CAPITOLO II
LA TUTELA DELLE COSE DI INTERESSE
ARTISTICO O STORICO.
Capitolo II
La tutela delle cose di interesse
artistico o storico.
Sommario: 1. I vincoli sul
patrimonio artistico.
1.1. La tutela costituzionale del
paesaggio
2. L’autorizzazione per interventi
edilizi su immobili di interesse storico ed artistico.
3. Rapporti fra autorizzazione e
permesso di costruire.
4. La sospensione dei lavori.
5. Le sanzioni. Il provvedimento di
riduzione in pristino.
6. La sanzione pecuniaria
alternativa alla demolizione.
7. Il potere sostitutivo del
Ministro per i beni e le attività culturali.
8. I reati previsti dal codice dei
beni culturali e del paesaggio.
9. Il concorso del reato di
danneggiamento con i reati sui beni culturali d'interesse artistico.
1. I vincoli sul patrimonio
artistico.
Legislazione l. 1089/1939, artt. 1,2,3,5 – d.lg. 490/1999, artt. 2,
5.
Bibliografia Mengoli 1997.
La tutela del patrimonio artistico e
delle bellezze naturali si è sviluppata, secondo la concezione analitica del
legislatore, con due procedure radicalmente distinte regolate da norme diverse.
La tutela sul patrimonio artistico è
attuata tramite un meccanismo di vincolo di interesse pubblico.
Il provvedimento di vincolo di
particolare interesse artistico e storico colpisce le cose mobili ed immobili,
tassativamente indicate.
Tali cose devono avere un
particolare collegamento con la storia della cultura della città.
L’imposizione del vincolo deve
risultare motivata con la sussistenza sia dell'immedesimazione e compenetrazione
dei valori storico-culturali con le strutture materiali nonché del collegamento
dei beni e della loro utilizzazione con gli eventi storico-culturali della
città, sia del pregio artistico dell'immobile e di alcuni arredi in esso
contenuti.
(T.A.R. Sardegna, 13.2.1997, n. 192,
T.A.R., 1997, I, 1557).
Il procedimento di vincolo non è
correlato ad uno strumento di pianificazione territoriale, ma ad un atto del
Ministero dei beni culturali ed ambientali.
Il procedimento si articola
attraverso tre atti distinti: 1) la dichiarazione dell’interesse storico ed
artistico; 2) la notifica da parte dell’autorità che porta a conoscenza
dell’interessato la dichiarazione; 3) la trascrizione al fine di rendere edotti
i terzi dei vincoli gravanti sulla cosa (Mengoli G. C. 1997, 453).
Questo procedimento interessa i beni
di proprietà privata, poiché se i beni sono di proprietà pubblica
l’assoggettamento alla legge è automatico.
I beni soggetti a vincoli notificati
non possono essere demoliti, rimossi, modificati o restaurati senza
l’autorizzazione della competente Soprintendenza.
La Sovrintendenza ai beni storici ed
artistici notifica ai privati, proprietari a qualsiasi titolo dei beni, il
vincolo sulle cose che siano di particolare interesse.
Tale atto di vincolo viene
trascritto, per i beni immobili, nei registri delle Conservatorie delle
ipoteche ed esso mantiene la sua efficacia nei confronti di ogni successivo
proprietario o detentore, a qualsiasi titolo, del bene.
Per quanto riguarda le cose mobili
notificate per il loro particolare interesse, l’elenco viene conservato presso
la competente Soprintendenza e una copia dello stesso è depositata presso la
Prefettura così che chiunque abbia interesse possa prenderne visione.
La dichiarazione, diretta ad affermare
davanti a tutti che un bene è di interesse storico o artistico, pur non essendo
il fondamento del vincolo, che nasce infatti dalla stessa legge, rende noto a
tutti che si è accertata l’esistenza in un bene dei requisiti che ne dispongono
una immediata rigorosa tutela e che, pertanto, da quel momento in poi, si
intende fare ricorso alla stessa legge.
Il bene, dopo tale dichiarazione,
acquista una nuova qualificazione che ne limita notevolmente l’uso e che
impedisce qualsiasi modifica dello stesso senza autorizzazione.
1.1. La tutela costituzionale del
patrimonio artistico.
Legislazione cost., art.
9, 2° co. - l. 29.6.1939, n. 1497, art. 7
Bibliografia Predieri 1981 - Cassese 2000 (2).
La tutela del patrimonio culturale
trova un rafforzamento nell’art. 9, 2° co., cost., che tassativamente dispone
che uno dei compiti della Repubblica è la protezione del patrimonio artistico e
del paesaggio.
La dottrina propende per una
distinzione fra le espressioni bellezze naturali e paesaggio.
Le bellezze naturali contrassegnano
quei beni che oggettivamente costituiscono esteticamente dei complessi naturali
da proteggere nella loro integrità (Cassese S. 2000 (2), 1581).
Nel sistema della l. 1.6.1939, n.
1089, l'esercizio del potere di tutela delle cose di interesse storico ed
artistico non è condizionato ad una ponderazione dell'interesse culturale con
gli altri interessi pubblici o privati, dovendosi al primo riconoscere, in
conformità dell'art. 9, cost., un valore assoluto e quindi un'istituzionale
prevalenza su altre esigenze di tipo diverso.
(T.A.R. Lazio, sez. II, 25.2.1989,
n. 311, T.A.R., 1989, I, 837).
Il paesaggio rappresenta la forma del
paese creata dall’azione sistematica dell’uomo in rapporto alla cultura che
esso ha espresso, con una conseguente estensione della tutela. Il principio di tutela afferamto
dalla costituzione impegna tutte le pubbliche istituzioni, e
particolarmente lo Stato e la regione, e concorrere alla tutela ed alla
promozione del valore (Predieri A. 1981, 512).
Quello del paesaggio costituisce un
valore costituzionale primario, ex art. 9, cost., cui non è dato di derogare in
sede di autorizzazione, ai sensi dell'art. 7, l. 29.6.1939, n. 1497.
Una valutazione di compatibilità che
si traduca in un'oggettiva deroga al contenuto del vincolo si risolve in
autorizzazione illegittima per sviamento o travisamento, con l'ulteriore
conseguenza che l'annullamento ministeriale che si fondi su tale rilievo non
può considerarsi esteso a vizi di merito.
(Cons. Stato, sez. VI, 14.11.1991 n.
828, RAm, 1991, 2091).
2. L’autorizzazione per interventi
edilizi su immobili di interesse storico ed artistico.
Legislazione
l. 1089/1939, artt. 12, 13, 18, 20, 59 - l. 15.5.1997, n. 127, art. 12 - d.lg.
490/1999, artt. 2, 5.
Bibliografia Mengoli 1997.
Qualora sia intervenuto il vincolo i
privati devono sottoporre alla soprintendenza i progetti delle opere che
intendano eseguire sul bene per ottenere la relativa approvazione, ai sensi
dell’art. 18, l. 1089/1939, sost. art. 23, d.lg. 490/1999.
I beni soggetti a vincolo, infatti,
non possono essere utilizzati in modo non compatibile con il loro carattere
storico o artistico o in modo da pregiudicare la loro conservazione od
integrità (Mengoli G. C. 1997, 464).
E’ fatto obbligo di richiedere
l’autorizzazione del Ministero per la demolizione o modifica dei beni
culturali, ai sensi degli artt. 12 e 13, l. 1089/1939, sost. art. 21, d.lg. 490/1999.
I proprietari o i detentori, a
qualsiasi titolo, di beni mobili ed immobili riconosciuti d’interesse storico
od artistico in seguito a notifica devono sottoporre all’esame della competente
Soprintendenza i progetti di qualunque opera intendano eseguire, allo scopo di
ottenerne la preventiva autorizzazione.
Qualora vi sia assoluta urgenza si
possono eseguire i lavori provvisori indispensabili per evitare gravi danni ai
beni, con l’obbligo di darne immediata notizia alla Soprintendenza.
Alla stessa dovranno essere inviati
in seguito, nel più breve tempo possibile, i progetti definitivi dei lavori per
averne l’approvazione.
La giurisprudenza ha ritenuto che
l’autorizzazione riguardi qualsiasi tipo di lavori:
L'ordinanza del Presidente del
Consiglio dei ministri del 18.3.996, n. 2425, ha espressamente compreso fra le
disposizioni derogabili, in relazione all'art. 59, solo gli art. 11, 12, e 20,
l. 1.6.1939, n. 1089, e non anche l'art. 18; ciò rivela una precisa volontà di
escludere tale ultima disposizione, la cui violazione continua ad essere
sanzionata dall'art. 59. Ne consegue che per le opere di qualunque genere da
realizzare su beni vincolati ai sensi della predetta legge rimane sempre
necessaria la preventiva approvazione della competente Sovrintendenza.
(Trib. Avellino, 25.1.1999, GM,
1999, 539).
L'art. 18 della l. 1.6.1939, n. 1089
sulla tutela delle cose d'interesse artistico o storico, che richiede la
preventiva approvazione dei progetti delle opere che si intendano eseguire
sulle cose tutelate dalla legge, non si riferisce alle opere edilizie, ma alle
opere di qualunque genere, comprendendo con tale espressione qualsiasi
manufatto, anche se di limitata entità volumetrica ed a carattere precario,
purché idoneo ad arrecare pregiudizio all'interesse tutelato.
(Cass. pen.,
sez. III, 23.11.1984, CP, 1986, 131).
Il procedimento di rilascio, prima
disciplinato dall'art. 18, l. 1089/1939, è ora previsto dall’art. 12, l.
15.5.1997, n. 127, sost. art. 24, d.lg. 490/1999 (Mengoli G. C. 1997, 466).
La scansione procedimentale consente
una sola richiesta istruttoria e prevede che il silenzio assenso si formi solo
a seguito di diffida a provvedere dopo che si sia formato il silenzio rifiuto.
3. Rapporti fra autorizzazione e
concessione edilizia.
Legislazione l. 1089/1939, art. 18.
Bibliografia Centofanti 2000.
Gli interventi su immobili che
presentano interesse storico artistico sono assoggettati non solo alla
concessione edilizia, ma anche all'autorizzazione rilasciata dalla competente
soprintendenza.
Fra le due procedure non intercorre
un rapporto di collegamento e, quindi, le determinazioni del soprintendente non
vincolano i provvedimenti del sindaco.
L'impugnazione dei due atti ha
ambiti operativi diversi, essendo diretta a censurare, in un caso,
l'autorizzazione della soprintendenza per i motivi connessi alla tutela dei
beni culturali e, nell'altro, la concessione edilizia per motivi di natura
urbanistica (Centofanti N. 2000, 27).
Nella specie si è ritenuta
ammissibile l'impugnazione del solo provvedimento del sindaco avendo il
ricorrente fatto valere ragioni di natura esclusivamente urbanistica.
In sede di autorizzazione di
interventi edilizi su immobili vincolati ai sensi della l. 1.6.1939, n. 1089,
il sindaco, a fronte dell'approvazione preventiva rilasciata dalla competente
soprintendenza, in base all'art. 18 della l. 1089/1939, ben può effettuare
valutazioni di ordine urbanistico-edilizio, pervenendo a determinazioni
negative o soprassessorie sull'istanza presentata dall'interessato.
(T.A.R. Piemonte, sez. I,
10.10.1990, n. 386, T.A.R., 1990, I, 3847).
4. La sospensione dei lavori.
Legislazione l. 1.6.1939, n. 1089, art. 20 - d.
lg. 29.10.1999, n. 490, art. 28.
Bibliografia Tamiozzo 2000.
