1. I principi dell’ordinamento comunitario.
La
Corte di Giustizia della Comunità Europea ha fissato dei principi generali che
danno omogeneità al diritto comunitario.
Alcuni
sono desunti dagli ordinamenti giuridici dei singoli stati e sono stati
recepiti dall’ordinamento comunitario, altri sono principi originari che
provengono direttamente dalle fonti comunitarie. F. CARINGELLA, Corso di
diritto amministrativo, 2004, I, 31.
Fanno
parte dei principi degli ordinamenti degli stati aderenti il principio di
legalità, il principio in materia di contraddittorio, di tutela del diritto di
certezza del diritto, di non retroattività degli atti amministrativi e di
proporzionalità della sanzione.
Fanno
parte dei principi originari del diritto comunitario il principio
dell’esecuzione degli obblighi comunitari, di responsabilità dello stato per
violazioni alle prescrizioni comunitarie, di responsabilità degli atti
amministrativi, di libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi
e dei capitali, Cons. St., sez. VI, 31 maggio 2006, n. 3321, in Foro amm. CDS, 2006, 5, 1584.
Sono
da aggiungere i principi derivanti delle fonti internazionali assunti dallo
Stato come quello della protezione della proprietà fissato dalla Convenzione
Europea per i diritti dell’uomo. Corte cost., 24 ottobre 2007, n. 349.
2. L’adeguamento alla normativa nazionale dei
principi comunitari.
Con
l’adesione ai trattati istitutivi della Comunità Europea l'Italia ha accettato
la limitazione della propria sovranità in determinate materie con il
trasferimento dei relativi poteri agli organismi comunitari.
Il
fondamento costituzionale di tale limitazione di sovranità trova fondamento
nell'art. 11, cost. che consente la limitazione di sovranità necessarie ad un
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni.
Gli atti emanati dagli organi comunitari si
distinguono in regolamenti, decisioni e direttive, ai sensi dell’art. 249 (ex
art. 189) del Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, ora
denominata Comunità Europea (C.E.), ratificato con L. 14 ottobre 1957, n. 1203,
sostituito dal Trattato di Lisbona 13 dicembre 2007. R. CHIEPPA e R.
GIOVAGNOLI, Manuale di diritto
amministrativo, 2011, 53.
La
numerazione degli articoli portata nel testo è stata introdotta dall’art. 12,
L. 16 giugno 1998, n. 209.
Le norme
poste dai regolamenti sono direttamente obbligatorie per i soggetti della
comunità che sono gli stati membri, senza che l'ordinamento di questi si debba
adattare al loro contenuto con apposito atto.
Le
decisioni sono atti la cui natura è amministrativa, non normativa, avente
contenuto obbligatorio per i destinatari da essa designati.
Le
direttive sono atti aventi contenuto normativo che vincolano lo stato membro a
raggiungere l'obiettivo fissato lasciando nella facoltà dello stato la forma ed
i mezzi per raggiungerlo.
3. L’adeguamento della normativa regionale.
L’art.
9, L. 16 aprile 1987, n. 183, detta legge La Pergola, attribuisce alle regioni
a statuto speciale la facoltà di dare attuazione alle raccomandazioni e
direttive comunitarie nelle materie di loro competenza esclusiva.
La
Corte cost. ha ritenuto ammissibile la questione di legittimità costituzionale,
sollevata in via principale, su una delibera legislativa regionale, non ancora
entrata in vigore, per contrasto con un regolamento comunitario, che comporta
una violazione indiretta degli artt. 11 e 117 cost.
Ferma
restando l'inammissibilità delle questioni che coinvolgono ipotesi di conflitto
tra norme comunitarie direttamente applicabili e norme interne - statali e
regionali - già in vigore nell'ordinamento, la questione che abbia ad oggetto
una delibera legislativa regionale in contrasto con la normativa comunitaria
configura una questione di legittimità costituzionale di competenza della Corte
cost., dato che le competenze regionali sono suscettibili di operare solo ove
non contrastino con i limiti imposti dalla normativa comunitaria.
D'altra
parte è contrario agli obblighi comunitari, come esplicitati dalla Corte di
giustizia, nonché alla certezza del diritto, consentire che siano immesse
nell'ordinamento norme contrarie al diritto comunitario che devono comunque
essere disapplicate dai giudici e dalla p.a.
Lo
Stato è responsabile di fronte alla comunità europea dell'introduzione
nell'ordinamento di norme che violino il diritto comunitario, anche quando
queste derivino dall'esercizio della potestà legislativa di una regione;
pertanto, è ammissibile l'impugnativa del governo di una legge regionale, non
ancora entrata in vigore, che si sospetti in contrasto con la normativa
comunitaria.
Nel
caso di specie è stato ritenuto che la legge regionale Umbria, riapprovata il
31 marzo 1994, che consente la regolarizzazione di preesistenti impianti
vitivinicoli è costituzionalmente illegittima perché in contrasto con gli artt.
6 e 7 del regolamento Cee n. 822 del 1987, violando, con la disciplina della
sanatoria, il principio che il rimpianto dei vigneti è consentito previa
compensazione per estirpazione, data la necessità di contenere le eccedenze nel
settore vitivinicolo. Corte cost., 10 novembre 1994, n. 384.
Successivamente
con la legge comunitaria 24 aprile 1998, n. 128, art. 9, tale potere è esteso
sia alle regioni a statuto speciale che ordinario e riguarda sia le materie di
competenza esclusiva sia quelle di competenza concorrente. F. CARINGELLA, Corso
di diritto amministrativo, 2004, I, 43.
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