CAPITOLO V
LA TUTELA DAL TRAFFICO.
SOMMARIO: 1. Il piano parcheggi.
1.1. Il vincolo del parcheggio
alla costruzione.
2. I limiti alla circolazione
stradale. Le zone a traffico limitato.
2.1. L’interesse ad impugnare.
3. Il piano del traffico.
4. I limiti al traffico per
evitare l’inquinamento atmosferico.
1. Il piano parcheggi.
Legislazione l. 122/1989,
art. 3 - l. 285/1992, art. 36.
Bibliografia Fiale 1997.
L’esigenza di razionalizzare
l’uso delle autovetture ha portato il legislatore ad emanare delle disposizioni
dirette a promuovere la costituzione di un programma urbano dei parcheggi con
la l. 122/1989 (Fiale A. 1997, 295).
La sottovalutazione
dell’inquinamento portato dall’aumento del traffico veicolare e dalla carenza
di parcheggi ha creato una situazione di contrasto fra l'esigenza di dare
ordine alla circolazione e alla sosta degli autoveicoli e le disposizioni di
piano che non consentono interventi ritenuti adeguati a tal punto da rendere
necessario ricorrere ad un intervento legislativo disposto dalla l. 122/1989
che ha previsto, per risolvere il problema, un piano parcheggi comunale la cui
realizzazione fruisce di contributi finanziari statali.
Le regioni sono obbligate a
redigere un piano per fare fronte al fabbisogno di parcheggi elencando i comuni
obbligati a redigere il relativo programma.
L’intervento statale in detto
campo non è stato ritenuto lesivo delle funzioni regionali dalla Corte
costituzionale.
L'esigenza
indilazionabile di una razionale ed organica programmazione dei parcheggi,
determinata dalla paralisi della circolazione di molte città italiane e dai
danni ai trasporti, alle relazioni commerciali ed alla salute dei cittadini,
impone interventi rapidi ed immediati e giustifica, quindi, un termine breve
per l'espletamento delle relative procedure.
Gli
artt. 3, 2° co., e 6, 4° co., l. 24.3.1989, n. 122, nella parte in cui
assegnano alle regioni i termini di 30 e 60 giorni per l'approvazione dei
programmi comunali dei parcheggi urbani, con formazione di silenzio assenso in
caso di mancata pronuncia nei termini stessi, non sono in contrasto con gli
artt. 3, 9, 97, 117 e 118 cost.
Il
finanziamento delle iniziative per la realizzazione dei parcheggi, previsto
dagli artt. 1, 3 e 4, l. 24.3.1989, n. 122, ha carattere autonomo ed aggiuntivo
rispetto a quelli previsti dalle regioni ed è diretto a far fronte ad
un'esigenza nazionale, determinata dalla paralisi del traffico cittadino e
dalla necessità di tutela di valori economici e sanitari.
I citati articoli
non sono in contrasto con gli artt. 117 e 118 cost. non invadendo, nella
materia, le competenze delle regioni e delle provincie autonome.
(Corte cost., 27.7.1989, n. 459, CS, 1989, II, 1076).
Il programma può contenere
disposizioni in contrasto con quelle contenute dagli strumenti urbanistici.
Esso in tal caso costituisce
variante agli stessi, a norma dell’art. 3, l. 122/1989.
La l. 24.3.1989, n. 122, consente
la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo di edifici preesistenti o nei
locali siti al piano terreno di questi ultimi, anche in deroga allo strumento
urbanistico.
Detti parcheggi possono essere
realizzati esclusivamente in fabbricati già esistenti, ma non anche gli edifici
in costruzione, i quali già ab initio devono esser progettati in
coerenza con tali finalità.
L’art. 9, l. 122/1989, comporta
la deroga dei regolamenti edilizi per la costruzione di parcheggi da
realizzarsi nel sottosuolo ovvero nei locali siti al piano terreno dei
fabbricati. Detti parcheggi sono realizzabili anche nel sottosuolo di aree
pertinenziali esterne al fabbricato (T.A.R. Lazio Latina, 1.9.2004, n. 688, FATAR,
2004, 2594).
I
parcheggi pertinenziali realizzati nel sottosuolo degli immobili e che possono
essere costruiti anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti ai sensi
dell'art. 9, l. n. 122 del 1989, sono solo quelli costruiti totalmente al di
sotto del piano di campagna naturale e non quelli artificialmente interrati per
effetto del riporto di terra.
