Il Presidente
prende una posizione comoda sulla sua poltrona di cuoio marrone, dà una
sbirciatina, quasi per un ultimo controllo, al fascicolo contenente la sua
relazione, infine beve un sorso d’acqua minerale per sbloccare la lingua, che
si è impastata nella bocca diventata arsa per l’emozione.
Gli capita
sempre così quando deve incomin-ciare a parlare, il vero oratore ha sempre
bisogno di sorseggiare un mezzo bicchiere d’acqua.
E’ pronto.
Sta per
incominciare: “Egregi consiglieri” ma si interrompe subito poiché vede giungere
Filisteo, che trascina la sua gamba offesa più velocemente del solito, con un
telefono portatile in mano.
Il Presidente
quando è impegnato nelle riunioni spegne sempre il suo cellulare.
Filisteo si
avvicina al presidente il più possibile per fare sì che nessuno senta quello
che gli sta dicendo: “Ghe xe la signorina Cocoleta al telefono”
Cocoleta è il
nomignolo con cui il Presidente chiama la sua morosa.
E’ la sua eterna
fidanzata.
Non vivono
assieme perché non vogliono lega-mi troppo stretti e ognuno vuole vivere in
maniera autonoma la propria vita, soprattutto Cocoleta.
Lei sa benissimo
che il Presidente non può e non vuole essere disturbato durante il suo lavoro e
soprattutto durante le riunioni, ma si compiace di essere un tantino dispettosa
e di averla vinta anche nelle situazioni in cui sa di avere torto.
“Te go dito
de no telefonar quando so drio a far le riunioni!” Il tono del Presidente è
visibilmente irritato.
“Ma ti sa che
no ti me ga da neanca un baseto quando ti xe andà via?” risponde Cocoleta
più dolce della pasta di mandorle – il dolce preferito del suo moroso.
Il Presidente tenero
di cuore non sa fare altro che scusarsi “Si Cocoleta amor mio te domando
perdono ma gero in pensiero per el lavoro!”
“Ecco no ti
pensi mai a mi” Cocoleta soddisfatta di avere la meglio ancora una volta
non vuole stravincere “Ciao te laso xe vedemo dopo.”
Il Presidente ha
imparato a sue spese che a Cocoleta non si può che dare ragione per averla
vinta.
Impunito
donnaiolo il Presidente immancabil-mente viene interrotto nelle riunioni dalle
sue numerose fiamme.
Non si è mai
posto il problema di tenere spento il cellulare perché è fermamente convinto
che la sua immagine di macio gli giovi enormemente nella campagna elettorale.
Ritiene che accreditare questa sua immagine sia un modo per ottenere consensi
in quella società fortemente maschilista che lo sostiene.
Riposto il
telefono nelle grosse mani di Filisteo, il Presidente può cominciare finalmente
a dare lettura della relazione, scusandosi di questo inopportuno scocciatore.
I consiglieri sanno già benissimo i contenuti del
programma di attività dell’ente, perché se ne è già parlato più volte in mille
riunioni preparatorie, e seguono con distrazione la relazione.
Il discorso è
essenzialmente tecnico, come un notaio il Presidente fa la cronologia dei fatti
dalla data di inizio del fenomeno:
“I primi gruppi
di mosche che hanno incomin-ciato a notarsi nella periferia non hanno destato
una eccessiva preoccupazione. Tale comparsa non è stata sottovalutata perché il
nostro ente ha sempre tenuto monitorato il fenomeno.”
Essi sono
attenti solo ad appuntare qualche frase, che può dare spazio ad un loro
intervento di rettifica, di puntualizzazione o di plauso, a seconda che siano
su posizioni a favore o contro il relatore.
“In una
successiva fase il fenomeno si è fatto più preoccupante con l’avanzarsi delle
mosche nei quartieri vicini al centro.
Abbiamo
considerato in un primo tempo che l’avanzata degli insetti poteva debellarsi
con una maggiore igiene.”
La soglia di
attenzione dei consiglieri si sta alzando mano a mano che l’avanzata delle
mosche si avvicina al cuore della città.
“Infine la terza
fase è proseguita - tuona il Presidente – con l’attacco ai quartieri centrali
che deve essere combattuto con ogni mezzo. Fatta questa indagine non resta che
individuare i rimedi.
Le mosche
possono esser combattute solo col Distruttore di Mosche”.
A tal punto
della riunione il dott. Rossi con un cenno della mano invita Filisteo, secondo
precisi accordi presi in precedenza, a portare un proiettore per fare conoscere
attraverso le immagini il Distruttore di Mosche.
Il Distruttore
di Mosche è un apparecchio brevettato di recente realizzato grazie alle
preziose consulenze fornite da un apposito gruppo di tecnici segnalati dai
Consiglieri.
Ogni consigliere
si fa vanto di segnalare un consulente, anzi ha un diritto non scritto a che essi
siano tenuti in debita considerazione.
Una volta
iscritto nell’elenco ufficiale il consulente deve essere sollecitato a produrre
i suoi lavori nei campi di competenza ed essere profu-matamente pagato
dall’ente.
