lunedì 6 febbraio 2017

I principi dell’ordinamento comunitario.

1. I principi dell’ordinamento comunitario.

La Corte di Giustizia della Comunità Europea ha fissato dei principi generali che danno omogeneità al diritto comunitario.
Alcuni sono desunti dagli ordinamenti giuridici dei singoli stati e sono stati recepiti dall’ordinamento comunitario, altri sono principi originari che provengono direttamente dalle fonti comunitarie. F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, 2004, I, 31.
Fanno parte dei principi degli ordinamenti degli stati aderenti il principio di legalità, il principio in materia di contraddittorio, di tutela del diritto di certezza del diritto, di non retroattività degli atti amministrativi e di proporzionalità della sanzione.
Fanno parte dei principi originari del diritto comunitario il principio dell’esecuzione degli obblighi comunitari, di responsabilità dello stato per violazioni alle prescrizioni comunitarie, di responsabilità degli atti amministrativi, di libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali, Cons. St., sez. VI, 31 maggio 2006, n. 3321, in Foro amm. CDS, 2006, 5, 1584.
Sono da aggiungere i principi derivanti delle fonti internazionali assunti dallo Stato come quello della protezione della proprietà fissato dalla Convenzione Europea per i diritti dell’uomo. Corte cost., 24 ottobre 2007, n. 349.


2. L’adeguamento alla normativa nazionale dei principi comunitari.

Con l’adesione ai trattati istitutivi della Comunità Europea l'Italia ha accettato la limitazione della propria sovranità in determinate materie con il trasferimento dei relativi poteri agli organismi comunitari.
Il fondamento costituzionale di tale limitazione di sovranità trova fondamento nell'art. 11, cost. che consente la limitazione di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni.
Gli atti emanati dagli organi comunitari si distinguono in regolamenti, decisioni e direttive, ai sensi dell’art. 249 (ex art. 189) del Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, ora denominata Comunità Europea (C.E.), ratificato con L. 14 ottobre 1957, n. 1203, sostituito dal Trattato di  Lisbona 13 dicembre 2007. R. CHIEPPA e R. GIOVAGNOLI, Manuale di diritto amministrativo, 2011, 53.
La numerazione degli articoli portata nel testo è stata introdotta dall’art. 12, L. 16 giugno 1998, n. 209.
Le norme poste dai regolamenti sono direttamente obbligatorie per i soggetti della comunità che sono gli stati membri, senza che l'ordinamento di questi si debba adattare al loro contenuto con apposito atto.
Le decisioni sono atti la cui natura è amministrativa, non normativa, avente contenuto obbligatorio per i destinatari da essa designati.
Le direttive sono atti aventi contenuto normativo che vincolano lo stato membro a raggiungere l'obiettivo fissato lasciando nella facoltà dello stato la forma ed i mezzi per raggiungerlo.



3. L’adeguamento della normativa regionale.

L’art. 9, L. 16 aprile 1987, n. 183, detta legge La Pergola, attribuisce alle regioni a statuto speciale la facoltà di dare attuazione alle raccomandazioni e direttive comunitarie nelle materie di loro competenza esclusiva.
La Corte cost. ha ritenuto ammissibile la questione di legittimità costituzionale, sollevata in via principale, su una delibera legislativa regionale, non ancora entrata in vigore, per contrasto con un regolamento comunitario, che comporta una violazione indiretta degli artt. 11 e 117 cost.
Ferma restando l'inammissibilità delle questioni che coinvolgono ipotesi di conflitto tra norme comunitarie direttamente applicabili e norme interne - statali e regionali - già in vigore nell'ordinamento, la questione che abbia ad oggetto una delibera legislativa regionale in contrasto con la normativa comunitaria configura una questione di legittimità costituzionale di competenza della Corte cost., dato che le competenze regionali sono suscettibili di operare solo ove non contrastino con i limiti imposti dalla normativa comunitaria.
D'altra parte è contrario agli obblighi comunitari, come esplicitati dalla Corte di giustizia, nonché alla certezza del diritto, consentire che siano immesse nell'ordinamento norme contrarie al diritto comunitario che devono comunque essere disapplicate dai giudici e dalla p.a.
Lo Stato è responsabile di fronte alla comunità europea dell'introduzione nell'ordinamento di norme che violino il diritto comunitario, anche quando queste derivino dall'esercizio della potestà legislativa di una regione; pertanto, è ammissibile l'impugnativa del governo di una legge regionale, non ancora entrata in vigore, che si sospetti in contrasto con la normativa comunitaria.
Nel caso di specie è stato ritenuto che la legge regionale Umbria, riapprovata il 31 marzo 1994, che consente la regolarizzazione di preesistenti impianti vitivinicoli è costituzionalmente illegittima perché in contrasto con gli artt. 6 e 7 del regolamento Cee n. 822 del 1987, violando, con la disciplina della sanatoria, il principio che il rimpianto dei vigneti è consentito previa compensazione per estirpazione, data la necessità di contenere le eccedenze nel settore vitivinicolo. Corte cost., 10 novembre 1994, n. 384.
Successivamente con la legge comunitaria 24 aprile 1998, n. 128, art. 9, tale potere è esteso sia alle regioni a statuto speciale che ordinario e riguarda sia le materie di competenza esclusiva sia quelle di competenza concorrente. F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, 2004, I, 43.













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