sabato 4 marzo 2017

La conferenza di servizi.

1           La conferenza di servizi.


La conferenza ha lo scopo di effettuare un esame contestuale dei vari interessi pubblici per acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi di altre pubbliche amministrazioni al fine di consentire la più celere esecuzione delle opere pubbliche .
La norma rimette alla discrezionalità dell'amministrazione procedente l’ indizione una conferenza di servizi, ex art. 14, l. 241/1990, mod. art. 99, l. 122/2010.
In tal modo si impedisce che il ricorso ad una serie di autorizzazioni presso enti diversi allunghi senza termini certi la durata dei procedimenti amministrativi di approvazione.
L’amministrazione richiedente ha la possibilità di effettuare l’esame contestuale dei vari interessi pubblici e di acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi di altre pubbliche amministrazioni.
La dottrina nota che la conferenza di servizi deliberativa, quale organo di raccordo fra varie amministrazioni, esercita poteri decisori suscettibili di sostituire tutti gli atti compresi nelle varie fasi della procedura ordinaria assunti dalle varie amministrazioni che ad essa partecipano. Per cui i rappresentanti delle amministrazioni dovranno essere dotati di poteri decisori al fine di imputare gli effetti giuridici degli atti che pongono in essere alla amministrazione rappresentata, salvo ulteriori atti di ratifica previsti dalle varie norme in materia.
La conferenza è indetta dalla amministrazione procedente: talché  sussiste sempre  una valutazione di discrezionalità relativa alla sua convocazione non censurabile nel merito (Sempreviva M.T., Il procedimento amministrativo, in Caringella F. (a cura di) Corso di diritto amministrativo,   2004, 1478).
L’innovazione portata dalla l. 122/2010 prevede l’obbligo di convocazione nel caso l’amministrazione procedente non ottenga intese o assensi obbligatori.
La norma prevede che la conferenza di servizi sia sempre indetta quando l'amministrazione procedente debba acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate ovvero nei casi in cui è consentito all'amministrazione procedente di provvedere direttamente in assenza delle determinazioni delle amministrazioni competenti, ex art. 14 della l. 241/1990, mod. art. 49, l.122/2010.
Per meglio intendere la portata dell’istituto la dottrina  distingue le due fasi che lo costituiscono: la prima è istruttoria;  la seconda è costitutiva.
Nella conferenza di servizi si realizza un incontro di pubblici poteri che cercano accordi con altri pubblici poteri, mediante: a) una prima fase iniziale della procedura, contraddistinta dalla ricerca del consenso per la realizzazione del progetto da parte di tutti i soggetti pubblici in qualche misura coinvolti; b) una seconda fase finale della procedura in cui si formalizza l’accordo con il consenso (Italia V., (a cura di) Lo snellimento dell’attività amministrativa 1997, 243).
La conferenza di servizi non costituisce organo amministrativo straordinario; ciascun rappresentante imputa gli effetti giuridici degli atti che compie all'amministrazione rappresentata, competente in forza alla normativa di settore; di conseguenza la giurisprudenza ha ritenuto che la legittimazione passiva in sede giurisdizionale non compete alla conferenza, priva di soggettività autonoma, ma alle singole amministrazioni che per il tramite del loro rappresentante abbiano adottato statuizioni di natura esoprocedimentale già rientranti nella sfera di competenza di ogni singola amministrazione (T.A.R. Marche, 5.8.2004, n. 976).
La dottrina concorda affermando che le amministrazioni sono gli unici centri cui si possano imputare le volontà che hanno formato il provvedimento.
L’atto finale risulta imputato solo all’amministrazione che adotta il provvedimento finale ovvero (nel caso della conferenza decisoria) alle altre amministrazioni che attraverso la conferenza esprimono la loro volontà provvedimentale: pertanto, la legittimazione passiva in sede processuale compete solo all’amministrazione o alle amministrazioni che abbiano adottato le statuizioni rilevanti all’esterno e non alla conferenza; essa funge solo da strumento di raccordo e di semplificazione organizzativo-procedimentale (Sempreviva M.T., Il procedimento amministrativo op. cit., 2004, 1472).
L’art. 9, l. 69/2009, prevede che alla conferenza di servizi devono essere convocati i soggetti proponenti il progetto dedotto in conferenza alla quale gli stessi partecipano senza diritto di voto. 
Alla conferenza possono partecipare, senza diritto di voto, i concessionari e i gestori di pubblici servizi, nel caso in cui il procedimento amministrativo o il progetto dedotto in conferenza implichi loro adempimenti ovvero abbia effetto diretto o indiretto sulla loro attività. Agli stessi è inviata, anche per via telematica e con congruo anticipo, comunicazione della convocazione della conferenza di servizi. Alla conferenza possono partecipare inoltre, senza diritto di voto, le amministrazioni preposte alla gestione delle eventuali misure pubbliche di agevolazione.


