1.
Capitolo. La
Moscfior.
Il sig. Amadio,
annusando l’affare delle mosche come quello più interessante al momento, ha
realizzato una società, la Moscfior, nella quale naturalmente non figura
personalmente ma attraverso un uomo di sua fiducia, produttrice della paletta e
organizzatrice di tutti i servizi che possano supportare l’intera operazione
partecipan-do all’appalto-concorso per eliminare il nuovo flagello.
La società di
fatto è una scatola vuota senza personale senza capitale con un semplice
recapito postale.
La sua funzione
è stata quella di commissionare il prototipo della paletta ad un piccolo
laboratorio artigiano.
La società ha a
disposizione una rete di collaboratori: una ditta di trasporti che deve
procedere alle consegne, una ditta di rilevazione dati che deve distribuire i
questionari ed una ditta specializzata al trattamento finale di steriliz-zazione.
E’ tutto molto
semplice! una volta costruita l’ossatura organizzativa che deve pilotare
l’affare.
La Moscfior deve
presentare un progetto complessivo, articolato in vari punti, che corri-sponde
a quanto previsto dall’appalto concorso che il Consorzio deve andare a pre-disporre.
Il vantaggio
evidente è che la società, con l’appoggio di Presidente, può conoscere con
grande anticipo i requisiti per partecipare e aggiudicarsi l’appalto.
I tempi devono
essere necessariamente ridotti, vista l’urgenza dell’operazione, da risultare
insuf-ficienti, anche per il concorrente più agguerrito, per potere presentare
una offerta in grado di competere con quella della Moscfior.
La Moscfior ha inoltre acquisito, come asso nella
manica, il brevetto per la produzione di un insetticida da un prodotto con
componenti naturali: il Moscfior appunto.
Il bando di
concorso deve esser pubblicato il primo di agosto e deve prevedere quelle
componenti elaborate per la preparazione del Moscfior in modo da rendere
complicata per ogni altro concorrente la presentazione dell’offerta.
La Moscfior
avrebbe predisposto tutti gli aspetti legali per la compilazione dell’offerta;
tutte le autorizzazioni, timbri, carte bollate, iscrizioni in albi speciali.
Chi gode di
protezioni influenti avrebbe avuto comunque la sua parte di modo da evitare
ogni protesta per la ripartizione del lavoro.
Chi non ha alcun
contatto con l’Organizzazione è necessariamente all’oscuro dell’affare e,
quindi, non può mai trovare il tempo necessario per organizzare la
presentazione dell’offerta.
Nessun appoggio
equivale a nessuna possibilità di aggiudicarsi il lavoro.
Questo è il
fondamento di ogni affare. Il postulato su cui Presidente vuole costruire la
scalata al potere.
Tutto è stato
predisposto per evitare sorprese.
Mentre Presidente
pensa all’affare delle palette, il suo interlocutore snocciola le condizioni
per poterlo concludere.
“La vice
presidenza “ continua il Pattona “deve aver el controlo dela gestion del
personal e de tuti i appalti.”
Solo per
l’affare delle mosche è disponibile a consolidare la poltrona di Presidente.
Per quanto
attiene al personale, promozioni, assunzioni, non ha richieste pregiudiziali,
questi problemi li lascia gestire a Presidente, salvo la nomina del segretario
che non deve rompere le uova nel paniere, ma al contrario deve essere disposto
ad agevolare l’operazione.
I potenti sono
permalosi basta poco per farli inquietare. La cosa che li fa arrabbiare di più
è quella di non essere stati serviti a puntino e subito.
Presidente è
decisamente malleabile e finora non ha tradito le aspettative. Va, dunque,
messo alla prova.
Pattona ancora
una volta ha visto in anticipo un fiume di denaro da gestire con tutti gli amici
a lui collegati.
Il Presidente
può così aspirare ad una promozione e puntare a Roma.
Presidente teme,
però, che il condizionamento della vice presidenza alla lunga possa nuocergli,
e che il suo potere sia fortemente condizionato.
La vittoria non
sarebbe stata così completa come lui avrebbe voluto.
L’esito di
quella trattativa non lo convince pienamente.
Avrebbe potuto
prendere tempi più lunghi per concordare al meglio i dettagli dell’operazione,
per definire a suo favore qualche elemento della stessa.
Il risultato
appare a prima vista soddisfacente, ma bisogna anche considerare tutti gli
elementi di questa offerta.
