1
La
conferenza di servizi.
La
conferenza ha lo scopo di effettuare un esame contestuale dei vari interessi
pubblici per acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi di altre
pubbliche amministrazioni al fine di consentire la più celere esecuzione delle
opere pubbliche .
La
norma rimette alla discrezionalità dell'amministrazione procedente l’ indizione
una conferenza di servizi, ex art.
14, l. 241/1990, mod. art. 99, l. 122/2010.
In
tal modo si impedisce che il ricorso ad una serie di autorizzazioni presso enti
diversi allunghi senza termini certi la durata dei procedimenti amministrativi
di approvazione.
L’amministrazione
richiedente ha la possibilità di effettuare l’esame contestuale dei vari
interessi pubblici e di acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi di
altre pubbliche amministrazioni.
La
dottrina nota che la conferenza di servizi deliberativa, quale organo di
raccordo fra varie amministrazioni, esercita poteri decisori suscettibili di
sostituire tutti gli atti compresi nelle varie fasi della procedura ordinaria
assunti dalle varie amministrazioni che ad essa partecipano. Per cui i
rappresentanti delle amministrazioni dovranno essere dotati di poteri decisori
al fine di imputare gli effetti giuridici degli atti che pongono in essere alla
amministrazione rappresentata, salvo ulteriori atti di ratifica previsti dalle
varie norme in materia.
La conferenza è
indetta dalla amministrazione procedente: talché sussiste sempre una valutazione di discrezionalità relativa
alla sua convocazione non censurabile nel merito (Sempreviva M.T., Il
procedimento amministrativo, in Caringella F. (a cura di) Corso di
diritto amministrativo, 2004, 1478).
L’innovazione
portata dalla l. 122/2010 prevede l’obbligo di convocazione nel caso l’amministrazione
procedente non ottenga intese o assensi obbligatori.
La
norma prevede che la conferenza di servizi sia sempre indetta quando
l'amministrazione procedente debba acquisire intese, concerti, nulla osta o
assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li
ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione
competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta
quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più
amministrazioni interpellate ovvero nei casi in cui è consentito
all'amministrazione procedente di provvedere direttamente in assenza delle
determinazioni delle amministrazioni competenti, ex art. 14 della l. 241/1990, mod. art. 49, l.122/2010.
Per
meglio intendere la portata dell’istituto la dottrina distingue le due fasi che lo costituiscono: la
prima è istruttoria; la seconda è
costitutiva.
Nella conferenza
di servizi si realizza un incontro di pubblici poteri che cercano accordi con
altri pubblici poteri, mediante: a) una prima fase iniziale della procedura,
contraddistinta dalla ricerca del consenso per la realizzazione del progetto da
parte di tutti i soggetti pubblici in qualche misura coinvolti; b) una seconda
fase finale della procedura in cui si formalizza l’accordo con il consenso (Italia
V., (a cura di) Lo snellimento dell’attività amministrativa 1997, 243).
La
conferenza di servizi non costituisce organo amministrativo straordinario;
ciascun rappresentante imputa gli effetti giuridici degli atti che compie
all'amministrazione rappresentata, competente in forza alla normativa di
settore; di conseguenza la giurisprudenza ha ritenuto che la legittimazione
passiva in sede giurisdizionale non compete alla conferenza, priva di
soggettività autonoma, ma alle singole amministrazioni che per il tramite del
loro rappresentante abbiano adottato statuizioni di natura esoprocedimentale
già rientranti nella sfera di competenza di ogni singola amministrazione
(T.A.R. Marche, 5.8.2004, n. 976).
La
dottrina concorda affermando che le amministrazioni sono gli unici centri cui
si possano imputare le volontà che hanno formato il provvedimento.
L’atto
finale risulta imputato solo all’amministrazione che adotta il provvedimento
finale ovvero (nel caso della conferenza decisoria) alle altre amministrazioni
che attraverso la conferenza esprimono la loro volontà provvedimentale:
pertanto, la legittimazione passiva in sede processuale compete solo
all’amministrazione o alle amministrazioni che abbiano adottato le statuizioni
rilevanti all’esterno e non alla conferenza; essa funge solo da strumento di
raccordo e di semplificazione organizzativo-procedimentale (Sempreviva M.T., Il
procedimento amministrativo op. cit., 2004, 1472).
L’art.
9, l. 69/2009, prevede che alla conferenza di servizi devono essere convocati i
soggetti proponenti il progetto dedotto in conferenza alla quale gli stessi
partecipano senza diritto di voto.
