giovedì 4 ottobre 2012

Tutela Ambiente. 5. TUTELA DAL TRAFFICO.


CAPITOLO V
LA TUTELA DAL TRAFFICO.

SOMMARIO: 1. Il piano parcheggi.
1.1. Il vincolo del parcheggio alla costruzione.
2. I limiti alla circolazione stradale. Le zone a traffico limitato.
2.1. L’interesse ad impugnare.
3. Il piano del traffico.
4. I limiti al traffico per evitare l’inquinamento atmosferico.

1. Il piano parcheggi.

Legislazione l. 122/1989, art. 3 - l. 285/1992, art. 36.
Bibliografia Fiale 1997.

L’esigenza di razionalizzare l’uso delle autovetture ha portato il legislatore ad emanare delle disposizioni dirette a promuovere la costituzione di un programma urbano dei parcheggi con la l. 122/1989 (Fiale A. 1997, 295).
La sottovalutazione dell’inquinamento portato dall’aumento del traffico veicolare e dalla carenza di parcheggi ha creato una situazione di contrasto fra l'esigenza di dare ordine alla circolazione e alla sosta degli autoveicoli e le disposizioni di piano che non consentono interventi ritenuti adeguati a tal punto da rendere necessario ricorrere ad un intervento legislativo disposto dalla l. 122/1989 che ha previsto, per risolvere il problema, un piano parcheggi comunale la cui realizzazione fruisce di contributi finanziari statali.
Le regioni sono obbligate a redigere un piano per fare fronte al fabbisogno di parcheggi elencando i comuni obbligati a redigere il relativo programma.
L’intervento statale in detto campo non è stato ritenuto lesivo delle funzioni regionali dalla Corte costituzionale.

L'esigenza indilazionabile di una razionale ed organica programmazione dei parcheggi, determinata dalla paralisi della circolazione di molte città italiane e dai danni ai trasporti, alle relazioni commerciali ed alla salute dei cittadini, impone interventi rapidi ed immediati e giustifica, quindi, un termine breve per l'espletamento delle relative procedure.
Gli artt. 3, 2° co., e 6, 4° co., l. 24.3.1989, n. 122, nella parte in cui assegnano alle regioni i termini di 30 e 60 giorni per l'approvazione dei programmi comunali dei parcheggi urbani, con formazione di silenzio assenso in caso di mancata pronuncia nei termini stessi, non sono in contrasto con gli artt. 3, 9, 97, 117 e 118 cost.
Il finanziamento delle iniziative per la realizzazione dei parcheggi, previsto dagli artt. 1, 3 e 4, l. 24.3.1989, n. 122, ha carattere autonomo ed aggiuntivo rispetto a quelli previsti dalle regioni ed è diretto a far fronte ad un'esigenza nazionale, determinata dalla paralisi del traffico cittadino e dalla necessità di tutela di valori economici e sanitari.
I citati articoli non sono in contrasto con gli artt. 117 e 118 cost. non invadendo, nella materia, le competenze delle regioni e delle provincie autonome.
(Corte cost., 27.7.1989, n. 459, CS, 1989, II, 1076).

Il programma può contenere disposizioni in contrasto con quelle contenute dagli strumenti urbanistici.
Esso in tal caso costituisce variante agli stessi, a norma dell’art. 3, l. 122/1989.
La l. 24.3.1989, n. 122, consente la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo di edifici preesistenti o nei locali siti al piano terreno di questi ultimi, anche in deroga allo strumento urbanistico.
Detti parcheggi possono essere realizzati esclusivamente in fabbricati già esistenti, ma non anche gli edifici in costruzione, i quali già ab initio devono esser progettati in coerenza con tali finalità.
L’art. 9, l. 122/1989, comporta la deroga dei regolamenti edilizi per la costruzione di parcheggi da realizzarsi nel sottosuolo ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati. Detti parcheggi sono realizzabili anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato (T.A.R. Lazio Latina, 1.9.2004, n. 688, FATAR, 2004, 2594).

