La comunicazione
dell’avvio del procedimento.
L'amministrazione
è tenuta, ai sensi dell'art. 7 della l. 241/1990, a dare comunicazione
dell’avvio del procedimento.
L’obbligo alla
comunicazione dell’avvio può essere evitato solo in presenza di particolari
motivazioni da parte dell’amministrazione e rafforza implicitamente anche
l’obbligo al provvedimento espresso:
L'avvio del
procedimento deve essere comunicato ai soggetti nei confronti dei quali il
provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per
legge debbono intervenirvi.
La norma precisa
la facoltà dell'amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione
delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari, ex art. 7, l. 7.8.1990, n. 241.
La
giurisprudenza ha precisato che il provvedimento di sospensione facoltativa dal
servizio adottato dall'Amministrazione nei confronti del dipendente civile o
militare, sottoposto a procedimento penale, ha natura cautelare e, in quanto
tale, non necessita della previa comunicazione di inizio del procedimento.
Va
aggiunto che l'art. 21 octies , l.
241/1990 stabilisce che il provvedimento non è annullabile per mancanza di
avvio del procedimento qualora l'Amministrazione dimostri in giudizio che il
contenuto del provvedimento stesso non avrebbe potuto essere diverso da quello
in concreto adottato. (T.A.R. Campania Napoli, sez.
IV, 3.8.2009, n. 4622).
La dottrina
distingue fra procedimenti ex officio e procedimenti ad istanza di parte
affermando che nei procedimenti ad iniziativa di parte non è necessaria la
comunicazione di avvio di procedimento poiché il privato, consegnando la
richiesta, accerta da sé medesimo l’inizio del procedimento. L'omessa comunicazione non
assume efficacia viziante nel caso di procedimenti a istanza di parte, laddove
l'interessato è già a conoscenza dell'avvio del procedimento,
avendolo egli stesso provocato. (Cons. Stato , sez. IV, 7.4.2010,
n. 1986).
L'amministrazione
provvede a dare notizia dell'avvio del procedimento mediante comunicazione
personale.
Nella
comunicazione debbono essere indicati:
a)
l'amministrazione competente;
b) l'oggetto del
procedimento promosso;
c) l'ufficio e
la persona responsabile del procedimento;
c-bis) la data
entro la quale, secondo i termini previsti dall'articolo 2, commi 2 o 3, deve
concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia
dell'amministrazione;
c-ter) nei
procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa
istanza;
d) l'ufficio in
cui si può prendere visione degli atti, ex
art. 8, l. 241/1990, mod. art. 5, l. 15/2005.
La formulazione
della norma prevede tuttavia che la comunicazione di avvio debba riportare la
data di presentazione dell’istanza di parte. Da ciò si desume che la
comunicazione di avvio è necessaria anche per i procedimenti ad iniziativa di
parte (Sempreviva M.T., Il procedimento amministrativo, in Caringella F.
(a cura di) Corso di diritto amministrativo, 2004, 1439).
La
giurisprudenza estende l’obbligo di comunicazione ai terzi che possono avere
pregiudizio dall’accesso.
Essa
ha precisato che l'art. 32, d.p.r. n. 395 del 1995 non è norma posta a tutela
del dipendente, ma del sindacato.
Al
dipendente va data l'informazione del procedimento disciplinare mediante
l'atto di contestazione degli addebiti. La distinta informativa all'Amministrazione
centrale, affinché a sua volta ne informi il sindacato, nel caso di procedimento
disciplinare nei confronti del dirigente sindacale, non è preordinata a
tutelare il dirigente sindacale, ma l'interesse del sindacato, che, ricevendo
tale informativa, può verificare se i dirigenti sindacali sono destinatari di
procedimenti disciplinari pretestuosi e antisindacali.
