1.
Capitolo. Temporeggiare.
Temporeggiare, temporeggiare, temporeggia-re.
Una delle specialità di Presidente è temporeg-giare.
“Chi fa le robe in furia lavora el dopio” lo
dice sempre il nostro eroe ed è una inconfutabile verità.
Volere cercare veloci soluzioni è contro-producente
finché non te lo chiede qualcuno; rischi di spiazzare tutti e di rompere
delicati equilibri di competenze.
Devi guardarti soprattutto dai tuoi superiori.
Loro sono gelosi!
I complimenti te li fanno semmai in privato per
poterti criticare nelle sedi appropriate; se cresci troppo puoi diventare un
concorrente pericoloso.
Se vuoi essere tempestivo aspetta almeno che qualcuno
te lo chieda. La domanda non ti deve essere fatta una sola volta. Devi
aspettare che ti sia sollecitata ripetutamente.
“So drio a pensarghe” devi rispondere così fai
la figura di chi ci ha ragionato sopra, di chi si è realmente impegnato.
Sono pochi quelli che riescono a capire che ti sei
impegnato su di una questione difficile.
Quei pochi che riescono a capire la tua
professionalità; la tua capacità di risolvere in fretta i problemi non
interessa; anzi i tuoi colleghi ne sono invidiosi e tentano di demolirti perché
non vogliono darti la dovuta soddisfazione.
Bisogna disegnare col lituo, come gli indovini,
l’ampio spazio temporale entro cui decidere.
Appoggiarsi al bastone ricurvo degli auguri serve per
prendere tempo. E’ il modo di fare più conveniente quello che di certo ti
impegna meno.
Bisogna
tergiversare sia nei confronti di chi fa delle richieste sia nei riguardi di
chi si oppone.
Se decidi in tempi brevi tutti credono che sia stata
una passeggiata, una cosa che tutti sono in grado di fare.
Se decidi in tempi lunghi può verificarsi che il
problema si sia già risolto da solo, così fai la tua bella figura senza muovere
un dito.
Procrastinando ogni decisione, riservandoti tutto il
tempo, anche più di quello necessario, in ogni caso, dai la prova concreta che
si tratta di un affare complicato che ti ha impegnato a lungo, che hai una
preparazione adeguata per risolvere i problemi più complicati e che hai
studiato approfonditamente la questione per non prendere decisioni affrettate.
Nei confronti di chi si oppone bisogna proporre un
percorso di riunioni, di incontri, di dibattiti, per limare le divergenze per
spiegare che i dati non sono così negativi, che il progresso esige delle scelte
a volte anche impopolari, che c’è bisogno dell’intervento per risolvere i
problemi, per dare impulso all’occupazione e per aumentare il prodotto interno
lordo.
L’intervento ci farà stare tutti meglio, mentre
staremmo tutti peggio nel caso di una assurda opposizione.
Bisogna frenare
chi preme sull’acceleratore degli interventi affinché i tempi degli uni
coincidano con i tempi degli altri. Si deve ben vedere che l’intervento di Presidente
rappresenta una mediazione indispensabile.
Per questo lui si
ferma al tavolo dei postulanti troppo pressanti solo per porgere i doverosi
saluti.
I tempi delle
sue fermate sono appositamente calcolati.
Dove non ci sono
richieste si intrattiene a discutere tranquillamente mentre una sosta limitata
nel tempo vuole mettere un freno alle domande troppo pressanti.
Una breve
fermata significa che lui deve ancora pensare alla soluzione o che l’istanza
non è stata formulata come si conviene e che bisogna riflette-re al fine di
trovare la giusta scansione temporale.
2.
Capitolo. Il
professore.
Cedendo, infine,
ai ripetuti richiami, Presidente si fa trascinare di buon grado sul divano, non
il più comodo, non il più grande, ma bello, di una sobria eleganza che ben si
addice alla sua personalità e alla sua carica.
Non a caso ha
scelto di sedersi con le signore più in, profumate e bellissime nei loro
modelli esclusivi; esse stonano in quell’ambiente maschi-lista dove si parla
solo d’affari. Su quel divano a forma di elle sono seduti anche alcuni profes-sionisti
che vivono del loro sapere, senza doversi preoccupare di ricercare piaceri dal
potere.
Pur essendo
gente preparata non si interessano molto dell’attività dell’Organizzazione, ne
colgo-no solo l’aspetto positivo. Tutti i benestanti, di fondo, sono filo
governativi.
Stanno bene
così, non vogliono rivoluzioni, sobbalzi che possano distoglierli dal loro tran
tran quotidiano che li soddisfa pienamente dopo tanti anni di gavetta.
Verso Presidente
hanno quindi un atteggia-mento di rispetto perché rappresenta chi comanda cui
non esiste altra alternativa.