Se no che senso avrebbe impegnarsi nell’am-ministrazione
se non si può fare dei piaceri agli amici?
Il Distruttore
di Mosche è formato da un'asti-cella flessibile di legno che termina con una
paletta di plastica traforata.
Il legno è stato
scelto per la sua assoluta elasticità che consente di colpire la mosca senza
che questa abbia il tempo di accorgersene.
La vera novità è
la paletta traforata; i fori sono stati studiati appositamente con dimensioni
che sono più piccole della normale consistenza dell’in-setto, ma tali da fare
passare l’aria di modo che la mosca non abbia neppure il tempo di avvedersi del
pericolo perché il Distruttore di Mosche si avvicina senza fare il minimo
rumore.
L’aria passando
attraverso i fori non causa alcun spostamento che possa mettere in allarme gli
insetti che si trovano spiaccicati in un amen.
Il Presidente si
aspetta un consenso generale a questa sua brillante proposta, che l’ha
impegnato in giorni di preparazione, ma non è così.
Politicante ha
assistito apparentemente distratto alla relazione, in effetti, ha come sempre
soppesato ogni parola.
Politicante ha
sempre dato gran conto al suo fiuto e così ha deciso che è il momento giusto
per attaccare e per avere il suo momento di notorietà.
Il Presidente ha
sbagliato a non coinvolgerlo di più a non gratificare maggiormente i consulenti
che ha proposto e soprattutto gli ha dato poco spazio e poche risorse da impegnare.
L’attacco è già
stato programmato da tempo nella sua mente perché la sua ambizione è infinita e
quella è la volta buona.
Lo sente!
Il Presidente
non ha neppure il tempo di riprendere la normale posizione rilassata sulla sua
poltrona, che le parole di Politicante lo investono come Erinni vendicatrici.
Ha represso fino
a quel momento ogni emozione particolare, ma interiormente, come una belva
feroce, ha concentrato ogni suo muscolo per lo scatto finale.
“No capiso”
esclama in dialetto ma poi si riprende subito ritornando alla madre lingua “Non
capisco in cosa si differenzia Distruttore di mosche da tutte le normali
palette che ci sono in giro.”
“Ma gli studi,
le consulenze, le sperimen-tazioni” tenta di interloquire il Presidente.
“Bisogna
finirla“ tuona Politicante “bisogna finirla di affrontare i problemi senza una
imposta-zione che tenga conto di tutta la composizione dell’intero fenomeno e
soprattutto senza una analisi dettagliata del problema.
Soprattutto non
si deve tornare indietro ossia non bisogna ritornare all’epoca degli
insetticidi perché questi sistemi oramai non ci convincono più”.
”E poi”
soggiunge “ è ora di piantarla di indica-re rimedi senza avere compiuto tutte
le analisi e le informazioni preliminari”.
“Lo sapete voi”
prosegue “che molti dei questionari, che noi abbiamo fatto distribuire nella
città, non sono ancora nelle mani dei cittadini che devono compilarli e
restituirceli.
E’ necessario
che noi facciamo una azione capillare su tutto il territorio per risolvere
questo problema dalle radici.
Bisogna
convincere tutti” - e la sua voce si è fatta talmente suadente che forse a tal punto
lo stesso Politicante crede in quello che sta dicendo - “della necessità di
proseguire nella ricerca e nell’informazione.
Dobbiamo contare
il numero delle mosche, anche se ciò ci costa fatica, rilevare l’entità del
fenomeno complessivo per potere poi adottare i sistemi più adeguati.
Per me il
Distruttore di Mosche così come proposto non può andare bene perché il problema
è stato impostato, mi si consenta, con un buon grado di pressappochismo.
Non sappiamo se
effettivamente il DM - così chiama famigliarmente la paletta - porti dei
risultati concreti, scientificamente provati, se tutti siano in grado di
usarlo; sono stati fatti dei corsi di formazione, sono state coinvolte le
associazioni dei cittadini che devono utilizzare questo prodotto?
Poi voglio rendermi
conto del fenomeno personalmente.
Propongo,
pertanto, che siano eseguite delle verifiche sul territorio della nostra città
e mi impegno, per lo spirito di servizio che ci accomuna, miei cari
consiglieri, ad effettuare io stesso una indagine diretta sul territorio,
quartiere per quartiere, anche casa per casa se sarà necessario.
Dobbiamo,
infatti, essere informati sull’entità del fenomeno: cosa possiamo fare di
meglio che verificare direttamente.
Solo così
possiamo fare finalmente qualcosa.
Basta con le
soluzioni avventate, basta con l’uso dei prodotti che non risolvono il nostro
problema e che possono crearne di ben più gravi”.
Il lavoro di
Politicante consiste nella ricerca del consenso.
Su cosa debba
essere costruito questo sostegno alla causa della battaglia contro le mosche non
gli interessa, ma occorre che ci sia.
C’è un’anima
romantica in Politicante che vorrebbe lanciarsi a capofitto nelle sue imprese
alla testa del suo esercito di prodi.
Ogni sua azione,
ogni sua iniziativa è volta a fare in modo che tutti sentano che lui c’è, che è
lì pronto a farsi in quattro.