2           I rapporti con la pianificazione territoriale.



Sono state recepite le critiche di coloro che hanno temuto che tale strumento portasse a una deregolamentazione della pianificazione territoriale per favorire l’esecuzione delle opere pubbliche.
La conferenza deve sempre muoversi nel rispetto della normativa vigente non essendo ad essa conferito alcun potere di deroga rispetto ad atti amministrativi generali efficaci.
Lo spazio all'interno del quale si muove la conferenza non è quello della deroga, ma quello della composizione delle discrezionalità amministrative e dei poteri spettanti alle amministrazioni partecipanti. Essa si pone come momento di confluenza delle volontà delle singole amministrazioni  nel rispetto dell'ordinamento normativo e amministrativo vigente.
La conferenza di servizi prevista dall'art. 14, l. 7.8.1990, n. 241 è un modello procedimentale di cui le principali funzioni consistono nel coordinamento e nell'organizzazione di fini pubblici sicché - nel porsi come momento di confluenza delle volontà delle singole amministrazioni e nel prevedere una particolare procedura nell'ipotesi di dissenso espresso da un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesistico territoriale, del patrimonio storico-artistico o della tutela della salute - risponde al canone costituzionale del buon andamento dell'Amministrazione pubblica, attribuendo dignità di criteri normativi ai concetti di economicità, semplicità, celerità ed efficacia della sua attività
Si  tratta, in sostanza, di uno strumento di coordinamento e di semplificazione della procedura non può essere configurata come strumento di deroga alla normativa o alla pianificazione vigenti (T.A.R. Abruzzo L'Aquila, 25.10.2002, n. 540).
Ogni variante alla pianificazione territoriale deve quindi seguire l’iter previsto per le modifiche agli strumenti urbanistici generali.
Il consiglio comunale è libero, quindi, di procedere o meno  alla modifica degli strumenti urbanistici a prescindere dal consenso manifestato da un suo rappresentante in seno alla conferenza.
La proposta di variante dello strumento urbanistico, formulata ai sensi dell' art. 5, d.p.r. 20 .10. 1998, n. 447, dalla conferenza dei servizi al fine di favorire e semplificare la realizzazione di una struttura commerciale in zona tipizzata come agricola, non è vincolante per il Consiglio comunale il quale può autonomamente valutare se aderire o non alla stessa. (Cons. Stato , sez. IV, 31 .7. 2009, n. 4828). Né un effetto vincolante può ravvisarsi quando il rappresentante comunale ha, in sede di Conferenza, espresso parere favorevole proprio perché, ai sensi della disposizione di che trattasi, è il Consiglio comunale che deve pronunciarsi definitivamente (Cons. Stato , sez. IV, 3 .9. 2008, n. 4110).