Il Professore,
che è seduto fra di loro, si alza compiaciuto al suo passaggio felice di potere
stringergli la mano e di dimostrare a tutti la sua familiarità con siffatto
personaggio.
“Ghe xe un
fia de mosche in giro” si permette di osservare “so sicuro che se
risolverà presto el problema” si corregge prontamente quasi scusandosi
della pur lieve critica.
Presidente, che
ha una grande stima del Professore, glissa via sulla critica (che detta da un
altro avrebbe causato una secca risposta).
Il nuovo
arrivato si sente subito a suo agio fra quel gruppo di sostenitori che non lo
assillano con richieste e quella sera vuole prendersi almeno qualche minuto di relax.
“Perché, caro Profesor, deve pensar che la politica non xe un mestier ma xe
un ideal di vita” tronfio si pavoneggia “mi ghe go dedicà tuto el me
tempo.”
“Giorno e
note sono sempre pronto a veder tuti a parlar co tuti a partecipar a incontri o
discussion nel più sperduto paese. So sempre disponibie a aiutar tuti co
spirito de servizio”.
Con la sua
veemenza Presidente impedisce all’interlocutore ogni possibile interferenza con
la sua prepotenza verbale quasi ad eliminare tutti gli ostacoli che gli si
possano porre innanzi.
Il dialogo
diventa così un monologo.
E’ convinto che
la forza delle sue argomentazioni dipenda anche dal modo di impostare la
discussione.
Lui si comporta
come se e parole acquistino una maggiore capacità di persuasione per il fatto
che sono pronunciate con energia, una di seguito all’altra, come un grande fiume
di sillabe e di suoni che può, anzi, deve travolgere tutto.
I contenuti per
lui sono un optional pronto a modificare le più profonde convinzioni di
ieri qualora le situazioni siano mutate. La sua voce si modula su toni più
acuti ed incisivi appena l’ascoltatore dà un minimo segno di disattenzione
ovvero se questi cerca di interrompere il discorso per correggere o modificare
certe affermazioni oppure solo per discuterle.
L’altro tema
caro a Presidente, oltre a quello dello spirito di servizio e della sua
disponibilità verso gli altri, è quello del ruolo dell’opposizione.
“Perché el
vede” gli è caro questo nodo di iniziare e di continuare il discorso,
facendo seguire una breve interruzione durante la quale fissa intensamente
l’interlocutore, soprattutto per riconnettere le idee che va esponendo “deve
pensar che l’Organizasion deve governar, deve cambiar sta nostra società. Dovemo
rinovarse perché la società xe in movimento. E’ necessario crear una società
più giusta dove tuti xemo uguali.”
3.
Capitolo. L’obiettivo.
“Ma qual è il
suo obiettivo” gli chiede una giovane donna affascinata dalla foga del suo
discorrere.
“Il mio
obietivo xe continuar cusì el mio lavoro a disposizion de la me gente.”
Nella
discussione tutto il corpo di Presidente si anima.
Gli occhi
acquistano una luce nuova, brillante e viva; egli fissa i suoi interlocutori
quasi voglia ipnotizzarli.
Lo stesso
comportamento, di solito compassato, cambia.
Gesticola
incessantemente con le mani, solo ne abbia la possibilità, da perfetto
istrione.
Presidente si
alza di scatto dalla sedia per portarsi dietro la spalliera ed appoggiarvisi,
quasi ad accentuare il suo aspetto da tribuno.
Lo anima un
inconsueto gusto per la lotta, per la battaglia personale, per imporre le sue
idee agli interlocutori che devono finire travolti come gli avversari politici.
L’aggressione
agli avversari ha la giusti-ficazione più ovvia.
La necessità di
conservare la posizione di potere deve essere salvaguardata in ogni istante.
Tutti negano di
stare comodamente sulla poltrona del potere, ma nessuno di quelli che hanno
veramente voluto e conquistato lo scettro hanno mai lasciato volontariamente il
signum magisterii.
Il potere è come
una droga se sei abituato a farne uso è molto difficile smettere.
Il vero obiettivo di Presidente è difendere le
posizioni acquisite e cercarne altre più importanti.
E’ un impegno
che persegue scientificamente aumentando i contatti con tutti i suoi potenziali
sostenitori.
Presente sempre
è il suo motto.
La presenza è il
suo modo per tenere le posizioni sul territorio, per fare vedere che è lì.
E’ sempre pronto
a spendersi per tutti quelli che hanno bisogno di lui e che lo sostengono.
Non c’è riunione
degli iscritti all’Orga-nizzazione o di una qualsiasi associazione economica,
culturale, sportiva, di beneficenza o di assistenza sia cattolica che laica che
non veda la presenza di Presidente.
E’ capace di
partecipare anche a quattro cene per sera dividendo equamente i saluti con un
gruppo, l’aperitivo con un altro, il pranzo con un terzo ed il dopo cena con un
quarto.
