venerdì 5 aprile 2013

L'affare. La Moscfior


1.              Capitolo. La Moscfior.


Il sig. Amadio, annusando l’affare delle mosche come quello più interessante al momento, ha realizzato una società, la Moscfior, nella quale naturalmente non figura personalmente ma attraverso un uomo di sua fiducia, produttrice della paletta e organizzatrice di tutti i servizi che possano supportare l’intera operazione partecipan-do all’appalto-concorso per eliminare il nuovo flagello.
La società di fatto è una scatola vuota senza personale senza capitale con un semplice recapito postale.
La sua funzione è stata quella di commissionare il prototipo della paletta ad un piccolo laboratorio artigiano.
La società ha a disposizione una rete di collaboratori: una ditta di trasporti che deve procedere alle consegne, una ditta di rilevazione dati che deve distribuire i questionari ed una ditta specializzata al trattamento finale di steriliz-zazione.
E’ tutto molto semplice! una volta costruita l’ossatura organizzativa che deve pilotare l’affare.
La Moscfior deve presentare un progetto complessivo, articolato in vari punti, che corri-sponde a quanto previsto dall’appalto concorso che il Consorzio deve andare a pre-disporre.
Il vantaggio evidente è che la società, con l’appoggio di Presidente, può conoscere con grande anticipo i requisiti per partecipare e aggiudicarsi l’appalto.
I tempi devono essere necessariamente ridotti, vista l’urgenza dell’operazione, da risultare insuf-ficienti, anche per il concorrente più agguerrito, per potere presentare una offerta in grado di competere con quella della Moscfior.
La Moscfior ha inoltre acquisito, come asso nella manica, il brevetto per la produzione di un insetticida da un prodotto con componenti naturali: il Moscfior appunto.
Il bando di concorso deve esser pubblicato il primo di agosto e deve prevedere quelle componenti elaborate per la preparazione del Moscfior in modo da rendere complicata per ogni altro concorrente la presentazione dell’offerta.
La Moscfior avrebbe predisposto tutti gli aspetti legali per la compilazione dell’offerta; tutte le autorizzazioni, timbri, carte bollate, iscrizioni in albi speciali.
Chi gode di protezioni influenti avrebbe avuto comunque la sua parte di modo da evitare ogni protesta per la ripartizione del lavoro.
Chi non ha alcun contatto con l’Organizzazione è necessariamente all’oscuro dell’affare e, quindi, non può mai trovare il tempo necessario per organizzare la presentazione dell’offerta.
Nessun appoggio equivale a nessuna possibilità di aggiudicarsi il lavoro.
Questo è il fondamento di ogni affare. Il postulato su cui Presidente vuole costruire la scalata al potere.
Tutto è stato predisposto per evitare sorprese.
Mentre Presidente pensa all’affare delle palette, il suo interlocutore snocciola le condizioni per poterlo concludere.
La vice presidenza “ continua il Pattona “deve aver el controlo dela gestion del personal e de tuti i appalti.
Solo per l’affare delle mosche è disponibile a consolidare la poltrona di Presidente.
