Il
comune, con provvedimento del 25 luglio 2014, prot. 11717, ha dichiarato non
idonea la segnalazione certificata presentata dalla ricorrente il precedente 24
marzo 2014 a produrre gli effetti di abilitazione all’esercizio di attività
ricettiva di “Affittacamere” per
la seguente motivazione: “… la capacità ricettiva … dichiarata è superiore a
quella consentita. In particolare … non è possibile ubicare posti letto in
camere provviste di angolo cottura e che ai sensi del Regolamento di edilizia …
le civili abitazioni debbono essere dotate di ambiente soggiorno con superficie
non inferiore ai 14 mq e di ambiente cucina con cubatura non inferiore ai 15 mc
oppure di ambiente soggiorno con superficie non inferiore ai 14 mq con angolo
cottura”
La
ricorrente censura il provvedimento assumendo:
-violazione
degli artt. 19 e 20 della L. n. 241 del 1990: il silenzio serbato
dall’Amministrazione sulla SCIA equivale ad accoglimento della domanda;
l’amministrazione ha rimosso gli effetti della SCIA in carenza di potere;
-mancata
conformazione alla circolare interpretativa interna prot. 2494, datata 8
febbraio 2013 ed al parere interno prot. 100063 del 3 dicembre 2012.
-erronea
applicazione del Regolamento Regione Lazio n. 16 del 24/10/2008.
La
società ricorrente, al fine dichiarato di adibire l’immobile de quo di affittacamere, prima
di presentare la SCIA al SUAP ed iniziare così lo svolgimento dell’attività di affittacamere, aveva
eseguito lavori interni agli appartamenti mantenendone l’uso residenziale
mediante una diversa distribuzione interna dei locali per rendere gli stessi
funzionali all’utilizzo di una attività di affittacamere (lavori
assentiti con SCIA del 26/9/2013 e successiva variante);
-in data
30 ottobre 2013, l’Amministrazione capitolina aveva eseguito un
sopralluogo
nell’unità immobiliare rilevando nella stessa difformità rispetto alla SCIA;
-il 12
marzo 2014, la società ricorrente ha trasmesso una nota al Comune con la quale
“... in relazione all’immobile sito in Roma comunica che in esso esercita
un’attività di affittacamere e
temporaneamente, per la durata dell’attività, utilizzerà il vano soggiorno come
camera da letto a 2 posti come si evince dai grafici allegati ...”.
Sul
presupposto che l’unità immobiliare in questione avesse perso i requisiti
strutturali minimi di legge per la civile abitazione, Roma Capitale ha adottato
l’impugnato provvedimento.
Il
ricorso è fondato nei sensi che seguono.
L’attività
di affittacamere è
disciplinata dai Regolamenti Regione Lazio n. 16 del 24/10/2008 e n. 18 del
21/09/2009.
Ai sensi
dell’art. 2 del Regolamento Regionale n. 16 del 24/10/2008, s’intendono per Affittacamere le “ strutture composte da non più di
sei camere, ubicate in non più di due appartamenti ammobiliati di uno stesso
stabile, collegati funzionalmente tra loro, nelle quali sono forniti alloggio
ed eventualmente servizi complementari. L'utilizzo degli appartamenti a tale
scopo non comporta il cambio di destinazione d'uso ai fini urbanistici”.
Al
successivo art. 4 vengono fissati i requisiti minimi funzionali e strutturali
che gli “Affittacamere” devono
possedere.
In
particolare:
-il
primo comma, lett. a) stabilisce che le attività in argomento sono esercitate
in “locali in possesso dei requisiti previsti per la civile abitazione dalla
normativa vigente in materia edilizia ed igienico-sanitaria”;
-la
successiva lett. f) precisa che la struttura in parola deve possedere “una o
più sale destinate alla somministrazione e al consumo di alimenti e bevande per
una superficie complessiva di almeno 16 metri quadrati, ove tale servizio sia
fornito”.
Roma
Capitale contesta alla ricorrente rilievi di natura edilizia (la capacità
ricettiva dell’immobile è stata ritenuta superiore rispetto a quella
consentita), muovendo dal presupposto che le civili abitazioni devono scontare
determinati parametri funzionali, meglio individuati nel Regolamento di
Edilizia.
Il
Collegio non può esimersi dal rilevare la carenza di una chiara e sufficiente
disciplina di pianificazione locale dell’attività di “affittacamere”.
Tanto
più che l’art. 6 delle N.T.A. del nuovo P.R.G. di Roma Capitale contempla, tra
le destinazioni d’uso previste, quella Turistico-ricettiva che, al suo interno,
prevede la sottocategoria di “Strutture ricettive extra alberghiere (fino a 60
posti letto e ostelli: CU/b; oltre 60 posti letto: C.U/m”.