Presidente è
presente dappertutto.
Gli elettori
sono la sua famiglia e i suoi affetti, il suo necessario sostegno per le
battaglie politiche.
Sono la sua
compagnia perché di fondo Presidente è solo: anche i boiardi più fidati non
partecipano al suo forsennato giro.
La ricerca del
consenso ha una regola precisa: devi essere solo.
Non devi
condividere con nessuno i tuoi rapporti e le tue relazioni.
Tu devi essere
l’unico referente.
Presidente non è lì per degli ideali.
Gli interessa poco dei problemi della nazione, dei
suoi concittadini gliene importa ancora meno e non ha crociate da portare a
termine.
Lui di idee,
invece, ne ha molte, anche troppe.
I molti progetti
che gli frullano per la testa sono soprattutto tesi a rendere concreto il suo
sconfinato desiderio di emergere, di riscattare in qualche modo i suoi natali.
Proviene da un
ambiente piccolo borghese che non ama.
Presidente ama
vivere brillantemente in una grande casa, possedere delle macchine di grossa
cilindrata, contare socialmente e frequentare amicizie influenti.
Non ha, però, un
mestiere od una professione che gli consenta di conquistare una posizione nella
società; l’unica cosa che sa fare è l’attivista nell’Organizzazione, non avendo
mai lavorato in vita sua.
Brillante con
gli umili e sottomesso ai potenti ha le carte in regola per fare una brillante
carriera.
E’ molto
difficile sentire parlare Presidente del suo vero modo di intendere la vita.
I suoi veri
sentimenti sono sempre mascherati da una riserva inesauribile di frasi fatte,
di espressioni convenzionali, che trae dagli articoli dei giornalisti più in
voga e dai comunicati dell’Organizzazione che riporta fedelmente nei suoi
discorsi.
Il suo è un
parlare per slogan, ricaricato dalla sua formidabile carica aggressiva.
E’ il principe dei luoghi comuni, delle frasi ovvie che ripete in ogni
circostanza per una sua vocazione al presenzialismo perché per lui l’importante
essere nella testa della gente per potere avere il consenso nei momenti
opportuni.
Ad un certo
punto Presidente, forse perché è lui stesso stanco dei suoi discorsi, ripetuti
fino alla noia decine di volte, volge, e non a caso, gli occhi verso l’enorme
divano di forma circolare che, nell’ampia sala, troneggia di fronte al camino.
4.
Capitolo. Donna
Flavia.
Presidente sa che guardando verso il divano avrebbe
inevitabilmente incontrato gli occhi di Donna Flavia.
La trova che
conversa amabilmente e fuma avidamente, a lunghe boccate, una gitanes -
la sua marca preferita - usando come il solito un lungo bocchino d’avorio.
Si scusa con la
sua compagna di conversazione, si alza e si dirige risoluto verso quell’angolo
della sala.
Donna Flavia lo
accoglie con un amabile sorriso.
Anche quella sera, come sempre, è molto elegante.
Indossa un vestito di un rosa pallidissimo, con un’ampia scollatura che mette
in risalto le atletiche spalle abbronzate prima per la frequentazione dei campi
di tennis del club più esclusivo della città ora, dopo l’invasione degli
insetti, per la assidua pratica al club Abbronzatissima che assicura con l’uso
delle lampade lo stesso effetto.
Gioca a tennis
nel palazzetto solamente all’una invece di fare colazione così può sfoggiare
sempre un fisico tonico e asciutto che fa sempre girare la testa agli uomini
per ammirarla
Dopo averla
salutata con un disinvolto: “Ciao cara” le prende con grande delicatezza
la mano e si china verso di lei, dando dimostrazione di avere acquisito una
grande abilità nell’arte di baciare le mani alle signore (anche se questa
usanza viene considerata dai più del tutto superata).
Donna Flavia
stravede per Presidente.
Il suo modo di
approcciare, la sua capacità di aggredire a parole qualunque argomento e
qualunque avversario, riducendolo a brandelli, e la sua abilità nel riuscire
vincitore in ogni disputa verbale, la entusiasma.
Per questo è
diventato ai suoi occhi il simbolo di un eroe, di un eroe moderno che non
combatte con la spada, ma con le parole, che non doma focosi cavalli, ma che
tiene ben stretto lo sterzo della sua fuori serie.
Un eroe comunque
che non guarda in faccia nessuno per il raggiungimento dei suoi obiettivi.
Donna Flavia non
ha mai fatto alcuno sforzo per ricercare quali siano gli obiettivi ideali che
il nostro, anzi scusate il suo eroe segua, ma quali siano le nobili
cause che Presidente sostiene, tutto sommato, non le importa.
Conta solo una
cosa: che sia sempre vincitore.