Per quanto attiene al personale, promozioni, assunzioni, non ha richieste pregiudiziali, questi problemi li lascia gestire a Presidente, salvo la nomina del segretario che non deve rompere le uova nel paniere, ma al contrario deve essere disposto ad agevolare l’operazione.
I potenti sono permalosi basta poco per farli inquietare. La cosa che li fa arrabbiare di più è quella di non essere stati serviti a puntino e subito.
Presidente è decisamente malleabile e finora non ha tradito le aspettative. Va, dunque, messo alla prova.
Pattona ancora una volta ha visto in anticipo un fiume di denaro da gestire con tutti gli amici a lui collegati.
Il Presidente può così aspirare ad una promozione e puntare a Roma.
Presidente teme, però, che il condizionamento della vice presidenza alla lunga possa nuocergli, e che il suo potere sia fortemente condizionato.
La vittoria non sarebbe stata così completa come lui avrebbe voluto.
L’esito di quella trattativa non lo convince pienamente.
Avrebbe potuto prendere tempi più lunghi per concordare al meglio i dettagli dell’operazione, per definire a suo favore qualche elemento della stessa.
Il risultato appare a prima vista soddisfacente, ma bisogna anche considerare tutti gli elementi di questa offerta.
Da quella posizione innanzi tutto Presidente può godersi tranquillo la sua carica.
Consolidata la sua posizione di comando può, inoltre, accontentare gli amici di un tempo e quelli nuovi, può finalmente impegnarsi per sostenere le richieste di tutti i suoi sostenitori.
Per quanti possano essere i benefici, vale la pena accettare il compromesso di una presidenza sotto controllo?
L’eterno dilemma dei compromessi lo turba.
Certo – pensa Presidente – la realtà non è così manichea: o da una parte o dall’altra; può sempre accettare la proposta con qualche riserva mentale.
La sua linea è idonea a presentare soluzioni per appianare i problemi.
E’ una bella sfida con se stesso quella di risolvere il problema delle mosche.
Le soluzioni però possono essere articolate, mica l’ha sposato quell’accordo, e anche senza tirarsi indietro, diamine, non si deve fare condizionare più di tanto.
Di fronte alle eventuali contestazioni può sempre spiegare la bontà della intesa che mette l'Organizzazione in grado di dare una risposta significativa ai problemi.
Se c’è, nonostante tutta la buona volontà di accontentare tutti, qualche testa calda, si deve intervenire o trovandogli un buon posticino e isolandolo dal gruppo come nemico dell’Orga-nizzazione.
L’elemento più convincente è quello di potere contare su buone relazioni con il Pattona.
Fare affari con il Pattona significa, agli occhi di tutti, che si è ottenuta una patente invidiabile di affidabilità.
Essa testimonia a tutti quelli che vogliono fare affari che sei una persona di rispetto che segue le regole e che non tradisce gli amici che contano.
La rete di poteri che reggono la città è coordinata dal Pattona; fare accordi con lui significa essere nel giro degli affari; quello che governa, quello che dispone dei posti del potere e che piazza i suoi cavalli di razza.
Va ben” dice “d’acordo qua la man!” pensando che il problema del Vice presidente, oramai è diventato un problema da poco conto.