I parcheggi pertinenziali realizzati nel sottosuolo degli immobili e che possono essere costruiti anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti ai sensi dell'art. 9, l. n. 122 del 1989, sono solo quelli costruiti totalmente al di sotto del piano di campagna naturale e non quelli artificialmente interrati per effetto del riporto di terra.
(T.A.R. Piemonte, sez. I, 11.3.1999, n. 139, RGE, 1999, I, 562).

1.1. Il vincolo del parcheggio alla costruzione.

Legislazione l. 122/1989, art. 9.

La l. 122/1989 aumenta, inoltre, lo standard relativo alla riserva di parcheggi nelle costruzioni, che è portato a un metro quadrato ogni dieci metri cubi di costruzione.
La legge afferma il vincolo pubblicistico, che obbliga il concessionario a destinare degli spazi adibiti a parcheggi a servizio delle costruzioni.
Essa, nel raddoppiare la superficie minima obbligatoria da destinarsi ad aree di parcheggio nelle nuove costruzioni, ai sensi dell’art. 2, l. 122/1989, contempla l'inderogabilità del vincolo suddetto come connotazione necessaria del rapporto pertinenziale.
Il vincolo comporta la nullità della vendita di una unità immobiliare che non sia alienata con il parcheggio che ne costituisce la relativa pertinenza.

Condizione essenziale, ai fini della fruizione del regime di particolare favore introdotto dall'art. 9, l. 24.3.1989, n. 122, è la costituzione del vincolo "pertinenziale", che, secondo la norma, deve essere immediata, come confermato dal successivo comma 5, il quale prevede e che i parcheggi in parola non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati dal vincolo pertinenziale ed aggiunge, poi, che i relativi atti di cessione sono nulli.
L'art. 9, l. 24.3.1989, n. 122 trova applicazione soltanto nelle ipotesi di creazione di parcheggi a favore di patrimonio edilizio già esistente e che ne è carente, ma non può trovare applicazione con riferimento alle ipotesi inerenti la realizzazione di garage contestualmente alla edificazione di nuovi fabbricati.
(T.A.R. Sicilia, sez. II, Catania, 30.10.1997, n. 2152).

Vigono le norme generali di rispetto delle previsioni urbanistiche nelle ipotesi normali di realizzazione di parcheggi.

Qualora il parcheggio da realizzare non rientri in alcuna delle previsioni, ex art. 9, l. 24.3.1989, n. 122, tale intervento, pur costituendo in sé una sistemazione viaria, non può esser realizzato in deroga allo strumento urbanistico e deve perciò rispettarne la destinazione di zona.
Nella specie, l'area è destinata a verde privato, ove le sistemazioni viarie sono sì consentite, ma solo nel limite di 0, 01 mc. mq.
(Cons. Stato, sez. V, 5.11.1999, n. 1835, FA, 1999, 2446).

La realizzazione d'un parcheggio, che implichi la radicale trasformazione di un'area a verde privato con l'inserzione di strutture murarie e di pavimentazione, costituisce un intervento non meramente manutentivo o ristrutturativo e, come tale - oltre ad essere soggetto a permesso di costruire -, è altresì necessariamente sottoposto al nulla - osta ambientale, qualora l'area de qua sia sottoposta al relativo vincolo (Cons. St., sez. V, 5.11.1999, n. 1835, FA, 1999, 2446).

2. I limiti alla circolazione stradale. Le zone a traffico limitato.

Legislazione cost., art. 16 - l. 122/1989, art. 13 - l. 285/1992, art. 7.
Bibliografia Narducci 2006.

I comuni con deliberazione della giunta possono delimitare le aree pedonali che sono zone interdette alla circolazione dei veicoli, salvo i servizi di emergenza e le zone a traffico limitato in cui l’accesso è circoscritto a particolari categorie di veicoli debitamente autorizzati, ex dell'art. 13, l. 24.3.1989, n. 122 (Narducci R. 2006, 2006).
L'istituzione di una Zona a traffico limitato, ai sensi dell'art. 36, 9° co., del d.lg. 30.4.1992, n. 285, presuppone una recente deliberazione della giunta, che, motivatamente, tenga conto degli effetti del traffico sulla sicurezza della circolazione, sulla salute, sull'ordine pubblico, sul patrimonio ambientale e culturale e sul territorio. (T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 24.3.2005, n. 484, FATAR, 2005, f. 3, 882).
Non è consentito prevedere l’istituzione di una Zona a traffico limitato con l’emanazione di una ordinanza sindacale.
La giurisprudenza ha ripartito le competenze in materia fra Consiglio cui spetta la tariffazione all'interno delle zone alla Giunta di procedere all'istituzione ed all'individuazione delle Zone a Traffico limitato.

