Aiuto, mio marito va in pensione!
Da quando è a casa ce l’ho sempre tra i piedi: mette il naso persino dentro
le pentole. “Adesso che non ha problemi di turni e di piani ferie, finalmente
riusciremo a fare dei viaggi che abbiamo progettato da tanto”.
“Speravo che potessimo passare più tempo insieme e invece è sempre via con
gli amici: quasi quasi così era meglio quando andava a lavorare”.
“Oggi sono andata al corso di inglese, poi ripasso insieme a mio marito”.
Andare in pensione è come una nuova partenza, equivale ad aprire una pagina
bianca e iniziare a scriverci sopra. Per tante coppie il distacco di uno dei
due, o di entrambi, dal mondo del lavoro segna l’inizio di una nuova fase
carica di aspettative, che però può anche rivelarsi faticosa e disseminata di
ostacoli.
Non a caso in Giappone dall’inizio degli anni novanta si studia una
particolare malattia, che colpisce soprattutto le donne sposate da molti anni:
si chiama Retired Husband Syndrom, la sindrome da marito in pensione, che
comporta sintomi simili alla depressione e che spesso culmina in pesanti crisi
coniugali.
Un fenomeno che in Italia non raggiunge le dimensioni giapponesi, ma che
comunque merita attenzione, se non altro per la gran quantità di persone
coinvolte: i pensionati oggi sono quasi 12 milioni e il loro numero
cresce di anno in anno.
Che fare quando dall’oggi al domani dall’ufficio o dalla fabbrica si passa
alle mura domestiche e la rigidità degli orari lascia spazio al tempo libero
tutto da inventare?
Che la pensione non sia un passaggio facile per la vita di una coppia lo
pensa la psicologa e la psicoterapeuta Lucia Pelamatti, direttrice di un
consultorio familiare a Breno, in provincia di Brescia.
“E’ per questo che ci si deve preparare per tempo” aggiunge. “Ho
conosciuto tante coppie, prosegue l’autrice di ‘Pensare bene rende giovani’ (Ed
s. Paolo), il cui equilibrio, raggiunto dopo anni di convivenza, si è rotto in
un attimo con il pensionamento di uno dei due, quasi sempre il marito. In certe
case si creano conflitti e tensioni tali da portare alla rottura della coppia e
alla separazione anche in età avanzata”.
Casi isolati, ma molto più diffuso è il malessere da un lato dell’uomo, che
si trova a gestire una libertà apparentemente infinita, e dall’altro dalla
moglie, che vede invece comprimersi gli spazi e i tempi a sua disposizione.
Va cercato un equilibrio flessibile.
Il segreto è non arrivare all’appuntamento con la pensione sprovvisti di
“mezzi” per affrontarla. Per prepararsi per tempo è necessario “imparare a
lasciare”, come suggerisce Beppe Sivelli, docente di psicologia clinica
all’università di Parma e presidente dell’Ucipem, l’Unione consultori italiani
prematrimoniali e matrimoniali, fondata giusto quarant’anni fa, nel 1968, e
attualmente presente in sedici regioni italiane con 76 consultori e circa 1.500
operatori.
“Per affrontare serenamente questo momento, aggiunge Sivelli, è
fondamentale che la coppia sia in grado di modificarsi; il suo è, infatti, un
equilibrio in evoluzione che richiede flessibilità a entrambi i partner”.
In particolare, ancora una volta soprattutto per l’uomo, è necessario
“educarsi al cambiamento, non irrigidendosi entro schemi cristallizzati. Per
molti, riprende Sivelli, la pensione coincide con una perdita di ruolo.
Soprattutto se si è stati dirigenti o comunque capi, smettere di lavorare mette
a dura prova la salute psicologica ed emotiva. Di colpo non ci sono più
riunioni, progetti, ordini da impartire e questo può essere anche fonte di
grave stress”.
Entrare nella logica del dono.
In questo caso, il consiglio dell’esperto è uscire dalla “logica
mercantile”, che misura il valore di una persona sulla base dei risultati che
consegue, per entrare nella logica del dono.
“In questa fase, ricorda il presidente dell’Ucipem, si può recuperare il
piacere di darsi del tempo, dedicandosi, come già suggeriva Platone, alle “cose
di maggior valore”, godendo maggiormente della presenza dell’altro.