Non c’è
battesimo, cresima o funerale di un certo peso in città cui non partecipi.
Non c’è
avvenimento politico, sociale, culturale di una qualche importanza a livello
locale che non lo veda presente in prima fila anche a costo di andare a tre
cene per sera.
Qualunque
occasione che raduni un gruppo di persone lo vede in prima fila a salutare e
stringere mani.
Politicante
costruisce incontro dopo incontro, riunione dopo riunione, una rete fittissima
di relazioni assicurando tutti che lui è sempre disponibile.
Lui non si nega
mai a chi gli chiede una raccomandazione per un lavoro o un intervento, per una
pratica di pensione o per un finanziamento o un intervento teso a perorare la
propria causa contro un vicino antipatico.
Lo scopo ultimo
non è quello di fare raggiun-gere un obiettivo a chi si rivolge a lui ma quello
di aumentare la sua posizione sociale od il suo portafoglio clienti.
Con educazione
si presenta, con insistenza si propone e con arroganza presenta sempre il
conto.
Politicante non
ha mai lavorato – intendendo per lavoro quella che è la accezione corrente
della parola.
Non ha mai
svolto un lavoro né dipendente né autonomo.
E’ sempre stato
con l’Organizzazione, ha parte-cipato a tutte le riunioni; è sempre stato
presente a tutte le votazioni, dando la sua preferenza a chi gli hanno detto di
nominare.
Politicante ha
raccolto intorno alla sua persona una trama di intrecci e di legami talmente
fitta che se lui chiede qualcosa è impossibile negargliela.
Nessuno di
quelli che contano può ormai rifiu-targli una presidenza, un posto che gli
consen-ta di avere un’esistenza agiata senza problemi economi-ci, a fronte del
suo innegabile spirito di servizio.
Il Presidente
non si aspetta di certo un simile attacco.
Non si scompone
più di tanto perché si sa che in politica le parole non contano niente.
Uno ti può
attaccare oggi ed essere il tuo più fedele sostenitore domani. L’importante è capire
quali sono i veri significati.
E’ un attacco
voluto dall’Organizzazione che ha deciso di cambiare sistema nella gestione del
Consorzio per la Lotta alle Mosche?
E’ giunto il
momento di cambiare gli uomini in seno all’ente ed in particolare di cambiare
lui il Presidente?
L’Organizzazione
è l’organismo che raggruppa tutti coloro che vogliono partecipare attivamente
alla gestione del paese.
E’ all’interno
degli apparati dell'Organiz-zazione che si formano le classi dirigenti.
Bisogna dare
prova di grande disponibilità.
Essere in grado
di recuperare il consenso ad ogni livello.
Il consenso a
tutti i costi.
Promettere
sempre tutto a tutti.
Ti serve un
lavoro: ci pensa l’Organizzazione a raccomandarti presso coloro che contano e a
darti le dritte per superare un concorso pubblico.
Devi farti
ricoverare in ospedale e ci sono dei problemi: ci pensa l’Organizzazione.
Devi ricoverare
il nonno all'Ospizio. Basta trovare l’uomo giusto dell’Organizzazione.
In cambio basta
solo sostenere gli uomini della Organizzazione nelle tornate elettorali
affinché possano installarsi ai vertici delle strutture pubbliche ed essere in
grado di fornirti anche per il futuro i loro servigi.
Il Presidente si
rivolge, quasi istintivamente, verso il dott. Rossi che siede alla sua destra.
Lo fissa con uno
sguardo interrogativo, quasi voglia da lui la risposta a quegli interrogativi
che gli frullano nella testa.
Il dott. Rossi
ha una reazione inattesa che mal si collega con l’austerità dell’ambiente.
E’ stato preso
ancora una volta dalla irrefrenabile consuetudine che deriva dalla sua origine di
uomo del meridione che si sente incapace di reagire all’ineluttabilità del
destino avverso.
Il dott. Rossi
alza le braccia al cielo, ruotando i polsi all’esterno, e ammicca leggermente
gli occhi reclinando la testa verso sinistra come a dire: “Ma che ce posso
fa?”
L’attacco è
stato condotto con tale celerità e segretezza che pure il dott. Rossi è stato
tenuto all’oscuro di tutto per non fare fallire con qualche inopportuna
indiscrezione l’operazione.
Il segretario
subito si ricompone quasi in una subitanea richiesta di scuse al consiglio per
l’involontario gesto.
A quel punto,
per una ricerca estrema di alleanze per sostenere la sua nobile causa e la sua
poltrona, il Presidente rivolge gli occhi verso gli altri consiglieri che di
solito lo affiancano nelle sue decisioni e che naturalmente si collocano nella
sua linea di gestione dell’ente.
Essi, però, sono
talmente sbalorditi da quell’in-tervento così improvviso e soprattutto così
fuori da quegli schemi consueti di battaglia verbale fi-nora usati che non riescono
a spiaccicare parola alcuna.
Il Commendatore
assume un’espressione pen-sosa.
