lunedì 7 ottobre 2013

Mobbing

Mobbing
L'amico G mi scrive.
HO fatto presente al mio super dirigente galattico che sono stato spostato dal precedente nel settore commerciale ad altro incarico per essere sostituito da u soggetto che ha conseguito risultati molto più modesti( nettamente inferiori ) dei miei utilizzando più risorse.
Mi è stato detto che le situazioni sono mutate e che quindi tutto va bene.
Che fare

Risposta
O tacere o iniziare una causa per mobbing valutandone a pieno le conseguenze.
Il cd. “mobbing viene comunemente definito come il terrore psicologico sul luogo di lavoro. Esso consistente in comunicazione ostile perpetrata in modo sistematico da una o più persone contro un singolo individuo che viene per questo relegato da reiterate attività ostili. Queste azioni rientrano nella definizione di mobbing, qualora siano caratterizzate da un’alta frequenza (almeno una volta alla settimana) e da una durata significativa (almeno sei mesi).
Una forma più attenuata di mobbing è il cd. “Straining” ovvero una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima subisce almeno una azione che ha come conseguenza un effetto negativo nell’ambiente lavorativo, azione che oltre ad essere stressante, è caratterizzata anche da una durata costante.Affinché si possa parlare di straining è dunque sufficiente una singola azione stressante cui seguano effetti negativi duraturi nel tempo (come nel caso di gravissimo demansionamento o di svuotamento di mansioni).
La vittima è in persistente inferiorità rispetto a chi attua lo straining (strainer).

Con sentenza del 3 luglio 2013 n. 28603 i la Cassazione ha riconosciuto una forma più attenuata di mobbing, lo straining, ovvero una situazione di stress forzato sul posto di lavoro


Questa pronuncia della Cassazione ha riconosciuto ad un dipendente di banca, “messo all’angolo” fino a essere relegato a lavorare in uno «sgabuzzino, spoglio e sporco», con «mansioni dequalificanti» e «meramente esecutive e ripetitive»: comportamenti complessivamente ritenuti idonei a dequalificarne la professionalità, comportandone il passaggio da mansioni contrassegnate da una marcata autonomia decisionale a ruoli caratterizzati, per contro, da “bassa e/o nessuna autonomia”, e dunque tali da marginalizzarne, in definitiva, l’attività lavorativa, con un reale svuotamento delle mansioni da lui espletate.

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