Da quella
posizione innanzi tutto Presidente può godersi tranquillo la sua carica.
Consolidata la
sua posizione di comando può, inoltre, accontentare gli amici di un tempo e
quelli nuovi, può finalmente impegnarsi per sostenere le richieste di tutti i
suoi sostenitori.
Per quanti
possano essere i benefici, vale la pena accettare il compromesso di una
presidenza sotto controllo?
L’eterno dilemma
dei compromessi lo turba.
Certo – pensa Presidente
– la realtà non è così manichea: o da una parte o dall’altra; può sempre
accettare la proposta con qualche riserva mentale.
La sua linea è
idonea a presentare soluzioni per appianare i problemi.
E’ una bella
sfida con se stesso quella di risolvere il problema delle mosche.
Le soluzioni
però possono essere articolate, mica l’ha sposato quell’accordo, e anche senza
tirarsi indietro, diamine, non si deve fare condizionare più di tanto.
Di fronte alle eventuali
contestazioni può sempre spiegare la bontà della intesa che mette
l'Organizzazione in grado di dare una risposta significativa ai problemi.
Se c’è,
nonostante tutta la buona volontà di accontentare tutti, qualche testa calda,
si deve intervenire o trovandogli un buon posticino e isolandolo dal gruppo
come nemico dell’Orga-nizzazione.
L’elemento più
convincente è quello di potere contare su buone relazioni con il Pattona.
Fare affari con
il Pattona significa, agli occhi di tutti, che si è ottenuta una patente
invidiabile di affidabilità.
Essa testimonia
a tutti quelli che vogliono fare affari che sei una persona di rispetto che
segue le regole e che non tradisce gli amici che contano.
La rete di
poteri che reggono la città è coordinata dal Pattona; fare accordi con lui
significa essere nel giro degli affari; quello che governa, quello che dispone
dei posti del potere e che piazza i suoi cavalli di razza.
“ Va ben”
dice “d’acordo qua la man!” pensando che il problema del Vice
presidente, oramai è diventato un problema da poco conto.
2.
Il superamento
dell’ostacolo.
Il Presidente in
cuor suo è talmente contento di come stanno per mettersi le cose che non
ricorda quasi più l’ostacolo rappresentato da Politicante.
“Ci sono
problemi con l’opposizione nel Consorzio?” Quando Pattona, prima di congedarsi
gli fa questa domanda il problema
Politicante si presenta evidente nella sua possibile pericolosità.
“Ho avuto in
effetti un attacco non previsto da un amico dell’Organizzazione.”
“Da chi?” Chiede
incuriosito Pattona.
“Politicante!”
“Non ci sono
problemi lo convoco io. Conosco bene i tipi come lui.”
Pochi giorni più
tardi Politicante viene convocato dal grande mediatore.
Essere a
contatto con un grande industriale è un grande onore per un rappresentante
dell’Organiz-zazione perché significa riconosciuta la propria capacità di
potere garantire qualche favore.
Vuol dire che il
patrimonio di consensi personali sta aumentando.
Il lavoro svolto
finalmente è riconosciuto.
Pattona conosce bene quei tipi basta fargli balenare
un incarico di prestigio che consenta di sistemarsi almeno momentaneamente
senza darsi troppo da fare.
Il gioco è
fatto.
Il più acerrimo
nemico diventa un accanito sostenitore da cui è sempre bene guardarsi.
“So che al
Consorzio ci sono dei problemi. Io non li voglio neanche conoscere, ma li
vorrei risolvere. Ti piacerebbe un incarico nella finanza?” esordisce Pattona.
Il compenso è
elevato bisogna naturalmente seguire senza discutere gli orientamenti che
abbiamo noi come Organizzazione.
“Sì le mie
competenze …”
“Le tue
esperienze non ci interessano, non ci sono problemi. Il direttore è un fedele
esecutore degli ordini della Organizzazione fa tutto lui basta andare ad
incassare i cospicui emolumenti.”
A quella magica
parola emolumenti anche il più accanito oppositore si trasforma nel seguace più
fedele.
Si tratta di un
incarico prestigioso alla presidenza di una banca.
Chi non è capace
avendo la cultura di Politi-cante di dirigere un istituto di credito.
Si tratta di
presiedere una consiglio di ammini-strazione; alla fine basta fare quello che dice il direttore che ha
avuto istruzioni precise da Pat-tona.