Questo
atteggiamento ha l’effetto immediato di distoglierlo dall’urgenza di rispondere
ad eventuali interrogativi che gli sono rivolti dagli occhi imploranti del
Presidente.
Di solito è il
primo ad intervenire con la sua faccia rotonda ed i suoi occhi grandi che ti
guardano sempre indagatori a cogliere ogni sfumatura del tuo animo.
Ha maturato la
sua esperienza nelle fabbriche, organizzando picchetti e cortei, raccogliendo adesioni
per mille battaglie.
Questa volta è
rimasto spiazzato perché le cose lui le prepara: non gli piacciono le improv-visazioni
per questo lui preferisce stare a guardare cosa succede.
Il signor
Consenso è, invece, più impacciato degli altri in quanto la sua impossibilità
congenita di spiaccicare un discorso di più di tre parole (tartaglia
tremendamente) lo mette nella impos-sibilità di assumere posizioni immediate.
Prima di dire
qualunque cosa ha la necessità di scrivere anche il più breve discorso e di
rileggere il contenuto più di una volta prima di essere sicuro di pronunciarlo
tutto di un fiato, si fa per dire.
Il signor
Speraindio ha inavvertitamente incro-ciato le mani, quasi a volere assumere un
atteggiamento di preghiera.
Sembrava voglia
dire al Presidente: “Che Dio te la manda bona.”
Non è abituato a
prendere iniziative se non sono prima concordate con l’Organizzazione bisogna
riflettere e soprattutto gli altri devono decidere per lui prima di prendere
l’iniziativa.
Il signor
Virgineo ha assunto una espressione pensosa perché percepisce che si tratta di
una situazione straordinaria e che tutti devono dire subito qualcosa, che non
c’è tempo da perdere; bisogna chiarirsi le idee, pilotare le decisioni prima di
esserne travolti.
E’ sul punto di
prendere la parola, ma ha preso il sopravvento la sua cronica abitudine di
rinviare ogni decisione, perché, come dice sempre lui: “Prima dormi e dopo
parla .”
Dall’altra parte
del tavolo i rappresentanti dell’Opposizione, che non sembra troppo sorpresa
dal discorso di Politicante, non sta più nella pelle.
L’Opposizione
tenta invano da tempo di raggiungere la struttura messa a punto
dell’Organizzazione.
Gli aderenti
all’Opposizione costituiscono una grande forza d’urto, ma non sufficientemente
forte per impensierire l’Organizzazione.
L’Opposizione è
perennemente incerta sulla strategia da proporre ai suoi seguaci.
Deve indicare
una lotta più dura nelle piazze, dando più spazio agli oltranzisti, ai duri, a
quelli del bastone, che scendono in piazza preferi-bilmente con qualche corpo
contundente oppure deve tentare di modificare il tiro e cercare di cam-biare
sostanzialmente la gestione indicando la necessità di una maggiore
partecipazione e consenso.
Al potere, si
sa, non si può rimanere sempre; non tanto per merito di chi contesta, ma per
gli stessi errori che inevitabilmente chi si assume delle responsabilità di
governo prima o poi commette.
Il signor De
Contrari continua ad assentire col capo e mugugna a bassa voce parole di
approvazione per questo colpo di maglio calato senza complimenti sulla testa
del Presidente.
Non può che
associarsi ad una serrata contestazione, lui è per la linea dura!
Ha la faccia
severa e sempre imbronciata di chi non è mai contento di niente.
Il signor
Falcidia guarda con provocazione coloro che dinanzi a lui, colti di sorpresa da
quell’intervento, non riescono ad abbozzare una qualsiasi risposta.
Ha lo sguardo di
ghiaccio, rimane sempre freddo ed imperturbabile, ma stavolta è legger-mente
imbarazzato, non sa bene che iniziativa prendere.
Politicante
evidentemente ha agito di sorpresa spiazzando,
oltre che i suoi stessi associati, anche l’Opposizione.
Il signor
Naturista è indubbiamente soddisfatto di quelle parole, anche se non
completamente.
Per lui il
discorso ecologico, di protezione del-l’ambiente, non è mai sufficientemente
sviluppato.
Non che abbia
capito come il Distruttore di Mosche possa creare dei danni al territorio, ma è
bene diffidare ugualmente.
Si chiede anche
lui il significato di un simile intervento che è chiaramente di rottura e di
contrapposizione netta e decisa alla linea di gestione del Consorzio seguita
dal Presidente.
D’altronde in
politica bisogna inventarsi delle contrapposizioni nette.
Delineare con
precisione il contorno del nemico perché i nostri amici si convincano che solo
la nostra gestione è buona, l’altra è da rigettare totalmente.
Una linea di
leggera modifica alle posizioni di chi governa non può consentire una vittoria
dell’opposizione.
Perché cambiare
la strada vecchia per una che propone modifiche di poco conto?
Solo grandi
battaglie possono spingere anche i più renitenti a grandi cambiamenti.
D’altronde i
numeri nelle votazioni non lasciano spazio alle opposizioni per prendere
l’iniziativa di un cambiamento di linea e di poltrone.
Questo lo sa
bene anche Politicante.