In
definitiva, l'informativa al sindacato costituisce un avviso di avvio del
procedimento,
eccezionalmente rivolto non al destinatario del procedimento medesimo, ma ad un soggetto
terzo
portatore di un interesse strumentale. (Cons. Stato , sez. VI, 24.9.
2009, n. 5723)
Il cittadino ha
un interesse qualificato, in relazione al suo diritto alla difesa, a prendere
visione di tutti gli atti di un procedimento che lo riguarda, anche se
rientranti nell'attività meramente preparatoria, pure non necessaria, che
generalmente precede l'inizio del procedimento amministrativo e sebbene essi
non assumano un'autonoma rilevanza funzionale ai fini del procedimento.
Il dipendente
pubblico sottoposto a procedimento disciplinare in corso che abbia interesse,
per esigenze difensive, ad accedere ai documenti inerenti al distinto
procedimento disciplinare celebratosi a carico di un terzo ha titolo
all'ostensione documentale richiesta, senza che l'amministrazione possa
opporgli generiche esigenze di riservatezza (T.A.R. Lazio, sez. I, 1.6.2004, n. 5163).
Conseguenza
sostanziale è la possibilità di fare dichiarare illegittimo l’intero
procedimento con ricorso alla giustizia amministrativa. L'omissione della
comunicazione comporta l'illegittimità del provvedimento finale solo se il
soggetto non avvisato possa provare che, ove avesse avuto la possibilità di
partecipare, avrebbe potuto presentare osservazioni ed opposizioni anche solo
eventualmente idonee ad incidere, in termini a lui favorevoli, sul
provvedimento finale (Cons. St., sez. IV, 22.6.2004, n. 4445, in Foro
Amm. Cons. St., 2004, 1706).
La notizia dell'avvio
del procedimento amministrativo deve essere data ogni volta che una
amministrazione intenda emanare un provvedimento cosiddetto di secondo grado:
di annullamento, di revoca, di decadenza, ecc. L'amministrazione,
che intenda procedere al riesame in autotutela del provvedimento di
aggiudicazione definitiva con il quale si sia concluso il procedimento di affidamento di contratti pubblici, è tenuta a
comunicare l'avvio del procedimento quantomeno nei confronti dell'aggiudicatario la cui sfera
giuridica potrebbe essere incisa dagli effetti sfavorevoli derivanti
dall'adozione dell'atto di revoca. (T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 23 aprile
2010, n. 2085).
2
Le
comunicazioni di massa.
La costante
giurisprudenza distingue fra la comunicazione personale e quella nei
procedimenti di massa, consentendo forme di pubblicità idonee in rapporto al
numero dei soggetti passivi del procedimento.
La norma precisa
che l'amministrazione provvede a rendere noti gli elementi della informativa
mediante forme di pubblicità idonee, di volta in volta stabilite
dall'amministrazione medesima, qualora per il numero dei destinatari la
comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa.
In presenza
di ipotesi marginali di procedimenti di massa, ove sussista un pericolo
concreto di pregiudizio all'interesse pubblico la norma nel disporre che, qualora per il numero dei
destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente
gravosa, l'amministrazione deve provvedere
a rendere noti gli elementi della comunicazione mediante forme di pubblicità
idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione medesima, rende
possibile lo svolgimento sollecito del procedimento indipendentemente dalla
comunicazione personale, con applicazione soggetta al controllo
giurisdizionale. (T.A.R. Toscana, sez. I, 29.1.2003, n. 122,).
L'omissione di
taluna delle comunicazioni prescritte può esser fatta valere solo dal soggetto
nel cui interesse la comunicazione è prevista, ex art. 8, l. 241/1990, mod. art. 5, l.15/2005.
Il
procedimento di espropriazione.
Il
procedimento di espropriazione.
Nell’elaborazione
dell’art. 11, d.p.r. 8.6.2001, n. 327, si afferma il principio che il
proprietario soggetto ad esproprio può accedere al procedimento sin dalla fase
della pianificazione territoriale.