2.              Il superamento dell’ostacolo.

 

Il Presidente in cuor suo è talmente contento di come stanno per mettersi le cose che non ricorda quasi più l’ostacolo rappresentato da Politicante.
“Ci sono problemi con l’opposizione nel Consorzio?” Quando Pattona, prima di congedarsi gli fa questa domanda  il problema Politicante si presenta evidente nella sua possibile pericolosità.
“Ho avuto in effetti un attacco non previsto da un amico dell’Organizzazione.”
“Da chi?” Chiede incuriosito Pattona.
“Politicante!”
“Non ci sono problemi lo convoco io. Conosco bene i tipi come lui.”
Pochi giorni più tardi Politicante viene convocato dal grande mediatore.
Essere a contatto con un grande industriale è un grande onore per un rappresentante dell’Organiz-zazione perché significa riconosciuta la propria capacità di potere garantire qualche favore.
Vuol dire che il patrimonio di consensi personali sta aumentando.
Il lavoro svolto finalmente è riconosciuto.
Pattona conosce bene quei tipi basta fargli balenare un incarico di prestigio che consenta di sistemarsi almeno momentaneamente senza darsi troppo da fare.
Il gioco è fatto.
Il più acerrimo nemico diventa un accanito sostenitore da cui è sempre bene guardarsi.
“So che al Consorzio ci sono dei problemi. Io non li voglio neanche conoscere, ma li vorrei risolvere. Ti piacerebbe un incarico nella finanza?” esordisce Pattona.
Il compenso è elevato bisogna naturalmente seguire senza discutere gli orientamenti che abbiamo noi come Organizzazione.
“Sì le mie competenze …”
“Le tue esperienze non ci interessano, non ci sono problemi. Il direttore è un fedele esecutore degli ordini della Organizzazione fa tutto lui basta andare ad incassare i cospicui emolumenti.”
A quella magica parola emolumenti anche il più accanito oppositore si trasforma nel seguace più fedele.
Si tratta di un incarico prestigioso alla presidenza di una banca.
Chi non è capace avendo la cultura di Politi-cante di dirigere un istituto di credito.
Si tratta di presiedere una consiglio di ammini-strazione; alla fine  basta fare quello che dice il direttore che ha avuto istruzioni precise da Pat-tona.
Quello deve rientrare dal fido, quello deve ottenere il credito, quello deve prestare garanzie suppletive, quell’altro ha garanzie sufficienti perché la valutazione è stata fatta dall’ingegnere Metronomo amico di Pattona.
Lui valuta in maniera soggettiva i beni che gli vengono dati nel senso che dipende da chi è il presentatore della pratica. Gli amici si sa otten-gono sempre quello che vogliono.
L’ingegnere è in arzillo vecchietto che ha ora-mai contato più di ottanta anni e capisce poco.
Cosa ha da rischiare?
Così, invece, collaborando con la banca è in grado di svolgere ancora qualche lavoro molto redditizio e tutti sono contenti delle sue valutazioni.
Mai nessuno ha avuto qualcosa da dire.
In ogni caso se si sono dei guai, se qualcuno salta e le garanzie non sono sufficienti perché le perizie hanno sopravalutato gli immobili che problemi ci sono?
La banca fa fronte lei alle perdite: non ci rimette nessuno.
La banca semmai ci guadagna un po’ meno.
Con tutti profitti che realizza si può permettere qualche affare storto.
Non siamo mica tutti dei geni, qualche errore si può certo commettere.
D’altronde Politicante è un uomo dell’Organiz-zazione quando dice una cosa la fa.
Lui sa che altrimenti per lui la carriera è finita e deve cominciare a trovarsi un lavoro vero.
Oramai Politicante è pagato e ogni sua rivendi-cazione è stata ampiamente esaudita.



