Sa che
abbandonare l’Organizzazione è un suicidio perché è troppo forte e lo sarà
ancora per molto.
Sa che non può
contare sull’Opposizione, che non ha alcuna possibilità di prevalere
sull’Organizzazione.
Perché dunque è
partito lancia in resta per una battaglia perduta a tavolino?
Qualcuno del suo
gruppo ha deciso di abbandonarlo?
Ma no, è una
ipotesi del tutto infondata anche perché nessuno ha chiesto la parola dopo
Politicante.
Una votazione
così a sorpresa senza nemmeno una dichiarazione che la giustifichi è al di
fuori di ogni codice di comportamento politico.
“In ogni modo
xe meio trovarse con i me amighi” pensa il Presidente per saggiare gli
umori e per verificare se c’è veramente la volontà di sostituirlo non c’è altro
modo.
Da buon
lottatore quale egli è non avrebbe di certo mollato la poltrona senza dare
battaglia e soprattutto non avrebbe mai consentito che lo lascino a piedi senza
incarichi.
Quello oramai è
diventato il suo lavoro, ed una volta che si è assaggiato il gusto piacevole
del potere e del comando, difficilmente si ha voglia di rinunciarvi
spontaneamente.
Dopo
l’intervento di Politicante per qualche secondo che sembra una eternità nessuno
prende la parola.
Contento che
l’attacco sia finito lì, Presidente accoglie l’invito- sfida e propone “Allora
facciamo una grande ispezione lunedì prossimo. Poi decidiamo.”
L’alzata di mano
di tutti i consiglieri compone all’unisono una vicenda che apparentemente li
divide e tutti concordano per una ispezione generale per constatare di persona
l’ampiezza dei disagi che le mosche stanno creando.
La macchina
inchioda, dopo l’ultima accelerata, davanti al cancello della villa.
La costruzione è
nascosta dagli alberi che sopravanzano il muro di cinta e che formano, messi in
doppia fila, una barriera intricata ed invalicabile per tutelare la privacy
del proprietario.
Gli occhi
nascosti di una telecamera avvertono del suo arrivo i domestici che azionano
dall’interno il pesante cancello che, come per incanto, si apre.
La vettura,
percorso il viale d’accesso, dopo pochi metri si ferma dinanzi ad una
costruzione illuminata a giorno.
La facciata di
gusto neoclassico in marmo bianco candido della villa splende nel buio della
notte alla luce delle torce elettriche.
Lasciata la
macchina accanto alla grande fontana, fra una jaguar ed una mercedes,
Presidente sale con sicurezza i tre scalini che lo portano al porticato palladiano.
Dopo il duro
attacco subito da Politicante l’insigne uomo di apparato sente che è giunto il
momento di dovere consolidare amicizie verificare rapporti e soprattutto
lavorare di più.
E’ necessario
trovare più opportunità di coinvolgimento per tutti gli amici ed in particolare
per Politicante per evitare che avvenga la sua cancellazione dalla lista di
quelli che contano.
Deve
assolutamente impedire di dovere essere annoverato fra breve fra gli ex
presidenti.
Quando sei al
massimo del potere è un vero guaio perché precipitare nella normalità ci si
mette un attimo e a quel punto la risalita è difficilissima.
Bisogna trovare
assolutamente il sistema di rimanere in piedi ben solidi sul piedistallo di
potere che con pazienza si è costruito. La porta d’ingresso è presidiata da un
robusto maggior-domo che, riconoscendolo, lo fa accomodare nel salone già
affollato di ospiti.
Di mosche lì non
ce ne sono, perché i proprietari abbondano nell’uso di insetticidi e poi le
mosche hanno paura delle case dei potenti e girano al largo.
Con un cenno
della mano saluta gli ospiti abituali che sorseggiano un long drink
nell’in-gresso.
Attraversata con
passo sicuro la sala, Presidente si dirige nel successivo salone di
rappresentanza, dimostrando di conoscere bene dove si deve dirigere per
incontrare il padrone di casa.
Tutti quelli che
contano nell’ambito dell’Orga-nizzazione e dell’Opposizione sono lì.
L’ambiente è
alquanto eterogeneo; il padrone di casa ama circondarsi di persone che appar-tengono
ai più diversi ceti sociali.
Presidente è
sempre un ospite gradito perché avvince tutti con la sua abilità dialettica.
Non c’è affare
di cui non gli si possa parlare senza trovarlo disponibile ad interessarsi.
Discariche, cave, smaltimento liquami, snelli-mento
pratiche o loro insabbiamento, appalti, incarichi da attribuire e assunzioni
protette sono tutte specialità in cui il nostro beniamino eccelle.
Non ha ancora provato a cimentarsi nella difficile
arte della corruzione internazionale e della finanza creativa un sistema che dà
grande prestigio e consente di fare grandi utili, ma col tempo non si sa mai.
Il padrone di casa si alza e gli va incontro
saltandolo calorosamente.
E’ un omone
imponente dall’aria sempre sorridente, lo chiamano Flash perché possiede una
fabbrica di lampadine, ma si fa coinvolgere in ogni affare dove si può
realizzare un qualche guadagno.