La tutela statale prevede da parte
del sopraintendente la possibilità di sospendere i lavori quando i progetti
relativi non siano stati preventivamente autorizzati dalla soprintendenza, ai
sensi dell’art. 20, l. 1.6.1939, n. 1089, sost. art. 28, d. lg. 29.10.1999, n.
490 (Tamiozzo R. 2000, 468).
Analoga possibilità di sospensione è
accordata nelle more della dichiarazione di vincolo.
La sospensione dei lavori, adottata
ex art. 20, l. 1.6.1939, n. 1089, è una misura soprassessoria e al tempo stesso
anticipatoria del provvedimento impositivo del vincolo storico-artistico su un
determinato bene, dettata dalla necessità di bloccare medio tempore,
nelle more cioè del relativo procedimento, interventi suscettibili di
comprometterne il valore.
Si deve ritenere che l'indicazione
in siffatta sospensione delle ragioni giustificatrici del vincolo trascende la
natura e la funzione della sospensione medesima ed appartiene ad una fase successiva,
quella cioè della effettiva imposizione del vincolo, ove le ragioni della
imposizione del vincolo trovano la loro collocazione logica e devono, quindi,
essere esplicitate.
(T.A.R. Campania, sez. II, Napoli,
26.6.1998, n. 2154, FA, 1999, 205).
Non sussiste violazione dell'art.
20, l. 1.6.1939, n. 1089, per incompetenza del soggetto il quale ha adottato i
provvedimenti cautelari di sospensione dei lavori di demolizione, qualora il
firmatario dei provvedimenti stessi sostituiva regolarmente, in qualità di
funzionario più alto in grado presente in servizio, il titolare dell'ufficio,
temporaneamente assente, stante, altresì, la circostanza obiettiva dell'urgenza
e indifferibilità dell'adozione dei provvedimenti cautelari, al fine di
assicurare la tutela degli interessi pubblici di competenza
dell'amministrazione.
(T.A.R. Sardegna, 13.1.1996, n. 36, FA,
1996,3083).
L’ordinanza di sospensione consente
l’attivazione del potere di imposizione del vincolo che deve essere esercitato
nei termini di sessanta giorni dal provvedimento cautelare.
Il procedimento deve iniziare nei
trenta giorni successivi, ai sensi dell’art. 28, 3° co., d. lg. 29.10.1999, n.
490.
L'imposizione di vincolo
archeologico definitivo non richiede la comunicazione dell'avvio del relativo
procedimento al soggetto interessato poiché, ai sensi dell'art. 20, l. 1.6.1939
n. 1089, il provvedimento di vincolo definitivo segue, nel termine di sessanta
giorni, l'adozione di previo provvedimento cautelare, il quale mette
l'interessato sull'avviso delle intenzioni dell'amministrazione, consentendogli
di partecipare al procedimento che lo riguarda.
(T.A.R. Sardegna, 19.11.1997, n.
1607, T.A.R., 1998, I, 398).
In tema di tutela delle cose di
interesse artistico o storico, fino a quando il vincolo non venga imposto, il
soprintendente che ritenga urgente intervenire in via cautelare, può attivare i
suoi poteri, ex art. 20, l. 1.6.1939, n. 1089, "anche quando non sia
intervenuta la notifica".
Nel caso in cui tale potere non
risulti essere stato esercitato e la stessa procedura di vincolo sia stata
notevolmente lunga, il comune non è obbligato a non esercitare i suoi
poteri-doveri in materia edilizia in funzione di un "possibile"
vincolo, ma solo sulla base della realtà giuridica esistente.
E' vero che, ex art. 25, l.
29.6.1939, n. 1497, relativo alla materia paesaggistica, il sindaco non può
concedere la licenza di costruzione se non previo favorevole avviso della
competente sovrintendenza, ma ciò avviene soltanto "quando sia stato imposto
il vincolo ai termini della legge".
Tale raccordo istituzionale
comune-sovrintendenza è certamente valido anche per i beni culturali, ma anche
in questo caso solo quando il vincolo sia già stato imposto.
In precedenza, lo spirito
collaborativo tra istituzioni può anche portare un sindaco a revocare un atto
di concessione già dato in previsione di un vincolo in itinere, od anche
a confermare l'atto di concessione, dando rilievo a una egualmente legittima
valutazione sia dell'interesse del privato alla certezza delle sue posizioni
giuridiche soggettive sia degli interessi pubblici complessivi.
Nella specie, relativa ad
annullamento senza rinvio di sentenza di condanna per la contravvenzione di cui
all'art. 733 c.p., la S.C. ha ritenuto che il grave ritardo sulla imposizione
del vincolo, soltanto annunciato nel suo avvio, e l'assenza di misure cautelari
della p.a. competente, bene potevano portare il sindaco alla determinazione di
confermare l'atto di concessione, senza che questo comportamento potesse
considerarsi di per sé illegittimo o addirittura criminoso.
(Cass. pen.,
sez. III, 1.3.1995, n. 3967, CP, 1997, 1339).
La previsione di un termine per
l'efficacia delle misure cautelari previste dall'art. 20, l. 1.6.1939, n. 1089,
in attesa della imposizione del vincolo storico - artistico nei confronti di
soggetti privati, è inapplicabile nell'ipotesi di beni di proprietà di enti
pubblici, atteso il regime di vincolo ex lege per tale categoria di
beni.
(Cons. Stato, sez. VI, 15.10.1996,
n. 1354, FA, 1996,2932).
5. Le sanzioni. Il provvedimento di
riduzione in pristino.
Legislazione
l. 1.6.1939, n. 1089, art. 59, 2° co. - d. lg. 29.10.1999, n. 490, art.
131.
Bibliografia Tamiozzo 2000.
Il provvedimento di riconduzione in
pristino deve essere preso dal Ministero, sentito il parere del Consiglio
nazionale per i beni culturali e ambientali, ex art. 59, 2° co., l. 1.6.1939,
n. 1089, mod. art. 131, d. lg. 29.10.1999, n. 490 (Tamiozzo R. 2000, 469).
La giurisprudenza interpreta
restrittivamente la facoltà del Ministero ritenendo piuttosto che si tratti di
un obbligo ad adottare le misure repressive.
Nel caso di opere ritenute difformi
dalle prescrizioni dell'autorità preposta alla salvaguardia dei beni oggetto
della tutela recata dalla l. 1.6.1939, n. 1089, l'art. 59 impone il ripristino
dello stato originario del bene, con l'esecuzione dei lavori ritenuti necessari
per riparare ai danni prodotti alla cosa.
Rispetto al fine primario di conferire
al bene l'assetto precedente perché più idoneo alla salvaguardia del suo valore
artistico e architettonico, la sanzione pecuniaria pari al valore della cosa
perduta o alla diminuzione di valore subita a seguito della trasgressione ha
valenza residuale ed è applicabile solo quando la riduzione in pristino della
cosa non sia possibile.
(Cons. Stato, sez. IV, 18.5.1998, n.
818, AUE, 1999, 415).
Nel caso di opere che abbiano recato
danno al patrimonio storico-artistico l'amministrazione è vincolata ad emanare
provvedimenti di riduzione in pristino mediante demolizione dei manufatti
abusivi, con esclusione di valutazioni discrezionali conservative, ancorché
tali opere concernano beni sottoposti a vincolo indiretto, senza che sul dovere
di disporre la riduzione in pristino incida il lungo tempo trascorso dal
compimento della violazione edilizia.
(Cons. Stato, sez. VI, 25.9.1995, n.
965, FA, 1995, 1922).
6. La sanzione pecuniaria
alternativa alla demolizione.
Legislazione
l. 1.6.1939, n. 1089, art. 59 - d. lg. 29.10.1999, n. 490, art. 131
Bibliografia Tamiozzo 2000.
L’art. 131, d. lg. 29.10.1999, n.
490, sost. art. 59, l. 1.6.1939, n. 1089, disciplina il procedimento di
reintegrazione di competenza del Ministero dei beni culturali e ambientali
(Tamiozzo R. 2000, 468).
Il Ministero deve indicare al
responsabile dell’abuso le opere necessarie a ripristinare il bene.
In caso di inottemperanza entro i
termini fissati la pubblica amministrazione deve procede d’ufficio addebitando
le spese all’obbligato.
La sanzione pecuniaria è alternativa
alla reintegrazione quando sia accertato che questa non sia possibile.
Nel caso siano realizzate opere tali
da alterare lo stato originario del bene, sottoposto a vincolo storico
artistico, l'art. 59, l. 1.6.1939, n. 1089, impone il ripristino del bene con
l'esecuzione dei lavori necessari per riparare i danni prodotti alla cosa e
conferire ad essa l'assetto precedente.
L'irrogazione nell'ipotesi della
sanzione pecuniaria pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di
valore subita, ha valenza residuale ed è applicabile solo quando la riduzione
in pristino non è tecnicamente possibile.
(Cons. Stato, sez. IV, 18.5.1998, n.
818, RGE, 1998, I, 1190).
La valutazione della possibilità di
realizzare l’intervento di reintegrazione è affidata ad un apprezzamento
discrezionale della pubblica amministrazione.
Nel procedimento previsto dall'art.
59, l. 1.6.1939, n. 1089, spetta agli organi tecnici di valutare, sulla base
delle discipline inerenti la conservazione delle cose d'arte, la fattibilità
delle opere di ripristino, con l'adozione delle prescrizioni più conformi per
restituire al bene il suo carattere di utilità per il patrimonio storico
artistico.
(Cons. Stato, sez. IV, 18.5.1998, n.
818, RGE, 1998, I, 1190).
La sanzione pecuniaria, irrogata
dall'amministrazione, al proprietario di un immobile di interesse artistico e
storico per l'esecuzione di opere pregiudizievoli per il bene, ha carattere
alternativo rispetto a misure di tipo ripristinatorio e rientra, pertanto,
nell'area dei poteri autoritativi dell'amministrazione medesima a tutela
diretta di interessi pubblici.
La controversia diretta a contestare
la validità ed efficacia del provvedimento applicativo della sanzione
pecuniaria, ancorché insorga in via di opposizione ad ingiunzione resa a norma
del r.d. 639 del 1910, è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo,
in quanto si ricollega a posizioni di interesse legittimo.
(Cass. civ.,
Sez. U., 17.2.1995, n. 1714, GC, 1995, I, 1491).
La sanzione pecuniaria è determinata
direttamente dal Ministero in una somma pari al valore della cosa perduta o
della sua diminuzione di valore.
La determinazione può non essere
accettata e può pertanto essere richiesta la costituzione di un’apposita
commissione che accerti il valore della cosa, secondo quanto disposto dall’art.
59, l. 1089/1939 citata.
L’azione del Ministero non è
soggetta ad alcun termine di prescrizione.
(Cons. Stato, sez. IV, 6.5.1975, n.
482, FA, 1975, I, 628).
7. Il potere sostitutivo del
Ministro per i beni e le attività culturali.
Legislazione l. 1.6.1939, n. 1089, art. 14 - d.
lg. 29.10.1999, n. 490, artt. 38, 46.
Bibliografia Tamiozzo 2000.
Le sanzioni amministrative sono
rivolte a colpire l’attività di demolizione o modifica degli immobili di
interesse artistico e storico in carenza di autorizzazione del Ministro per i
beni e le attività culturali.
Gli artt. 37 e segg., d. lg.
29.10.1999, n. 490, sost. art. 14, l. 1.6.1939, n. 1089 l. 1089/1939 prevedono
un potere sostitutivo dello stesso Ministero (Tamiozzo R. 2000, 470).
Esso ha la facoltà di provvedere
direttamente alle opere necessarie per assicurare la conservazione ed impedire
il deterioramento di tali beni.