Fin
dalla fase dell’istituzione del vincolo preordinato all’esproprio - che si
concretizza con l’approvazione del piano urbanistico generale, ex art.
9, d.p.r 8.6.2001, n. 327, anche se manca ancora la dichiarazione di pubblica
utilità – il soggetto che possiede il bene ha il diritto di intervenire.
L’obbligo
non sussiste nel caso di adozione ex novo di uno strumento urbanistico o
di una variante generale, ma sussiste nel caso in cui sia in corso l’adozione
di una variante al piano regolatore per la realizzazione di un’opera pubblica,
anche nell’ipotesi che la variante venga adottata mediante conferenza di
servizi o accordo di programma che comporti variante allo strumento urbanistico,
art. 10, d.p.r. 8.6.2001, n. 327.
Al proprietario
che risulti tale dai registri catastali va inviato l’avviso dell’avvio del
procedimento venti giorni prima dell’adozione, art. 11, d.p.r. 8.6.2001, n.
327.
Il procedimento
ablatorio prevede - nel caso di comunicazione di massa ossia qualora il numero
dei destinatari sia superiore a 50 persone - la possibilità che l’avviso
pubblico sia inserito nel sito informatico della Regione (Conti R., Il volto
nuovo del t.u. espropriazione dopo il d. lg. 302/2002, in Urb App,
2003, 256).
L’obbligo della
comunicazione vale anche per procedimenti regolati da leggi speciali che
ignorano tale forma di partecipazione.
In particolare
l’interpretazione giurisprudenziale ha ritenuto che il procedimento imposto
dalla l. 865/1971, ora abrogato, non esime dall’obbligo di comunicazione.
L'obbligo di
comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo ai soggetti nei cui
confronti il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti,
previsto dall'art. 7, l. n. 7.8.1990, n. 241, ha valenza di carattere generale
ed è quindi applicabile anche ai provvedimenti ablativi, ancorché per questi
siano già previste dagli artt. 10 e 11, l. 22.10.1971, n. 865 specifiche forme
di pubblicità che possono salvaguardare l'esigenza di contraddittorio tra le
parti interessate; in particolare, detto obbligo sussiste nell'ipotesi di
dichiarazione di p.u. implicita, derivante cioè direttamente dall'approvazione
del progetto dell'opera pubblica, in relazione alla quale il procedimento previsto
dai citati artt. 10 e 11, l. n. 865 del 1971 viene ad essere, se non soppresso,
quantomeno differito ad un momento successivo a tale approvazione e alla stessa
occupazione d'urgenza, e quindi risulta inidoneo a garantire la tempestiva
partecipazione dei soggetti interessati (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I,
19.7.2004, n. 1640).
1
L’eccezione
all’obbligo di comunicazione.
La comunicazione
dell’avvio del procedimento, che costituisce il presupposto necessario per
consentire la partecipazione dei soggetti interessati, è soggetta a numerose
eccezioni (Cassese S. (a cura di), Diritto amministrativo generale,
2000, 1004).
Le eccezioni
alla regola della comunicazione sono state introdotte dalla giurisprudenza, ad
esempio, in materia di atti interni.
Il provvedimento
con il quale l'amministrazione non approva i verbali e la graduatoria di merito
formati dalla commissione di concorso, in quanto atto interno ad una procedura
concorsuale non ancora conclusa, non richiede la comunicazione di avvio del procedimento
(T.A.R. Sardegna, 25.2.2003, n. 226).
La comunicazione
del pari non è richiesta in tema di procedimenti sanzionatori nei quali, in
relazione alla natura dovuta del provvedimento, la comunicazione è ritenuta non
necessaria, poiché l’asserita partecipazione non appare rilevante. I provvedimenti repressivi degli abusi edilizi non devono
essere preceduti dalla comunicazione dell'avvio del procedimento, perché
trattasi di provvedimenti tipizzati e vincolati, che presuppongono un mero
accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere
non assentito delle medesime. (T.A.R. Campania Napoli, sez.