La sua
specialità è quella di comprare capannoni industriali da persone in procinto di
fallire.
Flash si
inserisce al punto giusto nelle procedure concorsuali per aggiudicarsi il bene
prima dell’asta convincendo le banche creditrici della bontà della sua offerta.
L’immobile di
solito viene frazionato e riconvertito alle destinazioni d’uso più redditizie.
Qui scattano
l’abilità di Flash e le relazioni che gli consentono di avviare la struttura
verso un nuovo utilizzo.
L’arte di
trovare i contributi è la sua specialità.
Contributi
nazionali, o internazionali, sgravi fiscali, tutto serve per realizzare
generosi utili.
Lui stima
profondamente Presidente.
Sa che milita
nell’Organizzazione, che conta pesantemente in ogni decisione importante e che
è in grado di condizionare gli equilibri e questo gli basta.
La stima è
ricambiata. Flash è uno degli interlocutori preferiti, con lui il nostro può
snocciolare dati e cifre di contributi statali, fondi europei da cui attingere
abbondantemente per mettere in moto affari e per fare vedere la sua effettiva
influenza.
Parlare di
investimenti è per Presidente come per un musicista parlare di una sinfonia o
di un concerto; sono piacevoli note, in questo caso dora-te, che gli piovono
addosso dandogli la felicità.
E’ disponibile dal più piccolo intervento, ad esempio,
per far funzionare la biblioteca del paesino sperduto nella pianura,
all’intervento industriale più impattante, purché ci sia bisogno di lui per
trovare i contributi, organizzare una riunione per sensibilizzare
l’amministrazione al progetto, modificare piani, realizzare strade e
urbanizzare il territorio.
Tutto va bene
perché ogni riunione, ogni progetto approvato è un tassello che si unisce per
creare il grande mosaico della sua influenza.
Tutti devono
poter assicurare che Lui c’è, che è stato lui a mettere la parola decisiva per
fare decollare l’iniziativa e per contribuire al suo finanziamento.
Se l’iniziativa
non parte, non importa purché se ne parli e tutti sappiano che Presidente si è
battuto come un leone e che sono stati gli altri a bloccarla.
Le riunioni, i
progetti e i contributi sono tutto per lui.
Sono la sua
casa, la sua famiglia e i suoi affetti.
Cosa può fare
senza riunioni, senza cene, senza il continuo compiacimento che gli piove
addosso per aver trovato un finanziamento e aver portato avanti un progetto,
abbattendo opposizioni, ricucendo alleanze e distribuendo prebende, incarichi e
favori?
“Che novità
ghe xe al Consorzio per il controllo delle mosche” chiede Flash.
Presidente
assume la sua espressione più seria, che gli è consueta quando parla di
politica, corruga la fronte, scuote la testa e allarga le braccia.
“Ghe xe tanti
problemi ma femo el nostro meio!” Esclama.
“Come la
metemo per la me pratica?” soggiun-ge sottovoce, con tono circospetto, il
proprietario della villa che non esita ad entrare nel vivo degli argomenti
senza molti preliminari.
“No state a
preocupar, tuto va ben semo con ti. Fra do mesi e tuto xe fato”.
Flash è soddisfatto: non c’è nessuno che può fare
ottenere favori come Presidente.
Il padrone di casa ha comperato una grossa area
strategica alla prima periferia della città sita su di un via di grande
comunicazione.
L’Organizzazione aveva negato al precedente
proprietario la possibilità di costruire un grosso centro commerciale.
Il progetto è stato respinto più volte ritenendo
insufficiente la viabilità della zona, ma ora Presidente ha fatto realizzare
espressamente una variante alla tangenziale cittadina.
E’ riuscito a gratificare contemporaneamente due
persone su cui potrà contare per una vita intera di piaceri.
Flash che ha ottenuto il permesso richiesto grazie
alla mediazione dell’ ingegnere Carotina uno che chiede sempre di lavorare. Un
esempio di professionalità.
Lui i piani li fa in fotocopia, ma è bravo e
soprattutto è disponibile a giustificare con pro-spetti e relazioni tutto ed il
contrario di tutto.
Chi avrà l’ardire di affermare che quella modifica
alla la viabilità non è necessaria che non servono infrastrutture?
Non saremo mica pazzi?
Il lavoro è lavoro.
Imponendo una bretella di collegamento al quartiere il
novello urbanista ha radicalmente cambiato la situazione.
La realizzazione del centro commerciale è apparsa
naturale.
Scaricando i costi delle infrastrutture sulla
collettività, Politicante ha ottenuto per Flash il massimo profitto e per
l’ingegnere una parcella sostanziosa.
Se ne ricorderanno entrambi per gratificare con una
elargizione l’Organizzazione ed il contributo servirà per la prossima durissima
campagna elettorale.
E’ una soluzione impeccabile da manuale.
Nessuno sa gestire i contributi pubblici come
Politicante perché lui ha entrature in tutte le stanze del potere ed i suoi
protetti non devono temere.
Sotto la sua azione le norme e i regolamenti si
interpretano e le situazioni più complicate si modificano fino ad ottenere la
soluzione desiderata.