Le modalità procedurali e
finanziarie dell’intervento sostitutivo sono precisate dall’art. 38, d. lg.
29.10.1999, n. 490.
L’attuale stato di particolare
degrado del patrimonio pubblico, che si manifesta in crolli di insigni
monumenti, come la cattedrale di Noto, e soprattutto nella carenza di una
autorità che vigili su lavori di restauro che si annunciano interminabili, pone
l’esigenza di rendere attuale l’esercizio di tale potere soprattutto al fine di
provvedere urgentemente nel caso di pericoli di crollo dei nostri monumenti.
L’art. 46 del d.lg. 490/1999
consente l’intervento statale anche per i beni in uso ad altra amministrazione
garantendo il contributo statale.
8. I reati previsti dalla d.lg.
490/1999.
Legislazione
c.p., art. 165 - l. 1.6.1939, n. 1089, art. 59
- d. lg. 29.10.1999, n. 490, artt. 118, 131.
Bibliografia Tamiozzo 2000.
La l. 1089/1939, sost. d. lg.
29.10.1999, n. 490, sanziona penalmente coloro che trasgrediscono ai suoi
disposti (Tamiozzo R. 2000, 480).
La contravvenzione sancita dall’art.
118, d. lg. 29.10.1999, n. 490, punisce con l’arresto da sei mesi ad un anno e
con l’ammenda da L. 1.500.000 a 75 milioni chi trasgredisce alle norme.
La norma di cui all'art. 59, l.
1089/1939, pur essendo inclusa in una generale regolamentazione del patrimonio
storico ed artistico nazionale, sanziona quei comportamenti esplicitamente
commissivi come la demolizione, la rimozione, la modificazione o estaurazione,
adibizione ad usi non compatibili col carattere storico o artistico della cosa
o tali da arrecare pregiudizio alla conservazione o all'integrità della stessa
ecc., che possono anche non danneggiare, deteriorare o distruggere la singola
cosa d'arte o non arrecare nocumento al patrimonio storico o artistico della
nazione e che assumono rilievo penale solo se ed in quanto vengano posti in
essere senza l'intervento autorizzativo, che lo Stato attua attraverso gli
organi appositamente predisposti quali il Ministero della pubblica istruzione e
la Soprintendenza alle autorità e belle arti.
(Cass. pen.,
sez. II, 18.3.1988, GP, 1989, II, 279).
La norma sanziona, in particolare,
chi demolisce, rimuove o modifica senza autorizzazione le cose di interesse
storico o artistico sia di proprietà pubblica che privata, ex artt. 2, 6, d.
lg. 29.10.1999, n. 490, ovvero chi esegue opere su detti beni senza progetti
autorizzati dalla soprintendenza o non ottempera ad ordini di sospensione dei
lavori iniziati, ai sensi ex art. 18, d. lg. 29.10.1999, n. 490.
In tema di reati contro il
patrimonio archeologico, storico ed artistico, l'art. 59, l. 1.6.1939, n. 1089,
ha come destinatari non solo i proprietari del bene vincolato, ed i soggetti a
questi equiparati, ma anche tutti gli altri soggetti che, pur non essendo
titolari di poteri o facoltà sul bene medesimo, possono di fatto, con il loro
comportamento, quali la demolizione, rimozione, modifica, restauro non
autorizzato, modificare la condizione materiale o giuridica della res
nel senso vietato dalla norma.
Questa, infatti, è rivolta a
chiunque trasgredisca le disposizioni poste a tutela dei beni protetti, e, quindi,
non solo al rappresentante di ente pubblico, o privato possessore della cosa,
ma anche al terzo estraneo.
(Cass. pen.,
sez. III, 19.9.1997, n. 9230, RPo, 1999, 231).
In presenza del vincolo previsto
dalla l. 1.6.1939, n. 1089, anche l'apertura temporanea di un varco nella falda
del tetto per consentire l'introduzione nell'edificio di interesse storico
artistico del materiale occorrente per i lavori di ristrutturazione interna
costituisce violazione dell'art. 59 della legge stessa.
(Cass. pen., sez. III, 26.9.1997, n.
9622, RPo, 1999, 231).
Ogni potere di intervento per
eventuale ripristino compete al Ministro per i beni culturali ed ambientali, ex
art. 131, d. lg. 29.10.1999, n. 490.
L’art. 59, l. 1.6.1939, n. 1089 non
consente al giudice penale di determinare quali lavori debbano essere
effettuati per riparare il danno cagionato con la trasgressione delle
disposizioni contenute nella predetta legge e, pertanto, il giudice ordinario,
pur potendo condannare il trasgressore al risarcimento del danno non può
invadere la sfera propria della pubblica amministrazione determinando i lavori
che in concreto debbano essere eseguiti per riparare il danno.
(Cass. pen., sez. VI, 10.4.1979, FI,
1981, II, 18).
Il giudice non può imporre obblighi
alla sospensione condizionale della pena, poiché le conseguenze dannose del
reato sono eliminate dai futuri provvedimenti del Ministero per i beni
culturali ed ambientali.
Il reato di danneggiamento di cosa
d'arte, di cui all'art. 59, l. 1.6.1939, n. 1089, rientra tra i casi che l'art.
165, c.p., comma 1 seconda parte, eccettua dal potere del giudice di
subordinare la sospensione condizionale della pena all'eliminazione delle
conseguenze dannose o pericolose del reato secondo le modalità indicate nella
sentenza di condanna.
Ciò in quanto il citato art. 59 pone
a carico del trasgressore l'esecuzione di quei lavori che il Ministero per i
beni culturali ed ambientali riterrà di prescrivergli per riparare i danni da
lui prodotti alla cosa.
Quando la riduzione in pristino non
sia possibile, il trasgressore è tenuto a corrispondere una somma pari al
valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subito, secondo un
apposito procedimento.
(Cass. pen.,
sez. III, 23.1.1998, n. 2927, CP, 1999, 1231).
9. Il concorso del reato di
danneggiamento con i reati sui beni culturali d'interesse artistico.
Legislazione
cost., art. 9 - c.p., artt. 81, 733 - l. 1.6.1939, n. 1089, art. 59 - d.
lg. 29.10.1999, n. 490, art. 118.
Bibliografia Conti 1997.
L’art. 733, c.p., punisce chi
distrugge o deteriora un monumento se dal fatto deriva un nocumento al
patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale con l’arresto fino ad un
ano o con la ammenda non inferiore a L, 4.000.000 (Conti L. 1997, 421).
La giurisprudenza si è posta il
problema se le disposizioni relative ai reati di danneggiamento abbiano il
carattere della generalità rispetto alle disposizioni per la conservazione
delle cose d'interesse artistico.
In tal caso si avrebbe il concorso
apparente di tali norme con la possibilità di applicare la norma speciale
Le norme hanno ad oggetto situazioni
sicuramente diverse, configurando un concorso materiale di reati disciplinato
dall’art. 81, c.p..
Le due ipotesi di reato previste
dall'art. 733 c.p. - danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o
artistico nazionale - e dall’art. 59, l. 1.6.1939, n. 1089, sost. art. 118, d.
lg. 29.10.1999, n. 490 - violazione delle disposizioni per la conservazione,
integrità e sicurezza delle cose d'interesse artistico o storico - possono
concorrere formalmente, poiché tra le due norme sussiste una diversità che
riguarda non soltanto l'oggetto della tutela, ma altresì la specifica funzione
tutoria attribuita alle stesse dal legislatore.
L'art. 733, c.p. è predisposto ad
una generale tutela, penalmente sanzionata, del patrimonio storico ed artistico
della nazione nei confronti del privato cui eventualmente appartenga taluna
delle cose che concorrono a formarlo.
Tale tutela, fondata sull'art. 9,
cost., trova concreta attuazione soltanto in quei casi in cui alla distruzione,
al deterioramento ed al danneggiamento della cosa consegua un nocumento al
patrimonio archeologico, storico o artistico della nazione che perfeziona la
condizione di punibilità.
La contravvenzione di cui agli artt.
11 e 59, l. n. 1089 del 1939 configura un reato di condotta, giacché l'attività
di demolire, rimuovere, modificare o restaurare cose di interesse
storico-artistico, senza l'autorizzazione del ministero competente, perfeziona
il reato anche ove non produca concretamente una lesione del patrimonio storico
- artistico della nazione.
Al contrario, la contravvenzione di
cui all'art. 733, c.p., configura un reato di evento, e più esattamente un
reato di danno, giacché si perfeziona solo quando la condotta dell'agente
provochi la distruzione, il deterioramento o il danneggiamento di monumenti o
altre cose di pregio rilevante, se dal fatto derivi un nocumento al patrimonio
artistico nazionale.
Ne consegue che, disciplinando le
due norme fattispecie diverse che solo parzialmente coincidono, qualora una
condotta concreta violi entrambe le disposizioni, si configura un concorso
formale di reati ai sensi dell'art. 81 c.p.
(Cass. pen., sez. III, 29.4.1998, n.
7129, RGE, 1999, I, 903).
L'art. 59, l. 1.6.1939, n. 1089 ha
carattere di specialità rispetto alla contravvenzione di cui all'art. 733 c.p.
e pertanto, nel caso di interventi non autorizzati su un immobile notificato
come di particolare interesse artistico o storico, non si verifica il concorso
formale fra i reati in questione.
(Cass. pen., sez. VI, 10.4.1979, FI,
1981, II, 18).
1. IL CONTROLLO SUI BENI CULTURALI
5.1.
Le competenze in materia di beni culturali e ambientali.
Il
Ministero per i beni e le attività culturali ha la funzione di tutela sul
patrimonio culturale.
Esso
è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici.
I beni culturali sono le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.
I beni culturali sono le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.
I
beni paesaggistici sono gli immobili e le aree costituenti espressione dei
valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e
gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge, ex art. 2,
D.L.vo 42/2004. R. TAMIOZZO, Il codice dei beni culturali e del paesaggio,
2005, 8.
Nella
ripartizione delle funzioni tra Stato e Regioni disposta con la modifica
costituzionale sancita dalla L. 3/2001 che ha modificato l'art. 117, cost., lo
Stato ha deciso di mantenere la sua competenza esclusiva in materia di beni
culturali solo per quanto riguarda la tutela e di fare rientrare una submateria
relativa alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali e alla promozione
e organizzazione di attività culturali tra le materie di competenza
concorrente. F. PAGANO, I beni culturali e ambientali dopo il codice urbani,
in Riv. Giur. Ed., 2004, III, 155.
I
beni soggetti a tutela sono identificati attraverso un provvedimento di vincolo
disposto dal Ministero.
Ogni
intervento sui beni deve essere autorizzato dalla competente sovrintendenza che
deve approvare i progetti di intervento sulle opere soggette a vincolo, ex
art. 22, D.L.vo 42/2004. N. CENTOFANTI, Diritto a costruire Pianificazione
Urbanistica Espropriazione, 2005, 130.
Le
forme di tutela sono regolate dal D.L.vo 42/2004 che ha abrogato il D.L.vo 29
ottobre 1999, n. 490, sulla protezione delle bellezze naturali.
Il
codice prevede un meccanismo di vincolo per mezzo di notifica di interesse
pubblico delle bellezze naturali e panoramiche.
Lo Stato ha, poi, la possibilità di individuare nuove riserve naturali e parchi, vedi la L. 6 dicembre 1991, n. 394, la Legge quadro sulle aree protette.
Lo Stato ha, poi, la possibilità di individuare nuove riserve naturali e parchi, vedi la L. 6 dicembre 1991, n. 394, la Legge quadro sulle aree protette.