3.              Il banchiere.

 

Colui che ha disponibilità dei soldi degli altri tende naturalmente a prenderli per sé o per i soci, direttamente o attraverso teste di legno.
Accade di frequente dappertutto sia nel mana-gement delle banche, che delle altre imprese, che degli enti pubblici.
E’ un modello di gestione del potere, di gover-nance, che si sta affermando universalmente.
Quando lo si fa per uno scopo nobile ossia per garantire la stessa sopravvivenza dell’Organiz-zazione allora la ragion di stato nobilita anche una azione che può sembrare illegale.
I danni arrecati agli azionisti, ai risparmiatori, ai dipendenti, ai contribuenti, ai cittadini sono ampiamente compensati.
Le procedure che Pattona apprende in breve tempo sono quelle di concedere mutui agli amici che non hanno garanzie, comperare azioni  a due o tre volte il loro valore e soprattutto operare con i derivati.
I mutui concessi largamente a chi si sa che non li avrebbe rimborsati è una tipica azione di investimento che si sa può avere qualche rischio limitato.
Se la mediazione dovuta per l’operazione è servita per finanziare l’Organizzazione ossia in definitiva per assicurare il funzionamento del sistema vuol dire che tutti quelli che contano ne hanno guadagnato!
Anche comperare al valore triplo di mercato un titolo per poi fare a metà con venditore della plusvalenza realizzata gli sembra una operazione di fine finanza.
Non si tira indietro perché il fine è nobile: bisogna finanziare l’Organizzazione.
La cosa che più gli piace consiste nell’avallare spericolate operazioni sui derivati.
I derivati consentono di realizzare un beneficio immediato togliendo un debito dal bilancio o incassando una somma a titolo di finanziamento rischiando sull’oscillazione del cambio o dell’interesse.
Chi sottoscrive l’operazione può dovere restituire un importo di molto maggiore.
“Abbiamo tolto dai bilanci i debiti scomodi trasformandoli in scommesse con altre banche. Abbiamo trasformato ad esempio una passività certa in una scommessa sul futuro.” Politicante forse pensa di avere fatto una operazione che avvantaggia la banca; lui oramai dopo solo pochi mesi si sente un banchiere a tutti gli effetti.
Non gli hanno spiegato bene che se chi scommette perde, poi, d’improvviso si ritrova i debiti che rispuntano più minacciosi e soprattutto di maggiore importo rispetto alla già difficile situazione precedente.
Politicante non ha una formazione finanziaria.
E’ un attivista dell’Organizzazione che si è distinto come fedele esecutore di ordini.
Ritiene che questo modo di operare sia corretto.
Metà del suo compenso deve essere donato alla Organizzazione, in ossequio alla regola che chi diviene dirigente attraverso il partito, poi deve essere riconoscente.
L’altra metà va nelle sue tasche perché si deve pur vivere in maniera decorosa.
Fin da subito ha imparato la lezione ed ha incominciato a compiere le sue operazioni con metodo.
L’unico rischio che può correre è quello di essere scaricato dall’Organizzazione e tornare ad essere quello di prima.
Per Politicante il gioco vale la candela per lui è l’unico sistema per emergere dalla mediocrità e per esser qualcuno che conta.