Presidente, invece, di Donna Flavia ama soprattutto la
indiscutibile bellezza, l’eleganza nel vestire, il modo appropriato di
truccarsi ed il corpo snello e flessuoso.
E’ anche lei,
nel suo genere, una vincitrice sulla bruttezza, sulla miseria, su di una vita
senza emozioni.
Si siede vicino
a lei e rimane con quella gradevole compagnia, cambiando però l’indirizzo dei
suoi discorsi.
Presidente non è
certo un play boy, ma, difficilmente, avrebbe resistito alla tentazione
di un’avventura galante con Donna Flavia solo che se ne presentasse
l’occasione.
Lui sa però che
non può esserci alcuna storia fra di loro.
Donna Flavia è
sentimentalmente legata a Commendatore.
Donna Flavia può
essere una pedina importante nei suoi piani poiché vuole procurare a
Commendatore una posizione di prestigio nell’ambito della Organizzazione,
assicurandogli la vice presidenza del Consorzio.
Può essere una
importante alleata cui vale la pena dedicare parte di una serata.
Il giro fra gli
invitati è finito con una serie infinita di sorrisi; il nostro uomo non ha
ancora avuto però i contatti desiderati.
Mentre sta seduto al tavolo Presidente nota un ospite
che è entrato senza farsi notare, a differenza di altri, che hanno passato in
rassegna tutti gli invitati prodigandosi in grandi manifestazioni di
entusiasmo.
Per taluni è
importante fare notare che conoscono gran parte degli ospiti.
Il nuovo entrato
ha salutato educatamente i padroni di casa e solo pochi ospiti, poi ha occupato
un posto a sedere e si è messo in posizione di attesa, come se aspettasse
qualcuno
Si è accomodato
su di una poltrona attorno al quarto tavolo a sinistra rispetto alla porta di
ingresso.
Il tavolo è
vuoto perché gli altri ospiti sanno che quel tavolo è riservato e ci si può
sedere solo lui; l’uomo si è collocato nell’angolo opposto all’ingresso
sedendosi nella poltrona contro il muro; è quella una posizione da cui si
possono controllare tutti i movimenti che avvengono nella sala.
Il nuovo venuto
non sta seduto da solo a lungo, perché Presidente si precipita al suo tavolo
appena vede che si è accomandato al solito posto.
Lui
accomodandosi non riesce trattenere un sorriso di soddisfazione per avere
raggiunto l’obiettivo di parlare con un ospite così di riguardo.
“Bonasera sior Amadio” gli dice.
“Se vedemo
doman qua ghe xe tropa gente che scolta” gli risponde con un cenno di saluto
che pone fine ad ogni colloquio e alzatosi se ne va silenziosamente come è
venuto.
5.
Capitolo. Il
Pattona.
Il sig. Amadio,
ma tutti lo chiamano il Pattona è il vero padrone della città controlla tutto.
Lo chiamano
Pattona per via della sua industria che produce farina di castagne.
Ha cominciato da
piccolo a vendere castagne d’inverno, al freddo, scaldandosi al fuoco del
braciere che cuoceva le caldarroste; il Pattona si è forgiato anche lui a
quella fiamma come l’acciaio di Krupp.
E’ talmente
abituato al freddo che d’inverno non mette mai il cappotto.
I primi tempi
sono stati duri, ma il Pattona ha il fiuto degli affari ed ha cominciato prima
a commerciare in castagne e poi ha inventato una ricetta particolare per
produrre la pattona dalla farina di castagne aggiungendo un misto di marmellata
al liquore di arancia e con la buccia grattugiata di limone.
La pattona è
diventata il dolce più consumato nella città.
Questa attività
gli ha consentito di diventare un uomo ricco e potente.
Egli ha imparato
a diversificare e con le giuste amicizie ha cominciato la scalata ad una serie
infinita di iniziative finanziarie impegnandosi in importanti affari.
E’ proprietario
della ditta più grossa della città con il fatturato più rilevante, ma compra e
vende di tutto.
La sua fortuna è
esplosa da quando è entrato nell’Organizzazione.
Tutte le sere
dopo avere curato gli affari correnti il Pattona frequenta tutte le occasioni
di incontro che la città offre.
Se si ha
l’opportunità di incontrare le persone giuste, nei posti adatti, si può
discutere di tutto e quindi anche parlare di affari nel modo più rilassato.
Ogni attività
deve essere autorizzata; c’è bisogno del consenso dell’Organizzazione per
essere esercitata. Pattona è l’interlocutore privilegiato per entrare in
contatto.
Riunione dopo riunione ha girato tutte le sezioni in
città e nella provincia.
Congresso dopo congresso, voto dopo voto, oramai
Pattona conosce e può facilmente controllare tutte le componenti della tela del
ragno.
Gli affari che
riesce a fare per mezzo dell’Organizzazione contribuiscono ad acquisire
finanziamenti che vengono in parte tesaurizzati nelle sue attività ed in parte
devoluti per fare vivere la complessa struttura dell’Organizzazione.