I
vincoli paesistici, che accertano una naturale vocazione dei luoghi alla
inedificabilità, sono imposti senza alcuna possibilità di indennizzo, come ha
ritualmente precisato la Corte Cost., 9 maggio 1968, n. 56, in Nuova Rass.,
1983, 2615, con nota critica di R. GRACILI, Jus aedificandi,
pianificazione e urbanistica, ivi, 1983, 2490.
5.1.1. Il patrimonio artistico. I beni soggetti ai
vincoli di rispetto.
La
tutela sul patrimonio artistico è attuata mediante un meccanismo di vincolo di
interesse pubblico - sulle cose d’interesse artistico o storico - notificato
con un procedimento speciale.
Il
provvedimento di vincolo di particolare interesse artistico e storico colpisce
le cose mobili ed immobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri
enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a
persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse
artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, ex art. 10, D.L.vo
22 gennaio 2004, n. 42.
La
giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del cod. beni cult. ha
precisato che il provvedimento di vincolo deve indicare dettagliatamente sia il
bene cui si riferisce sia i motivi che lo giustificano.
Il
provvedimento di vincolo appare contraddittorio quando vi è contrasto fra
dispositivo e motivazione.
Tali
beni devono avere un particolare collegamento con la storia della cultura della
città.
L’imposizione
del vincolo deve risultare motivata con la sussistenza sia dell'immedesimazione
e compenetrazione dei valori storico-culturali con le strutture materiali
nonché del collegamento dei beni e della loro utilizzazione con gli eventi
storico-culturali della città, sia del pregio artistico dell'immobile e di
alcuni arredi in esso contenuti. (T.A.R. Sardegna, 13 febbraio 1997, n. 192, in
T.A.R., 1997, I, 1557).
Nel
caso di specie il dispositivo si riferisce all’art. 2, c. 1, lett. a), D.L.vo
n. 490/1999 che prevede l’interesse artistico, storico, archeologico o demo –
antropologico, mentre la relazione valorizza invece la connessione
dell'immobile con la storia politica della città di Trieste, cioè con uno degli
elementi considerati dall’art. 2, c. 1, lett. b), D.L.vo n. 490/1999. (T.A.R.
Friuli Venezia Giulia, 25 luglio 2002, n. 593).
Il
procedimento di vincolo non è correlato ad uno strumento di pianificazione
territoriale, ma ad un atto del Ministero per i beni e le attività culturali.
5.1.2. Il procedimento di vincolo. L’accesso.
Il procedimento
di vincolo si articola attraverso tre atti distinti: 1) la dichiarazione
dell’interesse storico ed artistico; 2) la notifica da parte dell’autorità che
porta a conoscenza dell’interessato la dichiarazione; 3) la trascrizione, al
fine di rendere edotti i terzi dei vincoli gravanti sulla cosa qualora si
tratti di beni soggetti a pubblicità immobiliare.
L’art.
12, c. 1, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42, prevede un interesse culturale dei
beni opera di autore la cui esecuzione risalga a più di cinquanta anni se prima
non sia stata fatta una preventiva verifica che escluda la sussistenza
dell’interesse artistico.
Tale
procedura è da intendersi, però, sospesa fino all'emanazione di decreti del
Ministero che fissino criteri omogenei per identificare i beni su cui detta
verifica debba essere preventivamente effettuata.
Il
procedimento tende a riconoscere la partecipazione del soggetto proprietario
dell’immobile garantendo la pubblicità dell’iniziativa ministeriale.
Il
soprintendente, quando avvia il procedimento per la dichiarazione
dell'interesse culturale, anche su motivata richiesta della regione e di ogni
altro ente territoriale interessato, deve darne comunicazione al proprietario,
possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto, art.
14, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
La
dottrina rileva l’applicazione obbligatoria del procedimento di accesso
previsto dalla L. 241/1990. N. ASSINI, Pianificazione urbanistica e governo
del territorio, 2000, 62.
La
giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del cod. beni cult. ha
affermato che il contenuto della comunicazione di avvio del procedimento deve
essere tale da porre il destinatario nella condizione di potere partecipare al
procedimento di accesso formulando osservazioni congrue e pertinenti.
La
comunicazione di avvio del procedimento deve contenere, ai sensi del successivo
art. 7, L. 241/1990, non solo gli elementi identificativi del bene, nella
specie mancanti, ma soprattutto quelli valutativi, cioè i presupposti che hanno
determinato l'apposizione del vincolo da parte dell'organo procedente.
(T.A.R.
Friuli Venezia Giulia, 25 luglio 2002, n. 593).
La
giurisprudenza ritiene che la pubblicità abbia effetti costitutivi e, pertanto,
l’omissione della fase partecipativa comporta l’illegittimità del successivo
procedimento.
La
comunicazione suddetta deve essere eseguita con le modalità previste dall'art.
7, c. 2, L. 241 del 1990, ovvero, se per il numero di destinatari la
comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa,
mediante idonee forme di pubblicità. (Cons. St., sez. VI, 25 giugno 2002, n.
3478, Foro Amm. CDS, 2002, 1510).
È
illegittimo il decreto del Ministero per i beni e le attività culturali che
impone su un immobile il vincolo archeologico indiretto senza, tuttavia,
comprovare l'avvenuto adempimento della comunicazione dell'avvio del
procedimento con le modalità di cui all'art. 7, L. 7 agosto 1990, n. 241 ovvero
con le altre idonee forme di pubblicità. (T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 8
giugno 2001, n. 445).
La
notifica dell’atto di accertamento produce un vincolo ben preciso sugli
immobili che ne sono oggetto.
La
trascrizione nei registri della Conservatoria è inl messo di pubblicità idoneo
a portare il vincolo a conoscenza dei terzi A. CATELANI e S. CATTANEO, I
beni e le attività culturali, in Trattato di Diritto Amministrativo
diretto da G. Santaniello, XXXIII, 2002, 122.
5.1.3. La dichiarazione dell’interesse storico ed
artistico. I poteri del Ministero.
La
dichiarazione dell’interesse storico ed artistico deve essere effettuata
dall'amministrazione fornendo indicazioni specifiche circa la
concreta
sussistenza di reperti di interesse artistico, storico, archeologico o
etnografico.
L’art.
12, c. 4, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42, precisa che la motivazione deve essere
in linea con gli indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero al
fine di assicurare uniformità di valutazione, salva la possibilità di
esclusione dell’applicazione del vincolo. R. TAMIOZZO, op.cit., 2005, 57
La
norma invita gli operatori ad una maggiore razionalizzazione nell’opera di
salvaguardia, con una intensificazione della protezione delle opere di maggior
pregio e con una maggiore flessibilità nella gestione delle opere minori che ne
consenta la catalogazione, la tutela, oltre che la commerciabilità.
In
tal senso la giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del cod. beni
cult. ha evidenziato la necessità della materiale presenza fisica del bene che
si intende tutelare.
Presupposto
imprescindibile per l'imposizione del vincolo diretto, di cui agli artt. 1 e 3,
L. 1089 del 1939, è l'effettiva esistenza delle cose da tutelare.
Il
decreto impositivo si deve considerare illegittimo per mancanza dei presupposti
o errore nella loro valutazione ove si dimostri che nella zona vincolata in
realtà non esiste alcun bene archeologico suscettibile di protezione. (Cons.
St., sez. VI, 4 novembre 2002, n. 5997, in Foro Amm. CDS, 2002, 2941).
L’obbligo
della motivazione è costitutivo del provvedimento di vincolo e la sua mancanza rende
censurabile l’atto presso la giustizia amministrativa.
L'amministrazione
dei beni culturali e ambientali, nell'esercizio del potere di vincolo diretto
su beni immobili di proprietà privata, ai sensi dell'art. 1, L. 1 giugno 1939,
n. 1089, pur fruendo di discrezionalità nella valutazione degli interessi tutelati,
ha l'obbligo di motivare adeguatamente la misura imposta con sacrificio del
diritto del privato. (Cons. St., sez. VI, 8 marzo 2000, n. 1171, in Foro
Amm., 2000, 927).
Questo
procedimento interessa i beni di proprietà privata poiché, se i beni sono di proprietà
pubblica, l’assoggettamento alla legge è automatico.
I
beni soggetti a vincoli notificati non possono essere demoliti, rimossi,
modificati o restaurati senza l’autorizzazione del Ministero.
I
competenti organi del Ministero notificano ai privati, proprietari a qualsiasi
titolo dei beni, il vincolo sulle cose che siano di particolare interesse.
Tale
atto di vincolo è trascritto, per i beni immobili, nei registri delle
Conservatorie immobiliari ed esso mantiene la sua efficacia nei confronti di
ogni successivo proprietario o detentore, a qualsiasi titolo, del bene.
Il
Ministero, con il concorso delle regioni e degli altri enti pubblici, assicura
la catalogazione dei beni culturali; esso coordina le relative attività.
La
dichiarazione diretta ad affermare che un bene è di interesse storico o
artistico, pur non essendo il fondamento del vincolo che nasce infatti dalla
stessa legge, rende noto a tutti che si è accertata l’esistenza in un bene dei
requisiti che ne dispongono una immediata rigorosa tutela e che, pertanto, da
quel momento in poi, si intende presentare ricorso contro la stessa legge.
Ne
consegue che il bene, dopo tale dichiarazione, acquista una nuova
qualificazione che ne limita notevolmente l’uso e che impedisce qualsiasi
modifica dello stesso senza autorizzazione.
Qualora
sia intervenuto il vincolo i privati devono sottoporre al Ministero o al
Sovrintendente i progetti delle opere che intendano eseguire sul bene per
ottenerne la relativa approvazione, ai sensi dell’art. 12, D.L.vo 22 gennaio
2004, n. 42.
5.1.4. L’autorizzazione per interventi edilizi su
immobili di interesse storico ed artistico.
E’
fatto obbligo di richiedere l’autorizzazione al Ministero per i beni e le
attività culturali per la demolizione e lo spostamento dei beni soggetti a
vincolo o per lo smembramento di collezioni, ex art. 21, D.L.vo 22
gennaio 2004, n. 42. S. MEZZOCAMPO, Beni culturali. La vigilanza. Ispezione
con preavviso di cinque giorni, in Guida Dir. Dossier, 2004, n. 4,
85.
I
progetti per interventi di esecuzione di opere e lavori su beni appartenenti a
privati devono essere sottoposti alla Soprintendenza per ottenerne la relativa
approvazione, ex art. 22, D.L.vo 42/2004, R. TAMIOZZO, op.cit.,
2005, 101.
I
proprietari o i detentori, a qualsiasi titolo, di beni mobili ed immobili
riconosciuti d’interesse storico od artistico a seguito di notifica devono
sottoporre all’esame della competente Soprintendenza il progetto di qualunque
opera intendano realizzare, allo scopo di ottenerne la preventiva autorizzazione.
Qualora
vi sia assoluta urgenza si possono eseguire i lavori provvisori indispensabili
per evitare gravi danni ai beni, con l’obbligo di comunicarne immediata notizia
alla Soprintendenza.
Alla
stessa dovranno essere inviati in seguito, nel più breve tempo possibile, i
progetti definitivi dei lavori per averne l’approvazione.
Gli
interventi su immobili che presentano interesse storico artistico sono
assoggettati non solo al permesso di costruire, ma anche all'autorizzazione
rilasciata dalla competente Soprintendenza.
Fra
le due procedure non intercorre un rapporto di collegamento e, quindi, le
determinazioni del Soprintendente non vincolano i provvedimenti
dell’amministrazione comunale.