Quello deve
rientrare dal fido, quello deve ottenere il credito, quello deve prestare
garanzie suppletive, quell’altro ha garanzie sufficienti perché la valutazione
è stata fatta dall’ingegnere Metronomo amico di Pattona.
Lui valuta in
maniera soggettiva i beni che gli vengono dati nel senso che dipende da chi è
il presentatore della pratica. Gli amici si sa otten-gono sempre quello che vogliono.
L’ingegnere è in
arzillo vecchietto che ha ora-mai contato più di ottanta anni e capisce poco.
Cosa ha da
rischiare?
Così, invece,
collaborando con la banca è in grado di svolgere ancora qualche lavoro molto
redditizio e tutti sono contenti delle sue valutazioni.
Mai nessuno ha
avuto qualcosa da dire.
In ogni caso se
si sono dei guai, se qualcuno salta e le garanzie non sono sufficienti perché
le perizie hanno sopravalutato gli immobili che problemi ci sono?
La banca fa
fronte lei alle perdite: non ci rimette nessuno.
La banca semmai
ci guadagna un po’ meno.
Con tutti
profitti che realizza si può permettere qualche affare storto.
Non siamo mica
tutti dei geni, qualche errore si può certo commettere.
D’altronde
Politicante è un uomo dell’Organiz-zazione quando dice una cosa la fa.
Lui sa che
altrimenti per lui la carriera è finita e deve cominciare a trovarsi un lavoro
vero.
Oramai
Politicante è pagato e ogni sua rivendi-cazione è stata ampiamente esaudita.
3.
Il banchiere.
Colui
che ha disponibilità dei soldi degli altri tende naturalmente a prenderli per
sé o per i soci, direttamente o attraverso teste di legno.
Accade
di frequente dappertutto sia nel mana-gement delle banche, che delle altre
imprese, che degli enti pubblici.
E’
un modello di gestione del potere, di gover-nance, che si sta affermando
universalmente.
Quando
lo si fa per uno scopo nobile ossia per garantire la stessa sopravvivenza
dell’Organiz-zazione allora la ragion di stato nobilita anche una azione che
può sembrare illegale.
I
danni arrecati agli azionisti, ai risparmiatori, ai dipendenti, ai
contribuenti, ai cittadini sono ampiamente compensati.
Le
procedure che Pattona apprende in breve tempo sono quelle di concedere mutui
agli amici che non hanno garanzie, comperare azioni a due o tre volte il loro valore e
soprattutto operare con i derivati.
I
mutui concessi largamente a chi si sa che non li avrebbe rimborsati è una
tipica azione di investimento che si sa può avere qualche rischio limitato.
Se
la mediazione dovuta per l’operazione è servita per finanziare l’Organizzazione
ossia in definitiva per assicurare il funzionamento del sistema vuol dire che tutti
quelli che contano ne hanno guadagnato!
Anche
comperare al valore triplo di mercato un titolo per poi fare a metà con
venditore della plusvalenza realizzata gli sembra una operazione di fine
finanza.
Non
si tira indietro perché il fine è nobile: bisogna finanziare l’Organizzazione.
La
cosa che più gli piace consiste nell’avallare spericolate operazioni sui
derivati.
I
derivati consentono di realizzare un beneficio immediato togliendo un debito
dal bilancio o incassando una somma a titolo di finanziamento rischiando
sull’oscillazione del cambio o dell’interesse.
Chi
sottoscrive l’operazione può dovere restituire un importo di molto maggiore.
“Abbiamo
tolto dai bilanci i debiti scomodi trasformandoli in scommesse con altre banche.
Abbiamo trasformato ad esempio una passività certa in una scommessa sul futuro.”
Politicante forse pensa di avere fatto una operazione che avvantaggia la banca;
lui oramai dopo solo pochi mesi si sente un banchiere a tutti gli effetti.
Non
gli hanno spiegato bene che se chi scommette perde, poi, d’improvviso si
ritrova i debiti che rispuntano più minacciosi e soprattutto di maggiore
importo rispetto alla già difficile situazione precedente.
Politicante
non ha una formazione finanziaria.
E’
un attivista dell’Organizzazione che si è distinto come fedele esecutore di
ordini.
Ritiene
che questo modo di operare sia corretto.
Metà
del suo compenso deve essere donato alla Organizzazione, in ossequio alla
regola che chi diviene dirigente attraverso il partito, poi deve essere
riconoscente.