4.              Capitolo. L’ispezione.


Le macchine di rappresentanza scaldano i motori.
Il compiacimento dell’autista nel pigiare con colpi nervosi l’acceleratore è disegnato nella leggera piega della bocca che si restringe a sinistra tirando la pelle e facendo assumere alla palpebra una contrazione che dà al volto un aspetto di grande soddisfazione.
All’arrivo del Presidente l’autista d’un balzo si precipita fuori dalla vettura per aprirgli con un gesto garbato la portiera ed invitarlo ad accomo-darsi nell’auto.
Gli altri consiglieri che seguono a frotta cercano di salire nella stessa macchina.
Riescono a guadagnare la vettura presidenziale il segretario, che sale a fianco dell’autista e due consiglieri.
Gli altri prendono posto in due auto noleggiate per l’occasione.
De Contrari e Politicante siedono ai lati del Presidente.
Politicante è dolce come un agnello e si è scordato del duro attacco presentato qualche tempo prima contro il Presidente; oramai è già entrato nel pieno possesso del suo nuovo ruolo di banchiere..
Il bello del dibattito e che lo scontro di poco prima può trasformarsi in una grande amicizia e che l’intesa può mutarsi nella rissa più incredibile.
Basta non trovare l’accordo su questioni di principio su cui non si può transigere.
Bisogna trovare il giusto equilibrio comporre gli interessi accontentare tutti non scontentare nessuno.
Un difficile gioco dove le parole e azioni devo-no incrociarsi in modo assolutamente perfetto.
De Contrari che in generale disapprova qualun-que iniziativa, qualunque affermazione, qualunque atto o fatto, è d’accordo sull’ispezione, che ritiene serva ai suoi scopi di essere sempre in disaccordo su tutto.
E’ in realtà favorevole ad ogni iniziativa che lo porti nella macchina lucente, simbolo di quel potere che tanto disprezza gestito da altri, ma che tanto ama se può gestire personalmente.
Ciò che predilige di più, tuttavia, è la macchina presidenziale.
E’ così forte, robusta, che incute sicurezza e soggezione.
Non ha fatto d'altronde molti complimenti per salire, anzi ha bruciato sul tempo Commendatore e Consenso, che già si apprestavano ad accomodarsi sull'auto, quali autorevoli membri della maggioranza, ritenendo che detto privilegio debba loro spettare di diritto.
Si sono, però, trovati il sedile come d'incanto già occupato da altri passeggeri.
Quella mossa così semplice e così pulita ha reso particolarmente soddisfatto anche Politicante che, sprofondandosi nel sedile posteriore, si accende compiaciuto l'ennesima sigaretta.
I due taxi appaiono proprio delle macchine di seconda categoria a confronto della poderosa vettura presidenziale.
Con un certo disappunto gli altri consiglieri vi prendono posto: i quattro rappresentanti della maggioranza si accomodano in un taxi di colore bianco, gli altri due in quello di colore nero.
La macchina presidenziale splende al caldo sole di giugno e ne riflette i raggi in rapidi bagliori.
Pigramente si mette ad avanzare sull'asfalto nero e lucente, come un grosso felino ormai sazio.
Si avvia sicura per i viali della città, incutendo nei passanti un reverenziale timore con il suo aspetto imponente e misterioso e con le bandierine che sventolano sopra i fari.
Le altre macchine sembrano scansarsi per farle strada, intimorite dalla sua maestà.
I taxi le tengono dietro, rispettosi, mantenendosi ad una decina di metri l'uno dall'altro. Le automobili formano un piccolo corteo, una processione di provincia.
Le macchine si allontanano secondo un percorso stabilito, rapidamente, fuori dalle squadrate e dritte arterie del centro dove si possono intravedere nuvoli sparsi di insetti, ma il fenomeno non è così grave come in periferia.
Le strade del centro, infatti, sono tenute con una grande cura.
I marciapiedi in ordine risultano puliti accura-tamente. Le stesse automobili parcheggiate ordi-natamente danno un senso di piacevole simmetria e di igiene.
Gli edifici risultano ben protetti oltre che da serramenti accuratamente mantenuti anche dai sistemi di condizionamento dell'aria, che in quella occasione rendono un duplice servizio: quello di tenere lontano il caldo e soprattutto i molesti insetti.
Le strade, con il loro minore brulicare di passanti, evidenziano che c'è nell'aria qualcosa d'insolito: gli insetti per l’appunto che sono pronti a molestare chiunque si azzardi ad uscire di casa.
I pochi passanti non abbandonano mai le palette di plastica tenendole sempre a portata di mano come unica difesa contro il fastidioso nemico, cercando in ogni modo di rimanere allo scoperto il minor tempo possibile.
Anche le automobili viaggiano con i finestrini ben chiusi a costo di soffrire maggiormente il caldo della incipiente stagione estiva.
La zona degli uffici ove si trova anche la sede del consorzio è la più immune dagli effetti negativi dell'attacco delle mosche.
In tal modo i consiglieri hanno la conferma dell'ingigantirsi del fenomeno mano a mano che si spostano dal centro verso la periferia.
L’invasione dimostra tutta la sua gravità dopo che si è oltrepassata la prima circonvallazione interna: questa nera e lucente striscia d'asfalto sembra avere l'effetto di un gigantesca difesa naturale contro gli attuali invasori.
Di fatto le strade risultano pressoché vuote non c’è essere umano.
Il traffico meno frequente del normale presenta un qualche cosa di insolito.
Le macchine, infatti, solo raramente si fermano.
I loro passeggeri temono di essere molestati da quelle piccole macchie grigiastre che continuano senza posa a spostarsi nell'aria tersa e pulita quasi ad insozzarla.
Si fermano nei pressi di un capannone che mostra segni di un lungo abbandono e che è stato utilizzato negli ultimi tempi per consentire un rifugio ai mercati del quartiere vicino.
Mettono le macchine nel più vicino posteggio ed entrano in tutta fretta protetti dalle palette degli autisti che si improvvisano feroci guardie del corpo.





