Ai sensi dell'art. 7, 9° co., d.lg. 30.4.1992, n. 285, spetta alla Giunta di procedere all'istituzione ed all'individuazione della Zpru, nonché delle Zone a Traffico limitato, riservando al sindaco tale competenza laddove sussistano ragioni di urgenza; sindaco che ben può provvedere autonomamente, anche modificando od integrando le precedenti deliberazioni della Giunta. Di contro, spetta all'organo consiliare l'approvazione del sistema di tariffazione all'interno delle zone Ztl, dovendosi intendere il generico richiamo nella norma ai "Comuni" come richiamo all'organo consiliare ai sensi dell'art. 42 comma 2 lett. f), d.lg. 18.8.2000, n. 267, che espressamente riserva all'assemblea "la disciplina generale delle tariffe per la fruizione di beni e servizi".

Al sindaco è riservata la competenza in materia di traffico solo ove sussistano ragioni di urgenza. Detto potere è espressivo di un generale potere di autotutela possessoria iure pubblico finalizzato all'immediato ripristino dello stato di fatto preesistente, in modo da reintegrare la collettività nel godimento del bene, quando si tratti di contravvenzioni relative ad opere pubbliche dei comuni.

Ai sensi dell'art. 378, 2° co., l. n. 2248 del 1865, all. F, ben può il sindaco, nelle ipotesi di turbative che impediscono o rendono disagevole il normale godimento del bene pubblico appartenente al comune, esercitare un potere di ordinanza. Pertanto, è legittima l'ordinanza sindacale di rimozione dei materiali ostativi al libero transito delle persone e dei veicoli collocati su suolo pubblico (nella specie, su strade vicinali e su strade in zone agricole e a traffico limitato), e di ripristino dello stato dei luoghi.

La Corte costituzionale ha riconosciuto al potere regionale la capacità di disporre la limitazione alla circolazione.

E' infondata la questione di legittimità costituzionale della l. reg. Valle d'Aosta riapprovata il 23.11.1995 - Istituzione di tariffa d'uso su strade di competenza comunale e regionale interessate da elevata congestione di traffico veicolare - sollevata per una presunta violazione degli artt. 16, 3, 41 e 120 cost.
La legge, in realtà, non può dirsi lesiva dell'art. 16, cost., perché il rapporto tra il diritto alla libertà di movimento ed i limiti all'esercizio dello stesso va riguardato anche alla luce del criterio generale della ragionevolezza, ossia sotto il profilo del giusto rapporto dell'atto allo scopo.
La Corte ha più volte affermato che l'art. 16 non preclude al legislatore la possibilità di adottare, per ragioni di pubblico interesse, misure che influiscano sul movimento della popolazione (sent. 51/1991, 12/1965, 64/1963).
Ciò che rileva è che i limiti devono essere in ogni caso concretamente riscontrati e valutati in base alle diverse situazioni offerte dalla realtà. La legge impugnata, indicando espressamente le finalità giustificative dei limiti imposti alla circolazione, mediante provvedimenti non irragionevoli e temporanei, non viola nemmeno l'art. 120, cost., né gli artt. 3 e 41, cost. perché le previste esenzioni dalla tariffa, delle quali sono destinatari gli operatori economici della zona servita dalla strada, i loro fornitori e dipendenti e i turisti che pernottano nelle strutture della zona stessa, non è irrazionale, né menoma il diritto di iniziativa economica.
(Corte cost., 19.7.1996, n. 264, Re, 1996, 1185).