(T.A.R. Piemonte,
sez. I, 11.3.1999, n. 139, RGE, 1999, I, 562).
1.1. Il vincolo del parcheggio
alla costruzione.
Legislazione l. 122/1989,
art. 9.
La l. 122/1989 aumenta, inoltre,
lo standard relativo alla riserva di parcheggi nelle costruzioni, che è portato
a un metro quadrato ogni dieci metri cubi di costruzione.
La legge afferma il vincolo
pubblicistico, che obbliga il concessionario a destinare degli spazi adibiti a
parcheggi a servizio delle costruzioni.
Essa, nel raddoppiare la
superficie minima obbligatoria da destinarsi ad aree di parcheggio nelle nuove
costruzioni, ai sensi dell’art. 2, l. 122/1989, contempla l'inderogabilità del
vincolo suddetto come connotazione necessaria del rapporto pertinenziale.
Il vincolo comporta la nullità
della vendita di una unità immobiliare che non sia alienata con il parcheggio
che ne costituisce la relativa pertinenza.
Condizione
essenziale, ai fini della fruizione del regime di particolare favore introdotto
dall'art. 9, l. 24.3.1989, n. 122, è la costituzione del vincolo
"pertinenziale", che, secondo la norma, deve essere immediata, come
confermato dal successivo comma 5, il quale prevede e che i parcheggi in parola
non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono
legati dal vincolo pertinenziale ed aggiunge, poi, che i relativi atti di
cessione sono nulli.
L'art. 9, l.
24.3.1989, n. 122 trova applicazione soltanto nelle ipotesi di creazione di
parcheggi a favore di patrimonio edilizio già esistente e che ne è carente, ma
non può trovare applicazione con riferimento alle ipotesi inerenti la
realizzazione di garage contestualmente alla edificazione di nuovi
fabbricati.
(T.A.R. Sicilia,
sez. II, Catania, 30.10.1997, n. 2152).
Vigono le norme generali di
rispetto delle previsioni urbanistiche nelle ipotesi normali di realizzazione
di parcheggi.
Qualora
il parcheggio da realizzare non rientri in alcuna delle previsioni, ex art. 9,
l. 24.3.1989, n. 122, tale intervento, pur costituendo in sé una sistemazione
viaria, non può esser realizzato in deroga allo strumento urbanistico e deve
perciò rispettarne la destinazione di zona.
Nella
specie, l'area è destinata a verde privato, ove le sistemazioni viarie sono sì
consentite, ma solo nel limite di 0, 01 mc. mq.
(Cons. Stato,
sez. V, 5.11.1999, n. 1835, FA, 1999, 2446).
La
realizzazione d'un parcheggio, che implichi la radicale trasformazione di
un'area a verde privato con l'inserzione di strutture murarie e di
pavimentazione, costituisce un intervento non meramente manutentivo o
ristrutturativo e, come tale - oltre ad essere soggetto a permesso di costruire
-, è altresì necessariamente sottoposto al nulla - osta ambientale, qualora
l'area de qua sia sottoposta al relativo vincolo (Cons. St., sez. V,
5.11.1999, n. 1835, FA, 1999, 2446).
2. I limiti alla circolazione
stradale. Le zone a traffico limitato.
Legislazione cost., art. 16
- l. 122/1989, art. 13 - l. 285/1992, art. 7.
Bibliografia Narducci 2006.
I comuni con deliberazione della
giunta possono delimitare le aree pedonali che sono zone interdette alla circolazione
dei veicoli, salvo i servizi di emergenza e le zone a traffico limitato in cui
l’accesso è circoscritto a particolari categorie di veicoli debitamente
autorizzati, ex
dell'art. 13, l. 24.3.1989, n. 122
(Narducci R. 2006, 2006).
L'istituzione di una Zona a
traffico limitato, ai sensi dell'art. 36, 9° co., del d.lg. 30.4.1992, n. 285,
presuppone una recente deliberazione della giunta, che, motivatamente, tenga
conto degli effetti del traffico sulla sicurezza della circolazione, sulla
salute, sull'ordine pubblico, sul patrimonio ambientale e culturale e sul
territorio. (T.A.R. Sicilia Catania, sez. II,
24.3.2005, n. 484,
FATAR, 2005, f. 3, 882).