L'impugnazione
dei due atti ha ambiti operativi diversi, essendo diretta a censurare, in un
caso, l'autorizzazione della Soprintendenza per motivi connessi alla tutela dei
beni culturali e, nell'altro, il permesso di costruire per motivi di natura
urbanistica.
La
giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del cod. beni cult. ha ritenuto
ammissibile l'impugnazione del solo provvedimento comunale avendo il ricorrente
fatto valere ragioni di natura esclusivamente urbanistica.
Il
sindaco, infatti, a fronte dell'approvazione preventiva rilasciata dalla
competente Soprintendenza, in base all'art. 18, L. 1089/1939, ben può
effettuare valutazioni di ordine urbanistico-edilizio, pervenendo a
determinazioni negative o soprassessorie sull'istanza presentata
dall'interessato. (T.A.R. Piemonte, sez. I, 10 ottobre 1990, n. 386, T.A.R.,
1990, I, 3847).
L’autorizzazione
deve essere richiesta sia per le opere soggette a permesso di costruire sia per
le opere soggette a denuncia di inizio di attività
La
possibilità di agire tramite denuncia di inizio di attività per gli interventi
edilizi minori è stata oggetto di censura per conflitto di attribuzione da
parte delle regioni, ma la Corte Costituzionale ha riconosciuto allo Stato il
potere di fissare il principio generale che consente l’esecuzione di lavori
tramite d.i.a. anche per interventi su immobili sottoposti a tutela
storico-artistica o paesaggistico-ambientale, subordinatamente al preventivo
rilascio del parere o dell'autorizzazione richiesti dal testo unico delle
disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali.
La
norma abroga, conseguentemente, l'art. 4, c. 8, D.L.vo n. 398 del 1993, il
quale prevedeva la possibilità di procedere ad attività edilizie minori sulla
base di denuncia di inizio attività a condizione che gli immobili non fossero
assoggettati a vincolo. (Corte cost., 1 ottobre 2003, n. 303).
La
mancanza dell’autorizzazione costituisce illecito penale. (Cass. pen., sez.
III, 20 giugno 2002, n. 30144, in Cass. Pen., 2003, 2408).
I
beni soggetti a vincolo, infatti, non possono essere utilizzati in modo non
compatibile con il loro carattere storico o artistico o in modo da pregiudicare
la loro conservazione od integrità. G.C. MENGOLI, Manuale di diritto
urbanistico, 2003, 516.
5.1.5. Il procedimento.
Il
procedimento di rilascio dell’autorizzazione, prima disciplinato dall’art. 24,
d.lg. 490/1999, è ora normato dall’art. 22, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
La
scansione procedimentale ne impone il rilascio entro 120 giorni dalla ricezione
della richiesta da parte della Soprintendenza.
E’
prevista la sospensione del termine per richieste istruttorie.
Decorso
il termine, il ricorrente può diffidare l’amministrazione a provvedere
E’
previsto il silenzio assenso che si forma solo a seguito di inottemperanza
dell’amministrazione a provvedere una volta che siano trascorsi trenta giorni
dal ricevimento della diffida, art. 22, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
La
tutela statale attribuisce al Soprintendente il potere di sospendere i lavori
quando i progetti relativi non siano stati preventivamente autorizzati dalla
Soprintendenza ovvero qualora essi siano condotti in difformità
dall'autorizzazione.
L’ordine
di sospensione deve concludersi entro un tempo limitato entro il quale il
Soprintendente deve avviare un procedimento di verifica; detto procedimento è
evidentemente soggetto ai tempi di cui alla L. 241/1990, art. 28, D.L.vo 22
gennaio 2004, n. 42.
La
giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del cod. beni amb. ha precisato
che detto avviso di avvio di procedimento, pur essendo atto preparatorio
endoprocedimentale, risulta immediatamente lesivo quando è intervenuto dopo un
ordine di sospensione dei lavori e condiziona la perdurante efficacia della
succitata precedente ordinanza di sospensione dei lavori, ai sensi dell'art.
28, c. 3, D.L.vo 490/1999. (T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 25 luglio 2002, n. 593, in Foro Amm. TAR, 2002, 2394).
L'annullamento
dell'avvio di procedimento, rimuovendo tale atto dal mondo giuridico con
efficacia ex tunc, come se non fosse mai venuto ad esistere, ha avuto
l'automatico effetto di far intendere revocato l'ordine di sospensione per il
mancato intervento dell'avviso del procedimento di dichiarazione nel termine di
trenta giorni dal suddetto ordine di sospensione.
5.1.6. Il vincolo indiretto.
Gli
interventi da effettuare su beni aventi particolare interesse storico od
artistico non sono regolati da normative di carattere particolare che fissino
speciali vincoli o distanze da rispettare.
E’
attribuito, in ogni caso, al Ministero per i beni e le attività culturali il
potere di stabilire le distanze ritenute necessarie a proteggere l’immobile da
interventi ritenuti dannosi, ex art. 45, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
Il
procedimento amministrativo è subordinato dalla giurisprudenza precedente
all’entrata in vigore del cod. beni cult. al preventivo esperimento della
procedura di accesso che deve consentire al privato interessato dall'azione
amministrativa di portare il suo apporto collaborativo.
Si
tratta, infatti, di provvedimento connotato da valutazioni tecnico
discrezionali per il quale non è esclusa la possibilità di un apporto
partecipativo del privato, finalizzato a dare un diverso contenuto al
provvedimento finale. (T.A.R. Marche, 17 marzo 2003, n. 76).
Il
potere ministeriale è, dunque, un potere generale che risponde ai principi
delle logicità e della correttezza dell’azione amministrativa.
Il
vincolo indiretto non ha un contenuto prescrittivo tipico, essendo rimesso
all'apprezzamento discrezionale dell'amministrazione e potendo variare in
funzione della protezione del bene, ed è legittimo anche se comporta
l'inedificabilità assoluta dell'area cui si riferisce. (T.A.R. Toscana, 17
luglio 2000, n. 1693).
La
dottrina rileva la prevalenza degli interessi culturali su quelli urbanistici.
Il
legislatore fin dal 1939 ha costantemente ritenuto di dovere attribuire
prevalenza agli interessi culturali, in coerenza con la natura di principio
fondamentale rivestita dall'art. 9, c. 2, cost., in base al quale la repubblica
tutela il paesaggio ed il patrimonio storico artistico della nazione. R.
TAMIOZZO, op. cit., 2005, 213.
La
giurisprudenza ha fissato i limiti del potere ministeriale che resta pur sempre
soggetto all’impugnazione presso la giustizia amministrativa qualora sia
esercitato in modo non equilibrato e tale da rendere eccessivamente gravosi gli
oneri per la proprietà.
L'imposizione
del vincolo di inedificabilità é sindacabile innanzi al giudice amministrativo
quando la motivazione risulti inadeguata o presenti manifeste incongruenze o
illogicità. (Cons. St., sez. VI, 27 marzo 2001, n. 1767, in Riv. Giur. Ed.,
2001, I, 681).
I
provvedimenti tesi a tutelare il bene oggetto di vincolo possono essere presi
secondo un apprezzamento discrezionale che non è censurabile dal giudice
amministrativo.
La
valutazione circa le modalità concrete degli interventi ritenuti necessari o
opportuni al fine della tutela dei beni di interesse artistico o storico non
può che rientrare nell'ambito delle valutazioni discrezionali
dell'amministrazione deputata alla cura dei relativi interessi pubblici, e tali
valutazioni sono di norma sottratte al sindacato del giudice amministrativo. (T.A.R.
Sardegna, 9 ottobre 1996, n. 1350, T.A.R., 1996, I, 4755).
Il
provvedimento non è subordinato ad alcun tipo di indennizzo da corrispondere
preventivamente alla proprietà che non sia previsto dal disposto dell'art. 49
del T.U. 29 ottobre 1999, n. 490. (Cons. St., sez. II, 30.10.2002, n. 2301, in Foro
Amm. CDS, 2002, 3273).
5.1.7. I vincoli di destinazione.
Il
nostro ordinamento conosce anche forme di tutela indiretta dei beni culturali, ex
art. 10, c. 3, lett. d), D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
Detta
norma tutela beni che, sebbene privi di intrinseco valore artistico, abbiano un
collegamento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e
della cultura e che, in genere, rivestano un interesse particolare.
La
genericità del valore del bene è affermata dalla dottrina precedente
all’entrata in vigore del cod. beni cult. T. ALIBRANDI E P. FERRI, I beni
culturali ed ambientali, 1995, 164.
Le
norme istitutive del vincolo indiretto, L. 1 giugno 1939, n. 1089, artt. 1 e 2,
sono state oggetto di giudizio di costituzionalità in quanto il giudice
remittente riteneva che la costituzione non fornisse la possibilità di
introdurre il vincolo indiretto e, quindi, ravvisava un contrasto fra le
suddette norme e quelle costituzionali che tutelano i patrimoni storici.
La
Corte, inoltre, ha ritenuto che non risulti per niente violato l'art. 9 cost.,
che impegna la Repubblica ad assicurare, tra l'altro, la promozione e lo
sviluppo della cultura nonché la tutela del patrimonio storico ed artistico
della nazione, quale testimonianza materiale della civiltà e della cultura del
paese. (Corte cost., 9 marzo 1990, n. 118, in Riv. Giur. Ed., 1990, I,
328).
La
dottrina rileva come la giurisprudenza successiva alla pronuncia della Corte
abbia interpretato la norma fornendo un'interpretazione estensiva.
Essa
considera la categoria aperta in modo da comprendere quei beni che abbiano
avuto un qualche collegamento con fatti che comportano l’imposizione del
vincolo.
Le
recenti linee di tendenza degli organi di tutela hanno portato a porre dei
vincoli di tutela non solo su locali commerciali, in quanto qualificati come
punti di incontro e di scambi conviviali tra gente di cultura ovvero quali
luoghi di incontro e sollecitazione culturale, ma anche su laboratori e botteghe
che sono espressione di determinate attività commerciali o artigianali di tipo
tradizionale. A. CROSETTI, Tutela di beni culturali attraverso vincoli di
destinazione: problemi e prospettive, in Riv. Giur. Ed., 2002, II,
258.
Alcune
sentenze hanno precisato che costituiscono oggetto di tutela storico culturale
i beni nei quali siano incorporati valori storici artistici e culturali, e
quindi quelli attinenti a speciali discipline, ma non anche le gestioni
commerciali e gli esercizi artigianali nei quali si svolgano attività inerenti
ai valori sopra menzionati. (Cons. St., sez. VI, 16 settembre 1998, n. 1266, in
Foro Amm., 1998, 2397).
La
tutela del vincolo di destinazione trova idoneo sostegno nella normativa che
propone una protezione particolare e peculiare per i centri storici.
Il
D.L.vo 31 marzo 1998, n. 114, all’art. 10, attribuisce alla legislazione
regionale il compito di affidare ai comuni maggiori poteri in materia di
localizzazione e apertura di strutture adibite a punti di vendita nei centri
storici.
L’esercizio
del commercio in aree di valore culturale è stato oggetto di disciplina da
parte dell’art. 52, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
Tale
disposizione ha stabilito che il Soprintendente, con proprio provvedimento, o i
regolamenti di polizia urbana devono individuare le aree aventi valore
archeologico, storico, artistico e ambientale in cui l’esercizio del commercio
non è consentito o è consentito con particolari limitazioni.
5.1.8.
I beni di interesse paesaggistico.
L’art.
134, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42, dichiara che sono beni paesaggistici sono
gli immobili, le ville, i complessi di immobili e le bellezze panoramiche
dichiarati di notevole interesse pubblico, i beni individuati dalla legge e gli
immobili o le aree sottoposte a tutela dai piani paesaggistici, ex art.