5.              Capitolo. La bottega di Natale.


Presidente vuole approfittare di questo impegno di lavoro per fare visita alla bottega di Natale.
E’ un po’ che non lo vede poiché è stato molto impegnato in quel periodo; di solito ci passa spesso dato che si diverte sempre molto a sentire le storie che Natale racconta sul suo lavoro.
Natale è un falegname antiquario esperto di mobili antichi.
Nella sua bottega puoi trovare una cassapanca del settecento o una libreria dell’inizio dell’otto o una specchiera impero o una libreria in noce con una fiammata che ti scalda il cuore.
Natale riesce a restaurare ogni mobile ridan-dogli l’aspetto e la vitalità che il passare degli anni gli hanno tolto.
E’ come una casa di riposo per mobili che Natale ama profondamente e cui restituisce la giovinezza.
Il segreto di quest’arte è una grande conoscenza di ogni tipo di legno e delle tecniche idonee per procedere alla sua lavorazione.
In una grande confusione - che è ordine solo per la mente di Natale - i mobili sono addossati l’uno sull’altro.
Non vi sono mobili restaurati ma solo da restaurare perché, secondo la teoria di Natale, solo così il cliente ha la prova che il pezzo è autentico vedendolo com’é prima dell’intervento di restauro.
Natale si diverte a trovare le soluzioni più articolate su come procedere al restauro.
Per ogni mobile stabilisce la giusta consistenza di colla di pesce per procedere agli incolli e la giusta misura di stucco per sigillare i buchi che i tarli dispettosi hanno fatto.
La sua tecnica consiste nel cercare di con-servare il più possibile la struttura originale del mobile ed eliminare tutte quelle incrostazioni che nel corso degli anni lo hanno deturpato.
La bottega è un susseguirsi di clienti che vogliono acquistare o che vogliono vendere.
I maligni dicono che alcuni mobili sono stati recuperati presso la locale discarica.
Raccontano che gli operatori ecologici incaricati da Natale si recano nel deposito di rifiuti per vedere se qualcuno abbia scaricato qualche mobile vecchio.
Qualcuno che si stanca di avere in casa un mobile antico di storia magari con qualche tarlo di troppo e che preferisce acquistare un mobile nuovo all’Ikea, magari quelli lucidi di plastica che si trovano in offerta.
Molti non riescono a riconoscere il bello e si accontentano dei mobili fatti coi pannelli di truciolato che è di moda al momento.
Natale si ricorda perfettamente di come ha sistemato i vari mobili.
Per ragioni fiscali tiene i pezzi divisi.
L’armadio è smembrato e l’anta si trova da una parte e la schiena dall’altra.
Natale lo ricostruisce mentalmente ricompo-nendo con estrema facilita quel piccolo puzle.
E’ in grado di seguire mentalmente le fasi del restauro intuendo anche chi può essere il futuro proprietario fra i suoi affezionati clienti.
Unica eccezione alla sua raccolta sono i mobili nuovi in legno pressato dipinto con colori innaturali.
Xe mobili senz’anima” dice Natale “senza color, senza storia, nisun pol conoser da che pianta i provien”.
Se poi passa qualcuno disposto a portarsi via il mobile anche così concio per restaurarselo in proprio Natale è ben contento. In questa maniera ci ha guadagnato subito il giusto senza perdere tempo e può così essere libero di intraprendere un nuovo affare.
Nella bottega di Natale si può incontrare un universo di persone.
Amanti del fai da te che chiedono un consiglio, l’esercito degli scrocconi che chiede il piacere di avere in prestito una sgorbia o di un morsetto o di saldare con la colla di pesce un pezzo di legno.
Lui ha sempre sul fuoco la colla di pesce e se hai voglia di rispettare i suoi tempi non rimani deluso.
Natale ha una pazienza infinita: non dice di no a nessuno un po’ per eccesso di cortesia e un po’ perché non vuole perdere i clienti.
La bottega di Natale è anche un ritrovo dove chi non ha fretta può passare del tempo; si può vedere sempre un gruppo di persone.
Sono lì per discutere del più o del meno o per verificare se c’è della roba nuova da mettere in casa o da rivendere per lucrarci qualcosa.
Natale tiene banco per illustrare le qualità della merce nuova.
Con una lente d’ingrandimento controlla i particolari, specie se c’è da decifrare la storia del pezzo.
Natale con competenza ipotizza le soluzioni possibili per identificare l’autore.
Lui è un amante oltre che di mobili anche della pittura e della grafica.