Non c’è
dirigente che conta che lui non abbia contribuito a fare assumere e amministratore
che non abbia contribuito a fare eleggere.
Per i nemici
dell’Organizzazione, invece, le cose si complicano, le pratiche sono sempre
impossibili o incomplete, è necessario integrare la documentazione o modificare
la domanda.
Il risultato
però non cambia e l’iniziativa rimane ferma ad aspettare che il richiedente
abbia imparato come deve comportarsi.
Le norme ed i
regolamenti, come intricate macchie di vegetazione ricche di arbusti e liane,
impediscono il passaggio e imprigionano l’incauto viandante senza guida.
D’altronde
semplificare le norme fare funzionare gli uffici è un danno inimmaginabile per
l’Organizzazione.
Primo se le
norme sono chiare che ci stanno a fare quelli che devono redigerle?
Li lasceremo
senza lavoro?
Non saremo mica pazzi!
Con l’aria
raggiante, l’occhio brillante ed il sorriso appena abbozzato, Presidente fa
l’ingresso nella sala dove si aspetta di trovare molti dei suoi protetti.
Nel breve
percorso che lo conduce verso i rinfreschi si trova al centro dell’attenzione.
Tutti fanno a
gara per dimostrare agli altri, e per provare a loro stessi, il grado di
familiarità, oltre che di semplice conoscenza, con il nostro uomo.
I più taciturni,
quelli che non ti rivolgono la parola e che, quando ti sono dinanzi, girano la
faccia per non salutare diventano loquaci e fanno a gara per scambiare con lui
due parole anche solo di saluto.
Sorrisi e saluti
si sprecano in un crescendo; l’adagio molto della sinfonia si trasforma, abban-donando
senza pudore i più elementari concetti di armonia, in un allegro con brio senza
avere minimamente sviluppato il primo movimento.
Tutti ci tengono
a salutare Presidente dimo-strando, con lo stesso modo di rendere omaggio al
personaggio più importante del momento, il loro grado di famigliarità.
Fare vedere che
si conosce qualcuno di importante è il mezzo per dimostrare, per la proprietà
transitiva che anche noi siamo un tantinello in vista.
Un saluto
rispettoso del tipo “Buongiorno signor Presidente” dimostra una conoscenza
superficiale.
Un saluto più
famigliare sul genere “Ciao Presidente” denota una maggior confidenza.
Una battuta od una confidenza sussurrata all’orecchio
significa una assoluta intimità che consente di chiedere favori di ogni tipo.
Molti fanno a
gara per farsi invitare al ricevimento solo per essere lì in prima fila a
salutare a fare vedere che ci sono anche loro.
Ad ogni saluto
c’è un sorriso adatto alla persona cui si stringe la mano.
A denti stretti
di circostanza, se qualcuno poco importante che ti ferma e ti fa perdere dei
minuti preziosi.
Con gli occhi
luminosi se hai di fronte un potente, uno che conta e che può risolvere come
d’incanto i tuoi problemi.
Può farti avere
il posto per tuo figlio socone che è da anni parcheggiato all’Università
ed aspira ad un ruolo di dirigente, possibilmente in una municipalizzata dove
assicurano il lavoro non ti ammazza, ma, in compenso, la retribuzione è buona,
fissa e garantita.
Nondimeno, se
non hai nulla da chiedere, salutare una persona influente ti dà un senso di
importanza quasi che con la stretta di mano acquisti anche tu un po’ di
considerazione fra i presenti.
Presidente è
sopraffatto solo dopo pochi passi dalle manifestazioni di plauso.
Calorose strette di mano, colpetti di intesa sulla
schiena, inviti ripetuti a fermarsi nei vari gruppi di conversazione.
Gli ospiti sono seduti attorno ai tavoli, sprofondati
nelle preziose poltrone di morbida pelle nera, sono quasi tutti uomini, poche
le donne.
Il tavolo della
grande finanza è quello che si nota per il prestigio dei notabili che si
contraddistinguono per il numero degli incarichi nei consigli di
amministrazione delle Banche.
Il tavolo dei
commercianti è un altro importante riferimento della serata.
I commercianti
sono sempre in lotta colla grande distribuzione.
Presidente ha
promesso loro numerosi parcheggi gratuiti nel centro storico e bus navetta per
collegare i parcheggi periferici col centro al fine di privilegiare l’arrivo
dei clienti e i loro buoni affari.
“Ghe xe tropi
supermercati! I guadagni xe grami!” Suggeriscono di bloccare ogni nuova
licenza alla grande distribuzione.
“Per i
parchegi ghe penso mi” assicura il garante di ogni ingiustizia.
Nulla può farli
più contenti della garanzia di un maggiore afflusso di persone per incrementare
i loro affari, poco importa se un momento prima Presidente ha contribuito a
realizzare la costru-zione del centro commerciale voluto fortemente da Flash in
diretta concorrenza con loro.
Gli industriali
sono forse i clienti più difficili soprattutto quelli più importanti che
vogliono impegni sempre più gravosi.