Non è consentito prevedere
l’istituzione di una Zona a traffico limitato con l’emanazione di una ordinanza
sindacale.
La giurisprudenza ha ripartito le
competenze in materia fra Consiglio cui spetta la tariffazione all'interno
delle zone alla Giunta di procedere all'istituzione ed all'individuazione delle
Zone a Traffico limitato.
Ai sensi
dell'art. 7, 9° co., d.lg. 30.4.1992, n. 285, spetta alla Giunta di procedere
all'istituzione ed all'individuazione della Zpru, nonché delle Zone a Traffico
limitato, riservando al sindaco tale competenza laddove sussistano ragioni di
urgenza; sindaco che ben può provvedere autonomamente, anche modificando od
integrando le precedenti deliberazioni della Giunta. Di contro, spetta
all'organo consiliare l'approvazione del sistema di tariffazione all'interno
delle zone Ztl, dovendosi intendere il generico richiamo nella norma ai
"Comuni" come richiamo all'organo consiliare ai sensi dell'art. 42
comma 2 lett. f), d.lg. 18.8.2000, n. 267, che espressamente riserva
all'assemblea "la disciplina generale delle tariffe per la fruizione di
beni e servizi".
Al sindaco è riservata la competenza
in materia di traffico solo ove sussistano ragioni di urgenza. Detto potere è
espressivo di un generale potere di autotutela possessoria iure pubblico
finalizzato all'immediato ripristino dello stato di fatto preesistente, in modo
da reintegrare la collettività nel godimento del bene, quando si tratti di
contravvenzioni relative ad opere pubbliche dei comuni.
Ai sensi
dell'art. 378, 2° co., l. n. 2248 del 1865, all. F, ben può il sindaco, nelle
ipotesi di turbative che impediscono o rendono disagevole il normale godimento
del bene pubblico appartenente al comune, esercitare un potere di ordinanza.
Pertanto, è legittima l'ordinanza sindacale di rimozione dei materiali ostativi
al libero transito delle persone e dei veicoli collocati su suolo pubblico
(nella specie, su strade vicinali e su strade in zone agricole e a traffico
limitato), e di ripristino dello stato dei luoghi.
La Corte costituzionale ha riconosciuto al potere regionale la capacità di disporre la limitazione alla circolazione.
E' infondata la
questione di legittimità costituzionale della l. reg. Valle d'Aosta riapprovata
il 23.11.1995 - Istituzione di tariffa d'uso su strade di competenza comunale e
regionale interessate da elevata congestione di traffico veicolare - sollevata
per una presunta violazione degli artt. 16, 3, 41 e 120 cost.
La legge, in
realtà, non può dirsi lesiva dell'art. 16, cost., perché il rapporto tra il
diritto alla libertà di movimento ed i limiti all'esercizio dello stesso va
riguardato anche alla luce del criterio generale della ragionevolezza, ossia
sotto il profilo del giusto rapporto dell'atto allo scopo.
La Corte ha più
volte affermato che l'art. 16 non preclude al legislatore la possibilità di
adottare, per ragioni di pubblico interesse, misure che influiscano sul
movimento della popolazione (sent. 51/1991, 12/1965, 64/1963).
Ciò che rileva è
che i limiti devono essere in ogni caso concretamente riscontrati e valutati in
base alle diverse situazioni offerte dalla realtà. La legge impugnata,
indicando espressamente le finalità giustificative dei limiti imposti alla
circolazione, mediante provvedimenti non irragionevoli e temporanei, non viola
nemmeno l'art. 120, cost., né gli artt. 3 e 41, cost. perché le previste
esenzioni dalla tariffa, delle quali sono destinatari gli operatori economici
della zona servita dalla strada, i loro fornitori e dipendenti e i turisti che
pernottano nelle strutture della zona stessa, non è irrazionale, né menoma il
diritto di iniziativa economica.
(Corte cost.,
19.7.1996, n. 264, Re, 1996, 1185).
La l. 24.3.1989, n. 122, al fine
di eliminare gli inconvenienti causati dall'eccessivo afflusso di autoveicoli
nei centri urbani, nel consentire ai comuni di istituire zone a traffico
limitato, non pone regole tassative che vincolano in modo assoluto l'amministrazione.
E' legittima
l'istituzione da parte dell'amministrazione comunale, ai sensi dell'art. 13, l.
