1. L.231/2001. La confisca del profitto del reato.
L’articolo 19 Decreto
legislativo 08/06/2001 n. 231, precede che nei confronti dell'ente è sempre
disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto
del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato.
Per la
giurisprudenza il termine di profitto del reato oggetto della confisca si
identifica con il "complesso dei vantaggi economici tratti dall’illecito e
a questo strettamente pertinenti", ricomprendendosi in questa nozione
quanto complessivamente percepito dall’ente, quale "conseguenza economica
immediata", in seguito alla consumazione del reato, ma prescindendo, al
riguardo, da qualunque raffronto tra profitto lordo e profitto netto. Peraltro,
acquisito che la confisca del profitto del reato deve riguardare ogni vantaggio
derivato dalla commissione del reato, deve distinguersi, per una corretta
valutazione della nozione di profitto, tra attività totalmente illecita e
attività lecita di impresa nel cui ambito occasionalmente e strumentalmente
viene consumato il reato.
Al riguardo,
quindi, per l’individuazione del profitto assoggettabile a confisca, occorre
differenziare tra il cosiddetto reato contratto, in cui l’illecito si realizza
unicamente con la stipula del contratto, e il cosiddetto reato in contratto,
ove il comportamento penalmente rilevante non si perfeziona con la stipula, ma
incide solo sulla fase di formazione o di esecuzione del contratto. Infatti,
mentre nel primo caso il profitto costituisce immediata e diretta conseguenza
del contratto e, di conseguenza, sarà assoggettato a confisca; nell’altro caso
non può non considerarsi che dal contratto possono derivare conseguenze del
tutto lecite, sicché il corrispondente profitto tratto dall’agente non è sempre
ricollegabile direttamente alla condotta sanzionata penalmente, dovendosi, per
l’effetto, escludere dal profitto confiscabile l’incremento economico
determinato dalla prestazione lecita eseguita in favore della controparte nel
corso del rapporto contrattuale, non confiscabile in quanto appunto estraneo
all’attività criminosa. Cassazione penale, sez. VI, 17/06/2010, n. 35748
Secondo la Corte il
profitto oggetto di confisca ai sensi dell'art. 19 del d.lg. n. 231 del 2001
deve essere inteso come complesso dei vantaggi economici tratti dall'illecito e
a questo strettamente pertinenti, dovendosi escludere, ai fini della loro
identificazione, il ricorso a parametri valutativi di tipo aziendalistico. Del
resto, osservano i Giudici di legittimità il crimine in alcun ordinamento
costituisce un legittimo titolo di acquisto di diritti su di un bene e il reo non
può quindi rifarsi dei costi affrontati per la sua realizzazione cercando di
trasferire sullo Stato - come in definitiva risulterebbe accedendo alla teoria
del "profitto netto" - il rischio che l'attività illecita determini
una perdita economica. L. Pistorelli, Confisca
del profitto del reato e responsabilità degli enti nell'interpretazione delle
sezioni unite. Nota a Cassazione penale , 27/03/2008, n. 26654, sez. un.,
in Cass. pen. 2008, 12, 4562
Eì atato precisato
che qualora debbano imputarsi al profitto del reato presupposto dei crediti,
non può procedersi alla loro confisca nella forma per equivalente, ma solo in
quella diretta, atteso che altrimenti l'espropriazione priverebbe il
destinatario di un bene già nella sua disponibilità in ragione di una utilità
invece non ancora concretamente realizzata dal medesimo.
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