VII, 12.3.2010, n. 1421).
La comunicazione
non è dovuta per i provvedimenti di annullamento di autorizzazioni in zone
vincolate. Dopo l'entrata in vigore del d.m. 19.6.2002, n. 165, che ha
modificato l'art. 4 del regolamento recante la disciplina dei procedimenti di
pertinenza del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, approvato con il
d.m. 13.6.1994, n. 495, si deve definitivamente ritenere che il provvedimento
che dispone l'annullamento dell'autorizzazione per la realizzazione di una
costruzione edilizia in una zona vincolata non debba essere preceduto dalla
comunicazione di avvio del procedimento da parte dell'Amministrazione Statale
(T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 27.9.2004, n. 12597).
L’indirizzo è da
condividere per l’esigenza, che trova attuazione con l’eventuale emanazione dei
relativi provvedimenti cautelari, di interrompere l’attività illecita perché
contraria a leggi o norme regolamentari.
Non mancano
decisioni contrarie, ad esempio in tema di lottizzazione abusiva.
La
giurisprudenza ha precisato che la natura vincolata
di un provvedimento non esclude la comunicazione di avvio di procedimento ove la vincolatività dello stesso consegua ad un
accertamento compiuto in ordine ai fatti storici da verificare e quindi si pone
in un momento successivo allo stesso.
La
partecipazione del privato consente spesso, nella fase istruttoria, di
conoscere elementi e circostanze che in un procedimento di tipo indiziario qual è
quello collegato ad una lottizzazione abusiva di tipo formale,
evidenziano spesso una certa complessità e margini di valutazione discrezionale
dei fatti da parte della pubblica amministrazione sui quali la partecipazione
dei soggetti interessati potrebbe fornire una quadro chiarificatore utile ad
escludere la sussistenza dell'abuso sospettato e quindi non necessario alcun
provvedimento restrittivo. (T.A.R. Toscana Firenze, sez.
II, 17.2.2009, n. 256).
L’art.
13, l. 7 .8.1990, n. 241, chiarisce, inoltre, che la comunicazione di avvio del
procedimento non
si richiede per l'emanazione da parte della p.a., tra l'altro, di atti
normativi, e atti
amministrativi generali.
La
giurisprudenza ha precisato che in tale previsione rientra la delibera di
giunta municipale, avente ad oggetto approvazione regolamento dei controlli interni,
nucleo di valutazione, nucleo di controllo della regolarità amministrativa,
vale a dire un atto normativo dell'ente locale.
L'avviso
di avvio del procedimento non
si richiede nemmeno in ordine alla nota di comunicazione ai componenti esterni
del nucleo di valutazione della cessazione dell'incarico, alla stregua
dell'orientamento giurisprudenziale che esclude l'obbligo dell'avviso in parola
nei casi in cui il contenuto del provvedimento non sia suscettibile di
modifiche a seguito di presentazione di eventuali memorie scritte e documenti
da parte dell'interessato. (T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 17.11.2009,
n. 1902.
1
Diritti dei partecipanti al procedimento.
L’art. 10, l. 241,1990, afferma che i soggetti e destinatari
del quelli intervenuti per specifici interessi hanno diritto: di prendere
visione degli atti del procedimento e di
presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare
ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento. La giurisprudenza ha
precisato che deve comunque essere garantita ai richiedenti la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia
necessaria per curare o per difendere i loro stessi interessi giuridici. Di
conseguenza, anche nell’ipotesi di promozioni per merito assoluto e non
comparativo, i soggetti partecipanti alla procedura hanno sicuramente uno
specifico interesse a verificare che l’operato delle commissioni di avanzamento
risponda a criteri di parità di trattamento dei candidati, mediante il
riscontro della uniformità dei criteri concretamente applicati nel procedimento.
