Consiglio di Stato, Sezione Sesta, 6.10.2015, n. 5856
1.– La
sig.ra ha impugnato, innanzi al
Tribunale amministrativo regionale per la Campania i provvedimenti, adottati
dal Comune di annullamento dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività diaffittacamere e
il provvedimento di rigetto della domanda di condono edilizio relativa a
determinare opere effettuate dall’appellante stessa.
Con il
primo provvedimento, il Comune ha annullato le autorizzazioni rilasciate per le
seguenti ragioni:
a) «indisponibilità
giuridica, all’atto della presentazione delle domande, degli immobili destinati
a dette attività, discendente dai sequestri del 9 febbraio 2004, del 16 marzo
2004 e del 1° ottobre 2004, mai revocati dall’autorità giudiziaria al punto che
in data 10 febbraio 2013 è stata contestata la violazione dei sigilli e
disposto un ulteriore sequestro giudiziario»;
b) «per
la non conformità urbanistico-edilizia dei medesimi immobili destinati alle
attività in contestazione»;
c) «per
la mancata presentazione delle situazioni sub a e sub b, all’atto della
presentazione delle istanze di autorizzazioni e licenze (...);in particolare, per non avere rappresentato,
all’atto delle rispettive domande, che gli immobili, indicati come residenza da
adibire ad attività di affittacamere, non erano in realtà residenziali (abitazioni), in quanto
fin dalla data del 31 marzo 2003 erano stati illegittimamente trasformati a
destinazione alberghiera, come in tale senso dichiarato nelle sopra richiamate
domande di condono».
Con il
secondo provvedimento il Comune ha esaminato talune domande di condono,
rigettandole. Come si dirà oltre, tale provvedimento non ha riguardato domande
presentate dalla sig.ra Sorrentino.
3.3.– La
causa è stata decisa all’esito della udienza pubblica del 6 ottobre 2014. In
tale udienza, il Comune si è opposto al rinvio, facendo presente che l’atto di
avvio del procedimento è dipeso dalla mancanza conoscenza da parte del
funzionario preposto della pendenza dell’appello.
4.–
L’appello è infondato.
4.1.–
L’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza per le seguenti ragioni:
a) la
questione della mancanza di opere edilizie nelle sei camere non sarebbe motivo
posto a base del provvedimento impugnato;
b)
l’indisponibilità giuridica sarebbe conseguenza dei sequestri giudiziari
risultanti esistenti all’atto dell’adozione del provvedimento di annullamento
impugnato;
c) la
non conformità urbanistico-edilizia, conseguente alla pluralità di abusi
esistenti sul fabbricato nel corso del 2004;
d) la
falsa rappresentazione dei dati di cui alle lettere b) e c) da parte
dell’appellata al momento della presentazione della domanda di autorizzazione.
L’appellante
critica, inoltre, la sentenza nella parte in cui ha ritenuto assimilabile
l’attività di affittacamere a
quella alberghiera, in ragione della diversità tipologica delle attività.
Inoltre, si rileva come la parte appellata aveva presentato, nel 2004, «istanza
di condono edilizio nella quale dichiarava che il fabbricato (…) era da destinarsi ad attività alberghiera, tale essendo la
finalità delle opere edili autorizzate senza permesso».
I motivi
non sono fondati.
In
relazione al punto a), il preteso errore del primo giudice nel valutare un
profilo non oggetto del provvedimento impugnato non ha rilevanza ai fini della
presente decisione.
In
relazione al punto b), a parte l‘effettiva esistenza della perdurante efficacia
dei sequestri, tale provvedimenti, come bene mette in rilievo l’appellata,
esistevano comunque al momento del rilascio dell’autorizzazione; e non viene
indicata alcuna ragione che giustifichi l’annullamento nel 2013.
In
relazione al punto c), è sufficiente rilevare che la questione edilizia è stata
affrontata in modo indebito dal Comune, come sopra risulta: con la conseguenza
che non può, allo stato, costituire valida ragione di annullamento
dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività commerciale.
In
relazione al punto d), alla luce di quanto esposto non risultano omissioni
ingannevoli al momento della domanda di autorizzazione per giustificare
l’annullamento dell’atto autorizzatorio rilasciato. Per l’asserita falsità per
la mancata comunicazione circa la destinazione dei beni a finalità alberghiera
e non di affittacamere, si deve anzitutto rilevare che l'attività di affittacamere, pur
differenziandosi da quella alberghiera per le dimensioni modeste, richiede non
solo la cessione del godimento di un locale ammobiliato e provvisto delle
necessarie somministrazioni (luce, acqua, ecc.), ma anche la prestazione di
servizi personali, quali il riassetto del locale stesso e la fornitura della
biancheria da letto e da bagno (cfr. Cass., II, 8 novembre 2010, n. 22665).
Alla
luce di tale orientamento giurisprudenziale, deve ritenersi che (a prescindere
dall’effettività del mutamento di destinazione e dalla valenza della rinuncia
alla domanda di condono da parte dell’appellante, successivamente intervenuta)
non sussiste la radicale oggettiva diversità tra le due modalità di
destinazione denunciata dall’appellante. Si tenga conto, inoltre, che la legge
della Regione Campania 24 novembre 2001, n. 17 (Disciplina delle strutture
ricettive extralberghiere) dispone che, in caso di gestione delle camere
secondo modalità differenti da quelle autorizzate dalla legge, si applicano
soltanto sanzioni pecuniarie. In definitiva, non è configurabile una falsa
rappresentazione in ordine al denunciato cambio di destinazione dell’immobile,
considerata la parziale sovrapposizione tra le due forme di destinazione e la
circostanza che l’eventuale impiego del bene secondo modalità parzialmente
diverse da quelle che configurano l’”affittacamere”
comporta l’applicazione di una sanzione pecuniaria. 5.– Per le ragioni sin qui
esposte, i provvedimenti impugnati risultano privi di un’adeguata motivazione e
di istruttoria, sono illegittimi e vanno annullati.
Nessun commento:
Posta un commento