La l. 24.3.1989, n. 122, al fine di eliminare gli inconvenienti causati dall'eccessivo afflusso di autoveicoli nei centri urbani, nel consentire ai comuni di istituire zone a traffico limitato, non pone regole tassative che vincolano in modo assoluto l'amministrazione.
E' legittima l'istituzione da parte dell'amministrazione comunale, ai sensi dell'art. 13, l. 24.3.1989, n. 122, di una zona a traffico limitato prospiciente il Palazzo di giustizia, sede della Corte Suprema di Cassazione, al fine di tutelare la sicurezza nell'esercizio dell'amministrazione della giustizia e assicurare la protezione di cose e persone ivi presenti od operanti.
Dal momento che sia l'istituzione della zona a traffico limitato che la riserva della carreggiata interna delle vie Ulpiano e Triboniano alla sosta ed al parcheggio per determinati utenti trovano ragion d'essere nelle esigenze inerenti la prevenzione da attentati ed a garanzia dell'incolumità del personale appartenente alla Corte di cassazione, è da ritenere competente il ministero di grazia e giustizia al rilascio di siffatti permessi.
(T.A.R. Lazio, sez. II, 27.1.1992, n. 210, T.A.R., 1992, I, 488).

I provvedimenti comunali sono censurabili, sotto il profilo della logicità e congruenza delle scelte compiute dalle amministrazioni, in rapporto ai fini di limitazione del traffico veicolare che la legge impone di raggiungere.

I provvedimenti che istituiscono zone a traffico limitato hanno carattere discrezionale e sono sindacabili in sede di legittimità sotto il profilo della ragionevolezza delle scelte in rapporto alle finalità perseguite dalla legge, con riferimento sia alla estensione della zona, sia alla durata oraria dei divieti, sia all'esclusione dai medesimi di talune categorie di utenti o di veicoli.
(Cons. Stato, A. P., 6.2.1993, n. 3, GC, 1993, I, 1675).

Nell’escludere l’accesso in zone a traffico limitato a chi risiede e dispone di parcheggio privato deve essere data particolare motivazione censurabile preso al giustizia amministrativa.

E' illegittimo il provvedimento con cui il comune impone il divieto di transito permanente e generalizzato su di una strada, per limitare il volume del traffico a tutela della viabilità e della salute ambientale, nella parte in cui non esonera da tale divieto chi risiede, o ha la sede della propria attività professionale nella zona, e dispone di un parcheggio privato all'interno del tratto interdetto, senza indicare le ragioni per le quali gli interessi pubblici perseguiti debbano anche in tali casi prevalere sugli interessi privati così sacrificati.
(T.A.R. Toscana, 9.5.1988, n. 593, FI, 1990, III, 102).

L’autorizzazione ad accedere alle zone a traffico limitato è rilasciata dal comune.
Tale disposizione costituisce deroga al generale divieto di accesso al centro storico, che sacrifica il diritto del cittadino a circolare liberamente anche con veicoli privati.
L’autorizzazione può essere legittimamente accordata ai sensi dell'art. 4, 4° co., d.p.r. 15.6.1959, n. 393, nonché dell'art. 7, 4°, d.l. 30.4.1992, n. 285, in presenza di particolari accertate necessità secondo criteri generali previamente individuati dall'amministrazione.


2.1. L’interesse ad impugnare.

Legislazione dir. m. 7.7.1998, art. 1.
Bibliografia Narducci 2006.

La giurisprudenza riconosce l’interesse ad impugnare i provvedimenti di limitazione della circolazione ai soli proprietari degli immobili siti nelle vie circostanti.

Deve riconoscersi la titolarità di interesse a ricorrere ai soggetti proprietari di immobili prospicienti su un'area pubblica - Parco Sempione a Milano - in relazione ad interventi di sistemazione che portino alla chiusura di tale zona al traffico veicolare.
Tali soggetti sono portatori di una posizione qualificata in relazione a questo profilo, mentre deve escludersi che essi abbiano un interesse qualificato in relazione a provvedimenti con i quali viene disposta la sistemazione di tale area sotto il profilo dell'arredo urbano e del verde.
(T.A.R. Lombardia, sez. I, Milano, 28.10.1998, n. 2452, UA, 1999, 881).

I residenti hanno, in particolare, l’interesse di sindacare i provvedimenti di diniego di autorizzazione all’accesso.