Oramai è
diventato il maggiore sponsor, riesce persino a imporre i candidati o a mettere
il veto su quelli meno graditi e ne sovvenziona la campagna elettorale.
In cambio del suo intervento economico mette le sue
condizioni, impone le imprese di sua fiducia e dà le indicazioni nelle scelte
più importanti.
E’ sponsor di
circoli caritatevoli e di circoli culturali trovando così il sistema di fare
digerire alla collettività anche certi suoi programmi al limite della
compatibilità ambientale.
Tutti i suoi
figli e molti suoi parenti ricoprono cariche importanti: uno è primario
nell’Ospedale, l’altro è presidente della Banca cittadina, un altro ancora è
Rettore dell’Università.
Il Sig. Amadio porta bene i suoi sessanta anni.
Ha un mento
sporgente e la mascella volitiva e i peli gli escono numerosi dalla tromba di
Eustachio.
Presidente così
sicuro, così a suo agio a trattare con le persone, quando è a tu per tu con
l’industriale, si sente soggiogato da quella indomabile personalità.
Prima ancora di
sentire il motivo di quell’incontro il Pattona immagina le richieste che il suo
interlocutore sta per avanzargli.
Il suo scopo è
quello di trovare consensi nella stessa Organizzazione, per rimanere comodamente
seduto nella poltrona di Presidente del Consorzio.
Presidente si è
reso conto di non avere più i consensi necessari e che nell’ultima riunione del
Consorzio il suo scranno ha cominciato a traballare.
E’ regola
elementare che bisogna ricercare consensi quando vi sono difficoltà in vista.
Bisogna agire in
fretta altrimenti l’Organizza-zione stavolta può negargli il consenso
necessario e cambiare cavallo di razza.
E’ il momento
buono per mettersi in mostra, per fare vedere a tutti che si è pronti a
giungere ad una posizione più importante dopo tanti anni di paziente
preparazione in anticamera del potere.
C’è poi evidente
la necessità di procurare affari interessanti a qualche amico per consolidare
la rete di protezione alla sua carica.
Sta soppesando
mentalmente, per l’ultima volta, ogni parola dell’imminente intervento in
quanto sa che da esso dipendono tutte le sue ambizioni.
La partita col
destino si perde o si vince e basta poco per fare cambiare la tua strada.
Presidente sa
che quella è la svolta decisiva.
“Perché el
vede” incomincia con il solito intercalare “mi penso che bisogna
risolver el problema dele mosche fasendo tuti un sforzo de mobilitazion.”
Già l’abituale
logorrea ha coinvolto Presidente che si incammina naturalmente verso il solito
comizio prima di arrivare al dunque.
Il suo
interlocutore lo interrompe immediata-mente, mostrando di volere arrivare
subito al noc-ciolo della richiesta, privandolo così del piacere di illustrare
tutti i dettagli della sua articolata proposta.
“Cosa ti vol”
gli chiede tranquillamente.
Presidente si
rilassa, trae un respiro più profondo, si liscia i capelli con la mano destra,
prende insomma ancora qualche secondo di tempo, quasi non possa esprimersi
prima dell’istante fatale.
“Voio
conservar la presidenza del Consorzio e far el salto verso un incarico più
importante a Roma!” Pronuncia
queste parole accentuando il movimento delle labbra, tanto che si sarebbe
potuto capire il senso della richiesta anche se, per un bizzarro scherzo del
destino, in quella occasione il fiato non gli fosse voluto uscire di gola o le
corde vocali non avessero voluto vibrare.
Il Pattona non si meraviglia che una simile domanda
sia rivolta proprio a lui, che è il maggiore elettore della circoscrizione.
Tutti sanno che
tra lui ed il Presidente dopo l’elezione non sono intercorsi buoni rapporti.
Il Consorzio è
rimasto troppo fermo per le sue abitudini movimentiste.
Pochi appalti,
poche assunzioni e, soprattutto, poco movimento di denaro.
L’ente non dà
all’Organizzazione nessuna buona occasione per fare vedere ai suoi sostenitori
i successi ottenuti nella gestione e per fare entrare nuovi proventi nelle
tasche dei boiardi.
L’Organizzazione
non sta facendo una bella figura nell’amministrare il Consorzio, occorre
proprio un nuovo intervento che dia un impulso alle iniziative dell’ente.
Presidente è
l’uomo giusto per i piani di Pattona ma la sua figura deve essere
rilanciata e potenziata o deve
scomparire.
Trae di tasca
l’agenda e la fida parker d’oro massiccio e si mette a fare dei conti.
“Ti ga
bisogno de voti sicuri ” risponde “ in cambio ti devi meter un me omo
nela comision gestion, che deve aver la vice presidenza del consorzio per
garantir el bon esito de l’affar de le mosche. Per Roma se pol fare ma bisogna
lavorar su altri affari più grossi.”