Alla
conferenza possono partecipare, senza diritto di voto, i concessionari e i
gestori di pubblici servizi, nel caso in cui il procedimento amministrativo o
il progetto dedotto in conferenza implichi loro adempimenti ovvero abbia
effetto diretto o indiretto sulla loro attività. Agli stessi è inviata, anche
per via telematica e con congruo anticipo, comunicazione della convocazione
della conferenza di servizi. Alla conferenza possono partecipare inoltre, senza
diritto di voto, le amministrazioni preposte alla gestione delle eventuali
misure pubbliche di agevolazione.
2
I
rapporti con la pianificazione territoriale.
Sono
state recepite le critiche di coloro che hanno temuto che tale strumento
portasse a una deregolamentazione della pianificazione territoriale per
favorire l’esecuzione delle opere pubbliche.
La
conferenza deve sempre muoversi nel rispetto della normativa vigente non
essendo ad essa conferito alcun potere di deroga rispetto ad atti
amministrativi generali efficaci.
Lo
spazio all'interno del quale si muove la conferenza non è quello della deroga,
ma quello della composizione delle discrezionalità amministrative e dei poteri
spettanti alle amministrazioni partecipanti. Essa si pone come momento di
confluenza delle volontà delle singole amministrazioni nel rispetto dell'ordinamento normativo e
amministrativo vigente.
La
conferenza di servizi prevista dall'art. 14, l. 7.8.1990, n. 241 è un modello
procedimentale di cui le principali funzioni consistono nel coordinamento e
nell'organizzazione di fini pubblici sicché - nel porsi come momento di
confluenza delle volontà delle singole amministrazioni e nel prevedere una
particolare procedura nell'ipotesi di dissenso espresso da un'amministrazione
preposta alla tutela ambientale, paesistico territoriale, del patrimonio storico-artistico
o della tutela della salute - risponde al canone costituzionale del buon
andamento dell'Amministrazione pubblica, attribuendo dignità di criteri
normativi ai concetti di economicità, semplicità, celerità ed efficacia della
sua attività
Si tratta, in sostanza, di uno strumento di
coordinamento e di semplificazione della procedura non può essere configurata
come strumento di deroga alla normativa o alla pianificazione vigenti (T.A.R.
Abruzzo L'Aquila, 25.10.2002, n. 540).
Ogni
variante alla pianificazione territoriale deve quindi seguire l’iter
previsto per le modifiche agli strumenti urbanistici generali.
Il
consiglio comunale è libero, quindi, di procedere o meno alla modifica degli strumenti urbanistici a
prescindere dal consenso manifestato da un suo rappresentante in seno alla
conferenza.
La proposta di variante dello strumento urbanistico, formulata ai
sensi dell' art. 5, d.p.r. 20 .10. 1998, n. 447, dalla conferenza dei servizi al fine di favorire
e semplificare la realizzazione di una struttura commerciale in zona tipizzata
come agricola, non è vincolante per il Consiglio
comunale il quale può autonomamente valutare se aderire o non alla stessa. (Cons. Stato , sez. IV, 31 .7. 2009,
n. 4828).
Né un effetto vincolante può ravvisarsi quando il rappresentante comunale ha,
in sede di Conferenza, espresso parere favorevole proprio perché, ai sensi della
disposizione di che trattasi, è il Consiglio comunale che deve pronunciarsi
definitivamente (Cons. Stato , sez. IV, 3 .9. 2008, n.
4110).
3
Il procedimento.
La
disciplina generale della conferenza di servizi risponde alle finalità di
raggiungere la massima celerità nell’esecuzione delle opere pubbliche, ex art. 14, ter della l.
241/1990.
Il
legislatore ha disciplinato, infatti, un percorso obbligatorio che prescinde da
soluzioni discrezionali e che è predeterminato dalle amministrazioni
partecipanti.
Queste
norme, avendo natura di norme quadro generali, si applicano alle altre
conferenze di servizi disciplinate dalla legislazione speciale.
Il
procedimento acquista una scansione particolarmente celere.
E’
regolamentata la modalità di convocazione, riducendo la possibilità di assenze
attraverso un meccanismo di contraddittorio con le amministrazioni interessate
che devono concordare la data di convocazione in caso di impedimento.
La norma
precisa che la prima riunione della conferenza di servizi è convocata entro
quindici giorni ovvero, in caso di particolare complessità dell'istruttoria,
entro trenta giorni dalla data di indizione.