2, D.L.vo 42/2004. R. TAMIOZZO, op. cit., 2005, 599.
La
norma ha un contenuto prettamente conservativo dell’esistente patrimonio delle
cosiddette bellezze naturali per evitare che l’urbanizzazione cancelli
definitivamente ambiti del territorio di particolare rilevanza.
E’
necessario, però, un atto di accertamento della natura paesaggistica o
ambientale del bene.
In
mancanza di un atto dell’amministrazione che accerti volta per volta la qualità
del bene, esso si trova privo di quella tutela che consente all’autorità
preposta al vincolo un preventivo esame degli interventi edilizi che la
proprietà voglia realizzare.
La
tutela del paesaggio è stata assunta a principio fondamentale dall’art. 9 della
cost.; esso non può essere condizionato da nessun altro valore.
La
dottrina rileva che la mancanza di specificazione rafforza l’idea stessa della
tutela.
Si
tratta di un concetto di tutela caratterizzata dal duplice aspetto della
integrità e della globalità. R. TAMIOZZO, op. cit., 2005, 112.
L’art.
134, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42, prevede la possibilità di imporre vincoli
speciali a singoli beni paesaggistici.
E’
definita una serie di beni che si ritengono oggettivamente, per la loro stessa
esistenza, meritevoli di tutela e sono fissati dei limiti spaziali entro i
quali è vietato ogni intervento prima che sia data una regolamentazione
mediante i piani territoriali paesistici, ex art. 142, D.L.vo 22 gennaio
2004, n. 42.
Dalla
elencazione proposta si evidenzia che si possono distinguere due differenti
categorie di beni.
La
prima comprende i beni il cui riconoscimento è automatico. Non vi sono
difficoltà a classificare nella categoria, ad esempio, i fiumi, le cui
caratteristiche sono evidenti.
La
seconda categoria comprende beni il cui riconoscimento presuppone un atto
ricognitivo della pubblica amministrazione.
In
tal caso, come, ad esempio, nell’ipotesi di beni di interesse archeologico, il
vincolo può essere posto solo ove sussista un idoneo atto di ricognizione da
parte degli organi competenti, che attesti il presupposto stesso per
l’apposizione del vincolo.
Qualora
siano assenti gli elementi minimi necessari da cui dedurre la presenza di
valori archeologici - sia sul piano dell'effettivo rinvenimento di reperti, sia
su quello della accertata e notoria possibilità che essi si trovino su un'area
determinata - non sussistono le condizioni per l'inserimento dell'area fra le
suddette zone di interesse archeologico con conseguente illegittimità del
provvedimento di vincolo. (T.A.R. Toscana, sez. III, 6 marzo 1996, n. 185, in T.A.R.,
1996, I, 1981).
5.1.9. I beni tutelati per legge.
L’art.
142, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42, impone il vincolo paesaggistico rendendo
obbligatoria la verifica di compatibilità tramite specifica preventiva autorizzazione
delle opere che si intendono realizzare su aree di per sé stesse considerate di
interesse paesaggistico.
Dette
aree riguardano tra l’altro i territori costieri; i territori contermini a
laghi; i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua e le relative sponde; le montagne.
La
giurisprudenza antecedente all’entrata in vigore del cod. beni cult. ha
precisato che il contenuto di tale disposizione non pone, nel caso di specie,
alcun impedimento assoluto all'edificabilità dell'area o alla realizzazione su
di essa di interventi per la esecuzione di opere.
Il
vincolo paesaggistico non impone l'assoluta immodificabilità delle aree,
essendo necessario il solo espletamento della preventiva procedura
autorizzatoria da parte dell'Autorità competente. (T.A.R. Sardegna Cagliari, 23
dicembre 2002, n. 1932).
E’
fatta espressa esclusione delle aree che, alla data del 6 settembre 1985, ossia
alla data di approvazione della legge Galasso, erano delimitate negli strumenti
urbanistici come zone A e B.
In ogni
caso tali vincoli si applicano fino all’approvazione dei piani paesistici che
disciplinano l’uso dell’intero territorio regionale; essi devono dettare
specifiche norme di tutela anche per le zone e le aree vincolate per legge. D.
D’ALESSIO, Obbligatoria la pianificazione
paesistica locale, in Guida Dir.
Dossier, n. 4, 2004, 130. Laddove
nel piano paesaggistico venga esercitata la facoltà di definire le aree non di
notevole interesse pubblico, gli interventi edilizi possono essere effettuati
senza richiedere l’autrizzazione paesaggisitca, ex art. 143, c. 5, lett.
b), D.L.vo 42/2004. R. TAMIOZZO, op. cit., 2005, 633.
5.1.10. Il procedimento di dichiarazione di notevole
interesse pubblico.
L’iter
procedurale per deliberare la dichiarazione di notevole interesse pubblico è
radicalmente modificato dagli artt. 137 ss., D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
La
norma ha attribuito al direttore della regione o degli altri enti pubblici
interessati l’iniziativa di acquisire le informazioni necessarie per proporre
alla Commissione, istituita in ogni provincia, l’identificazione dei beni e dei
luoghi di notevole interesse ambientale, ex art. 138, D.L.vo 22 gennaio
2004, n. 42, R. TAMIOZZO, op. cit., 2005, 613.
La
proposta deve essere motivata con riferimento alle caratteristiche storiche,
culturali, naturali, morfologiche ed estetiche proprie degli immobili e delle
aree oggetto del provvedimento.
“Il
vincolo paesaggistico è legittimamente imposto dalla regione allorché dalla
motivazione contenuta nella deliberazione si evinca che il fine concretamente
perseguito sia quello di estendere la protezione dei luoghi oggetto di memoria
storica alla più estesa zona circostante, presa in considerazione perché dotata
di pregi paesaggistici non comuni. (T.A.R. Piemonte, sez. I, 21 dicembre 2002,
n. 2102).
La
giurisprudenza ha dichiarato unanimemente illegittimo il provvedimento
privo
di motivazione o con motivazione insufficiente. (Cons. St., sez. VI, 5 ottobre
2001, n. 5235, in Riv. Giur. Ed., 2001, I, 1213).
La
proposta deve essere pubblicata per novanta giorni all’albo pretorio dei comuni
interessati ed essere depositata presso i loro uffici, inoltre deve essere
diffusa la notizia sulla stampa.
A
tal punto la regione comunica l’avvio del procedimento di dichiarazione di
notevole interesse pubblico al proprietario e al comune interessato.
I
soggetti interessati possono presentare osservazioni entro il termine
perentorio di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione.
La
giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del cod. beni cult. ha ritenuto
che l’interesse al procedimento sia limitato ai proprietari o detentori del
bene situato in zone vincolate. (Cons. St., sez. VI, 22 dicembre 1993, n. 1022, in Cons.
St., 1993, I, 1684).
Il
provvedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico è altresì
notificato in via amministrativa ai proprietari degli immobili; il che comporta
la necessità di munirsi di apposita autorizzazione, rilasciata da parte della
Sovrintendenza, inerente ai progetti dei lavori che si intendano eseguire sugli
stessi immobili. M. FILIPPI, Piano paesistico, in Dig. Disc. Pubbl.,
XI, 1996, 195.
La
mancata notifica degli elenchi ai proprietari non è stata considerata, dalla
giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del cod. beni cult., causa di
illegittimità del procedimento. (Corte cost., 28 luglio 1995, n. 417, in Foro
It., 1996, I, 422).
Le
competenze già degli organi statali centrali e periferici inerenti alla tutela
dei beni ambientali ed alle funzioni delle Commissioni provinciali sono state
delegate alle Regioni, ai sensi dell’art. 146, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
Le
Regioni hanno, precedentemente all’entrata in vigore del cod. beni cult.,
emanato proprie leggi per disciplinare l’esercizio delle funzioni loro
delegate.
Alcuni
compiti amministrativi sono stati riservati agli organi regionali, altri sono
stati subdelegati ai Comuni.
La
L. R. Lombardia 18/1997 ha delegato ai comuni il rilascio dell'autorizzazione
e, in base al principio di sussidiarietà, che impone all’ente di grado
superiore di non espletare l’attività amministrativa attribuita all’ente sotto
ordinato, ha riservato alla regione le funzioni in materia di autorizzazione
ambientale per le opere di competenza dello Stato, per gli interventi di
smaltimento rifiuti e per quelli riguardanti l’attività mineraria.
5.1.11. L’autorizzazione regionale.
Il
cod. beni cult. sottopone gli interventi di modifica o di alterazione dei beni
ambientali, oggetto di tutela, ad autorizzazione ambientale di competenza della
regione o dell’autorità da essa delegata. D. D’ALESSIO, Obbligatoria la
pianificazione paesistica locale, in Guida Dir. Dossier, n.
4, 2004, 136).
Vi
è, pertanto, un secondo controllo che si affianca alla disciplina urbanistica
comunale.
L’intervento
sul bene, quindi, deve essere prima autorizzato dalla regione e poi,
successivamente, deve ottenere il rilascio del permesso di costruire da parte
del comune.
L’autorizzazione
non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione,
anche parziale, degli interventi, art. 146, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
L’autorizzazione
ambientale deve considerare la possibilità di intervenire in un modo che sia
compatibile con il paesaggio nel quale i lavori si inseriscono.
La
giurisprudenza ha precisato che la tutela di cui all'art. 151, D. L.vo 29
ottobre 1999, n. 490, non si estrinseca nell'impedire qualunque modificazione
del paesaggio, ma nel valutare quali modifiche siano compatibili con la
salvaguardia del valore tutelato e, quindi, autorizzabili. (T.A.R. Sardegna 9
gennaio 2002, n. 2, in Foro Amm. TAR, 2002, 286).
Il
sistema di dichiarazione di interesse pubblico viene meno qualora la
pianificazione urbanistica comunale abbia già regolamentato gli interventi su
detti beni.
Resta
ugualmente l’obbligo di richiedere l’autorizzazione prima dell’esecuzione di
lavori.
Non
sono sottoposte a vincolo le aree che al 6 settembre 1985 erano definite negli
strumenti urbanistici come zone A e B e - limitatamente alle parti comprese nei
piani pluriennali di attuazione - le altre zone, come delimitate negli
strumenti urbanistici, ai sensi del D.M. 2.4.1968, n. 1444; inoltre, nei comuni
sprovvisti di tali strumenti, i centri edificati perimetrati, ai sensi
dell'art. 18 della L. 865/1971.
5.1.12. Il procedimento.
Il
procedimento per il rilascio dell’autorizzazione è disciplinato dall'art. 146,
c. 5, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
Le
amministrazioni competenti devono accertare la compatibilità dell’intervento,
sulla base del parere della Commissione per il paesaggio.
Esse,
entro il termine di quaranta giorni dalla ricezione dell'istanza, trasmettono
la proposta di autorizzazione alla Soprintendenza per i beni architettonici e
per il paesaggio competente per territorio.
Della
trasmissione è data notizia agli interessati, ai sensi e per gli effetti della
L. 241/1990.
La
Soprintendenza, a differenza della precedente normativa, non è coinvolta nel
procedimento dopo il rilascio dell’autorizzazione.
Essa
partecipa fin dall’inizio al procedimento diventando di fatto organo consultivo
dell’amministrazione procedente.
La
Soprintendenza deve esprimere il suo parere sul progetto e sulla proposta di
autorizzazione nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di
ricezione del progetto.
Decorso
inutilmente il termine per l'acquisizione del parere, l'amministrazione assume
comunque le determinazioni in merito alla domanda di autorizzazione.
