1
La fase costitutiva.
La fase costitutiva
volta all’adozione del provvedimento analizza gli elementi raccolti dal
responsabile del procedimento li valuta ed acclara nell’atto la volontà
dell’amministrazione.
Vi
è, in sostanza, coincidenza dei soggetti là dove l’organo preposto alla fase
istruttoria sia il medesimo designato all’adozione sia monocratico (Sandulli
A., Il procedimento, in Cassese S. (a cura di) Diritto amministrativo
generale 2000, 988).
Ad esempio, il
funzionario preposto all’atto determina la sua volontà contestualmente alla
raccolta dei dati istruttori.
Qualora si
tratti invece di organo collegiale nella fase costitutiva si deve dare atto del
modo in cui si determina la volontà ed, in particolare, della ritualità della
convocazione, della verifica del numero legale, delle maggioranze previste per
l’oggetto in discussione ecc.
Lo schema
procedimentale tende a complicarsi ulteriormente qualora nel procedimento si
inseriscano più organi; in tale caso si pone il problema se l’atto non ancora
perfetto possa esplicare effetti ovvero se il procedimento debba attendere
l’espletarsi di ulteriori subprocedimenti che ne condizionano l’iter
ovvero se più procedimenti, pur nella loro autonomia, possano esplicare effetti
gli uni sugli altri.
Nell’eventualità
che più organi concorrano nel procedimento amministrativo, il principio
generale afferma che l’atto non è perfetto fino a che le loro volontà non si
sono manifestate; l’atto è, pertanto, impugnabile solo alla fine del
procedimento.
2
Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento
dell'istanza.
L'istituto
del preavviso di rigetto è stato introdotto, in seno al procedimento
amministrativo, dalla l. 11.2.2005, n. 15, la quale ha inserito all'interno
della l. n. 241 del 1990 l'art. 10-bis, disponendo che nei procedimenti
ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità
competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica
tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda.
Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli
istanti hanno il diritto di presentare le loro osservazioni, eventualmente
corredate da documenti.
La
dottrina rileva che la comunicazione di
cui all'art. 10-bis, è stata prescritta in un'ottica partecipativa: essa
va infatti realizzata, nei confronti di chi abbia presentato istanza a
provvedere, in via prodromica al provvedimento di rigetto che l'amministrazione
si sia determinata ad adottare.
Lo
scopo è quello di consentire al richiedente di prendere parte all'istruttoria,
con l'eventuale deposito di osservazioni scritte e/o di documenti, al fine di
far mutare il convincimento già formatosi nell'amministrazione circa
l'assunzione dell'atto negativo.
La
funzione partecipativa è resa ancor più evidente dalla circostanza che le
ragioni dell'eventuale mancato accoglimento delle osservazioni debbano essere
esposte nella motivazione del provvedimento conclusivo di diniego eventualmente
adottato. (D'Angelosante M., L'azione amministrativa dalla efficacia alla
esecuzione nella riforma della legge 241 del 1990, in Dir. amm., 2009, 3, 723).
L’istituto
mirante a rafforzare la trasparenza dell'azione amministrativa, attraverso la
partecipazione dell'interessato al processo determinativo della pubblica amministrazione,
nei procedimenti che prendono avvio dall'istanza degli interessati: la
funzione, pertanto, è quello di creare un «contraddittorio rafforzato», con
fini di disincentivazione del contenzioso, in quanto la p.a., orientata a
rigettare l'istanza del privato, dà a quest'ultimo, con l'esplicitazione delle
ragioni ostative all'accoglimento, la possibilità di fare valere prima della
conclusione del procedimento eventuali censure, altrimenti riservate in via
esclusiva alla fase giurisdizionale.
La
dottrina afferma che la natura pre-decisoria del preavviso di rigetto incide, poi, anche sul regime impugnatorio dell'atto
medesimo: trattandosi, infatti, di atto endoprocedimentale, esso non è
immediatamente lesivo della sfera giuridica dell'interessato, il quale,
pertanto, non è legittimato ad impugnarlo. (Ianni G., Pubblica amministrazione e obbligo di
motivazione dei provvedimenti: gli oneri gravanti sulla p.a. in caso di
preavviso di rigetto ed annullamento in via di autotutela, in Giur. Merito, 2010, 4,
1105).