24.3.1989, n. 122, di una zona a traffico limitato prospiciente il Palazzo di
giustizia, sede della Corte Suprema di Cassazione, al fine di tutelare la
sicurezza nell'esercizio dell'amministrazione della giustizia e assicurare la
protezione di cose e persone ivi presenti od operanti.
Dal momento che
sia l'istituzione della zona a traffico limitato che la riserva della
carreggiata interna delle vie Ulpiano e Triboniano alla sosta ed al parcheggio
per determinati utenti trovano ragion d'essere nelle esigenze inerenti la
prevenzione da attentati ed a garanzia dell'incolumità del personale
appartenente alla Corte di cassazione, è da ritenere competente il ministero di
grazia e giustizia al rilascio di siffatti permessi.
(T.A.R. Lazio,
sez. II, 27.1.1992, n. 210, T.A.R., 1992, I, 488).
I provvedimenti comunali sono
censurabili, sotto il profilo della logicità e congruenza delle scelte compiute
dalle amministrazioni, in rapporto ai fini di limitazione del traffico
veicolare che la legge impone di raggiungere.
I
provvedimenti che istituiscono zone a traffico limitato hanno carattere
discrezionale e sono sindacabili in sede di legittimità sotto il profilo della
ragionevolezza delle scelte in rapporto alle finalità perseguite dalla legge,
con riferimento sia alla estensione della zona, sia alla durata oraria dei
divieti, sia all'esclusione dai medesimi di talune categorie di utenti o di
veicoli.
(Cons. Stato, A.
P., 6.2.1993, n. 3, GC,
1993, I, 1675).
Nell’escludere l’accesso in zone
a traffico limitato a chi risiede e dispone di parcheggio privato deve essere
data particolare motivazione censurabile preso al giustizia amministrativa.
E' illegittimo il
provvedimento con cui il comune impone il divieto di transito permanente e
generalizzato su di una strada, per limitare il volume del traffico a tutela
della viabilità e della salute ambientale, nella parte in cui non esonera da
tale divieto chi risiede, o ha la sede della propria attività professionale
nella zona, e dispone di un parcheggio privato all'interno del tratto
interdetto, senza indicare le ragioni per le quali gli interessi pubblici
perseguiti debbano anche in tali casi prevalere sugli interessi privati così
sacrificati.
(T.A.R. Toscana,
9.5.1988, n. 593, FI, 1990, III, 102).
L’autorizzazione
ad accedere alle zone a traffico limitato è rilasciata dal comune.
Tale
disposizione costituisce deroga al generale divieto di accesso al centro storico,
che sacrifica il diritto del cittadino a circolare liberamente anche con
veicoli privati.
L’autorizzazione
può essere legittimamente accordata ai sensi dell'art. 4, 4° co., d.p.r.
15.6.1959, n. 393, nonché dell'art. 7, 4°, d.l. 30.4.1992, n. 285, in presenza
di particolari accertate necessità secondo criteri generali previamente
individuati dall'amministrazione.
2.1. L’interesse ad impugnare.
Legislazione dir. m.
7.7.1998, art. 1.
Bibliografia Narducci 2006.
La giurisprudenza riconosce
l’interesse ad impugnare i provvedimenti di limitazione della circolazione ai
soli proprietari degli immobili siti nelle vie circostanti.
Deve riconoscersi
la titolarità di interesse a ricorrere ai soggetti proprietari di immobili
prospicienti su un'area pubblica - Parco Sempione a Milano - in relazione ad
interventi di sistemazione che portino alla chiusura di tale zona al traffico
veicolare.
Tali
soggetti sono portatori di una posizione qualificata in relazione a questo
profilo, mentre deve escludersi che essi abbiano un interesse qualificato in
relazione a provvedimenti con i quali viene disposta la sistemazione di tale
area sotto il profilo dell'arredo urbano e del verde.
(T.A.R.
Lombardia, sez. I, Milano, 28.10.1998, n. 2452, UA, 1999, 881).
I residenti hanno, in
particolare, l’interesse di sindacare i provvedimenti di diniego di
autorizzazione all’accesso.
Qualora
l'amministrazione comunale istituisca delle zone a traffico limitato,
prevedendo la possibilità di concedere permessi perpetui di accesso e sosta,
tali permessi vanno concessi con preferenza assoluta ai soggetti residenti
nelle zone a traffico limitato. È pertanto illegittimo il provvedimento
amministrativo che neghi tale autorizzazione ai residenti, ove essa sia già
stata concessa a categorie di non residenti.