L’altra
metà va nelle sue tasche perché si deve pur vivere in maniera decorosa.
Fin
da subito ha imparato la lezione ed ha incominciato a compiere le sue
operazioni con metodo.
L’unico rischio
che può correre è quello di essere scaricato dall’Organizzazione e tornare ad
essere quello di prima.
Per Politicante
il gioco vale la candela per lui è l’unico sistema per emergere dalla
mediocrità e per esser qualcuno che conta.
4.
Capitolo. L’ispezione.
Le macchine di
rappresentanza scaldano i motori.
Il compiacimento
dell’autista nel pigiare con colpi nervosi l’acceleratore è disegnato nella
leggera piega della bocca che si restringe a sinistra tirando la pelle e
facendo assumere alla palpebra una contrazione che dà al volto un aspetto di
grande soddisfazione.
All’arrivo del
Presidente l’autista d’un balzo si precipita fuori dalla vettura per aprirgli
con un gesto garbato la portiera ed invitarlo ad accomo-darsi nell’auto.
Gli altri
consiglieri che seguono a frotta cercano di salire nella stessa macchina.
Riescono a
guadagnare la vettura presidenziale il segretario, che sale a fianco
dell’autista e due consiglieri.
Gli altri
prendono posto in due auto noleggiate per l’occasione.
De Contrari e
Politicante siedono ai lati del Presidente.
Politicante è
dolce come un agnello e si è scordato del duro attacco presentato qualche tempo
prima contro il Presidente; oramai è già entrato nel pieno possesso del suo
nuovo ruolo di banchiere..
Il bello del
dibattito e che lo scontro di poco prima può trasformarsi in una grande
amicizia e che l’intesa può mutarsi nella rissa più incredibile.
Basta non trovare
l’accordo su questioni di principio su cui non si può transigere.
Bisogna trovare
il giusto equilibrio comporre gli interessi accontentare tutti non scontentare nessuno.
Un difficile gioco
dove le parole e azioni devo-no incrociarsi in modo assolutamente perfetto.
De Contrari che
in generale disapprova qualun-que iniziativa, qualunque affermazione, qualunque
atto o fatto, è d’accordo sull’ispezione, che ritiene serva ai suoi scopi di
essere sempre in disaccordo su tutto.
E’ in realtà
favorevole ad ogni iniziativa che lo porti nella macchina lucente, simbolo di
quel potere che tanto disprezza gestito da altri, ma che tanto ama se può
gestire personalmente.
Ciò che
predilige di più, tuttavia, è la macchina presidenziale.
E’ così forte,
robusta, che incute sicurezza e soggezione.
Non ha fatto
d'altronde molti complimenti per salire, anzi ha bruciato sul tempo
Commendatore e Consenso, che già si apprestavano ad accomodarsi sull'auto,
quali autorevoli membri della maggioranza, ritenendo che detto privilegio debba
loro spettare di diritto.
Si sono, però,
trovati il sedile come d'incanto già occupato da altri passeggeri.
Quella mossa
così semplice e così pulita ha reso particolarmente soddisfatto anche
Politicante che, sprofondandosi nel sedile posteriore, si accende compiaciuto
l'ennesima sigaretta.
I due taxi
appaiono proprio delle macchine di seconda categoria a confronto della poderosa
vettura presidenziale.
Con un certo
disappunto gli altri consiglieri vi prendono posto: i quattro rappresentanti
della maggioranza si accomodano in un taxi di colore bianco, gli altri due in
quello di colore nero.
La macchina
presidenziale splende al caldo sole di giugno e ne riflette i raggi in rapidi
bagliori.
Pigramente si
mette ad avanzare sull'asfalto nero e lucente, come un grosso felino ormai
sazio.
Si avvia sicura
per i viali della città, incutendo nei passanti un reverenziale timore con il
suo aspetto imponente e misterioso e con le bandierine che sventolano sopra i
fari.
Le altre
macchine sembrano scansarsi per farle strada, intimorite dalla sua maestà.
I taxi le
tengono dietro, rispettosi, mantenendosi ad una decina di metri l'uno
dall'altro. Le automobili formano un piccolo corteo, una processione di
provincia.
Le macchine si
allontanano secondo un percorso stabilito, rapidamente, fuori dalle squadrate e
dritte arterie del centro dove si possono intravedere nuvoli sparsi di insetti,
ma il fenomeno non è così grave come in periferia.
