1 L’autotutela.
La
dottrina definisce l'autotutela amministrativa come quel complesso di attività con cui
ogni pubblica amministrazione risolve i conflitti potenziali ed attuali,
relativi ai suoi provvedimenti o alle sue pretese: la pubblica amministrazione
interviene unilateralmente con i mezzi amministrativi a sua disposizione
tutelando autonomamente la propria sfera d'azione. Resta salvo, ovviamente,
ogni sindacato giurisdizionale (Caruso L.M., Potere di autotutela, principio di
affidamento e discrezionalità della pubblica amministrazione, in Giur. merito , 2010, 5, 14089).
La
pubblica amministrazione ha la possibilità di riformare i suoi atti, anche
senza la richiesta del privato interessato al provvedimento, e può provvedere a
risolvere i conflitti che eventualmente sorgono con altri soggetti nell'attuazione
dei propri provvedimenti.
Esso è
considerato come uno dei poteri della pubblica amministrazione oltre a quelli
di autonomia e autarchia. (Benvenuti F., Disegno dell’amministrazione
italiana, 1996, 276).
L'autore ritiene
l'autotutela una delle funzioni della pubblica amministrazione.
Egli distingue
l’autotutela spontanea - che si manifesta negli atti di annullamento, revoca e
abrogazione - da quella necessaria - che comprende gli atti sostitutivi e di
approvazione - e da quella contenziosa che si verifica nel caso di ricorso
amministrativo.
Altri autori,
nel classificare i procedimenti amministrativi, definiscono di secondo grado
quelli che hanno ad oggetto altri procedimenti amministrativi.
Nel procedimento
di secondo grado l'amministrazione riprende in considerazione i provvedimenti
già emanati, per motivi di legittimità (annullamento) o di merito (revoca),
ripercorrendo le fasi procedimentali previste a pena di illegittimità e dando,
puntualmente, idonea motivazione del pubblico interesse che muove
l'amministrazione nell'esercizio del suo potere. ( Giannini M.S., Diritto
amministrativo, 1988, 981.
La
dottrina rileva che l'intervento di autotutela incontra un limite insuperabile
nell'esigenza di salvaguardare le situazioni di soggetti privati che,
confidando nella legittimità dell'atto rimosso, alla luce del tempo trascorso
dalla sua emanazione, hanno acquisito il consolidamento di posizioni di
vantaggio loro attribuite da tale atto
La
legge, in altri termini, non fissa un preciso limite temporale per l'esercizio
del potere di autotutela, ma preclude
all'amministrazione
di fare esercizio di tale potere ove il tempo trascorso sia stato tale da aver
ingenerato nel privato il ragionevole convincimento circa la definitività
dell'atto vantaggioso. (Ianni
G., Pubblica amministrazione
e obbligo di motivazione dei provvedimenti: gli oneri gravanti sulla p.a. in
caso di preavviso di rigetto ed annullamento in via di autotutela, in Giur. merito , 2010, 4, 1105).
La giurisprudenza ha sancito che l'Amministrazione
non ha alcun obbligo di provvedere, sull'istanza dei privati, al riesame di un
provvedimento divenuto inoppugnabile, posto che, in tale evenienza, la domanda
assume la sostanza di una richiesta volta a sollecitare l'esercizio del potere
di autotutela,
rispetto al quale non è ontologicamente configurabile la procedura del silenzio
rifiuto. (T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 18.6.2010, n. 2881).
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