La
giurisprudenza amministrativa afferma che tale impugnativa soggiace alla disciplina di
cui all'art. 21-octies comma 2, l. n. 241 del 1990 secondo cui non è annullabile il
provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla
forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese
che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in
concreto adottato.
La
violazione formale dell'art. 10-bis, l. n. 241 del 1990 non assume una
portata viziante ove l'amministrazione procedente dimostri che il contenuto del
provvedimento reiettivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato.( T.A.R. Roma Lazio,sez. II, 27.11.2009, n. 11946).
3
Il
silenzio su provvedimento richiesto ad istanza di parte.
La fase
costitutiva segue linee procedimentali diverse a seconda che il provvedimento
sia richiesto su istanza di parte ovvero che esso sia conseguente alla funzione
esercitata dall’amministrazione essendo esplicazione obbligatoria o facoltativa
dei suoi poteri.
Qualora
il provvedimento sia richiesto su istanza di parte, nella fase costitutiva
l’amministrazione analizza gli elementi raccolti in istruttoria, li valuta ed
accerta nell’atto la volontà dell’amministrazione (Mattarella B.G., Il provvedimento, in Cassese S. (a
cura di) Diritto amministrativo generale 2000, 795).
Vi è
praticamente coincidenza delle due fasi là dove l’organo preposto alla fase
preparatoria sia monocratico; si pensi al funzionario incaricato dell’atto che
esplica la sua volontà contestualmente alla raccolta dei dati istruttori.
In ogni caso la
giurisprudenza esclude la possibilità per l’istante di presenziare davanti
all’autorità amministrativa, specie se trattasi di organo collegiale, per
esporre le sue ragioni.
Le regole di
partecipazione al procedimento amministrativo di cui alla l. n. 241 del 1990
non prevedono che il destinatario dell'atto conclusivo possa presenziare o
interloquire presso un corpo deliberante (qual è la Conferenza di servizi,
ancorché non collegiale, ma solo coordinativa degli interessi pubblici recati
dalle singole amministrazioni coinvolte, che ne restano singolarmente
responsabili), nel momento in cui esso assume la propria statuizione. (T.A.R. Lazio, sez. III, 14.6.2004, n. 5706).
Negli atti
complessi l’atto di norma è valido ed efficace solo se il procedimento è
completato con l’approvazione di tutti gli organi interessati.
Esistono casi in
cui l’adozione dell’atto da parte di un’autorità - ad esempio l’adozione del
piano regolatore - esplica direttamente effetti sui privati interessati alle
sue disposizioni, consentendo, nel caso in esame, l’applicazione delle misure
di salvaguardia. L’atto è considerato perfetto, e come tale impugnabile, pur
non essendo concluso il procedimento amministrativo. Se il piano non dovesse essere
approvato quelle norme non avrebbero alcun effetto ex tunc, con conseguente
carenza di interesse all’impugnativa del ricorrente.
La fase
costitutiva è, consequenzialmente, obbligatoria nella scansione procedimentale,
poiché non si vede il senso logico di iniziare un procedimento e poi non porlo
in essere.
Non mancano, però,
ragioni - non certo di opportunità amministrativa - che inducono, a volte, le
amministrazioni a non adottare il provvedimento definitivo.
Nei
provvedimenti su istanza di parte è lo stesso soggetto che ha interesse a
contrastare il silenzio dell’amministrazione.
4
Il
silenzio su provvedimenti ad iniziativa d’ufficio.
Nei procedimenti
su iniziativa di ufficio l’amministrazione agisce nell’ambito di poteri
discrezionali e non ha alcun obbligo ad assumere un provvedimento finale; spetta
ai controinteressati o ai terzi che, ad esempio, sollecitano un intervento
repressivo diffidare l’amministrazione ad assumere un comportamento positivo in
ordine alla richiesta di esercizio del potere di autotutela.
La giurisprudenza precisa che i poteri di autotutela devono essere esercitati nel rispetto del principio di certezza
dei rapporti giuridici e di salvaguardia del legittimo affidamento del privato
nei confronti dell'attività amministrativa, Il procedimento deve essere preceduto dall'avviso di avvio del procedimento
e dal rispetto di tutte le forme sostanziali e procedimentali previste per gli
atti in autotutela, ivi compreso il rispetto del tempo
ragionevole entro cui emettere il citato provvedimento di secondo grado. (T.A.R. Emilia Romagna Parma, sez. I, 22.9.2009, n. 676).
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