Le
valutazioni sul merito di ciascun candidato si svolgono sulla scorta delle
risultanze contenute nei libretti personali, negare al candidato
all’avanzamento, soccombente in graduatoria, la possibilità di accesso dei
libretti personali dei colleghi meglio posizionati, verrebbe ad incidere
direttamente e negativamente sul diritto di difesa in
giudizio. (Cons. St. , sez. IV, 11.3.2010, n.
1453).
Le norme sulla
partecipazione al procedimento amministrativo garantiscono a qualunque soggetto
portatore di interessi pubblici e privati la possibilità di intervenire nel procedimento attraverso il diritto di prendere visione degli atti e di
presentare memorie e documenti e non limitano in alcun modo
l'accesso ai soli atti relativi a procedimenti definiti.
La
giurisprudenza ha precisato che se è vero che la legge sul procedimento non indica espressamente che la comunicazione di avvio del procedimento debba contenere un termine entro il quale l'interessato può
presentare memorie scritte e documenti,
tuttavia tale diritto deve poter essere
esercitato in un termine congruo e tale termine, in analogia con quanto
espressamente previsto dall'art. 10 bis,
l. n. 241 del 1990, intr. 'art. 6, l. 11 .2.2005, n. 15, non può essere
inferiore a dieci giorni, decorrenti dal ricevimento della comunicazione. (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 5.12.2007,
n. 15776).
2
La limitazione
all’accesso. Gli atti interni.
Ogni tentativo
di escludere dall’accesso gli atti interni appare contrario a quelli che sono i
principi ispiratori della norma: economicità, efficacia e pubblicità.
Un indirizzo
giurisprudenziale ritiene che non siano sottratti al diritto di accesso gli
atti interni al procedimento amministrativo come la relazione del collaudatore.
L'art.
10, d.p.r. n. 554 del 1999, che ha espressamente sottratto all'accesso ai sensi
dell'art. 24, l. n. 241 del 1990, le relazioni del direttore dei lavori e
dell'organo di collaudo, ha continuato ad operare nonostante l'emendamento
apportato dall'art. 7, l. n. 166 del 2002 che ha eliminato la qualificazione di
«riservata» alla relazione
del direttore dei lavori e del collaudatore (Cons. St., a. plen., 13.9.2007,
n. 11).
L’esclusione dal
diritto di accesso deve essere previsto tassativamente dalla norma.
In base alla
costante giurisprudenza il diritto di accesso ai documenti amministrativi
prevale sulla esigenza di riservatezza del terzo ogni qualvolta l'accesso venga
in rilievo per la cura o la difesa di interessi giuridici del richiedente, non
possono ritenersi sottratti all'accesso gli atti relativi ai lavori appaltati
mediante licitazione privata, dovendo considerarsi accessibile ogni atto, anche
interno, formato dall'amministrazione o comunque utilizzato ai fini
dell'attività amministrativa, fatta eccezione per ipotesi derogatorie, che assumono
valenza eccezionale e sono quindi di stretta interpretazione (T.A.R. Lazio Latina, 12.5.2003, n. 506).
Vi è una
tendenza della giurisprudenza a riconoscere delle limitazioni che circoscrivono
il diritto di accesso.
La dottrina
riconosce il diritto di accesso anche per gli atti interni dell’amministrazione
come quelli che possono servire alla difesa in un eventuale giudizio (Forlenza O., Se
c’è silenzio della p.a. ricorso al T.A.R. senza diffida, in Guida
Dir., n. 10, 2005, 90).
L’indirizzo
giurisprudenziale prevalente ritiene che non possono essere ritenuti sottratti
all'accesso gli atti interni che potrebbero avere carattere defensionale, dal
momento che altrimenti si giungerebbe all'irragionevole conclusione di
precludere l'accesso agli atti amministrativi tutte le volte in cui fosse
ipotizzabile un contenzioso - anche solo potenziale - ed il legittimato passivo
del diritto di accesso prospettasse l'astratta eventualità di utilizzare i
documenti richiesti per organizzare la propria difesa (T.A.R. Lazio, sez. III,
20.4.2004, n. 3414).
