto il profilo soggettivo, che
oggettivo, per la sola materia ambientale, la disciplina dell'accesso regolata,
in via generale, dalla l. n. 241 del 1990. In particolare, sotto il profilo
soggettivo, il legislatore ha garantito il libero accesso di tutti i cittadini
alle informazioni relative all'ambiente che si trovino in possesso
dell'autorità pubblica senza che essi debbano dimostrare alcun interesse
specifico, dando per presupposto, attesa la particolare rilevanza del bene in
questione, l'interesse della collettività all'informazione sulle condizioni
ambientali. Anche sotto il profilo oggettivo il legislatore ha introdotto
un'estensione del diritto di accesso, che non riguarda più solo i documenti,
ma, più in generale, le informazioni relative all'ambiente. Il legislatore ha,
altresì, previsto alcuni casi tassativi di esclusione dall'accesso (stabilendo
che il rifiuto e la limitazione dell'accesso sono motivati a cura del
responsabile del procedimento di accesso, con riferimento puntuale ai casi di
esclusione), così come che l'amministrazione possa opporre il rifiuto o la
limitazione alla richiesta d'accesso quando la sua generica formulazione non consenta
l'individuazione dei dati da mettere a disposizione (fattispecie relativa alla
richiesta di dati concernenti punti di rilevamento, caratteristiche dei sistemi
di monitoraggio e analisi delle polveri in aria curate dall'agenzia provinciale
per la protezione dell'ambiente). T.A.R. Trentino Alto Adige Bolzano, 8 aprile 2003, n. 133.
[38] Cons.
Stato, sez. VI, 27 maggio 2003, n. 2938.
[39]
Franzoso F., Il diritto di accesso
op. cit., 2004, 5, 635.
[41] Afin de contribuer à protéger le droit de
chacun, dans les générations présentes et futures, de vivre dans un
environnement propre à assurer sa santé et son bien-être, chaque Partie
garantit les droits d'accès à l'information sur l'environnement, de
participation du public au processus décisionnel et d'accès à la justice en
matière d'environnement conformément aux dispositions de la présente Convention,
art. 1, Convenzione di Aarhus.
[42] 1. Chaque Partie fait en sorte que, sous réserve des paragraphes
suivants du présent article, les autorités publiques mettent à la disposition
du public, dans le cadre de leur législation nationale, les informations sur
l'environnement qui leur sont demandées, y compris, si la demande leur en est
faite et sous réserve de l'alinéa b) ci-après, des copies des documents dans
lesquels ces informations se trouvent effectivement consignées, que ces
documents renferment ou non d'autres informations:
a) Sans que le public ait à faire
valoir un intérêt particulier;
b) Sous la forme demandée à moins:
i) Qu'il soit raisonnable pour
l'autorité publique de communiquer les informations en question sous une autre forme,
auquel cas les raisons de ce choix devront être indiquées; ou
ii) Que les informations en question
aient déjà été rendues publiques sous une autre forme, art. 4, Convenzione di
Aarhus.
[44] Pelosi
E., Rafforzamento dell'accesso
all'informazione ambientale alla luce della direttiva 2003/4/CE, in Riv. giur. Ambiente, 2004, 1, 23.
[45] Carloni E., La qualità delle informazioni pubbliche. l'esperienza italiana nella
prospettiva comparata, in Riv. trim.
dir. pubbl., 2009, 1, 159.
[46] Corte Cost.,
7.10.1999, n. 382.
[47] Robustella A. 2006, 787.
[49] Dell’Anno P. 2000, 177.
[50] T.A.R. Toscana, sez. I, 1.6.2006, n. 2636,
in, Foro Amm. TAR, 2006, 6, 2013.
[51] Garofalo L. Annullamento dell'aggiudicazione e caducazione del contratto:
innovazioni legislative e svolgimenti
sistematici, in Dir. Prat. Amm.,
2008, 1, 140.
[54] Relazione ministeriale disegno di legge S.
1195-b.
[55] Calabrese
R., Nucleare: in Gazzetta il decreto per la costruzione delle
centrali, in www. Edilportale .it 10 marzo 2010.
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