Le strade del
centro, infatti, sono tenute con una grande cura.
I marciapiedi in
ordine risultano puliti accura-tamente. Le stesse automobili parcheggiate ordi-natamente
danno un senso di piacevole simmetria e di igiene.
Gli edifici
risultano ben protetti oltre che da serramenti accuratamente mantenuti anche
dai sistemi di condizionamento dell'aria, che in quella occasione rendono un
duplice servizio: quello di tenere lontano il caldo e soprattutto i molesti
insetti.
Le strade, con
il loro minore brulicare di passanti, evidenziano che c'è nell'aria qualcosa
d'insolito: gli insetti per l’appunto che sono pronti a molestare chiunque si
azzardi ad uscire di casa.
I pochi passanti
non abbandonano mai le palette di plastica tenendole sempre a portata di mano
come unica difesa contro il fastidioso nemico, cercando in ogni modo di
rimanere allo scoperto il minor tempo possibile.
Anche le
automobili viaggiano con i finestrini ben chiusi a costo di soffrire
maggiormente il caldo della incipiente stagione estiva.
La zona degli
uffici ove si trova anche la sede del consorzio è la più immune dagli effetti
negativi dell'attacco delle mosche.
In tal modo i
consiglieri hanno la conferma dell'ingigantirsi del fenomeno mano a mano che si
spostano dal centro verso la periferia.
L’invasione
dimostra tutta la sua gravità dopo che si è oltrepassata la prima
circonvallazione interna: questa nera e lucente striscia d'asfalto sembra avere
l'effetto di un gigantesca difesa naturale contro gli attuali invasori.
Di fatto le
strade risultano pressoché vuote non c’è essere umano.
Il traffico meno
frequente del normale presenta un qualche cosa di insolito.
Le macchine,
infatti, solo raramente si fermano.
I loro
passeggeri temono di essere molestati da quelle piccole macchie grigiastre che
continuano senza posa a spostarsi nell'aria tersa e pulita quasi ad insozzarla.
Si fermano nei
pressi di un capannone che mostra segni di un lungo abbandono e che è stato
utilizzato negli ultimi tempi per consentire un rifugio ai mercati del
quartiere vicino.
Mettono le
macchine nel più vicino posteggio ed entrano in tutta fretta protetti dalle
palette degli autisti che si improvvisano feroci guardie del corpo.
5.
Capitolo. La
bottega di Natale.
Presidente vuole
approfittare di questo impegno di lavoro per fare visita alla bottega di
Natale.
E’ un po’ che
non lo vede poiché è stato molto impegnato in quel periodo; di solito ci passa
spesso dato che si diverte sempre molto a sentire le storie che Natale racconta
sul suo lavoro.
Natale è un falegname antiquario esperto di mobili
antichi.
Nella sua
bottega puoi trovare una cassapanca del settecento o una libreria dell’inizio
dell’otto o una specchiera impero o una libreria in noce con una fiammata che
ti scalda il cuore.
Natale riesce a
restaurare ogni mobile ridan-dogli l’aspetto e la vitalità che il passare degli
anni gli hanno tolto.
E’ come una casa
di riposo per mobili che Natale ama profondamente e cui restituisce la
giovinezza.
Il segreto di
quest’arte è una grande conoscenza di ogni tipo di legno e delle tecniche
idonee per procedere alla sua lavorazione.
In una grande
confusione - che è ordine solo per la mente di Natale - i mobili sono addossati
l’uno sull’altro.
Non vi sono
mobili restaurati ma solo da restaurare perché, secondo la teoria di Natale,
solo così il cliente ha la prova che il pezzo è autentico vedendolo com’é prima
dell’intervento di restauro.
Natale si
diverte a trovare le soluzioni più articolate su come procedere al restauro.
Per ogni mobile stabilisce
la giusta consistenza di colla di pesce per procedere agli incolli e la giusta
misura di stucco per sigillare i buchi che i tarli dispettosi hanno fatto.
La sua tecnica
consiste nel cercare di con-servare il più possibile la struttura originale del
mobile ed eliminare tutte quelle incrostazioni che nel corso degli anni lo
hanno deturpato.
La bottega è un
susseguirsi di clienti che vogliono acquistare o che vogliono vendere.
I maligni dicono
che alcuni mobili sono stati recuperati presso la locale discarica.