La posizione
restrittiva della giurisprudenza dichiara inammissibile il ricorso volto al
riconoscimento del diritto di accesso "a tutte le segnalazioni e le note,
anche verbali e/o anomale" pervenute al Comando di polizia municipale per
lavori eseguiti senza permesso di costruire all'interno di manufatto demaniale,
atteso che oggetto del suddetto diritto sono pur sempre atti, ancorché formati
da privati ed in possesso della p.a. e non anche segnalazioni verbali (T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 14.11.2002, n. 4954).
Sotto il profilo
dell’oggetto il diritto all’accesso è necessariamente limitato ai procedimenti
amministrativi.
La pubblica
amministrazione artefice del procedimento deve operare iure privatorum.
Il procedimento
di assegnazione in locazione di appartamenti di proprietà degli istituti di
previdenza non rientra nei procedimenti amministrativi e, quindi, esula
dall'ambito di applicazione della l. 7.8.1990, n. 241 (T.A.R. Lazio, sez. I,
24.1.1992, n. 70, T.A.R., 1992, I, 449).
Sotto il profilo
della tutela la giurisprudenza rileva che gli atti istruttori infraprocedimentali di un procedimento amministrativo,
quali atti interni privi di efficacia lesiva esterna, non sono mai
autonomamente impugnabili. Essi non hanno natura di provvedimento e comunque
non sono idonei a determinare un pregiudizio immediato e diretto nella sfera
giuridica della parte ricorrente che, quindi, non avrebbe alcuna giuridica
utilità dall'annullamento dello stesso. Deve, quindi, ritenersi inammissibile
l'impugnazione di tali atti. (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 3
.2.2010, n. 1424).
3
I dati
sensibili e giudiziari.
La
giurisprudenza ha definito i dati sensibili sulla scorta della definizione data
dall'art. 22, l. 31.12.1996, n 675, che comprende in detta dizione i dati
personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni
religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a
partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso,
filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo
stato di salute e la vita sessuale.
Le informazioni
contenute nei documenti riguardanti accertamenti anagrafici sono riconducibili
al genus dei dati sensibili, come definiti dall'art. 22, l. 31.12.1996,
n 675 (T.A.R. Toscana, sez. I, 15.3.2004, n. 732, in Riv. Giur. Pol. Loc.,
2004, 482).
Non sono
compresi nella tutela i dati ordinari quali la residenza o il titolo di studio.
È stato dichiarato illegittimo dalla giurisprudenza illegittimo il diniego
all'accesso di un concorrente alla documentazione allegata dagli altri
partecipanti ad un concorso interno, il cui bando prescriva a carico dei
concorrenti medesimi l'autocertificazione del titolo di studio, della qualifica
professionale e dei relativi titoli, nonché del carico di famiglia. Tali dati,
infatti, non rientrano nella categoria dei dati sensibili, ossia di dati
"idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose,
filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti,
sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico,
politico o sindacale, lo stato di salute e la vita sessuale degli interessati,
ma in quella dei dati personali ordinari, per i quali il diritto di accesso
prevale sull'esigenza di riservatezza del terzo ogniqualvolta l'accesso venga
in rilievo per la cura o la difesa di interessi giuridici del richiedente (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 16.12.2003, n. 15365).
Questi principi
sono stati ripresi nella legge per la tutela del diritto di accesso; essi sono
un evidente compromesso fra il diritto alla difesa, costituzionalmente
garantito dall’art. 27 cost., e il diritto alla riservatezza.
Al norma precisa
che deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti
amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri
interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e
giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente
indispensabile e nei termini previsti dall'art. 60 del decreto legislativo
30.6.2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la
vita sessuale, ex art. 24, 7°, l.
