Se il reato è stato
commesso da apicali o loro sottoposti l'ente è esente da responsabilità se prova che:
a) l'organo
dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del
fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della
specie di quello verificatosi;
b) il compito di
vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro
aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi
poteri di iniziativa e di controllo;
c) le persone hanno
commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di
gestione;
d) non vi è stata
omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera
b).
I modelli di
organizzazione devono rispondere agli indirizzi fissati dal legislatore.
In particolare
devono:
a) individuare le
attività nel cui ambito possono essere commessi reati;
b) prevedere
specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle
decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire;
c) individuare
modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la
commissione dei reati;
d) prevedere
obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul
funzionamento e l'osservanza dei modelli;
e) introdurre un
sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure
indicate nel modello.
I modelli di
organizzazione e di gestione possono essere adottati sulla base di codici di
comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati
al Ministero della giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può
formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a
prevenire i reati.
Gli artt. 6 e 7
d.lg. n. 231/2001, che mettono in fila le "esigenze" alle quali
dovrebbe rispondere il modello di organizzazione e di gestione (la c.d. mappatura
del rischio, la previsione di un sistema disciplinare, la nomina di un
Organismo di Vigilanza, ecc.).
Tali disposizioni
contengono molteplici parametri "elastici", sotto forma di veri e
propri standard tipici delle cadenze della responsabilità colposa.
Il modello, secondo
il dettato normativo, deve essere infatti - in linea generale - "idoneo a
prevenire reati della specie di quello verificatosi" ed
"efficacemente attuato": ed il modello idoneo, per essere tale, deve
prevedere "un sistema disciplinare" - a sua volta - "idoneo a
sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello", ed
individuare "modalità di gestione delle risorse finanziarie"
anch'esse "idonee ad impedire la commissione dei reati". Matteo
Vizzardi, Prevenzione del rischio-reato e
standard di adeguatezza delle cautele: i modelli di organizzazione e di
gestione di società farmaceutiche al banco di prova di un'indagine peritale,
in Cass. pen., 2010, 03, 1241.
La dottrina si
interroga su quale criterio affidare il
riconoscimento dell'adeguatezza, o meno, di un modello organizzativo.
La giurisprudenza
afferma, in un caso di specie , che la decisione dell'organo dirigente della
società sotto inchiesta di uniformarsi tempestivamente ai codici di disciplina
e alle linee guida indicate da Borsa Italiana e Confindustria è un dato
fondamentale per affermare l'idoneità del modello di organizzazione e gestione,
a maggior ragione in assenza di precedenti in una materia di assoluta novità
per la giurisprudenza e la dottrina nazionali, quale era quella della
responsabilità amministrativa delle persone giuridiche all'epoca dei fatti. Ufficio
Indagini preliminari Milano, 08/01/2010.
È compito del
giudice compiere una valutazione "ex ante" per accertare in concreto
se, prima della commissione del fatto, l'impresa aveva adottato un modello di
organizzazione e gestione che potesse considerarsi efficace per prevenire i
reati poi verificatisi.
La giurisprudenza ha affermato che deve andare esente da responsabilità
amministrativa ex d.lg. n. 231 del 2001 la società che, nonostante la
commissione di un reato presupposto da parte dei suoi soggetti apicali, prima
della commissione del fatto, abbia adottato un modello organizzativo adeguato
fraudolentemente eluso e possegga un organismo di vigilanza secondo le
previsioni della legge: tale accertamento deve essere effettuato con
valutazione "ex ante" e con riferimento al tempo della adozione e
attuazione del modello che possa considerarsi efficace per prevenire gli
illeciti societari oggetto di prevenzione. Ufficio Indagini preliminari Milano,
17/11/2009.
Per l'effetto, non si realizza neppure alcuna
violazione dei principi costituzionali relativi al principio di eguaglianza e
all'esercizio del diritto di difesa (art. 3 e 24 cost.), perché non si
determina alcuna inaccettabile inversione dell'onere della prova nella
disciplina che regola la responsabilità dell'ente: grava comunque sull'accusa
l'onere di dimostrare la commissione del reato da parte di persona che rivesta
una delle qualità di cui all'art. 5 del decreto n. 231 del 2001 e la carente
regolamentazione interna dell'ente, mentre quest'ultimo ha ampia facoltà di
fornire prova liberatoria.
Nel
caso di reato commesso da soggetti sottoposti all'altrui direzione l'ente é responsabile se la commissione del
reato è stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione o
vigilanza), art. 7, d.lg. 8 giugno 2001 n. 231.
Quando i comportamenti illeciti oggetto di imputazione non siano frutto
di un idoneo modello organizzativo, ma siano da addebitare al comportamento
fraudolento dei vertici della società che risultano in contrasto con le regole
interne del modello organizzativo regolarmente adottato, la società deve essere
dichiarata non punibile ex art. 6 d.lg. n. 231 del 2001. Tribunale Milano,
17/11/2009.
L’adozione del
codice etico che indichi ai dipendenti le condotte da tenere per evitare la
commissione dei reati rientra nel modello organizzativo da proporre.
La giurisprudenza
ha, però, precisato che l'adozione di un codice etico successivamente alla
contestazione del reato non è idonea ad escludere l'applicazione della misura
cautelare, anche in considerazione del comportamento della società che ha
omesso di avviare procedimenti disciplinari a carico dei propri agenti indagati
per i reati che sono fonte della responsabilità amministrativa. Tribunale
Milano, 27/04/2004
Il soggetto che deve eseguire un compito specifico lo svolge con
più attenzione quando sa di dover rendere conto di eventuali deviazioni da
procedure prefissate;
− separazione di compiti e/o funzioni.