Raccontano che gli
operatori ecologici incaricati da Natale si recano nel deposito di rifiuti per
vedere se qualcuno abbia scaricato qualche mobile vecchio.
Qualcuno che si
stanca di avere in casa un mobile antico di storia magari con qualche tarlo di
troppo e che preferisce acquistare un mobile nuovo all’Ikea, magari quelli
lucidi di plastica che si trovano in offerta.
Molti non
riescono a riconoscere il bello e si accontentano dei mobili fatti coi pannelli
di truciolato che è di moda al momento.
Natale si
ricorda perfettamente di come ha sistemato i vari mobili.
Per ragioni
fiscali tiene i pezzi divisi.
L’armadio è
smembrato e l’anta si trova da una parte e la schiena dall’altra.
Natale lo
ricostruisce mentalmente ricompo-nendo con estrema facilita quel piccolo puzle.
E’ in grado di
seguire mentalmente le fasi del restauro intuendo anche chi può essere il
futuro proprietario fra i suoi affezionati clienti.
Unica eccezione
alla sua raccolta sono i mobili nuovi in legno pressato dipinto con colori
innaturali.
“Xe mobili
senz’anima” dice Natale “senza color, senza storia, nisun pol conoser da
che pianta i provien”.
Se poi passa
qualcuno disposto a portarsi via il mobile anche così concio per restaurarselo
in proprio Natale è ben contento. In questa maniera ci ha guadagnato subito il
giusto senza perdere tempo e può così essere libero di intraprendere un nuovo
affare.
Nella bottega di
Natale si può incontrare un universo di persone.
Amanti del fai
da te che chiedono un consiglio, l’esercito degli scrocconi che chiede il
piacere di avere in prestito una sgorbia o di un morsetto o di saldare con la
colla di pesce un pezzo di legno.
Lui ha sempre
sul fuoco la colla di pesce e se hai voglia di rispettare i suoi tempi non
rimani deluso.
Natale ha una
pazienza infinita: non dice di no a nessuno un po’ per eccesso di cortesia e un
po’ perché non vuole perdere i clienti.
La bottega di
Natale è anche un ritrovo dove chi non ha fretta può passare del tempo; si può
vedere sempre un gruppo di persone.
Sono lì per
discutere del più o del meno o per verificare se c’è della roba nuova da
mettere in casa o da rivendere per lucrarci qualcosa.
Natale tiene
banco per illustrare le qualità della merce nuova.
Con una lente
d’ingrandimento controlla i particolari, specie se c’è da decifrare la storia
del pezzo.
Natale con
competenza ipotizza le soluzioni possibili per identificare l’autore.
Lui è un amante
oltre che di mobili anche della pittura e della grafica.
Conosce i
pittori e gli artisti della zona ed è in grado di stabilire con certezza anche
il periodo in cui sono stati eseguite le opere. Individua la data di
realizzazione dei quadri dal tipo della tela e della grafica o dei disegni
dalla consistenza della carta .
La sua bottega è
una piccola Atene dove si discute di arte e di artisti che hanno saputo
realizzare un dipinto, una scultura, un tavolo o un cassettone con grande
maestria, di artisti magari non di grande successo ma che hanno saputo
resistere con le opere alla cancellazione della loro memoria da parte del tempo
inesorabile.
Natale coniuga
questo suo amore per l’arte con la pratica commerciale.
Tutti possono
portare da Natale mobili od oggetti da lasciare in conto vendita.
La stima la fa
Natale che mantiene il prezzo entro limiti contenuti per consentire la vendita
in tempi brevi secondo il motto “I schei meio pochi ma subito”.
La bottega non è
molto grande; entrano Presidente e Politicante, gli altri rimangono in macchina
poiché sono stati avvisati dal cellulare che la visita sarà breve.
“Come va
Natale con ste mosche” chiede Politicante.
Saluta poi Aurora,
la moglie di Natale, che è un elemento fisso dell’arredamento della bottega.
Se ne sta lì
gran parte del pomeriggio a guardare Natale che sta parlando con un cliente per
illustrargli le caratteristiche di un tavolo.
Accortosi che la
colla raffredda e che deve sal-dare con urgenza un’anta di una libreria
l’attento restauratore si sposta rapidamente all’altro lato della bottega
scusandosi col suo interlocutore.