3            Il procedimento.



La disciplina generale della conferenza di servizi risponde alle finalità di raggiungere la massima celerità nell’esecuzione delle opere pubbliche, ex art. 14, ter della l. 241/1990.
Il legislatore ha disciplinato, infatti, un percorso obbligatorio che prescinde da soluzioni discrezionali e che è predeterminato dalle amministrazioni partecipanti.
Queste norme, avendo natura di norme quadro generali, si applicano alle altre conferenze di servizi disciplinate dalla legislazione speciale.
Il procedimento acquista una scansione particolarmente celere.
E’ regolamentata la modalità di convocazione, riducendo la possibilità di assenze attraverso un meccanismo di contraddittorio con le amministrazioni interessate che devono concordare la data di convocazione in caso di impedimento.
La norma precisa che la prima riunione della conferenza di servizi è convocata entro quindici giorni ovvero, in caso di particolare complessità dell'istruttoria, entro trenta giorni dalla data di indizione.
La convocazione della prima riunione della conferenza di servizi deve pervenire alle amministrazioni interessate, anche per via telematica o informatica, almeno cinque giorni prima della relativa data. Entro i successivi cinque giorni, le amministrazioni convocate possono richiedere, qualora impossibilitate a partecipare, l'effettuazione della riunione in una diversa data; in tale caso, l'amministrazione procedente concorda una nuova data, comunque entro i dieci giorni successivi alla prima. La nuova data della riunione può essere fissata entro i quindici giorni successivi nel caso la richiesta provenga da un'autorità preposta alla tutela del patrimonio culturale. I responsabili degli sportelli unici per le attività produttive e per l'edilizia, ove costituiti, o i Comuni, o altre autorità competenti concordano con i Soprintendenti territorialmente competenti il calendario, almeno trimestrale, delle riunioni delle conferenze di servizi che coinvolgano atti di assenso o consultivi comunque denominati di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali, ex art. 14 ter, l. 241/1990, sost. art. 49, 2° co. l. 122/2010.
Le stesse tappe procedimentali sono scandite con rigidità temporale, imponendo alla conferenza di definire entro la seconda riunione i tempi per l’adozione della decisione conclusiva.
Nella prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella immediatamente successiva alla trasmissione dell'istanza o del progetto definitivo, le amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l'adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i novanta giorni.
Decorsi inutilmente tali termini, l'amministrazione procedente provvede tenendo conto delle posizioni prevalenti.
In caso di opera o attività sottoposta anche ad autorizzazione paesaggistica, il soprintendente si esprime, in via definitiva, in sede di conferenza di servizi, ove convocata, in ordine a tutti i provvedimenti di sua competenza ai sensi del d. lgs. 22.1.2004, 42, ex  art. 14 ter, l. 241/1990, sost. art. 49, 2° co. l. 122/2010.


3.1         Il silenzio . Effetti.


Il silenzio della conferenza, dopo novanta giorni dalla convocazione, comporta la possibilità per l’amministrazione procedente di decidere (Nunziata G., Colpo di acceleratore con la conferenza di servizi, in Guida Dir., 2005, 72).
Il parere, anche se non emanato, può influenzare la decisione della autorità procedente che può tenere conto delle risultanze che emergano dalle posizioni espresse nella stessa conferenza.
La norma precisa le modalità del procedimento in caso di VIA statale.
L'amministrazione procedente può adire direttamente il consiglio dei ministri ai sensi dell'art. 26, comma 2, del d. lgs. 30.4.2006, n. 152; in tutti gli altri casi, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza. La mancata partecipazione alla conferenza di servizi ovvero la ritardata o mancata adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento sono valutate ai fini della responsabilità dirigenziale o disciplinare e amministrativa nonché ai fini dell'attribuzione della retribuzione di risultato.
Resta salvo il diritto del privato di dimostrare il danno derivante dalla mancata osservanza del termine di conclusione del procedimento ai sensi degli articoli 2 e 2-bis, ex art. 14 ter, 6° bis co., l. 241/1990, sost. art. 49, 2° co. l. 122/2010.
Poiché si deve ravvisare un obbligo a provvedere, trascorso tale periodo, l’autorità procedente può essere diffidata a provvedere con la conseguente impugnativa del suo silenzio.
Al fine di rendere più spedita la procedura è stato attribuito valore di assenso al silenzio tenuto da uno o più rappresentanti in seno alla conferenza.
La norma considera acquisito l'assenso dell'amministrazione, ivi comprese quelle preposte alla tutela della salute e della pubblica incolumità, alla tutela paesaggistico-territoriale e alla tutela ambientale, esclusi i provvedimenti in materia di VIA, VAS e AIA, il cui rappresentante, all'esito dei lavori della conferenza, non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata, ex art. 14 ter, l. 241/1990, sost. art. 49, 2° co. l. 122/2010.