Principio per il quale l’autorizzazione ad effettuare una
operazione deve essere sotto la responsabilità di persona diversa
da chi contabilizza, esegue
operativamente o controlla l’operazione;
− adeguata autorizzazione per tutte le
operazioni. Principio che può avere sia carattere generale
(riferito ad un complesso omogeneo di attività aziendali), sia
specifico (riferito a singole
operazioni);
- adeguata e tempestiva documentazione e registrazione di
operazioni, transazioni e azioni.
In ogni momento devono potersi effettuare controlli che attestino
le caratteristiche dell’operazione, le motivazioni e individuino chi ha
autorizzato, effettuato, registrato e verificato l’operazione stessa;
− verifiche indipendenti sulle operazioni
svolte (svolte sia da persone dell’organizzazione ma
estranei al processo, sia da persone esterne all’organizzazione
quali ad esempio sindaci e revisori esterni).
4.
Il
controllo interno affidato all’Organismo di Vigilanza.
Il compito di vigilare continuativamente sull’efficace
funzionamento e sull’osservanza del modello organizzativo nonché di proporne
l’aggiornamento, è affidato ad un Organismo di Vigilanza dotato di autonomia,
professionalità e indipendenza nell’esercizio delle sue funzioni.
La società deve nominare l’Organismo di Vigilanza, con
provvedimento motivato rispetto a ciascun componente, scelto esclusivamente
sulla base dei requisiti di professionalità, onorabilità, competenza,
indipendenza e autonomia funzionale ed individua il Presidente al quale
eventualmente delegare specifiche funzioni.
La delibera di nomina dell’Organismo di Vigilanza determina anche
il compenso e la durata.
I suoi membri possono essere revocati solo per giusta causa. Il
membro revocato o che rinunci all’incarico viene tempestivamente sostituito e
resta in carica fino alla scadenza dell’Organismo di Vigilanza in vigore al
momento della sua nomina.
L’Organismo di Vigilanza riferisce direttamente al Consiglio di
Amministrazione ove non
diversamente previsto.
L’Organismo di Vigilanza è composto da uno o più soggetti esterni,
non appartenenti al personale o alle cariche esecutive/dirigenziali della
società, in possesso di requisiti di professionalità, onorabilità e
indipendenza e in grado di assicurare la necessaria continuità d’azione.
L’Organismo di Vigilanza dispone di autonomi poteri di iniziativa
e di controllo nell’ambito della società tali da consentire l’efficace
esercizio delle funzioni previste dal Modello, nonché da successivi
provvedimenti o procedure assunti in attuazione del medesimo.
Al fine di svolgere, con obiettività e indipendenza, la propria
funzione, l’Organismo di Vigilanza deve disporre di autonomi poteri di spesa
sulla base di un preventivo annuale, approvato dal Consiglio di
Amministrazione, su proposta dell’Organismo stesso.
L’Organismo di Vigilanza può impegnare risorse che eccedono i
propri poteri di spesa in presenza di situazioni eccezionali e urgenti, con
l’obbligo di darne informazione al Consiglio di Amministrazione nel corso della
riunione immediatamente successiva.
I componenti dell’Organismo di Vigilanza, nonché i soggetti dei
quali l’Organismo, a qualsiasi titolo, si avvale, sono tenuti all’obbligo di
riservatezza su tutte le informazioni delle quali sono venuti a conoscenza
nell’esercizio delle loro funzioni o attività.
L’Organismo di Vigilanza svolge le sue funzioni curando e
favorendo una razionale ed efficiente cooperazione con gli organi e le funzioni
di controllo esistenti nell’Azienda.
All’Organismo di Vigilanza non competono, né possono essere
attribuiti, neppure in via
sostitutiva, poteri di intervento gestionale, decisionale,
organizzativo o disciplinare, relativi allo svolgimento delle attività
dell’Ente.
5. La responsabilità penale dell’organismo di vigilanza per l'omesso impedimento degli illeciti penali.
La dottrina ha
avanzato una ricostruzione interpretativa per la quale, in capo ai membri
dell'OdV, vi sarebbe una vera e propria posizione di garanzia rispetto alla
commissione dei reati c.d. presupposto del decreto e, conseguentemente, una
responsabilità penale per l'omesso impedimento dei suddetti illeciti penali.
Da un lato
sussisterebbe per i membri dell'OdV solo una posizione di sorveglianza, ma, ciò
nondimeno, tali soggetti potrebbero essere chiamati a rispondere a titolo di
concorso nel reato, se dolosamente
siano rimasti inerti dinanzi a fatti delittuosi commessi in violazione dei
modelli organizzativi settoriali, agevolando con l'inerzia, la commissione dei
reati realizzati nell'interesse o a vantaggio dell'ente. S. Panagia, Rilievi critici sulla responsabilità
punitiva degli enti, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2008, p 165,
Un autore ha
ipotizzato la configurabilità di una posizione di garanzia con riferimento alle
lesioni colpose e all'omicidio colposo dipendente dal mancato rispetto delle
norme sulla sicurezza e sull'igiene nei luoghi di lavoro. L. Antonetto, Il regime del rapporto e
della responsabilità dei membri dell'organismo di vigilanza, in La
responsabilità amministrativa delle società e degli enti, 2008, p. 83. Si
veda comunque infra, par. 6.
Non
esistono, peraltro precedenti giurisprudenziali. L. Troyer e A. Ingrassia, Vi è
una posizione di garanzia in capo ai membri dell'Organismo di Vigilanza? Spunti
di riflessione, in Riv.
dottori comm., 2008, 6, 1266.
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