Presidente,
prima ancora di essere soddisfatto di come si va profilando l’accordo, rimane
esterrefatto da come quell’uomo abbia potuto conoscere l’affare delle mosche
che - ci avrebbe giurato - è riservatissimo.
L’affare è stato
prepa-rato con una cura meticolosa da alcuni mesi per imporre un prodotto non
tossico che abbia l’assenso di tutti.
E’ la soluzione
del problema nei modi e nei tempi tali da consentire i giusti guadagni.
6.
Capitolo. La
teoria del potere.
Presidente
non lo sapeva ma Pattona ha bisogno di lui, di una persona come lui disposta a
tutto per emergere.
C’è
bisogno di persone che possano colpire senza alcun problema i loro amici i loro
compagni di lavoro per favorire i loro interessi. Disposte a fare soffrire e
complicare la vita degli altri per potere guadagnare di più con i propri
affari.
Bisogna
essere pronti a sacrificare tutto alla logica del guadagno senza alcuna legge
morale senza alcuno scrupolo.
La
filosofia del Pattona è semplice.
Per
conservare il potere nella civiltà di massa che eleva la cultura dei popoli
occorre render difficili gli adempimenti
di tutti i giorni affinché alla gente comune sia più laborioso metterli in
pratica.
In tal modo la
funzione della classe dirigente diventa indispensabile per semplificare ciò che
essa stessa ha reso complicato.
Per fare questo
ha bisogno di mediocri incapaci di gestire alcunché in tal modo che cose si
ingarbugliano da sole e così per lui è
più facile trovare soluzioni che risolvano i problemi a suo vantaggio.
Lui ha bisogno
di gente aggressiva che ripetano convinti poche affermazioni.
L’Organizzazione
è la migliore , i suoi dirigenti sono i più bravi per definizione.
Goi altri sono
inetti e cialtroni senza bisogno di dimostrazioni troppo complicate!
Pattona ha
bisogno di gente come lui che creda a quello che l’Organizzazione afferma.
Gli affari che
gli garantisce la provincia non gli vanno più bene, vuole arrivare con persone
fidate nella capitale dove si possono congegnare attività molto più lucrose
perché nelle aree metropolitane i solidi girano a ritmo vorticoso.
Più grossi sono
gli affari ed i giri di denari e più è facile che una buona fetta resti
attaccata alle mani di chi è lì per prenderli.
Presidente è il
gregario giusto che può ripagare in misura congrua piccoli piaceri, come quello
di confermare una Presidenza, che a lui non costano molto.
Dalla Capitale
partono tutte le iniziative per erogare finanziamenti per gestire tutti i
lavori più grossi
Stare lì
significa essere in pole position per
pilotare appalti e lucrare agevolazioni.
A Presidente che
gli sta di fronte in reverente silenzio come un discepolo davanti al suo
maestro sentenzia “Caro amico la storia insegna che
ghe xe chi è destinato vincere e chi a perdere. Noialtri xe scritto
vincemo! E po’ sta tento che un affar de provincia ben svolto pol portarte a la
Capital.”
y:"Time� -6w R � ��( rif"'>Natale lo
ricostruisce mentalmente ricompo-nendo con estrema facilita quel piccolo puzle.
E’ in grado di
seguire mentalmente le fasi del restauro intuendo anche chi può essere il
futuro proprietario fra i suoi affezionati clienti.
Unica eccezione
alla sua raccolta sono i mobili nuovi in legno pressato dipinto con colori
innaturali.
“Xe mobili
senz’anima” dice Natale “senza color, senza storia, nisun pol conoser da
che pianta i provien”.
Se poi passa
qualcuno disposto a portarsi via il mobile anche così concio per restaurarselo
in proprio Natale è ben contento. In questa maniera ci ha guadagnato subito il
giusto senza perdere tempo e può così essere libero di intraprendere un nuovo
affare.
Nella bottega di
Natale si può incontrare un universo di persone.
Amanti del fai
da te che chiedono un consiglio, l’esercito degli scrocconi che chiede il
piacere di avere in prestito una sgorbia o di un morsetto o di saldare con la
colla di pesce un pezzo di legno.
Lui ha sempre
sul fuoco la colla di pesce e se hai voglia di rispettare i suoi tempi non
rimani deluso.
Natale ha una
pazienza infinita: non dice di no a nessuno un po’ per eccesso di cortesia e un
po’ perché non vuole perdere i clienti.
La bottega di
Natale è anche un ritrovo dove chi non ha fretta può passare del tempo; si può
vedere sempre un gruppo di persone.
Sono lì per
discutere del più o del meno o per verificare se c’è della roba nuova da
mettere in casa o da rivendere per lucrarci qualcosa.