4            Il dissenso motivato nella l. 15/2005.



Il procedimento può proseguire anche con approvazione a maggioranza; la norma richiede che i pareri contrari siano motivati.
Il dissenso per essere legittimo deve essere espresso direttamente nell’ambito delle riunioni della conferenza, deve essere congruamente motivato e deve esprimere le indicazioni richieste perché il progetto sia oggetto di approvazione.
La norma precisa che il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, fermo restando quanto previsto dall'articolo 26 del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso, ex art. 14 quater, l. 241/1990, mod. art. 49, l. 122/2010.
Nel caso di dissenso motivato di una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, paesaggistico ambientale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute la decisione deve essere rimessa ad un organo terzo.
La norma precisa che esclusi i casi di localizzazione delle opere di interesse statale, ove venga espresso motivato dissenso da parte di un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione è rimessa dall'amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali.
Se l'intesa non è raggiunta nei successivi trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei ministri può essere comunque adottata. Se il motivato dissenso è espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, il Consiglio dei Ministri delibera in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate, ex art. 14 quater, l. 241/1990, mod. art. 49, l. 122/2010.






5           Il silenzio e il procedimento sostitutivo.


La Conferenza di servizi può disporre, ai sensi dell'art. 5 comma 6, d.p.r. 509 del 1997, il rigetto di una o di tutte le domande laddove le competenti amministrazioni chiamate a partecipare alla Conferenza di servizi ritengano che uno o tutti i progetti preliminari allegati alle domande di concessione contrastino con gli strumenti urbanistici vigenti o con l'interesse alla tutela del paesaggio e dell'ambiente e alla conservazione del patrimonio archeologico, ovvero ritengano di non potersi pronunciare senza aver prima acquisito un parere o una valutazione tecnica non sostituibile (in ragione di quanto previsto dagli art. 16 comma 3, e 17 comma 2, l. n. 241 del 1990).
La giurisprudenza  non ritiene che l'esistenza di ragioni di contrasto o la mancata acquisizione di un parere o di una valutazione tecnica non sostituibile giustifichino la mancata adozione del provvedimento conclusivo della Conferenza di servizi entro il termine di trecento giorni. La soluzione, infatti, appare, per un verso, rispettosa della previsione legislativa dell'obbligo di conclusione dei procedimenti amministrativi e conforme alla funzione di semplificazione procedimentale propria dell'istituto della Conferenza di servizi e, per altro verso, risponde all'interesse del privato di ottenere comunque un riscontro, anche negativo, alle proprie istanze sia in vista dell'assunzione di diverse determinazioni e/o iniziative imprenditoriali che all'eventuale fine di intraprendere azioni di tutela delle proprie ragioni. (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 27.5.2009, n. 2944).
Nei casi di silenzio - ossia qualora non sia redatta la decisione nei termini previsti - la determinazione conclusiva è rimessa comunque al Consiglio dei Ministri ovvero alla giunta regionale o alla provincia autonoma competente se si tratta di una materia non attribuita alla competenza statale.
In caso di omissione vi è l’intervento sostitutivo del Consiglio dei ministri (Nunziata G., Colpo di acceleratore con la conferenza di servizi, in Guida Dir.,  2005, 73).
L’iniziativa dell’intervento sostitutivo è demandata al Ministro degli affari regionali.
L’amministrazione procedente ha evidentemente una azione di impulso per garantire l’adozione del provvedimento finale che rimane nell’ambito di una azione amministrativa; essa è autonoma e può esplicarsi a prescindere da un intervento della magistratura amministrativa, la cui azione sull’eventuale silenzio appare non più necessaria.
L’intervento del Consiglio dei Ministri è redatto d’intesa con le regioni interessate in conformità all’indirizzo della Corte Costituzionale che prevede come necessaria la presenza delle regioni cui è attribuito il potere di determinare la pianificazione territoriale; esso non può essere derogato da una iniziativa dei comuni.
La Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 25, 2° co., lett. g), d.lgs. n. 112 del 1998, nella parte in cui prevede che, ove il progetto di insediamento di attività produttive contrasti con le previsioni di uno strumento urbanistico.
La determinazione della conferenza di servizi costituisce, anche nell'ipotesi di dissenso della Regione, proposta di variante sulla quale si pronuncia definitivamente il Consiglio comunale.

Tale disposizione lede la competenza regionale in materia di urbanistica dal momento che lo strumento urbanistico nella fattispecie de qua potrebbe essere modificato senza il consenso della Regione (Corte cost., 26.6.2001, n. 206, in Regioni , 2002, 81).

Nessun commento:

Posta un commento