La
convocazione della prima riunione della conferenza di servizi deve pervenire
alle amministrazioni interessate, anche per via telematica o informatica,
almeno cinque giorni prima della relativa data. Entro i successivi cinque
giorni, le amministrazioni convocate possono richiedere, qualora
impossibilitate a partecipare, l'effettuazione della riunione in una diversa
data; in tale caso, l'amministrazione procedente concorda una nuova data,
comunque entro i dieci giorni successivi alla prima. La nuova data della
riunione può essere fissata entro i quindici giorni successivi nel caso la
richiesta provenga da un'autorità preposta alla tutela del patrimonio
culturale. I responsabili degli sportelli unici per le attività produttive e
per l'edilizia, ove costituiti, o i Comuni, o altre autorità competenti
concordano con i Soprintendenti territorialmente competenti il calendario,
almeno trimestrale, delle riunioni delle conferenze di servizi che coinvolgano
atti di assenso o consultivi comunque denominati di competenza del Ministero
per i beni e le attività culturali, ex
art. 14 ter, l. 241/1990, sost. art. 49, 2° co. l. 122/2010.
Le
stesse tappe procedimentali sono scandite con rigidità temporale, imponendo
alla conferenza di definire entro la seconda riunione i tempi per l’adozione
della decisione conclusiva.
Nella
prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella immediatamente
successiva alla trasmissione dell'istanza o del progetto definitivo, le
amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l'adozione della
decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i novanta
giorni.
Decorsi
inutilmente tali termini, l'amministrazione procedente provvede tenendo conto
delle posizioni prevalenti.
In
caso di opera o attività sottoposta anche ad autorizzazione paesaggistica, il
soprintendente si esprime, in via definitiva, in sede di conferenza di servizi,
ove convocata, in ordine a tutti i provvedimenti di sua competenza ai sensi del
d. lgs. 22.1.2004, 42,
ex art. 14 ter, l. 241/1990, sost. art.
49, 2° co. l. 122/2010.
3.1 Il silenzio . Effetti.
Il silenzio della
conferenza, dopo novanta giorni dalla convocazione, comporta la possibilità per
l’amministrazione procedente di decidere (Nunziata G., Colpo di acceleratore
con la conferenza di servizi, in Guida Dir., 2005, 72).
Il
parere, anche se non emanato, può influenzare la decisione della autorità
procedente che può tenere conto delle risultanze che emergano dalle posizioni
espresse nella stessa conferenza.
La
norma precisa le modalità del procedimento in caso di VIA statale.
L'amministrazione
procedente può adire direttamente il consiglio dei ministri ai sensi dell'art. 26, comma 2, del d. lgs. 30.4.2006, n. 152; in tutti gli altri casi,
valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle
posizioni prevalenti espresse in quella sede, adotta la determinazione motivata
di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti, ogni
autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato
di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a
partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza. La mancata
partecipazione alla conferenza di servizi ovvero la ritardata o mancata
adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento sono
valutate ai fini della responsabilità dirigenziale o disciplinare e
amministrativa nonché ai fini dell'attribuzione della retribuzione di
risultato.
Resta
salvo il diritto del privato di dimostrare il danno derivante dalla mancata
osservanza del termine di conclusione del procedimento ai sensi degli articoli
2 e 2-bis, ex art. 14 ter, 6° bis co., l. 241/1990, sost. art. 49, 2°
co. l. 122/2010.
Poiché
si deve ravvisare un obbligo a provvedere, trascorso tale periodo, l’autorità
procedente può essere diffidata a provvedere con la conseguente impugnativa del
suo silenzio.
Al
fine di rendere più spedita la procedura è stato attribuito valore di assenso
al silenzio tenuto da uno o più rappresentanti in seno alla conferenza.
La
norma considera acquisito l'assenso dell'amministrazione, ivi comprese quelle
preposte alla tutela della salute e della pubblica incolumità, alla tutela
paesaggistico-territoriale e alla tutela ambientale, esclusi i provvedimenti in
materia di VIA, VAS e AIA, il cui rappresentante, all'esito dei lavori della
conferenza, non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione
rappresentata, ex art. 14 ter,
l. 241/1990, sost. art. 49, 2° co. l. 122/2010.
4
Il dissenso motivato
nella l. 15/2005.
Il
procedimento può proseguire anche con approvazione a maggioranza; la norma
richiede che i pareri contrari siano motivati.
Il
dissenso per essere legittimo deve essere espresso direttamente nell’ambito
delle riunioni della conferenza, deve essere congruamente motivato e deve
esprimere le indicazioni richieste perché il progetto sia oggetto di
approvazione.
La
norma precisa che il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni
ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, fermo restando quanto
previsto dall'articolo 26 del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152,
paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela
della salute e della pubblica incolumità, regolarmente convocate alla
conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella
conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a
questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e
deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai
fini dell'assenso, ex art. 14 quater,
l. 241/1990, mod. art. 49, l. 122/2010.