Natale tiene
banco per illustrare le qualità della merce nuova.
Con una lente
d’ingrandimento controlla i particolari, specie se c’è da decifrare la storia
del pezzo.
Natale con
competenza ipotizza le soluzioni possibili per identificare l’autore.
Lui è un amante
oltre che di mobili anche della pittura e della grafica.
Conosce i
pittori e gli artisti della zona ed è in grado di stabilire con certezza anche
il periodo in cui sono stati eseguite le opere. Individua la data di
realizzazione dei quadri dal tipo della tela e della grafica o dei disegni
dalla consistenza della carta .
La sua bottega è
una piccola Atene dove si discute di arte e di artisti che hanno saputo
realizzare un dipinto, una scultura, un tavolo o un cassettone con grande
maestria, di artisti magari non di grande successo ma che hanno saputo
resistere con le opere alla cancellazione della loro memoria da parte del tempo
inesorabile.
Natale coniuga
questo suo amore per l’arte con la pratica commerciale.
Tutti possono
portare da Natale mobili od oggetti da lasciare in conto vendita.
La stima la fa
Natale che mantiene il prezzo entro limiti contenuti per consentire la vendita
in tempi brevi secondo il motto “I schei meio pochi ma subito”.
La bottega non è
molto grande; entrano Presidente e Politicante, gli altri rimangono in macchina
poiché sono stati avvisati dal cellulare che la visita sarà breve.
“Come va
Natale con ste mosche” chiede Politicante.
Saluta poi Aurora,
la moglie di Natale, che è un elemento fisso dell’arredamento della bottega.
Se ne sta lì
gran parte del pomeriggio a guardare Natale che sta parlando con un cliente per
illustrargli le caratteristiche di un tavolo.
Accortosi che la
colla raffredda e che deve sal-dare con urgenza un’anta di una libreria
l’attento restauratore si sposta rapidamente all’altro lato della bottega
scusandosi col suo interlocutore.
Aurora non fa
nulla salvo dare sfoggio della sua cultura sulla pittura locale affermando la
sua passione soprattutto per i pittori che interpretano nelle loro tele il
grande fiume; nel frattempo la figlia Beatrice si industria a colorare delle
cornici.
Lei usa un
tampone per dare dei colpi di colore disomogenei creando un effetto
particolare. La figlia obbediente trova comunque il tempo per annuire alle
affermazioni della madre.
Ama le tele che
ritraggono le rive del grande fiume, i pioppi che popolano i terreni golenali,
le cave di sabbia e il ritorno dei pescatori al tramonto dopo il duro lavoro.
Lei sì si
lamenta delle mosche perché non è distratta da alcuna occupazione, Natale no.
Lui si è
affrettato a mettere le zanzariere alle finestre e alla porta ed ha collocato
una bussola che impedisce, almeno in parte, che con l’ingresso delle persone
entrino anche le mosche.
Natale è tutto
intento al restauro di un vecchio pavimento a quadroni che deve arredare la sua
nuova casa e non può preoccuparsi, dato il suo elevato livello di
concentrazione, dell’indubbio fastidio che gli insetti provocano.
Ha accuratamente
smontato un parquet proveniente da una demolizione: ogni riquadro è
realizzato con legni diversi che compongono un quadrato.
I legni sono di
spessore diverso e non coincidono perfettamente fra di loro.
Natale li ha
lavati, asciugati e piallati per ridurli allo stesso spessore e ha ricomposto
con pazienza infinita il disegno avendo cura che i pezzi si incastrino
perfettamente.
Ha realizzato
una vernice inodore a base di essenza di trementina che emana un odore piace-vole
invece della puzza che di solito lasciano le vernici più dure da parquet
poiché l’appartamento è già in parte abitato.
Questo restauro
lo assorbe completamente.
I problemi
risolti per recuperare il parquet lo entusiasmano.
“Ti ga visto
che spetacolo sto pavimento” dice al Presidente appena lo vede incurante
del fastidio che le mosche gli procurano “Piallar, lavar e meter in sesto
sti quadrati me ga fato girar la testa.”
Con la bussola e
la carta moschicida, che penzola dal soffitto della bottega, Natale ha ridotto
in maniera rilevante il numero di mosche in circolazione nel suo locale. Quelle
residue gli girano intorno alla testa come un’aureola, ma non gli danno
eccessivo fastidio.
Gli insetti
sicuramente disturbano di più Presidente abituato a locali resi sterili
dall’aria condizionata a tutto volume.
Natale è
talmente preso del suo lavoro che non si accorge neppure del ronzio, salvo a
scacciarlo con un gesto meccanico della mano.
E’ come un gatto
sornione che controlla il suo territorio e ogni tanto alza la zampa per
allontanare un noioso intruso. Vive nel suo mondo, felice di fare rivivere
vecchi mobili e di godersi il piacere di ammirare pitture e stampe, del resto
non gli importa granché.
