Ambiente. Disastro ambientale. Misure cautelari personali.
Applicabilità.
In tema di misure cautelari personali, ai fini
della valutazione del pericolo che l'imputato commetta ulteriori reati della
stessa specie, il requisito della "concretezza", cui si richiama
l'art. 274 comma 1 lett. c) c.p.p., non si identifica con quello di
"attualità" derivante dalla riconosciuta esistenza di occasioni
prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, dovendo, al contrario,
essere riconosciuto alla sola condizione, necessaria e sufficiente, che
esistano elementi "concreti" (cioè non meramente congetturali) sulla
base dei quali possa affermarsi che l'imputato, verificandosi l'occasione,
possa facilmente commettere reati che offendono lo stesso bene giuridico di
quello per cui si procede. Cassazione penale, sez. I, 16/01/2013, n. 15667.
E' stato evidenziato, altresì, che il disastro
ambientale era certamente riconducibile anche alla gestione successiva quando il ricorrente è subentrato il gruppo
Riva nella proprietà e nella gestione dello stabilimento siderurgico e che gli
accertamenti effettuati hanno chiarito che l'inquinamento è attuale.
E' risultato che le concrete modalità di gestione
dello stabilimento siderurgico dell'ILVA hanno determinato la contaminazione di
terreni ed acque e di animali destinati all'alimentazione umana in un'area
vastissima che comprende l'abitato di…. e di paesi vicini, nonchè, un'ampia
zona rurale tra i territori di….
Tale contaminazione è tale da integrare, ad
avviso del tribunale, i contestati reati di disastro doloso, omissione dolosa
di cautele contro infortuni sul lavoro, avvelenamento di acque, posti in essere
con condotta sia commissiva che omissiva, con coscienza e volontà per
deliberata scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti che si sono
avvicendati alla guida dell'ILVA i quali hanno continuato a produrre
massicciamente nella inosservanza delle norme di sicurezza con effetti
destinati ad aggravarsi negli anni.
Rilevanti ai fini della valutazione in esame sono
stati ritenuti, quindi, l'entità del danno e del pericolo cagionati
all'ambiente e alla salute dei cittadini, nonchè, la continuità nel tempo dei
fatti illeciti e la natura essenzialmente dolosa delle condotte, oltre ai
notevoli profitti conseguiti omettendo quegli investimenti che dovevano essere
realizzati per ridurre le emissioni inquinanti.
Quanto alla concretezza del pericolo di recidiva
i giudici di merito hanno, invero, messo in luce i comportamenti posti in
essere dai ricorrenti che palesano la reiterazione delle condotte illecite già
da tempo accertate.
Si afferma nell'ordinanza impugnata che le
emissioni che scaturivano dagli impianti, risultate immediatamente evidenti sin
dall'insediamento nel 1995 del gruppo dirigente dello stabilimento ILVA, sono
proseguite successivamente, come emerso in più occasioni, e l'azienda, pur
avendo assunto di volta in volta l'impegno di provvedere alla riduzione delle
emissioni nocive, ha dimostrato poi di non avere ottemperato.
Alla luce di ciò, il tribunale ha, quindi,
sottolineato la pervicacia e la spregiudicatezza dimostrata da R.E. e dal C.,
ma anche da R.N., succeduto alla presidenza del consiglio di amministrazione in
continuità con il padre, che hanno dato prova, nei rispettivi ruoli, di
perseverare nelle condotte delittuose, nonostante la consapevolezza della
gravissima offensività per la comunità e per i lavoratori delle condotte stesse
e delle loro conseguenze penali e ad onta del susseguirsi di pronunzie amministrative
e giudiziali che avevano già evidenziato il grave problema ambientale creato
dalle immissioni dell'industria.
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