Qualora l'amministrazione comunale istituisca delle zone a traffico limitato, prevedendo la possibilità di concedere permessi perpetui di accesso e sosta, tali permessi vanno concessi con preferenza assoluta ai soggetti residenti nelle zone a traffico limitato. È pertanto illegittimo il provvedimento amministrativo che neghi tale autorizzazione ai residenti, ove essa sia già stata concessa a categorie di non residenti.
(Pret. Ferrara, 15.3.1997, RGCT, 1997, 1038 nota Molfese).

E’ stata escluso l’interesse all’impugnativa negli esercenti delle attività commerciali poste nelle zone oggetto di limitazioni poiché l’avviamento commerciale non è condizionato solo dalla disciplina del traffico.

Gli esercenti attività di imprese commerciali, artigiane o professionali nella zona centrale della città non hanno interesse all'impugnazione del piano del traffico nella parte in cui consente l'afflusso al centro, di fatto, ai soli utenti del servizio pubblico, in quanto la disciplina del traffico, riguardando solo le modalità di accesso della clientela all'esercizio commerciale, è inidonea ad incidere globalmente sui coefficienti determinanti l'avviamento commerciale di ogni e qualsiasi impresa, stante la molteplicità dei fattori determinanti, in relazione alla diversità delle strutture commerciali e delle caratterizzazioni merceologiche, il volume e la qualità della clientela.
(T.A.R. Toscana, sez. I, 3.7.1990, n. 546, T.A.R., 1990, I, 3187).


3. Il piano del traffico.

Legislazione l. 122/1989, art. 3 - l. 285/1992, art. 36.
Bibliografia Narducci 2006.

Il piano del traffico è previsto dall'art. 36 del nuovo codice della strada, che fa obbligo della redazione del piano ai comuni con popolazione residente superiore a 30.000 abitanti ovvero, comunque, interessati da rilevanti problematiche in tema di circolazione stradale (Narducci R. 2006, 2007).
Il piano urbano del traffico veicolare è finalizzato ad ottenere il miglioramento delle condizioni di circolazione e della sicurezza stradale, la riduzione dell’inquinamento acustico e di quello atmosferico ed il risparmio energetico, in accordo con gli strumenti urbanistici vigenti e nel rispetto dei valori ambientali, stabilendo le priorità e i tempi di attuazione degli interventi.
Il piano urbano del traffico veicolare prevede il ricorso ad adeguati sistemi tecnologici, su base informatica, di regolamentazione e controllo del traffico nonché di verifica del rallentamento della velocità e di dissuasione della sosta, al fine anche di consentire modifiche ai flussi della circolazione stradale che si rendano necessarie in relazione agli obiettivi da perseguire, ex art. 36, 4°, 5° co., l. 285/1992.
Successivamente, il 12.4.1995, sono state emanate dal Ministero del trasporti le direttive per la redazione, l’adozione e l’attuazione del piano urbano del traffico.
L'art. 7, 9° co., d.lg. n. 285 del 1992, nel prevedere l'istituzione di pedaggi di accesso alle zone a traffico limitato, demanda all'Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale l'emanazione di direttive per la determinazione delle tipologie dei comuni ammessi ad avvalersi di tale facoltà, nonché delle modalità di riscossione e delle categorie dei veicoli esentati; tali direttive sono contenute nella circolare ministeriale n. 3816 del 21 luglio 1997, con la quale è previsto che la tariffazione degli accessi non può essere considerata come una misura a se stante ma deve essere studiata ed attuata nell'ambito delle strategie generali di intervento del Piano urbano del traffico; sulla base di questo principio, è prescritto che: l'introduzione di tale misura presuppone che essa sia prevista all'interno del Put adottato ai sensi dell'art. 36 del codice della strada e sia considerata come effettivamente necessaria per il raggiungimento degli obiettivi del Put, sulla base di una verifica documentata in uno specifico paragrafo della relazione tecnica di accompagnamento al Put.

In mancanza del Put, l'adozione della tariffazione degli accessi è ammessa unicamente in via temporanea e sperimentale, a condizione che in un'apposita relazione tecnica di accompagnamento siano precisati gli obiettivi ed i criteri di verifica del progetto.
Caso del Comune di Bacoli, dotato di Put, ma dove non risulta che tale strumento pianificatorio preveda la tariffazione degli accessi nell'area in questione, né tanto meno risulta che la misura abbia formato oggetto di apposite elaborazioni progettuali e delle relative verifiche.