Aurora non fa
nulla salvo dare sfoggio della sua cultura sulla pittura locale affermando la
sua passione soprattutto per i pittori che interpretano nelle loro tele il
grande fiume; nel frattempo la figlia Beatrice si industria a colorare delle
cornici.
Lei usa un
tampone per dare dei colpi di colore disomogenei creando un effetto
particolare. La figlia obbediente trova comunque il tempo per annuire alle
affermazioni della madre.
Ama le tele che
ritraggono le rive del grande fiume, i pioppi che popolano i terreni golenali,
le cave di sabbia e il ritorno dei pescatori al tramonto dopo il duro lavoro.
Lei sì si
lamenta delle mosche perché non è distratta da alcuna occupazione, Natale no.
Lui si è
affrettato a mettere le zanzariere alle finestre e alla porta ed ha collocato
una bussola che impedisce, almeno in parte, che con l’ingresso delle persone
entrino anche le mosche.
Natale è tutto
intento al restauro di un vecchio pavimento a quadroni che deve arredare la sua
nuova casa e non può preoccuparsi, dato il suo elevato livello di
concentrazione, dell’indubbio fastidio che gli insetti provocano.
Ha accuratamente
smontato un parquet proveniente da una demolizione: ogni riquadro è
realizzato con legni diversi che compongono un quadrato.
I legni sono di
spessore diverso e non coincidono perfettamente fra di loro.
Natale li ha
lavati, asciugati e piallati per ridurli allo stesso spessore e ha ricomposto
con pazienza infinita il disegno avendo cura che i pezzi si incastrino
perfettamente.
Ha realizzato
una vernice inodore a base di essenza di trementina che emana un odore piace-vole
invece della puzza che di solito lasciano le vernici più dure da parquet
poiché l’appartamento è già in parte abitato.
Questo restauro
lo assorbe completamente.
I problemi
risolti per recuperare il parquet lo entusiasmano.
“Ti ga visto
che spetacolo sto pavimento” dice al Presidente appena lo vede incurante
del fastidio che le mosche gli procurano “Piallar, lavar e meter in sesto
sti quadrati me ga fato girar la testa.”
Con la bussola e
la carta moschicida, che penzola dal soffitto della bottega, Natale ha ridotto
in maniera rilevante il numero di mosche in circolazione nel suo locale. Quelle
residue gli girano intorno alla testa come un’aureola, ma non gli danno
eccessivo fastidio.
Gli insetti
sicuramente disturbano di più Presidente abituato a locali resi sterili
dall’aria condizionata a tutto volume.
Natale è
talmente preso del suo lavoro che non si accorge neppure del ronzio, salvo a
scacciarlo con un gesto meccanico della mano.
E’ come un gatto
sornione che controlla il suo territorio e ogni tanto alza la zampa per
allontanare un noioso intruso. Vive nel suo mondo, felice di fare rivivere
vecchi mobili e di godersi il piacere di ammirare pitture e stampe, del resto
non gli importa granché.
Presidente
invidia la sua grande serenità.
Non può fare le
solite paternali o discorsoni; nel mondo di Natale non hanno senso.
“Ti sta ben
ti al mondo, Natale” gli dice e se ne va.
6.
Capitolo. La casa
della musica.
E’ giunta la
sera e Presidente, riaccompagnati a casa i compagni di viaggio, rimane solo con
l’autista; per finire la giornata in allegria decide di distrarsi andando a
trovare un altro vecchio amico.
La giornata è
stata particolarmente lunga e faticosa.
Giungono, appena
fuori dalla città, in una grande casa padronale che si affaccia su una grande
aia chiusa da un recinto.
A fianco
dell’abitazione principale sono collocate delle case coloniche da una parte e
dei barchessali dall’altra.
Nei barchessali
riposano alcune macchine agricole che hanno smesso da tempo di fare il loro
mestiere.
Viene loro
incontro un cane festoso che scodinzola allegro come se li conoscesse da
sempre.
Con la coda
riesce a scacciare un numero esiguo di mosche, le altre lo seguono, ma deve
esserci abituato e non gli danno fastidio più di tanto.
Dalla casa
provengono i suoni festosi di un gruppo di musicisti.
E’ la casa della
musica di Antonio Zameldi.
La casa è
grande, ci sono una serie di stanze una dentro l’altra; Antonio ha sacrificato
le prime due per potere isolare le mosche che entrano con i suoi numerosi
visitatori.