Conosce i pittori e gli artisti della zona ed è in grado di stabilire con certezza anche il periodo in cui sono stati eseguite le opere. Individua la data di realizzazione dei quadri dal tipo della tela e della grafica o dei disegni dalla consistenza della carta .
La sua bottega è una piccola Atene dove si discute di arte e di artisti che hanno saputo realizzare un dipinto, una scultura, un tavolo o un cassettone con grande maestria, di artisti magari non di grande successo ma che hanno saputo resistere con le opere alla cancellazione della loro memoria da parte del tempo inesorabile.
Natale coniuga questo suo amore per l’arte con la pratica commerciale.
Tutti possono portare da Natale mobili od oggetti da lasciare in conto vendita.
La stima la fa Natale che mantiene il prezzo entro limiti contenuti per consentire la vendita in tempi brevi secondo il motto “I schei meio pochi ma subito”.
La bottega non è molto grande; entrano Presidente e Politicante, gli altri rimangono in macchina poiché sono stati avvisati dal cellulare che la visita sarà breve.
Come va Natale con ste mosche” chiede Politicante.
Saluta poi Aurora, la moglie di Natale, che è un elemento fisso dell’arredamento della bottega.
Se ne sta lì gran parte del pomeriggio a guardare Natale che sta parlando con un cliente per illustrargli le caratteristiche di un tavolo.
Accortosi che la colla raffredda e che deve sal-dare con urgenza un’anta di una libreria l’attento restauratore si sposta rapidamente all’altro lato della bottega scusandosi col suo interlocutore.
Aurora non fa nulla salvo dare sfoggio della sua cultura sulla pittura locale affermando la sua passione soprattutto per i pittori che interpretano nelle loro tele il grande fiume; nel frattempo la figlia Beatrice si industria a colorare delle cornici.
Lei usa un tampone per dare dei colpi di colore disomogenei creando un effetto particolare. La figlia obbediente trova comunque il tempo per annuire alle affermazioni della madre.
Ama le tele che ritraggono le rive del grande fiume, i pioppi che popolano i terreni golenali, le cave di sabbia e il ritorno dei pescatori al tramonto dopo il duro lavoro.
Lei sì si lamenta delle mosche perché non è distratta da alcuna occupazione, Natale no.
Lui si è affrettato a mettere le zanzariere alle finestre e alla porta ed ha collocato una bussola che impedisce, almeno in parte, che con l’ingresso delle persone entrino anche le mosche.
Natale è tutto intento al restauro di un vecchio pavimento a quadroni che deve arredare la sua nuova casa e non può preoccuparsi, dato il suo elevato livello di concentrazione, dell’indubbio fastidio che gli insetti provocano.
Ha accuratamente smontato un parquet proveniente da una demolizione: ogni riquadro è realizzato con legni diversi che compongono un quadrato.
I legni sono di spessore diverso e non coincidono perfettamente fra di loro.
Natale li ha lavati, asciugati e piallati per ridurli allo stesso spessore e ha ricomposto con pazienza infinita il disegno avendo cura che i pezzi si incastrino perfettamente.
Ha realizzato una vernice inodore a base di essenza di trementina che emana un odore piace-vole invece della puzza che di solito lasciano le vernici più dure da parquet poiché l’appartamento è già in parte abitato.
Questo restauro lo assorbe completamente.
I problemi risolti per recuperare il parquet lo entusiasmano.
Ti ga visto che spetacolo sto pavimento” dice al Presidente appena lo vede incurante del fastidio che le mosche gli procurano “Piallar, lavar e meter in sesto sti quadrati me ga fato girar la testa.”
Con la bussola e la carta moschicida, che penzola dal soffitto della bottega, Natale ha ridotto in maniera rilevante il numero di mosche in circolazione nel suo locale. Quelle residue gli girano intorno alla testa come un’aureola, ma non gli danno eccessivo fastidio.
Gli insetti sicuramente disturbano di più Presidente abituato a locali resi sterili dall’aria condizionata a tutto volume.
Natale è talmente preso del suo lavoro che non si accorge neppure del ronzio, salvo a scacciarlo con un gesto meccanico della mano.
E’ come un gatto sornione che controlla il suo territorio e ogni tanto alza la zampa per allontanare un noioso intruso. Vive nel suo mondo, felice di fare rivivere vecchi mobili e di godersi il piacere di ammirare pitture e stampe, del resto non gli importa granché.
Presidente invidia la sua grande serenità.
Non può fare le solite paternali o discorsoni; nel mondo di Natale non hanno senso.
Ti sta ben ti al mondo, Natale” gli dice e se ne va.






