Presidente
invidia la sua grande serenità.
Non può fare le
solite paternali o discorsoni; nel mondo di Natale non hanno senso.
“Ti sta ben
ti al mondo, Natale” gli dice e se ne va.
6.
Capitolo. La casa
della musica.
E’ giunta la
sera e Presidente, riaccompagnati a casa i compagni di viaggio, rimane solo con
l’autista; per finire la giornata in allegria decide di distrarsi andando a
trovare un altro vecchio amico.
La giornata è
stata particolarmente lunga e faticosa.
Giungono, appena
fuori dalla città, in una grande casa padronale che si affaccia su una grande
aia chiusa da un recinto.
A fianco
dell’abitazione principale sono collocate delle case coloniche da una parte e
dei barchessali dall’altra.
Nei barchessali
riposano alcune macchine agricole che hanno smesso da tempo di fare il loro
mestiere.
Viene loro
incontro un cane festoso che scodinzola allegro come se li conoscesse da
sempre.
Con la coda
riesce a scacciare un numero esiguo di mosche, le altre lo seguono, ma deve
esserci abituato e non gli danno fastidio più di tanto.
Dalla casa
provengono i suoni festosi di un gruppo di musicisti.
E’ la casa della
musica di Antonio Zameldi.
La casa è
grande, ci sono una serie di stanze una dentro l’altra; Antonio ha sacrificato
le prime due per potere isolare le mosche che entrano con i suoi numerosi
visitatori.
Antonio è ingegnoso
ed ha, inoltre, limitato il problema dell’entrata degli insetti ponendo dinanzi
alle porte di ingresso dei filamenti di plastica che scendono fino a terra.
I filamenti sono
sottili e spessi come una cortina morbida che avvolge gli ospiti che spariscono
entro di essi con una leggera pressione del corpo mentre le mosche non riescono
a passare non potendo spingere quella massa.
“Ti ga visto
come gavemo risolto il problema dele mosche con un poco de fantasia” gli
dice Antonio che non perde mai la sua calma ed il suo buon umore anche nelle
situazioni più complicate.
E’ forse uno dei
pochi che non si lamenta anche se le mosche gli danno molto fastidio.
Vive quasi
sempre rintanato in casa, ma ciò gli dà piacere.
La forzata
immobilità, infatti, gli ha fatto aumentare la voglia di fare musica.
La casa è grande
e mai come in quel periodo è invasa da musicisti che passano gran parte del
giorno a mangiare, bere e suonare.
E’ un continuo
andare e venire di amici che all’imbrunire, finito il lavoro, lascia ogni altra
occupazione all’aperto, impossibile da svolgersi in quelle condizioni, per
arrivare da Antonio.
Entrano di corsa
affrontando con allegria lo sciame delle mosche che in campagna aumenta di
intensità
Arrivano carichi
di ogni ben di Dio.
Culatelli, salami,
polli, uova e torte: tutto quello che serve per continuare quella kermesse
musicale. La colazione è gentilmente offerta ai musici che si alternano agli
strumenti.
Chi non è capace
di suonare canta e, se è stonato in maniera esagerata, si limita a fare coro.
Presidente non
può fare a meno di complimentarsi con chi ha trasformato l’invasione delle
mosche in un’occasione per divertirsi.
“Bravo Toni
sona per mi: Non ti fidar ” gli sussurra avvicinandosi e dimenticando per
un momento le tensioni della battaglia contro le mosche.
Ama molto quel
motivo che nei tempi in cui l’Organizzazione gli lasciava dei momenti liberi
cantava facendo la seconda voce.
Non sa resistere
e si mette, con i boiardi che sono entrati con lui, a cantare.
E’ difficile
resistere alla forza travolgente delle note che escono dagli strumenti degli
scatenati amici di Antonio.
E’ lui il gran
cerimoniere della Musa che celebra i suoi riti con tutti gli altri che gli
fanno corona.
Lui suona e
canta; nei momenti di raro inter-vallo racconta barzellette per fare riprendere
fiato ai suoi scatenati suonatori.
Antonio
trasmette allegria e buon umore a tutti i commensali; essi sorridono felici,
scordano persino l’attacco delle mosche che devono affrontare ancora
all’uscita.
Antonio ha
dimostrato ancora una volta la sua grande saggezza nell’affrontare la vita per
il suo verso.
Ha trasformato
in allegro un avvenimento ciò che per altri è fonte di angoscia.
Ancora
un paio di canzonette e Presidente esce dal sogno di una vita spensierata per
rituffarsi nei suoi obblighi pubblici.
Deve ritornare a
fare la persona seria e ad interessarsi di problemi seri.
“Ciao Antonio”
saluta e con un tenue rimpianto ritorna a fare il capopopolo.
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