L'autorizzazione
è rilasciata o negata dall'amministrazione competente entro il termine di venti
giorni dalla ricezione del parere della Soprintendenza, art. 146, D.L.vo 22
gennaio 2004, n. 42.
L’amministrazione
può procedere al rilascio dell’autorizzazione non solo quando la Soprintendenza
ha detto sì o non si è espressa nel termine perentorio assegnato, ma anche
quando la Soprintendenza si è espressa negativamente. In tal caso
l’amministrazione deve dare adeguata motivazione sulle ragioni del dissenso dal
parere della Soprintendenza. D. D’ALESSIO, Obbligatoria la pianificazione
paesistica locale, in Guida Dir. Dossier, n. 4, 2004, 136.
L’autorizzazione
è rilasciata o negata nel termine di venti giorni dalla ricezione del parere
della soprintendenza o dallo scadere del termine concesso dalla soprintendenza
per esprimere il parere.
Essa
è trasmessa in copia, senza indugio, alla soprintendenza che ha emesso il
parere nel corso del procedimento, nonché, unitamente al parere, alla regione
ed alla provincia e, ove esistenti, alla comunità montana e all'ente parco nel
cui territorio si trova l'immobile o l'area sottoposti al vincolo.
L’autorizzazione
è efficace solo se sono trascorsi venti giorni dalla sua emanazione.
Tale
termine tende a garantire la conoscenza del provvedimento da parte dei soggetti
interessati ad eventuali impugnative.
La
legislazione regionale ha provveduto a delegare le funzioni ai comuni.
L’art.
4, L.R. Lombardia 9 giugno 1997, n. 18, richiede l’integrazione di due esperti
nella commissione edilizia ai fini del rilascio del permesso di costruire: esso
deve sempre essere inviato in caso favorevole agli organismi periferici del
Ministero dei beni culturali ed ambientali.
L’art.
149, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42, riconferma che il nulla osta non è
necessario per gli interventi, da esso tassativamente previsti, di manutenzione
ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo.
5.1.13. Il potere ministeriale inibitorio.
Il
Ministero per i beni e le attività culturali ha, parallelamente alla regione,
un potere suppletivo di tutela delle bellezze naturali che si manifesta anche
prima dell’imposizione del vincolo; esso mantiene la sua efficacia purché
successivamente si addivenga all’approvazione dell’elenco nei termini perentori
fissati dalla legge, art. 150, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
Tale
potere, già previsto prima dell’entrata in vigore del cod. beni cult., può
essere esercitato anche quando il bene non è ancora inserito negli elenchi dei
beni vincolati per cui la dottrina ne ravvisa il carattere di procedimento
cautelare. T. ALIBRANDI E P. FERRI, I beni culturali ed ambientali,
1995, 599.
L’intervento
può essere effettuato anche nel corso dell'esecuzione dei lavori per evitare
che questi alterino irreversibilmente lo stato dei luoghi.
Il
procedimento di sospensione dei lavori edificatori in aree comprese nel decreto
di vincolo paesistico è legittimamente emanato in pendenza della pubblicazione
del decreto stesso sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica e pertanto prima
che siano realizzati compiutamente i suoi requisiti di efficacia, ai sensi
espressamente dell'art. 153, c. 1, T.U. 29 ottobre 1999, n. 490. (Cons. St.,
sez. VI, 20 ottobre 2000, n. 5661).
Il
soggetto passivo del procedimento deve interrompere i lavori ed ha solo il
diritto di ottenere il rimborso delle spese sostenute nelle more del
procedimento inibitorio, art. 151, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
I
vincoli paesaggistici che accertano una naturale vocazione dei luoghi alla
inedificabilità sono imposti senza indennizzo alle proprietà che ne sono
oggetto (Corte cost., 9 maggio 1968, n. 56).
5.1.14. La tutela sostitutiva regionale.
L’art.
146, c. 9, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42, prevede le forme di tutela in caso di
inerzia dell’ente locale, che è delegato di norma dalle regioni ad esercitare
il potere di rilasciare l’autorizzazione.
In
caso di delega all’ente locale la richiesta di rilascio in via sostitutiva è
presentata alla regione, che provvede anche mediante la nomina di un
commissario ad acta entro il termine di sessanta giorni dalla data di
ricevimento della richiesta. D. D’ALESSIO, Obbligatoria la pianificazione
paesistica locale, in Guida Dir. Dossier, n. 4, 2004, 137.
Gli
interessati possono fare valere davanti al giudice amministrativo l’inerzia
dell’amministrazione impugnandone il silenzio, ex art. 21 bis, L.
1034/1971.
La
tutela amministrativa è estesa dall’art. 146, c. 11, D.L.vo 22 gennaio 2004, n.
42.
Esso
attribuisce tale potere alle associazioni ambientaliste portatrici di interessi
diffusi, ex art. 13, L. 349/1986, ed a qualsiasi altro soggetto pubblico o
privato che ne abbia interesse. Questi soggetti possono impugnare il rilascio
dell’autorizzazione paesaggistica.
Il
ricorso è deciso anche in caso di rinuncia al ricorso stesso o di carenza di
interesse.
Al
fine di fare diventare più concreta la possibilità di tutela è stata prevista
una forma di pubblicità da parte dei comuni che devono rendere note, tramite un
apposito elenco, le autorizzazioni paesistiche rilasciate.
93
5.1.15. Il potere ministeriale di annullamento.
L’art.
159, D.L.vo 42/2004, conserva al Ministero di beni culturali la facoltà di
procedere all’annullamento della autorizzazione paesaggistica rilasciata
dall’amministrazione competente.
Il
potere di annullamento della autorizzazione paesaggistica, prima di competenza
del Ministro, a seguito dell'entrata in vigore del D.L.vo n. 29 del 1993, che
ha attribuito ai dirigenti la competenza su tutti gli atti gestionali già
riservati agli organi politici, è diventato di competenza della dirigenza
ministeriale e, in particolare, del direttore generale dell'ufficio centrale
per i beni ambientali; questi, a sua volta, con provvedimento del 18 dicembre
1996, nel disciplinare le forme di decentramento dei poteri in materia di
tutela ambientale e paesaggistica, ha delegato ai Soprintendenti
territorialmente competenti l'emanazione dei provvedimenti, ex art. 82,
c. 9, D.P.R. n. 616 del 1977, relativi agli interventi che interessano il
territorio di un unico Comune, fatta eccezione per quelli concernenti opere
statali. (T.A.R. Liguria, sez. I, 19 aprile 2004, n. 444, in Riv. giur. Ed.,
2004, I, 1476).
La
giurisprudenza ha confermato che rientra nella competenza della Soprintendenza,
e non del Ministero per i beni culturali ed ambientali, l'annullamento del
nulla osta paesistico per la realizzazione di costruzione edilizia in zona
protetta. (T.A.R. Basilicata, 5 novembre 2004, n. 739, in Foro amm. TAR,
2004, 3487).
Il
provvedimento deve essere emanato entro sessanta giorni dalla ricezione della
intera documentazione.
La
giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del Cod. beni cult. ha
precisato che il termine di sessanta giorni assegnato per l'annullamento
dell'autorizzazione regionale o delle autorità da questa delegate, prevista
dall'art. 7, L. 29 giugno 1939 n. 1497, ancorché perentorio, attiene al solo
esercizio del potere di annullamento; infatti, da un lato, l'ulteriore fase
della comunicazione o notificazione è estranea alla prescrizione normativa,
dall'altro, l'atto di annullamento ministeriale non può essere considerato di
natura recettizia. (Cons. St., sez. VI, 2 febbraio 2004, n. 331, in Foro amm. CDS, 2004, 469).
Il
potere di annullamento attribuito al Ministero per i beni culturali e
ambientali è esercitato in una fase procedimentale che ha natura di secondo
grado e che è di competenza di un organo diverso rispetto a quello che ha
rilasciato l'autorizzazione.
La Corte Costituzionale ha ritenuto sussistente l'obbligo di cui all'art. 7 della L. n. 241 del 1990 anche per le successive ed autonome fasi procedimentali, con la sola esclusione dell'ipotesi in cui la fase ulteriore sia dovuta all'iniziativa dell'interessato. (Corte Cost., n. 437 del 2000).
La semplice conoscenza dell'esistenza del procedimento di controllo del Ministero in ordine all'autorizzazione paesaggistica regionale o dell'organo comunale a ciò delegato non appare sufficiente a soddisfare le esigenze garantite dall'art. 7 della L. 241/1990. Sono, comunque, ignoti al destinatario l'Amministrazione in concreto procedente l'oggetto e il responsabile del procedimento, l'ufficio cui rivolgersi per prendere visione degli atti nonché, addirittura, il momento di decorrenza del termine di 60 giorni, utili per l'annullamento, correlato, per costante giurisprudenza, alla ricezione della documentazione completa da parte dell'Autorità statale; con conseguente vanificazione di ogni seria possibilità di interloquire efficacemente e tempestivamente nel procedimento stesso.
Il soprintendente ai beni ambientali che decida di attivare il procedimento di annullamento di un'autorizzazione paesaggistica rilasciata da un'altra autorità, è tenuto, pertanto, ad avvisare preventivamente colui che aveva ottenuto il provvedimento autorizzatorio sia per garantirgli la partecipazione sia per consentirgli di avere piena conoscenza dei termini entro i quali l'autorizzazione paesaggistica regionale già rilasciata è sottoposta al rischio di annullamento. (T.A.R. Sardegna, sez. II, 15 novembre 2004, n. 1576, in Foro amm. TAR, 2004, 3525).
La Corte Costituzionale ha ritenuto sussistente l'obbligo di cui all'art. 7 della L. n. 241 del 1990 anche per le successive ed autonome fasi procedimentali, con la sola esclusione dell'ipotesi in cui la fase ulteriore sia dovuta all'iniziativa dell'interessato. (Corte Cost., n. 437 del 2000).
La semplice conoscenza dell'esistenza del procedimento di controllo del Ministero in ordine all'autorizzazione paesaggistica regionale o dell'organo comunale a ciò delegato non appare sufficiente a soddisfare le esigenze garantite dall'art. 7 della L. 241/1990. Sono, comunque, ignoti al destinatario l'Amministrazione in concreto procedente l'oggetto e il responsabile del procedimento, l'ufficio cui rivolgersi per prendere visione degli atti nonché, addirittura, il momento di decorrenza del termine di 60 giorni, utili per l'annullamento, correlato, per costante giurisprudenza, alla ricezione della documentazione completa da parte dell'Autorità statale; con conseguente vanificazione di ogni seria possibilità di interloquire efficacemente e tempestivamente nel procedimento stesso.
Il soprintendente ai beni ambientali che decida di attivare il procedimento di annullamento di un'autorizzazione paesaggistica rilasciata da un'altra autorità, è tenuto, pertanto, ad avvisare preventivamente colui che aveva ottenuto il provvedimento autorizzatorio sia per garantirgli la partecipazione sia per consentirgli di avere piena conoscenza dei termini entro i quali l'autorizzazione paesaggistica regionale già rilasciata è sottoposta al rischio di annullamento. (T.A.R. Sardegna, sez. II, 15 novembre 2004, n. 1576, in Foro amm. TAR, 2004, 3525).
La
diretta applicabilità dell'art. 7, L. 241 del 1990 allo speciale procedimento
di annullamento del nulla osta ambientale è stata confermata con il
sopravvenuto codice dei beni culturali e del paesaggio, approvato con D. L.vo
22 gennaio 2004, n. 42, agli artt. 146 e 159. (T.A.R. Liguria, sez. I, 4 novembre 2004, n. 1525, in Foro amm. TAR, 2004, 3293 nota SODDU).