Il piano urbano del traffico non è uno strumento urbanistico attuativo; esso non ha poteri conformativi sui diritti soggettivi degli utenti, poiché, evidentemente, si ritiene che esso abbia natura programmatica finalizzata al miglioramento della circolazione e della sicurezza stradale.
Tale impostazione, però, appare contraddetta dalle dir. 12.4.1995 che al par. 4 prevedono l’articolazione del piano generale urbano del traffico attraverso piani particolareggiati e piani esecutivi, che definiscono completamente gli interventi proposti.
Il piano, in ogni caso, deve rispettare le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti; esso non può stabilire un mutamento della destinazione di aree prevista dal piano regolatore, al fine di aumentare o ridurre la circolazione.

4. I limiti al traffico per evitare l’inquinamento atmosferico.

Legislazione d.lg. 351/1999, artt. 4, 7.
Bibliografia Dell’Anno 2000.

Il d.lg. 351/1999 è l’ultima disposizione in materia che affida al Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità, sentita la Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il compito di definire i valori limite e le soglie d'allarme per gli inquinanti elencati nell'allegato, art. 4.
Il provvedimento supera le censure di costituzionalità sollevate in merito ai decreti ministeriali che predisponevano direttive vincolanti, limitando le competenze regionali (Dell’Anno 2000, 433).

L'atto con cui sono dettati criteri generali per la prevenzione dall'inquinamento atmosferico nelle grandi zone urbane in quanto espressione della funzione governativa di indirizzo e coordinamento, deve essere adottato con deliberazione del consiglio dei ministri e non con decreto ministeriale.
Non spetta allo Stato fissare, con decreto del ministro dell'ambiente, criteri generali per la prevenzione dell'inquinamento atmosferico nelle grandi zone urbane e disposizioni per il miglioramento della qualità dell'aria che, quando adottati senza la forma della deliberazione del consiglio dei ministri, assumono valore invasivo delle competenze regionali in materia.
(Corte cost., 31.3.1994, n. 113, FI, 1994, I, 1309).

Nel caso di superamento di tali valori le regioni provvedono, sulla base di una valutazione preliminare, ad individuare le zone del proprio territorio nelle quali i livelli di uno o più inquinanti comportano il rischio di superamento dei valori limite e delle soglie di allarme e individuano l'autorità competente alla gestione di tali situazioni di rischio.
Nelle zone così determinate le regioni definiscono i piani d'azione contenenti le misure da attuare nel breve periodo, affinché sia ridotto il rischio di superamento dei valori limite e delle soglie di allarme.
I piani devono, a seconda dei casi, prevedere misure di controllo e, se necessario, di sospensione delle attività, ivi compreso il traffico veicolare, che contribuiscono al superamento dei valori limite e delle soglie di allarme, art. 7, d.lg. 351/1999.
I limiti di traffico possono essere messi in relazione al contenimento delle immissioni inquinanti provocate dagli stessi veicoli, su tali provvedimenti vigila il giudice amministrativo.

E' nulla per eccesso di potere l'ordinanza sindacale che disponga la limitazione dell'ingresso con veicoli nel centro storico cittadino per ragioni di prevenzione dall'inquinamento, nella parte in cui non preveda un idoneo sistema di deroghe rivolto a tutelare le esigenze di chi svolga la propria attività lavorativa all'interno delle zone a traffico limitato.
Nella specie, l'ordinanza sindacale non prevedeva deroghe idonee a garantire l'accesso alla zona vietata ai clienti di un gommista per autoveicoli che svolgeva la propria attività all'interno del centro storico cittadino.
(Cons. Stato, sez. V, 3.5.1995, n. 673, AGCSS, 1995, 1179).

Il sistema è stato successivamente completato dalle norme contenute dall’art. 1, dir. m. 7.7.1998 che disciplina le modalità di controllo dei gas di scarico dei veicoli - il cosiddetto bollino blu - ai sensi dell'art. 7 del nuovo codice della strada (Narducci R. 2006, 2008).

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