241/1990, mod. art. 16, 7° co. l. 15/2005.
La norma non
risolve in astratto il conflitto tra l'interesse del terzo a conseguire
l'accesso e quello alla riservatezza dell'interessato, ma consente
all'amministrazione che detiene i dati sensibili, ed, in sostituzione, al
giudice amministrativo, di valutare in concreto ciascuna fattispecie al fine di
stabilire se l'accesso sia necessario o meno per far valere o difendere un
diritto almeno pari a quello dell'interessato (Cons. St., sez. V, 3.7.2003, n. 4002).
La
giurisprudenza richiede che l’istante documenti che la conoscenza degli stessi
sia necessaria per provvedere alla cura o difesa di interessi giuridici (Cons.
St., sez. V, 31.12.2003, n. 9276).
L’art. 59, d.lgs.
30.6.2003, n. 196, dichiara l’applicabilità in via generale delle norme
sull’accesso anche per i dati sensibili (Sempreviva M.T., L’accesso ai
documenti amministrativi, in Caringella F. (a cura di) Corso di diritto
amministrativo, 2004 , 1925).
L’art. 60 precisa
che per i documenti contenenti dati idonei a rivelare lo stato di salute e la
vita sessuale l’accesso è consentito subordinatamente all’osservanza della
regola del pari grado e di quella dell’indispensabilità decretata (Atelli M., Rilascio copia dell’atto graduato dalla
privacy, in Guida Dir., n. 10, 2005, 92).
L'art. 16, d.lgs.
11.5.1999, n. 135, che reca disposizioni integrative della l. 31.12.1996, n.
675, sul trattamento di dati sensibili da parte dei soggetti pubblici, dichiara
di rilevante interesse pubblico il trattamento dei dati personali, ove
necessari per far valere il diritto di difesa in sede amministrativa o
giudiziaria, anche da parte di un terzo, o per ciò che attiene alla riparazione
di un errore giudiziario o di un'ingiusta restrizione alla libertà personale.
Detta norma deve
essere interpretata dalla giurisprudenza nel senso che quando il trattamento dei
dati concerne dati idonei a rilevare lo stato di salute o la vita sessuale,
l'accesso è consentito se il diritto da far valere o da difendere è di rango
almeno pari a quello dell'interessato. Tale disciplina è volta ad agevolare al
massimo la circolazione informativa con consequenziale prevalenza del principio
di pubblicità rispetto a quello di tutela della riservatezza, sempre che
l'istanza ostensiva sia sorretta dalla necessità di difendere i propri
interessi e nel rispetto del limite modale (Cons. St., sez. V, 7.9.2004, n.
5873).
L’accesso è
consentito previa valutazione discrezionale dell’amministrazione che possiede i
dati; essa deve stimare gli interessi effettivi del richiedente prima di
procedere al rilascio.
Ai sensi
dell'art. 60, d.lgs. 30.6.2003, n. 196, codice in materia di protezione dei
dati personali, è garantito l'accesso ai documenti amministrativi, anche in
presenza di dati sensibili, previa valutazione - in caso di dati idonei a
rivelare lo stato di salute o la vita sessuale - del rango degli interessi
coinvolti (T.A.R. Lazio, sez. III, 25.5.2004, n. 4874).
L’esigenza di
rispetto dei cosiddetti dati sensibili può imporre determinate cautele nel loro
rilascio.
È ammesso, ad
esempio, l'accesso ai registri operatori relativi all'attività del medico
tenendo presente la prescrizione del limite modale dell'oscuramento dei
nominativi dei pazienti sottoposti ad intervento (Cons. St., sez. V, 7.9.2004,
n. 5873).
L’art. 16, 7°
co., l. 15/2005, recepisce detti principi per la tutela dei dati sensibili e
giudiziari.
4
L’istruttoria.
L’azione
amministrativa si sviluppa attraverso una serie di operazioni e adempimenti
che, seguendo lo schema procedimentale tipico, conducono all’emanazione
dell’atto.