Disciplina,
questa, che l’intimata Amministrazione, potrebbe valorizzare per trovare una
diversa e definitiva soluzione al problema.
Tuttavia
- tenuto anche conto del principio per cui se all’interno di una determinata
zonizzazione non è contemplata una specifica destinazione d’uso la stessa non
può ritenersi per ciò solo incompatibile con l’assetto del territorio, dovendo
in questo caso scontare l’intervento una rigorosa verifica, in concreto, dei
requisiti tecnico-urbanistici previsti dalle norme tecniche di attuazione - il
Collegio ritiene, più in particolare, che il Regolamento regionale n 16 del
2008 (art. 2) consenta e reputi ammissibile, nell’ambito della medesima
destinazione edilizia di civile abitazione, anche usi urbanistici compatibili
che si riflettono sulle caratteristiche funzionali dell’immobile senza che
questo perda le sue attitudini originarie.
Sotto
questo profilo, deve annotarsi che l’Amministrazione comunale ha erroneamente
obnubilato, nella circostanza, il fatto che l’immobile in questione aveva
formato oggetto di opere edilizie finalizzate all’adeguamento dell’immobile per
uso affittacamere.
Modifica
funzionale da ritenersi non impedita - per il principio sopra enucleato, in
assenza di una diversa disciplina pianificatoria locale sull’attività di “affittacamere” ed in presenza del chiaro
disposto normativo di cui all’art. 2 del Regolamento regionale n. 16 del 2008 -
all’interno della medesima categoria urbanistica di appartenenza dell’immobile
(uso residenziale – civile abitazione).
Applicando
le prefate coordinate alla particolarità della fattispecie in esame, e tenuto
conto della normativa regionale in materia di Affittacamere e
di quella locale in materia edilizia ed urbanistica, il Collegio deduce che:
-“l’utilizzo
degli appartamenti a tale scopo (Affittacamere)
non comporta il cambio di destinazione d’uso a fini urbanistici”: mantenendosi
pertanto, ex lege, l’uso a civile abitazione per tutto il tempo di
utilizzazione dell’immobile a scopo di Affittacamere;
-i
requisiti minimi funzionali e strutturali previsti per la civile abitazione
dalla normativa vigente in materia edilizia ed igienico sanitaria riguardano
esclusivamente i locali all’interno dell’appartamento (superficie minima delle
camere), non già la struttura ovvero l’unità immobiliare complessivamente
intesa (v. art. 4, c. 1, lett. a), f) della L.R. n. 16 del2008);
-la
fornitura dei servizi complementari (id est, vitto), è solo eventuale.
Orbene,
la ricorrente utilizza per l’attività di affittacamere cinque
camere senza utilizzazione di angolo cottura e senza fornire servizi
complementari di somministrazione.
Dagli artt.
2 e 4 del Regolamento comunale n. 16/2008 si evince, invero, che l’affittacamere deve
avere il requisito della civile abitazione e che i lavori edili funzionali allo
svolgimento di tale attività non comportano il cambio di destinazione d’uso.
Sennonché,
osserva il Collegio, se sono consentiti lavori edili, purché funzionali allo
svolgimento di tale attività, e se gli stessi non comportano il cambiamento di
destinazione d’uso, deve ritenersi implicita la possibilità di eseguire quei
lavori, anche strutturali, ma che siano compatibili, anzi funzionali alle
caratteristiche prescritte nell’art. 2 del Regolamento Regionale n. 16 del
24/10/2008.
Il
Collegio ritiene, alla stregua di quanto sopra argomentato, che l’attuale
disciplina contenuta nel Regolamento regionale e nella pianificazione locale in
materia di edilizia ed urbanistica di Roma Capitale non osti alla utilizzazione
degli appartamenti de quibus (a destinazione civile abitazione) per attività di Affittacamere, nei
quali sia stato assicurato il rispetto dei requisiti minimi funzionali e
strutturali previsti per la specifica tipologia funzionale dei singoli locali
(superficie camere); con l’ulteriore precisazione che in mancanza di servizi
complementari (mancata fornitura del servizio di somministrazione) neppure
s’appalesa indispensabile, per come previsto dal Regolamento Regionale n. 16
del 2008, la presenza di stanza soggiorno o angolo cottura, dovendo appunto
distinguersi tra requisiti previsti per la civile abitazione e quelli per
l’attività extralberghiera.
E’
evidente che, una volta cessata l’attività di Affittacamere, sarà fatto obbligo al proprietario di ripristinare
l’immobile secondo le caratteristiche proprie originarie.
Ne
consegue, per quanto sin qui argomentato, la fondatezza del ricorso in esame
nei sensi e precisazioni sopra indicati; fatte salve, in ogni caso, le
ulteriori determinazioni dell’Amministrazione.
TAR Lazio, Sezione Seconda Ter, 16 aprile 2015, n.7641/2015
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