Nel
caso di dissenso motivato di una amministrazione preposta alla tutela
ambientale, paesaggistico-territoriale, paesaggistico ambientale, del
patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute la decisione deve
essere rimessa ad un organo terzo.
La
norma precisa che esclusi i casi di localizzazione delle opere di interesse
statale, ove venga espresso motivato dissenso da parte di un'amministrazione
preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio
storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la
questione è rimessa dall'amministrazione procedente alla deliberazione del
Consiglio dei Ministri, che si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa
con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate in caso di
dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più
amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti
locali interessati, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o
regionale e un ente locale o tra più enti locali.
Se
l'intesa non è raggiunta nei successivi trenta giorni, la deliberazione del
Consiglio dei ministri può essere comunque adottata. Se il motivato dissenso è
espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di
propria competenza, il Consiglio dei Ministri delibera in esercizio del proprio
potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle
Province autonome interessate, ex art.
14 quater, l. 241/1990, mod. art. 49, l. 122/2010.
5
Il silenzio
e il procedimento sostitutivo.
La Conferenza di servizi può
disporre, ai sensi dell'art. 5 comma 6, d.p.r. 509 del 1997, il rigetto di una
o di tutte le domande laddove le competenti amministrazioni chiamate a
partecipare alla Conferenza di servizi ritengano che uno o tutti i progetti
preliminari allegati alle domande di concessione contrastino con gli strumenti
urbanistici vigenti o con l'interesse alla tutela del paesaggio e dell'ambiente
e alla conservazione del patrimonio archeologico, ovvero ritengano di non
potersi pronunciare senza aver prima acquisito un parere o una valutazione
tecnica non sostituibile (in ragione di quanto previsto dagli art. 16 comma 3,
e 17 comma 2, l. n. 241 del 1990).
La giurisprudenza non ritiene che l'esistenza di ragioni di
contrasto o la mancata acquisizione di un parere o di una valutazione tecnica
non sostituibile giustifichino la mancata adozione del provvedimento conclusivo
della Conferenza di servizi entro il termine di trecento giorni. La
soluzione, infatti, appare, per un verso, rispettosa della previsione
legislativa dell'obbligo di conclusione dei procedimenti amministrativi e
conforme alla funzione di semplificazione procedimentale propria dell'istituto
della Conferenza di servizi e, per altro verso, risponde
all'interesse del privato di ottenere comunque un riscontro, anche negativo,
alle proprie istanze sia in vista dell'assunzione di diverse determinazioni e/o
iniziative imprenditoriali che all'eventuale fine di intraprendere azioni di
tutela delle proprie ragioni. (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 27.5.2009, n. 2944).
Nei casi di silenzio - ossia qualora non sia redatta
la decisione nei termini previsti - la determinazione conclusiva è rimessa
comunque al Consiglio dei Ministri ovvero alla giunta regionale o alla
provincia autonoma competente se si tratta di una materia non attribuita alla
competenza statale.
In
caso di omissione vi è l’intervento sostitutivo del Consiglio dei ministri (Nunziata
G., Colpo di acceleratore con la conferenza di servizi, in
Guida Dir., 2005, 73).
L’iniziativa
dell’intervento sostitutivo è demandata al Ministro degli affari regionali.
L’amministrazione
procedente ha evidentemente una azione di impulso per garantire l’adozione del
provvedimento finale che rimane nell’ambito di una azione amministrativa; essa
è autonoma e può esplicarsi a prescindere da un intervento della magistratura
amministrativa, la cui azione sull’eventuale silenzio appare non più
necessaria.
L’intervento
del Consiglio dei Ministri è redatto d’intesa con le regioni interessate in
conformità all’indirizzo della Corte Costituzionale che prevede come necessaria
la presenza delle regioni cui è attribuito il potere di determinare la
pianificazione territoriale; esso non può essere derogato da una iniziativa dei
comuni.
La
Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 25, 2° co., lett. g),
d.lgs. n. 112 del 1998, nella parte in cui prevede che, ove il progetto di
insediamento di attività produttive contrasti con le previsioni di uno
strumento urbanistico.
La
determinazione della conferenza di servizi costituisce, anche nell'ipotesi di
dissenso della Regione, proposta di variante sulla quale si pronuncia definitivamente
il Consiglio comunale.
Tale
disposizione lede la competenza regionale in materia di urbanistica dal momento
che lo strumento urbanistico nella fattispecie de qua potrebbe essere
modificato senza il consenso della Regione (Corte cost., 26.6.2001, n. 206,
in Regioni , 2002, 81).
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