La pensione regala più tempo per le tante parole non dette e per i molti
gesti non compiuti. La vita di copia è, insomma, un laboratorio costante, dove
c’è sempre tanto da fare”.
E’ bene regolare le distanze.
L’importante è, come suggerisce Mariateresa Zattoni, pedagogista e membro
della Consulta nazionale della famiglia della Cei, saper “regolare le distanze”.
“Il pensionamento, spiega l’autrice di “Il nonno e il laureato”, edito da s.
Paolo, può diventare il cavallo di Troia che entra nella cittadella segreta del
legame di copia. Fa cioè scoppiare desideri, fantasie e aspettative che, se non
soddisfatti, possono aprire crisi anche gravi”.
Qui entra in gioco, appunto, la “regolazione delle distanze”, prassi che
dovrebbe consolidarsi durante l’intero arco di vita della copia.
“Ci sono momenti che richiedono distanze ravvicinate e altri che, invece,
hanno bisogno di spazi più larghi. Questo diventa ancor più importante nell’età
del pensionamento, quando la coppia deve reinventarsi il rapporto, non dando
nulla per scontato e acquisito una volta per sempre”.
Questa è anche la fase del “nido vuoto”, quando i figli lasciano la casa
paterna che così si scopre improvvisamente troppo grande per i due anziani
genitori.
“La coppia, spiega Zattoni, si sente scoperta e vulnerabile e, senza più
figli da accudire e con nipoti che sempre di più tardano ad arrivare, è come se
non avesse più niente da fare e più nulla da dire. Invece, il nido non deve
essere vuoto, ma riempito di nuove possibilità, di ciò che si è desiderato ma
che non è mai riusciti a realizzare”.
Lo hanno capito bene le signore , conosciute da Mariateresa Zattoni, che,
dopo essere andate in pensione, si sono buttate in molteplici attività
(lavoretti per le missioni, assistenza a persone sole, collaborazione con gli
uffici caritàs e immigrazione, accoglienza ai bisognosi di qualsiasi
estradizione e cultura, ecc…), riuscendo , in qualche caso, a coinvolgere i
mariti. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, “fare cose insieme” è
meno importante che “condividere con il partner i frutti di queste attività”,
riportando a casa ciò che di buono e positivo si è vissuto.
La coppia diventa una squadra.
Essere felici aiutando gli altri (per aiutare anche un po’ se stessi) è il
consiglio di un altro psicoterapeuta, Franco
Voli, italiano ma da anni residente in Spagna, che su questi argomenti ha
scritto un saggio per Franco Angeli, significativamente intitolato “Da oggi in
pensione! Come riappropriarsi della vita quando si smette di lavorare”.
La tesi di fondo di questo lavoro è che la coppia deve diventare una
squadra per raggiungere un benessere condiviso da entrambi i coniugi.
“Insieme, scrive Voli, abbiamo la possibilità di trasformare la nostra
coppia in una squadra che si impegna a rafforzare il dialogo, la comunicazione,
l’ascolto, la tolleranza, la comprensione, il perdona e tutti gli altri valori
fondamentali della convivenza. Agendo come una squadra, possiamo cercare di
superare insieme le insoddisfazioni e i malintesi che finora hanno ostacolato
il nostro modo di rapportarci ai diversi contesti con cui ci relazioniamo”.
La pensione va quindi vissuta come “un’opportunità”, evitando il
“vittimismo” e senza ripensare troppo “ai bei tempi andati”.
“Creare un ambiente favorevole, ricorda Franco Voli, è il primo lavoro da
fare all’interno della coppia. Dare più spazio al dialogo attraverso relazioni
più efficaci, farsi più spesso i complimenti, ascoltare e mostre affetto e
sostegno, sono tutte azioni positive. In fondo, stiamo parlando della persona
con cui vogliamo invecchiare il più serenamente possibile. Ho applicato questi
principi al rapporto con mia moglie e, insieme, abbiamo scoperto nuove
occasioni e possibilità prima nemmeno considerate. E posso assicurare che fare
queste scoperte in due è piacevole e gratificante. Anche da pensionati”.
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