venerdì 3 febbraio 2017

Esteri. Patto Libia Italia

Esteri. Patto Libia Italia

A poche ore da quel summit di Malta che si propone di chiudere la rotta Libia-Italia, Roma porta a casa un risultato storico firmando con il premier libico Sarraj il Memorandum d’intesa per fermare l’immigrazione illegale, il traffico di esseri umani e il contrabbando tra le sponde sud e nord del Mediterraneo.
Otto articoli per mettere nero su bianco l’impegno di Tripoli a controllare le sue coste e quello italiano ad aiutare il partner nel monitoraggio delle frontiere sud, quelle da cui entrano i migranti africani che sognano di raggiungere l’Europa.  
Tanto per cominciare c’è il lavoro di squadra nel Mediterraneo, da dove proviene il 90% dei migranti e dove finora si è vista in campo solo l’operazione Sophia. L’Italia, si legge nel testo, garantisce sostegno alle istituzioni di sicurezza e alle regioni colpite dal fenomeno dell’immigrazione illegale. Vale a dire training, equipaggiamento, assistenza alla guardia costiera libica, droni per il controllo dei confini e la restituzione delle 12 motovedette che hanno già effettuato la manutenzione ma anche supporto per energie rinnovabili, infrastrutture, sanità, trasporti, sviluppo delle risorse umane.  

Poi c’è il sud della Libia, tema cruciale per Tripoli. Al momento, dice Mattia Toaldo dell’European Council on Foreign Relations, «ci sono in Libia 20 campi profughi ufficiali gestiti dal ministero dell’interno più molti in mano alle milizie». Un paese nel paese. Ecco dunque che l’accordo di Roma parla di «completamento del sistema di controllo dei confini terrestri del sud della Libia» ma anche di «adeguamento e finanziamento dei centri di accoglienza usufruendo di finanziamenti disponibili da parte italiana e di finanziamenti dell’Unione europea». Bruxelles, vinte le resistenze di alcuni Paesi scettici sul peso del governo Sarraj, metterà i soldi (che dopo le proteste dell’insoddisfatto Sarraj saranno probabilmente di più dei 200 milioni previsti).  
Si parte subito, oggi stesso, con l’occhio a domani. Il Memorandum cita infatti a chiusura «il sostegno alle organizzazioni internazionali che operano in Libia per proseguire gli sforzi mirati anche al rientro dei migranti nei propri paesi d’origine» e «l’avvio di programmi di sviluppo, attraverso iniziative di job creation». lastampa.it/2017/02/03/
“Chiudere la rotta migratoria dalla Libia all’Italia si può, si deve, ed è alla nostra portata”. Sembra non avere dubbi il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk.
La proposta di Tusk non piace a Giusi Nicolini, sindaca dell’isola di Lampedusa, avamposto della rotta libica e approdo per decine di migliaia di profughi. Piero Bosio l’ha intervistata.
“Tusk dovrebbe sapere – spiega la sindaca Nicolini – che se chiudi una rotta se ne apre un’altra. La rotta della Libia si è aperta dopo la conclusione dell’accordo con la Tunisia. Se si chiudesse la rotta libica, se ne aprirebbe una dall’Egitto, come già molti segnali lasciano intendere. Non è sicuramente questo il modo per risolvere i problemi”.
E quindi secondo lei quale potrebbe essere l’alternativa?
“La soluzione è governare i flussi migratori. Quella urgente, urgentissima, è garantire l’esercizio d’asilo prima che le persone che ne hanno diritto si mettano nelle mani della criminalità organizzata”.
 “Attivare le agenzie europee dell’asilo lungo i Paesi di transito, lungo la rotta migratoria”.
La storia di questi ultimi vent’anni dimostra che, anche quando si facevano gli accordi con Gheddafi, il flusso non si è mai arrestato. Anzi, mettevamo nelle mani di Gheddafi un’arma di ricatto e di destabilizzazione geopolitica pericolosissima per la nostra Europa”.
Lei dice questo, però Tusk dice che con la chiusura della rotta libica si salverebbero tantissime vite. Lei cosa risponde?

“Queste persone che rischiano la vita per averne una, cosa farebbero non potendo più partire? Resterebbero nelle prigioni libiche, nei campi di concentramento della Libia?” radiopopolare.it/2017/02/3.

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