(Pret. Ferrara,
15.3.1997, RGCT, 1997, 1038 nota Molfese).
E’ stata escluso l’interesse
all’impugnativa negli esercenti delle attività commerciali poste nelle zone
oggetto di limitazioni poiché l’avviamento commerciale non è condizionato solo
dalla disciplina del traffico.
Gli esercenti
attività di imprese commerciali, artigiane o professionali nella zona centrale
della città non hanno interesse all'impugnazione del piano del traffico nella
parte in cui consente l'afflusso al centro, di fatto, ai soli utenti del
servizio pubblico, in quanto la disciplina del traffico, riguardando solo le
modalità di accesso della clientela all'esercizio commerciale, è inidonea ad
incidere globalmente sui coefficienti determinanti l'avviamento commerciale di
ogni e qualsiasi impresa, stante la molteplicità dei fattori determinanti, in
relazione alla diversità delle strutture commerciali e delle caratterizzazioni
merceologiche, il volume e la qualità della clientela.
(T.A.R. Toscana,
sez. I, 3.7.1990, n. 546, T.A.R., 1990, I, 3187).
3. Il piano del traffico.
Legislazione l. 122/1989,
art. 3 - l. 285/1992, art. 36.
Bibliografia Narducci 2006.
Il piano del traffico è previsto
dall'art. 36 del nuovo codice della strada, che fa obbligo della redazione del
piano ai comuni con popolazione residente superiore a 30.000 abitanti ovvero,
comunque, interessati da rilevanti problematiche in tema di circolazione
stradale (Narducci R. 2006, 2007).
Il piano urbano del traffico
veicolare è finalizzato ad ottenere il miglioramento delle condizioni di
circolazione e della sicurezza stradale, la riduzione dell’inquinamento
acustico e di quello atmosferico ed il risparmio energetico, in accordo con gli
strumenti urbanistici vigenti e nel rispetto dei valori ambientali, stabilendo
le priorità e i tempi di attuazione degli interventi.
Il piano urbano del traffico
veicolare prevede il ricorso ad adeguati sistemi tecnologici, su base
informatica, di regolamentazione e controllo del traffico nonché di verifica
del rallentamento della velocità e di dissuasione della sosta, al fine anche di
consentire modifiche ai flussi della circolazione stradale che si rendano
necessarie in relazione agli obiettivi da perseguire, ex art. 36, 4°, 5° co.,
l. 285/1992.
Successivamente, il 12.4.1995,
sono state emanate dal Ministero del trasporti le direttive per la redazione,
l’adozione e l’attuazione del piano urbano del traffico.
L'art.
7, 9° co., d.lg. n. 285 del 1992, nel prevedere l'istituzione di pedaggi di
accesso alle zone a traffico limitato, demanda all'Ispettorato generale per la
circolazione e la sicurezza stradale l'emanazione di direttive per la
determinazione delle tipologie dei comuni ammessi ad avvalersi di tale facoltà,
nonché delle modalità di riscossione e delle categorie dei veicoli esentati;
tali direttive sono contenute nella circolare ministeriale n. 3816 del 21
luglio 1997, con la quale è previsto che la tariffazione degli accessi non può
essere considerata come una misura a se stante ma deve essere studiata ed
attuata nell'ambito delle strategie generali di intervento del Piano urbano del
traffico; sulla base di questo principio, è prescritto che: l'introduzione di
tale misura presuppone che essa sia prevista all'interno del Put adottato ai
sensi dell'art. 36 del codice della strada e sia considerata come
effettivamente necessaria per il raggiungimento degli obiettivi del Put, sulla
base di una verifica documentata in uno specifico paragrafo della relazione
tecnica di accompagnamento al Put.
In mancanza del
Put, l'adozione della tariffazione degli
accessi è
ammessa unicamente in via temporanea e sperimentale, a condizione che in
un'apposita relazione tecnica di accompagnamento siano precisati gli obiettivi
ed i criteri di verifica del progetto.
Caso
del Comune di Bacoli, dotato di Put, ma dove non risulta che tale strumento
pianificatorio preveda la tariffazione degli accessi nell'area in questione, né
tanto meno risulta che la misura abbia formato oggetto di apposite elaborazioni
progettuali e delle relative verifiche.