Energia meno
costosa, depositi di petroli, centrali elettriche vicine al centro abitato,
sempre più attaccate alle case.
L’ospite più desiderato è risucchiato dal tavolo ed è
costretto a fermarsi.
“Fasemo nove
centrali” promette “ma bisogna farle funzionar co prodotti meno
inquinanti del gasolio” impone.
Cosa avrebbero detto gli ambientalisti?
Come affrontare le ire degli abitanti che invece del
verde si trovano a due passi dell’abitazione un traliccio?
Anche per un
esperto quelli sono problemi seri che si devono glissare secondo gli
insegnamenti di Quinto Fabio Massimo.
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E’ giunta la
sera e Presidente, riaccompagnati a casa i compagni di viaggio, rimane solo con
l’autista; per finire la giornata in allegria decide di distrarsi andando a
trovare un altro vecchio amico.
La giornata è
stata particolarmente lunga e faticosa.
Giungono, appena
fuori dalla città, in una grande casa padronale che si affaccia su una grande
aia chiusa da un recinto.
A fianco
dell’abitazione principale sono collocate delle case coloniche da una parte e
dei barchessali dall’altra.
Nei barchessali
riposano alcune macchine agricole che hanno smesso da tempo di fare il loro
mestiere.
Viene loro
incontro un cane festoso che scodinzola allegro come se li conoscesse da
sempre.
Con la coda
riesce a scacciare un numero esiguo di mosche, le altre lo seguono, ma deve
esserci abituato e non gli danno fastidio più di tanto.
Dalla casa
provengono i suoni festosi di un gruppo di musicisti.
E’ la casa della
musica di Antonio Zameldi.
La casa è
grande, ci sono una serie di stanze una dentro l’altra; Antonio ha sacrificato
le prime due per potere isolare le mosche che entrano con i suoi numerosi
visitatori.
Antonio è ingegnoso
ed ha, inoltre, limitato il problema dell’entrata degli insetti ponendo dinanzi
alle porte di ingresso dei filamenti di plastica che scendono fino a terra.
I filamenti sono
sottili e spessi come una cortina morbida che avvolge gli ospiti che spariscono
entro di essi con una leggera pressione del corpo mentre le mosche non riescono
a passare non potendo spingere quella massa.
“Ti ga visto
come gavemo risolto il problema dele mosche con un poco de fantasia” gli
dice Antonio che non perde mai la sua calma ed il suo buon umore anche nelle
situazioni più complicate.
E’ forse uno dei
pochi che non si lamenta anche se le mosche gli danno molto fastidio.
Vive quasi
sempre rintanato in casa, ma ciò gli dà piacere.
La forzata
immobilità, infatti, gli ha fatto aumentare la voglia di fare musica.
La casa è grande
e mai come in quel periodo è invasa da musicisti che passano gran parte del
giorno a mangiare, bere e suonare.
E’ un continuo
andare e venire di amici che all’imbrunire, finito il lavoro, lascia ogni altra
occupazione all’aperto, impossibile da svolgersi in quelle condizioni, per
arrivare da Antonio.
Entrano di corsa
affrontando con allegria lo sciame delle mosche che in campagna aumenta di
intensità
Arrivano carichi
di ogni ben di Dio.
Culatelli, salami,
polli, uova e torte: tutto quello che serve per continuare quella kermesse
musicale. La colazione è gentilmente offerta ai musici che si alternano agli
strumenti.
Chi non è capace
di suonare canta e, se è stonato in maniera esagerata, si limita a fare coro.
Presidente non
può fare a meno di complimentarsi con chi ha trasformato l’invasione delle
mosche in un’occasione per divertirsi.
“Bravo Toni
sona per mi: Non ti fidar ” gli sussurra avvicinandosi e dimenticando per
un momento le tensioni della battaglia contro le mosche.
Ama molto quel
motivo che nei tempi in cui l’Organizzazione gli lasciava dei momenti liberi
cantava facendo la seconda voce.
Non sa resistere
e si mette, con i boiardi che sono entrati con lui, a cantare.
E’ difficile
resistere alla forza travolgente delle note che escono dagli strumenti degli
scatenati amici di Antonio.
E’ lui il gran
cerimoniere della Musa che celebra i suoi riti con tutti gli altri che gli
fanno corona.
Lui suona e
canta; nei momenti di raro inter-vallo racconta barzellette per fare riprendere
fiato ai suoi scatenati suonatori.
Antonio
trasmette allegria e buon umore a tutti i commensali; essi sorridono felici,
scordano persino l’attacco delle mosche che devono affrontare ancora
all’uscita.
Antonio ha
dimostrato ancora una volta la sua grande saggezza nell’affrontare la vita per
il suo verso.
Ha trasformato
in allegro un avvenimento ciò che per altri è fonte di angoscia.
Ancora
un paio di canzonette e Presidente esce dal sogno di una vita spensierata per
rituffarsi nei suoi obblighi pubblici.
Deve ritornare a
fare la persona seria e ad interessarsi di problemi seri.
“Ciao Antonio”
saluta e con un tenue rimpianto ritorna a fare il capopopolo.