92
5.1.16.
L’accesso al procedimento della regione.
Lo
schema procedimentale dell’annullamento ministeriale è stato integrato dalla
decisione della Consulta.
La
garanzia dell’accesso al procedimento deve essere garantita non solo al privato
soggetto passivo, ma anche alla amministrazione regionale.
Il
disatteso obbligo di comunicazione riposa sul principio di leale cooperazione
tra i pubblici poteri coinvolti nella tutela del paesaggio, le cui attribuzioni
confluiscono in un sistema contraddistinto dall'interferenza e dal particolare
reciproco legame delle funzioni regionali e statali.
La
Corte Cost. ha affermato che non spetta allo Stato, senza previa comunicazione
alla regione autonoma Valle d'Aosta dell'avvio del procedimento, annullare, ai
sensi dell'art. 82, c. 9, D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, una autorizzazione
rilasciata, in base all'art. 7, L. 29 giugno 1939, n. 1497, dalla medesima regione.
La Corte ha così conseguentemente annullato il decreto del direttore generale
dell'ufficio centrale per i beni ambientali e paesaggistici del Ministero per i
beni culturali e ambientali, impugnato dalla regione ricorrente. (Corte cost., 25 ottobre 2000, n. 437, in Urb. App., 2001, 147 nota CAMERLENGO).
Il
disatteso obbligo di comunicazione riposa sul principio di leale cooperazione
tra i pubblici poteri coinvolti nella tutela del paesaggio, le cui attribuzioni
confluiscono in un sistema contraddistinto dall'interferenza e dal particolare
reciproco legame delle funzioni regionali e statali.
La
sentenza è anticipatrice di una tendenza più attenta al sistema di
partecipazione al procedimento amministrativo da parte delle amministrazioni
interessate che trova compiuta definizione nella L. 15/2005.
La
L. 15/2005 trova immediata attuazione per i procedimenti amministrativi che si
svolgono presso le pubbliche amministrazioni statali e gli enti pubblici
nazionali.
Pertanto
il procedimento speciale, ora disciplinato dall’art. 159, D. Lg. 42/2004, deve
adeguarsi ai dettami normativi della legge e ai dettati della Corte Cost.
Per
gli altri procedimenti l’art. 29, c. 2, L. 241/1990, sost. art. 19, L. 15/2005,
prevede espressamente che le regioni e gli enti locali, ciascuno nell’ambito
delle proprie competenze nel rispetto del sistema costituzionale, devono
adeguare le proprie disposizioni alle nuove norme ed ai nuovi principi dettati
dalla legislazione nazionale in materia di tutela del cittadino nei confronti
dell’attività amministrativa.
5.2.
La tutela dei beni culturali.
La
tutela statale dei beni culturali è demandata al Ministero per i beni e le
attività culturali dal D.L.vo 42/2004; il controllo può venire esercitato anche
dal comune che deve rapportarsi nell’adozione dei provvedimenti sanzionatori
alle decisioni dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, vedi Cap. 3,
par. 5.1 e 7.1. 94
La
tutela riguarda ogni tipo di intervento sul bene. I beni culturali, infatti,
non possono essere distrutti, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con
il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla
loro conservazione, ex art. 20, comma 1, D.L.vo 42/2004.
5.2.1.
La sospensione dei lavori.
La
tutela statale prevede da parte del soprintendente la possibilità di sospendere
i lavori quando i progetti relativi non siano stati preventivamente autorizzati
dalla soprintendenza, ai sensi dell’art. 21, D.L.vo 42/2004.
L'adozione
del provvedimento cautelare può anche precedere l’adozione del provvedimento di
vincolo definitivo che deve seguire nel termine di sessanta giorni.
La
sospensione in tal caso ha la funzione di mettere l'interessato sull'avviso
delle intenzioni dell'amministrazione, consentendogli di partecipare al
procedimento che lo riguarda. (T.A.R. Sardegna, 19 novembre 1997, n. 1607, in T.A.R.,
1998, I, 398).
La
sospensione dei lavori è una misura soprassessoria e al tempo stesso
anticipatoria del provvedimento impositivo del vincolo storico-artistico su un
determinato bene, dettata dalla necessità di bloccare medio tempore,
nelle more cioè del relativo procedimento, interventi suscettibili di
comprometterne il valore, dovendosi ritenere che l'indicazione in siffatta
sospensione delle ragioni giustificatrici del vincolo trascende la natura e la
funzione della sospensione medesima ed appartiene ad una fase successiva,
quella cioè della effettiva imposizione del vincolo, ove le ragioni della
imposizione del vincolo trovano la loro collocazione logica e devono quindi
essere esplicitate. (T.A.R. Campania, sez. II, Napoli, 26 giugno 1998, n. 2154,
in Foro amm., 1999, 205).
La
giurisprudenza ha respinto la censura di violazione dell'art. 7, L. n. 241/90,
per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento da parte del Comune.
L'Amministrazione
è, infatti, tenuta ad attivarsi nel breve termine di sessanta giorni di cui
all'art. 20, L. 1089 del 1939, e pertanto, ben poteva usufruire della deroga al
procedimento generale derivante "da particolari esigenze di
celerità", di cui all'art. 7, L. 241 del 1990. (T.A.R. Toscana sez. III,
13 settembre 2000, n. 1923).
5.2.2.
La sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione.
L’art.
160, D.L. 42/2004, disciplina il procedimento sanzionatorio di competenza del
Ministero per i beni e le attività culturali.
La
giurisprudenza ha affermato anche per tale provvedimento l'obbligo di
motivazione.
La
sanzione pecuniaria ha valenza residuale ed è applicabile solo quando la
riduzione in pristino non sia tecnicamente possibile. (T.A.R. Abruzzo, sez.
Pescara, 12 febbraio 2000, n. 97, in Foro amm., 2000, 2845).
All’affermazione
della necessità di scegliere la sanzione della demolizione, invece di quella
pecuniaria, quando sia accertato che con la demolizione si può realizzare la
riduzione in pristino, fa, infatti, riscontro l’affermazione che l’alternativa
tra demolizione e risarcimento è affidata ad un apprezzamento discrezionale
della pubblica amministrazione (Cons. Stato, sez. IV, 25 settembre 1968, n.
515, in Riv. giur. ed., 1968, 1492).
La
controversia rivolta a contestare la validità ed efficacia del provvedimento
applicativo di detta sanzione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo,
in quanto si ricollega a posizioni di interesse legittimo. (Cass. civ., sez.
un., 4 aprile 2000, n. 94, in Foro it. 2000, I, 1120).
La
sanzione pecuniaria, irrogata dall'amministrazione al proprietario di un
immobile di interesse artistico e storico per l'esecuzione di opere
pregiudizievoli per il bene, ha carattere alternativo rispetto a misure di tipo
ripristinatorio e rientra, pertanto, nell'area dei poteri autoritativi
dell'amministrazione medesima a tutela diretta di interessi pubblici.
Ne deriva
che la controversia, volta a contestare la validità ed efficacia del
provvedimento applicativo di detta sanzione, ancorché insorga in via di
opposizione ad ingiunzione resa a norma del R.D. 639 del 1910, è devoluta alla
giurisdizione del giudice amministrativo in quanto si ricollega a posizioni di
interesse legittimo. (Cass. civ., sez. un., 17 febbraio 1995, n. 1714, in Giust.
civ., 1995, I, 1491).
La
sanzione pecuniaria è determinata direttamente dal Ministero che stabilisce una
somma pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subita dal
bene a seguito della trasgressione. (T.A.R. Toscana sez. I, 18 marzo 1999, n.
220, in Foro amm., 2000, 178).
La
determinazione può non essere accettata e può, pertanto, essere richiesta la
costituzione di un’apposita commissione che accerti il valore della cosa,
secondo quanto disposto dall’art. 160, c. 5, D. L.vo 42/2004.
L’azione
del Ministero non è soggetta ad alcun termine di prescrizione. (Cons. Stato,
sez. IV, 6 maggio 1975, n. 482, in Foro amm., 1975, I, 628).
5.2.3.
Il provvedimento di riduzione in pristino.
Il
provvedimento di riconduzione in pristino deve essere preso dal Ministero.
Nel
caso di opere ritenute difformi dalle prescrizioni dell'autorità preposta alla
salvaguardia dei beni oggetto della tutela, l'art. 160, D.L.vo 42/2004, impone
il ripristino dello stato originario del bene, con l'esecuzione dei lavori
ritenuti necessari per riparare ai danni prodotti alla cosa. Rispetto al fine
primario di conferire al bene l'assetto precedente perché più idoneo alla
salvaguardia del suo valore artistico e architettonico, la sanzione pecuniaria,
pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subita a seguito
della trasgressione ha valenza residuale ed è applicabile solo quando la
riduzione in pristino della cosa non sia possibile. (Cons. Stato, sez. IV, 18
maggio 1998, n. 818, in App. urb. Ed., 1999, 415).
La
giurisprudenza interpreta restrittivamente la facoltà del Ministero, ritenendo
piuttosto che si tratti di un obbligo ad adottare le misure repressive:” Nel
caso di opere che abbiano recato danno al patrimonio storico-artistico
l'amministrazione è vincolata ad emanare provvedimenti di riduzione in pristino
mediante demolizione dei manufatti abusivi, con esclusione di valutazioni
discrezionali conservative, ancorché tali opere concernano beni sottoposti a
vincolo indiretto, senza che sul dovere di disporre la riduzione in pristino
incida il lungo tempo trascorso dal compimento della violazione edilizia”.
(Cons. Stato, sez. VI, 25 settembre 1995, n. 965, in Foro amm., 1995,
1922).
5.2.4.
Il potere sostitutivo del Ministro per i beni e le attività culturali.
Le
sanzioni amministrative sono rivolte a colpire l’attività di demolizione o
modifica degli immobili di interesse artistico e storico realizzate in carenza
di autorizzazione del Ministro per i beni e le attività culturali.
L’art.
32, D.L.vo 42/2004, prevede un potere sostitutivo dello stesso ministero che ha
la facoltà di provvedere direttamente alle opere necessarie per assicurare la
conservazione ed impedire il deterioramento di tali beni.
Le
modalità procedurali e finanziarie dell’intervento sostitutivo sono precisate
dall’art. 35, D.L.vo 42/2004.
L’attuale
stato di particolare degrado del patrimonio pubblico, che si manifesta nei
crolli di insigni monumenti, come la cattedrale di Noto, e, soprattutto, nella
carenza di una autorità che vigili su lavori di restauro che si annunciano
interminabili, pone l’esigenza di rendere attuale l’esercizio di tale potere
soprattutto al fine di provvedere urgentemente nel caso di pericoli di crollo
dei nostri monumenti.
La
giurisprudenza limita la responsabilità dell’amministrazione statale,
intervenuta in sostituzione dell’ente locale, per la manutenzione di un'opera
pubblica, qualora l'interruzione sia stata determinata da sopravvenuta mancanza
di fondi.
La
responsabilità dell’amministrazione procedente verso l'ente proprietario dell'immobile,
per i danni conseguenti alla mancata conclusione del restauro, richiede che vi
sia stata colpa nella previsione degli indicati interventi, che gli stessi
siano stati programmati in modo insufficiente e che abbiano condotto ad un
peggioramento della preesistente situazione dell'immobile. (Cass. civ., sez. I,
27 marzo 1997, n. 2736, in Giust. civ. Mass. 1997, 479).
L’art.
40, D.L.vo 42/2004, consente l’intervento statale anche per i beni in uso ad
altra amministrazione garantendo il contributo statale.
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