Il piano urbano del traffico non
è uno strumento urbanistico attuativo; esso non ha poteri conformativi sui
diritti soggettivi degli utenti, poiché, evidentemente, si ritiene che esso
abbia natura programmatica finalizzata al miglioramento della circolazione e
della sicurezza stradale.
Tale impostazione, però, appare contraddetta dalle dir. 12.4.1995 che al par. 4 prevedono l’articolazione del piano generale urbano del traffico attraverso piani particolareggiati e piani esecutivi, che definiscono completamente gli interventi proposti.
Tale impostazione, però, appare contraddetta dalle dir. 12.4.1995 che al par. 4 prevedono l’articolazione del piano generale urbano del traffico attraverso piani particolareggiati e piani esecutivi, che definiscono completamente gli interventi proposti.
Il piano, in ogni caso, deve
rispettare le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti; esso non può
stabilire un mutamento della destinazione di aree prevista dal piano
regolatore, al fine di aumentare o ridurre la circolazione.
4. I limiti al traffico per
evitare l’inquinamento atmosferico.
Legislazione d.lg. 351/1999,
artt. 4, 7.
Bibliografia Dell’Anno 2000.
Il d.lg. 351/1999 è l’ultima
disposizione in materia che affida al Ministro dell'ambiente, di concerto con
il Ministro della sanità, sentita la Conferenza unificata istituita ai sensi
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il compito di definire i valori
limite e le soglie d'allarme per gli inquinanti elencati nell'allegato, art. 4.
Il provvedimento supera le
censure di costituzionalità sollevate in merito ai decreti ministeriali che
predisponevano direttive vincolanti, limitando le competenze regionali
(Dell’Anno 2000, 433).
L'atto
con cui sono dettati criteri generali per la prevenzione dall'inquinamento
atmosferico nelle grandi zone urbane in quanto espressione della funzione
governativa di indirizzo e coordinamento, deve essere adottato con
deliberazione del consiglio dei ministri e non con decreto ministeriale.
Non spetta allo
Stato fissare, con decreto del ministro dell'ambiente, criteri generali per la
prevenzione dell'inquinamento atmosferico nelle grandi zone urbane e
disposizioni per il miglioramento della qualità dell'aria che, quando adottati
senza la forma della deliberazione del consiglio dei ministri, assumono valore
invasivo delle competenze regionali in materia.
(Corte cost.,
31.3.1994, n. 113, FI, 1994, I, 1309).
Nel caso di superamento di tali
valori le regioni provvedono, sulla base di una valutazione preliminare, ad
individuare le zone del proprio territorio nelle quali i livelli di uno o più
inquinanti comportano il rischio di superamento dei valori limite e delle
soglie di allarme e individuano l'autorità competente alla gestione di tali
situazioni di rischio.
Nelle zone così determinate le
regioni definiscono i piani d'azione contenenti le misure da attuare nel breve
periodo, affinché sia ridotto il rischio di superamento dei valori limite e
delle soglie di allarme.
I piani devono, a seconda dei
casi, prevedere misure di controllo e, se necessario, di sospensione delle
attività, ivi compreso il traffico veicolare, che contribuiscono al superamento
dei valori limite e delle soglie di allarme, art. 7, d.lg. 351/1999.
I limiti di traffico possono
essere messi in relazione al contenimento delle immissioni inquinanti provocate
dagli stessi veicoli, su tali provvedimenti vigila il giudice amministrativo.
E' nulla per
eccesso di potere l'ordinanza sindacale che disponga la limitazione
dell'ingresso con veicoli nel centro storico cittadino per ragioni di
prevenzione dall'inquinamento, nella parte in cui non preveda un idoneo sistema
di deroghe rivolto a tutelare le esigenze di chi svolga la propria attività
lavorativa all'interno delle zone a traffico limitato.
Nella specie,
l'ordinanza sindacale non prevedeva deroghe idonee a garantire l'accesso alla
zona vietata ai clienti di un gommista per autoveicoli che svolgeva la propria
attività all'interno del centro storico cittadino.
(Cons. Stato,
sez. V, 3.5.1995, n. 673, AGCSS, 1995, 1179).
Il sistema è stato
successivamente completato dalle norme contenute dall’art. 1, dir. m. 7.7.1998
che disciplina le modalità di controllo dei gas di scarico dei veicoli - il
cosiddetto bollino blu - ai sensi dell'art. 7 del nuovo codice della strada
(Narducci R. 2006, 2008).
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