1. L. 231/2001. La sanzione pecuniaria
L’art. 10, l. 231/2001, prevede che per l'illecito amministrativo dipendente da reato si
applica sempre la sanzione pecuniaria.
La sanzione
pecuniaria viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento né
superiore a mille.
L'importo di una
quota va da un minimo di 258,23 euro ad un massimo di euro 1549,37. P. Cipolla
Il
d.lg. n. 231 del 2001 nella prassi giurisprudenziale,a dieci anni dall'entrata
in vigore, in Giur. merito, 2011, 06, 1468.
Nella
commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice determina il numero delle
quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità
dell'ente nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze
del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti.
L'importo della
quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente
allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione.
La giurisprudenza
ha precisato che ai fini del giudizio di congruità della pena in sede di
accoglimento della richiesta di applicazione della stessa nei confronti di ente
responsabile ex d.lg. n. 231/01, si deve tenere conto dei criteri di
commisurazione della sanzione pecuniaria come fissati dall'art. 11 comma 1 e 2
del decreto. Tale norma pone nella c.d. quota e nel numero delle quote i
parametri di riferimento per la determinazione della sanzione pecuniaria da
comminare, ancorando il primo parametro - la quota, - alla consistenza
economica e patrimoniale dell'ente, ed il secondo - il numero delle quote -
alla gravità del fatto, alla responsabilità dell'ente nonché all'attività
"post delictum" dallo stesso svolta per eliminare le conseguenze e
per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. Ufficio Indagini preliminari
Milano, 30/04/2004.
L’art. 12, l. 231/2001 prevede i casi di riduzione della sanzione pecuniaria se l'autore del reato ha commesso
il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l'ente non ne ha
ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo ovvero se il danno
patrimoniale cagionato è di particolare tenuità.
La giurisprudenza
ha affermato che comunque non può essere concessa la circostanza attenuante di
cui all’art. 12 lettere a) e b) d.l. gs 231/2001 se il danno è grave e il profitto
rilevante. Nel caso di specie si trattava di una truffa ai danni dello Stato
commessa da parte di due società cooperative, qualificate primo acquirente
quote latte, che, invece di versare le trattenute alle casse dell’AGEA per
l’importo di Euro 18.310.049,52, le redistribuivano tra i soci conferenti. Tribunale
Milano, 28/12/2011.
Nessun commento:
Posta un commento