L’amministratore
di condominio deve agire contro i codomini morosi entro sei mesi dalla chiusura
dell’esercizio annuale relativo alle quote non pagate. Egli può ottenere un
decreto di ingiunzione al pagamento, immediatamente esecutivo, emesso sulla
base dello stato di ripartizione approvato dall’assemblea. A tal fine
non è necessaria la preventiva autorizzazione dell’assemblea: l’amministratore,
insomma, non ha l’obbligo di mettere prima in mora il condomino inadempiente,
neanche quando lo preveda una clausola del regolamento di condominio .
In linea di principio le
delibere dell’assemblea di condominio prese a norma degli articoli del codice
civile sono obbligatorie per tutti i condomini. Qualora dette deliberazioni
risultino contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino
assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria, chiedendone
l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data
della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione
della deliberazione per gli assenti. In forza del disposto dell’art. 71-quater,
c. 1, disp. att. c.c., l’azione d’impugnazione di cui all’art. 1137 c.c.
rientra a pieno titolo tra le controversie che soggiacciono all’obbligo del
previo tentativo di conciliazione, cosicché il soggetto interessato a promuovere
la relativa azione dovrà, prima, presentare una domanda di mediazione innanzi
ad un organismo competente e, solo in caso d’infruttuoso successo della
procedura conciliativa, egli sarà legittimato ad adire l’autorità giudiziaria.
La riforma del
condominio ha reso più celere l’azione dell’amministratore per il recupero dei
crediti condominiali.
All’amministratore
non serve l’autorizzazione dell’assemblea per ottenere un decreto ingiuntivo
immediatamente esecutivo per riscuotere i crediti dai condomini morosi.
Attenzione però: l’amministratore può agire sì contro i condomini morosi senza
l’autorizzazione dell’assemblea, ma solo per le spese che siano state già approvate
dall’assemblea stessa.
Il decreto
ingiuntivo, infatti, può essere emesso solo se si dà la prova scritta del
diritto fatto valere; prova scritta che, nel nostro caso, è data dal documento
con cui l’assemblea condominiale ha approvato le spese (poi non pagate dai
condomini contro i quali si agisce). Si tenga presente che i crediti del
condominio nei confronti dei condomini nascenti da delibere diverse e relativi
a spese diverse, non costituiscono un “unico” credito. Essi devono, invece, essere
considerati come una pluralità di crediti, fra le stesse parti, ma con titolo e
causa diversi [2]. Ciò significa che l’amministratore può dover agire con
diversi decreti ingiuntivi sulla base di diverse delibere assembleari e
relativamente a oneri condominiali diversi (per es. per il pagamento dei lavori
di ristrutturazione del palazzo e per quello delle spese di manutenzione
dell’ascensore). Per evitare che i rapporti di amicizia portassero gli
amministratori più “morbidi” a desistere dall’intraprendere azioni esecutive
nei confronti dei condomini morosi, la riforma ha imposto all’amministratore
medesimo l’obbligo di riscuotere – anche giudizialmente – gli oneri non
corrisposti entro 6 mesi dalla chiusura del bilancio di esercizio nel quale è
compreso il credito esigibile. Tuttavia l’amministratore che non avvia la
procedura esecutiva per riscuotere le quote dai condomini morosi non commette
automaticamente un atto di cattiva gestione. Secondo la Cassazione [3],
infatti, l’amministratore assolve il proprio dovere senza incorrere in
responsabilità quando prova di avere notificato ai condomini morosi almeno gli
atti di precetto. Il non avere intrapreso la procedura esecutiva vera e propria
può giustificarsi sulla base della non sicura solvibilità dei condomini.
Obblighi del condominio nei confronti di terzi e responsabilità dei condòmini
morosi La responsabilità dei condomini per le obbligazioni assunte dal
condominio nei confronti di terzi (per esempio nei confronti degli enti
erogatori di energia elettrica, acqua ecc.) era governata in passato dalla
regola della solidarietà tra condomini: in caso di morosità il creditore poteva
agire per l’intero importo direttamente nei confronti di un solo condomino il
quale, a sua volta, poteva rivalersi pro quota, nei confronti dei morosi.
Le Sezioni Unite della Cassazione avevano ribaltato tale regola
introducendo quella della parziarietà: ogni condomino rispondeva dei debiti
soltanto per la propria quota di competenza.
In altre
parole, il creditore poteva agire nei confronti di ogni singolo condomino, ma
chiedendo a questi solo la somma che quest’ultimo era tenuto a versare in
ragione della ripartizione delle spese, ossia secondo i millesimi di proprietà.
La riforma del condominio ha ora reintrodotto la solidarietà del debito
del condominio, precisando, però, che i creditori devono agire innanzitutto nei
confronti del condomino moroso – ossia di quello non in regola con il pagamento
degli oneri condominiali – e solo nel caso in cui sia impossibile soddisfarsi
sul patrimonio di quest’ultimo, possono rivolgersi ai condomini in regola.
L'avvocato della ditta deve
agire prima nei confronti del condomino moroso e, solo dopo aver dimostrato di
aver esperito inutilmente attività di recupero del credito nei confronti del
moroso, potrà rivalersi nei confronti dei vari condomini in regola soltanto per
la propria quota di competenza.
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