A seguito dell'espletata istruttoria, è emerso che il
ricorrente aveva ricevuto dall'azienda agricola … reflui zootecnici provenienti
da liquame bovino contenenti azoto che poi impiegava a scopo di fertirrigazione
su un terreno da lui condotto in affitto. Lo spandimento avveniva sulla base di
un piano di utilizzazione agronomica (d'ora in poi PUA) secondo il quale entro
il 10 novembre 2010 avrebbero potuto essere versati al massimo 729,94 m 3di
effluenti. Tuttavia, a partire dal 3 novembre 2 Corte di Cassazione - copia non
ufficiale 2010 e nei giorni immediatamente successivi, personale della polizia
municipale constatò un intenso traffico di tre autobotti della capacità di 200
quintali che effettuavano numerosi viaggi tra l'azienda agricola e il fondo del
ricorrente.
Gli operanti si recarono presso la azienda e
fotografarono le vasche di accumulo contenenti i reflui utilizzati dal
ricorrente per lo spandimento, della capacità di 1789 m 3e del diametro di
20,46 metri ciascuna, trovandole quasi trascinanti. A seguito di una seconda
verifica, notarono che il livello delle vasche si era decisamente abbassato
sotto la soglia di tracimazione e nei giorni immediatamente seguenti furono
ancora notate le autobotti effettuare una grande quantità di viaggi per quattro
o cinque ore continue, alternandosi tra loro, tra l'azienda ed il terreno, dove
veniva versato il contenuto delle botti. Infine gli operanti verificarono che
il livello delle vasche di accumulo si era ulteriormente e sensibilmente
abbassato di circa 3 metri, per valore indicativo di reflui prelevati pari a
circa 1800 m 3e venne inoltre accertato che il ricorrente era l'unico soggetto
che si riforniva da quelle vasche.
Sulla base delle predette risultanze processuali è stato
ritenuto che il ricorrente avesse operato lo spandimento oltre i limiti
quantitativi consentiti, essendo risultato che egli aveva acquistato azoto
proveniente da refluo zootecnico pari a 16.418,93 m 3 di liquame bovino mentre
nel PUA era indicata la quantità massima che era possibile espandere nel mese
di novembre 2010 pari a 729,94 m 3nel terreno oggetto della contestazione.
Il tribunale è pervenuto alla conclusione che questa
soglia fosse stata ampiamente superata sul rilievo che fu verificato un intenso
traffico di ben tre autobotti nell'arco di pochi giorni (dal 3 al 7 novembre)
che durò diverse ore ed il cui tragitto era sempre il medesimo.
Il ricorrente era
l'unico soggetto che si riforniva da quell'azienda. Si trattava di autobotti
della capienza ciascuno di 200 quintali, come risulta dal registro dei mezzi,
e, per evidenti ragioni di economicità, è stato ritenuto del tutto verosimile
che C viaggi non venissero effettuati a metà carico ma utilizzando la massima
capacità disponibile delle cisterne. Contestualmente vi fu la diminuzione
sostanziale del livello delle vasche da cui le autobotti si approvvigionavano,
stimata in circa 1800 m 3sulla scorta dell'abbassamento documentato con i
rilievi fotografici. Il tribunale ha pertanto ritenuto trattarsi di una
valutazione attendibile perché il diametro di ciascuna vasca era di 20,46 m
mentre l'abbassamento del livello dei reflui era pari a circa 3 metri. A tale
approdo, il giudice del merito è giunto anche applicando la formula matematica
per il calcolo del volume mancante e ribadendo che la frequenza dei viaggi
effettuati tra il 3 e il 7 novembre moltiplicata per la capacità delle 3 Corte
di Cassazione - copia non ufficiale autobotti denotava l'intenzione di spandere
una grande quantità di reflui prima che scattasse il divieto a partire dal 10
del mese, oltre il quale il solo fatto di trasportare di liquami era vietato.
Al cospetto di una motivazione adeguata e completa, priva di vizi logici, il
ricorrente solleva censure fattuali non consentite nel giudizio di legittimità
obiettando che il tribunale avrebbe conseguito la prova del superamento dei
limiti quantitativi sulla base di presunzioni, senza che fosse stato fatto
alcun rilievo in ordine al contenuto sulle autobotti e sulle vasche a cielo
aperto dalle quali provenivano i liquami. Tuttavia il ricorrente omette di
confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata e con i rigorosi
passaggi argomentativi utilizzati dal giudice del merito sulla base delle
evidenze disponibili ed in precedenza riassunti, connotandosi, in tal modo, il
motivo proposto per la sua assoluta genericità. Correttamente quindi il
tribunale ha ritenuto che il ricorrente effettuò pratiche di fertirrigazione
superando i limiti quantitativi imposti dalla PUA incorrendo nella violazione
contestata posto che, in tema di tutela delle acque dall'inquinamento,
l'utilizzazione agronomica dei reflui provenienti da attività d'allevamento del
bestiame, al di fuori dei casi o dei limiti consentiti, continua ad integrare
il reato previsto dall'art. 137, comma quattordicesimo, del D.Lgs. n. 152 del
2006 (Sez. 3, n. 26532 del 21/05/2008 Calderone, Rv. 240553). 3.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte
ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di
sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della
Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non
vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza
"versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata
in via equitativa, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Cass. Pen. Penale Sent. Sez. 3 Num. 38779 Anno 2015
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