Mobbing. Pubblico impiego.
Per "mobbing", in
assenza di una definizione normativa, si intende normalmente una condotta del
datore di lavoro o del superiore gerarchico, complessa, continuata e protratta
nel tempo, tenuta nei confronti di un lavoratore nell'ambiente di lavoro, che
si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e
sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all'ordinaria gestione del
rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o
alla vessazione del lavoratore, tale che ne consegua un effetto lesivo della
sua salute psicofisica. Consiglio
di Stato, sez. IV, 06/08/2013, n. 4135.
Ai fini della configurabilità
della condotta lesiva del datore di lavoro, va accertata la presenza di una
pluralità di elementi costitutivi, dati da: la molteplicità e globalità di
comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche di per sé leciti,
posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il
dipendente secondo un disegno vessatorio; l'evento lesivo della salute
psicofisica del dipendente; il nesso eziologico tra la condotta del datore o
del superiore gerarchico e la lesione dell'integrità psicofisica del
lavoratore; la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio. Si
tratta in fondo di uno schema ricalcato da quello generale di cui all'art. 2043
c.c. e riversato nella situazione particolare in scrutinio.
Come afferma la giurisprudenza
(da ultimo, Consiglio di Stato, sez. VI, 12 marzo 2012 n. 1388), la condotta di
mobbing del datore di lavoro va esposta nei suoi elementi essenziali dal
lavoratore, che non può limitarsi davanti al giudice a genericamente dolersi di
esser vittima di un illecito (ovvero ad allegare l'esistenza di specifici atti
illegittimi), ma deve quanto meno evidenziare qualche concreto elemento in base
al quale il giudice amministrativo, anche con i suoi poteri ufficiosi, possa
verificare la sussistenza nei suoi confronti di un più complessivo disegno
preordinato alla vessazione o alla prevaricazione, in quanto, la pur accertata
esistenza di uno o più atti illegittimi adottati in danno di un lavoratore non
consente di per sé di affermare l'esistenza di un'ipotesi di mobbing, laddove
il lavoratore stesso non alleghi ulteriori e concreti elementi idonei a dimostrare
l'esistenza effettiva di un univoco disegno vessatorio o escludente in suo
proprio danno.
La situazione delineata ora nei
suoi elementi caratterizzanti si evidenzia ora nella questione in esame, dove
l'appellante, rimarcata la circostanza della sottoposizione a tre diversi
trasferimenti, peraltro all'interno della stessa base aerea e quindi senza
movimentazione di sede, ne ha sostenuto (senza allegarne le ragioni né tanto
meno provarle) la loro illegittimità e, soprattutto, non ha evidenziato alcun
elemento (quindi anche qui manca l'allegazione, prima ancora della prova) a
sostegno del sopra citato complessivo disegno preordinato alla vessazione o
alla prevaricazione.
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