Antonio è ingegnoso
ed ha, inoltre, limitato il problema dell’entrata degli insetti ponendo dinanzi
alle porte di ingresso dei filamenti di plastica che scendono fino a terra.
I filamenti sono
sottili e spessi come una cortina morbida che avvolge gli ospiti che spariscono
entro di essi con una leggera pressione del corpo mentre le mosche non riescono
a passare non potendo spingere quella massa.
“Ti ga visto
come gavemo risolto il problema dele mosche con un poco de fantasia” gli
dice Antonio che non perde mai la sua calma ed il suo buon umore anche nelle
situazioni più complicate.
E’ forse uno dei
pochi che non si lamenta anche se le mosche gli danno molto fastidio.
Vive quasi
sempre rintanato in casa, ma ciò gli dà piacere.
La forzata
immobilità, infatti, gli ha fatto aumentare la voglia di fare musica.
La casa è grande
e mai come in quel periodo è invasa da musicisti che passano gran parte del
giorno a mangiare, bere e suonare.
E’ un continuo
andare e venire di amici che all’imbrunire, finito il lavoro, lascia ogni altra
occupazione all’aperto, impossibile da svolgersi in quelle condizioni, per
arrivare da Antonio.
Entrano di corsa
affrontando con allegria lo sciame delle mosche che in campagna aumenta di
intensità
Arrivano carichi
di ogni ben di Dio.
Culatelli, salami,
polli, uova e torte: tutto quello che serve per continuare quella kermesse
musicale. La colazione è gentilmente offerta ai musici che si alternano agli
strumenti.
Chi non è capace
di suonare canta e, se è stonato in maniera esagerata, si limita a fare coro.
Presidente non
può fare a meno di complimentarsi con chi ha trasformato l’invasione delle
mosche in un’occasione per divertirsi.
“Bravo Toni
sona per mi: Non ti fidar ” gli sussurra avvicinandosi e dimenticando per
un momento le tensioni della battaglia contro le mosche.
Ama molto quel
motivo che nei tempi in cui l’Organizzazione gli lasciava dei momenti liberi
cantava facendo la seconda voce.
Non sa resistere
e si mette, con i boiardi che sono entrati con lui, a cantare.
E’ difficile
resistere alla forza travolgente delle note che escono dagli strumenti degli
scatenati amici di Antonio.
E’ lui il gran
cerimoniere della Musa che celebra i suoi riti con tutti gli altri che gli
fanno corona.
Lui suona e
canta; nei momenti di raro inter-vallo racconta barzellette per fare riprendere
fiato ai suoi scatenati suonatori.
Antonio
trasmette allegria e buon umore a tutti i commensali; essi sorridono felici,
scordano persino l’attacco delle mosche che devono affrontare ancora
all’uscita.
Antonio ha
dimostrato ancora una volta la sua grande saggezza nell’affrontare la vita per
il suo verso.
Ha trasformato
in allegro un avvenimento ciò che per altri è fonte di angoscia.
Ancora
un paio di canzonette e Presidente esce dal sogno di una vita spensierata per
rituffarsi nei suoi obblighi pubblici.
Deve ritornare a
fare la persona seria e ad interessarsi di problemi seri.
“Ciao Antonio”
saluta e con un tenue rimpianto ritorna a fare il capopopolo.
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6.
Capitolo. Alla
Capitale.
L’onda di piena
arriva, ma poi passa.
Il fiume cattivo
che tutto travolge e non trova nessun ostacolo in grado di fermarlo poi si
quieta perde il suo vigor giustizialista originario. Viene ammansito dagli
avvocati dai ricorsi dai gradi di giudizio.
Anche le più tremende
calamità naturali alla fine finiscono e la vita riprende il suo corso fra le
macerie.
L’importante è
non esser lì ma in una altro posto a godersi il frutto del proprio lavoro.
L’operazione è
talmente piaciuta a Pattona che Presidente dopo un breve periodo di domi-ciliari
è stato rilasciato con tante scuse perché le prove non erano sufficienti per
condannarlo e l’Appello ha confermato l’assoluzione per insufficienza di prove.
Lui, grazie alla
sua esperienza ha trovato subito un nuovo posto di Presidente in un ente della
Capitale che si occupa di niente ma che
garantisce un ottima indennità senza grandi preoccupazioni.
Da lì si possono
seguire altri affari in tutta tranquillità.
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