La fase
istruttoria, parimenti a quella del processo civile, serve a raccogliere tutta
la documentazione necessaria per fornire alla amministrazione, che ha la
funzione di giudice, gli elementi indispensabili alla redazione dell’atto.
La dottrina, prima
dell'entrata in vigore della l. 7.8.1990, n. 241, afferma che nella fase
istruttoria prevale il principio inquisitorio. Non è ammessa la partecipazione
dei privati interessati agli accertamenti, alle valutazioni, agli esami, che
compie l’amministrazione. Tuttavia, eccezionalmente i privati possono essere
ammessi a collaborare all’istruttoria nelle seguenti forme: a) presentazione di
opposizioni e di deduzioni; b) presentazione di controdeduzioni; c) assistenza
a ispezioni, verifiche, esami; d) audizione personale. Nei casi in cui la legge
conferisca il diritto (Virga P., Il provvedimento amministrativo 1968,
258).
Il diritto
all’accesso riforma radicalmente il potere dell’amministrazione nella fase
istruttoria, imponendole una congrua istruttoria che tenga conto anche della
necessità di regolarizzare la documentazione prodotta dal soggetto interessato
al provvedimento che sia in possesso dell’amministrazione.
La
giurisprudenza ha affermato che nei concorsi a pubblici impieghi, il
bilanciamento tra il dovere della p.a. di provvedere alla regolarizzazione della
documentazione presentata dai candidati ed il principio della "par
condicio" tra i partecipanti va ricercato nella distinzione del
concetto di regolarizzazione da quello di integrazione documentale:
quest'ultima non è mai consentita risolvendosi essa in un effettivo vulnus
del principio di pari trattamento tra i concorrenti; mentre alla
regolarizzazione documentale la p.a. è sempre tenuta in forza del principio
generale ricavabile dall'art. 6, 1° co., lett.
b), l. 7.8.1990, n. 241 (Cons. St.,
sez. V, 22.6.2004, n. 4345).
L’art. 6, l.
241/1990, ribadisce l’importanza dell’istruttoria che vincola addirittura il
contenuto del relativo provvedimento.
Si registra,
infatti, una necessaria continuità fra l’opera del responsabile del
procedimento e l’organo responsabile dell’emanazione del provvedimento finale.
Vi deve essere
una continuità logica fra il risultato dell'istruttoria ed il contenuto del
provvedimento finale.
La dottrina
rileva che, per evitare un evidente vizio di contraddittorietà nell’azione
amministrativa, l’eventuale contrasto deve essere congruamente motivato
nell’adozione del provvedimento.
Essa condivide la
scelta operata dal legislatore di valorizzare l’operato del dipendente
responsabile del procedimento, la cui valutazione sulle risultanze
dell’istruttoria va tenuta in grande considerazione, proprio per l’approfondita
conoscenza che il responsabile ha delle sfumature della procedura da lui
svolta, che è difficilmente ostacolabile nelle valutazioni che il dirigente
potrebbe opporre avendo dell’istruttoria stessa una superficiale e relativa
cognizione (Toschei S., Maggiori poteri al responsabile del procedimento,
in Guida Dir.,2005, 61).
5
L’intervento nel procedimento.
La norma afferma che
qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i
portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa
derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel
procedimento, ex art. 9, l. 241/1990.
La giurisprudenza ha
precisato che il soggetto, la cui posizione giuridica è incisa da un
provvedimento amministrativo, null'altro deve dimostrare, per legittimare l'actio ad exhibendum nei confronti degli
atti e documenti formati nel relativo procedimento, se non la sua veste di
destinatario del provvedimento stesso, posto che, in questo caso, l'interesse
giuridicamente rilevante risulta già normativamente qualificato dagli artt. 9 e
10, l. 7 .8.1990, n. 241. (T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 30.10.2009,
n. 2354).
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