6.              Capitolo. La casa della musica.


E’ giunta la sera e Presidente, riaccompagnati a casa i compagni di viaggio, rimane solo con l’autista; per finire la giornata in allegria decide di distrarsi andando a trovare un altro vecchio amico.
La giornata è stata particolarmente lunga e faticosa.
Giungono, appena fuori dalla città, in una grande casa padronale che si affaccia su una grande aia chiusa da un recinto.
A fianco dell’abitazione principale sono collocate delle case coloniche da una parte e dei barchessali dall’altra.
Nei barchessali riposano alcune macchine agricole che hanno smesso da tempo di fare il loro mestiere.
Viene loro incontro un cane festoso che scodinzola allegro come se li conoscesse da sempre.
Con la coda riesce a scacciare un numero esiguo di mosche, le altre lo seguono, ma deve esserci abituato e non gli danno fastidio più di tanto.
Dalla casa provengono i suoni festosi di un gruppo di musicisti.
E’ la casa della musica di Antonio Zameldi.
La casa è grande, ci sono una serie di stanze una dentro l’altra; Antonio ha sacrificato le prime due per potere isolare le mosche che entrano con i suoi numerosi visitatori.
Antonio è ingegnoso ed ha, inoltre, limitato il problema dell’entrata degli insetti ponendo dinanzi alle porte di ingresso dei filamenti di plastica che scendono fino a terra.
I filamenti sono sottili e spessi come una cortina morbida che avvolge gli ospiti che spariscono entro di essi con una leggera pressione del corpo mentre le mosche non riescono a passare non potendo spingere quella massa.
Ti ga visto come gavemo risolto il problema dele mosche con un poco de fantasia” gli dice Antonio che non perde mai la sua calma ed il suo buon umore anche nelle situazioni più complicate.
E’ forse uno dei pochi che non si lamenta anche se le mosche gli danno molto fastidio.
Vive quasi sempre rintanato in casa, ma ciò gli dà piacere.
La forzata immobilità, infatti, gli ha fatto aumentare la voglia di fare musica.
La casa è grande e mai come in quel periodo è invasa da musicisti che passano gran parte del giorno a mangiare, bere e suonare.
E’ un continuo andare e venire di amici che all’imbrunire, finito il lavoro, lascia ogni altra occupazione all’aperto, impossibile da svolgersi in quelle condizioni, per arrivare da Antonio.
Entrano di corsa affrontando con allegria lo sciame delle mosche che in campagna aumenta di intensità
Arrivano carichi di ogni ben di Dio.
Culatelli, salami, polli, uova e torte: tutto quello che serve per continuare quella kermesse musicale. La colazione è gentilmente offerta ai musici che si alternano agli strumenti.
Chi non è capace di suonare canta e, se è stonato in maniera esagerata, si limita a fare coro.
Presidente non può fare a meno di complimentarsi con chi ha trasformato l’invasione delle mosche in un’occasione per divertirsi.
Bravo Toni sona per mi: Non ti fidar ” gli sussurra avvicinandosi e dimenticando per un momento le tensioni della battaglia contro le mosche.
Ama molto quel motivo che nei tempi in cui l’Organizzazione gli lasciava dei momenti liberi cantava facendo la seconda voce.
Non sa resistere e si mette, con i boiardi che sono entrati con lui, a cantare.
E’ difficile resistere alla forza travolgente delle note che escono dagli strumenti degli scatenati amici di Antonio.
E’ lui il gran cerimoniere della Musa che celebra i suoi riti con tutti gli altri che gli fanno corona.
Lui suona e canta; nei momenti di raro inter-vallo racconta barzellette per fare riprendere fiato ai suoi scatenati suonatori.
Antonio trasmette allegria e buon umore a tutti i commensali; essi sorridono felici, scordano persino l’attacco delle mosche che devono affrontare ancora all’uscita.
Antonio ha dimostrato ancora una volta la sua grande saggezza nell’affrontare la vita per il suo verso.
Ha trasformato in allegro un avvenimento ciò che per altri è fonte di angoscia.
Ancora un paio di canzonette e Presidente esce dal sogno di una vita spensierata per rituffarsi nei suoi obblighi pubblici.
Deve ritornare a fare la persona seria e ad interessarsi di problemi seri.
“Ciao Antonio” saluta e con un tenue rimpianto ritorna a fare il capopopolo.
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6.              Capitolo. Alla Capitale.


L’onda di piena arriva, ma poi passa.
Il fiume cattivo che tutto travolge e non trova nessun ostacolo in grado di fermarlo poi si quieta perde il suo vigor giustizialista originario. Viene ammansito dagli avvocati dai ricorsi dai gradi di giudizio.
Anche le più tremende calamità naturali alla fine finiscono e la vita riprende il suo corso fra le macerie.
L’importante è non esser lì ma in una altro posto a godersi il frutto del proprio lavoro.
L’operazione è talmente piaciuta a Pattona che Presidente dopo un breve periodo di domi-ciliari è stato rilasciato con tante scuse perché le prove non erano sufficienti per condannarlo e l’Appello ha confermato l’assoluzione per insufficienza di prove.
Lui, grazie alla sua esperienza ha trovato subito un nuovo posto di Presidente in un ente della Capitale  che si occupa di niente ma che garantisce un ottima indennità senza grandi preoccupazioni.
Da lì si possono seguire altri affari in tutta tranquillità.

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