L’esclusione della prevenzione.
La facoltà di costruire sul confine
secondo gli schemi sopra indicati può
essere esercitata solo nel caso in cui i regolamenti edilizi o le norme di
piano o atti negoziali fra gli stessi privati confinanti non impongano
l’osservanza di una distanza minima dal confine.
In
tema di costruzioni sulla zona di confine, la scelta offerta al preveniente,
dal combinato disposto degli artt. 873, 874, 875, 877 c.c., è subordinata alla
possibilità, per il vicino, di esercitare, a sua volta, nella prima e nella
terza ipotesi, il diritto di costruire in appoggio o in aderenza al muro del preveniente.
La
predetta facoltà deve essere negata al preveniente se, in forza di un divieto
di legge - norme del regolamento edilizio - o di particolari vincoli nascenti
da negozio privato - servitù - o di situazioni giuridiche - canali di bonifica, corsi d'acqua - o dell'appartenenza a terzi di tale
zona - o di parte di essa - non sia possibile al vicino spingere il proprio
fabbricato sino a quello del preveniente.
In
questo caso è il preveniente che deve rispettare il distacco legale dal
confine.
Nella specie, si è ritenuto inoperante
il principio della prevenzione per
l'esistenza di una servitù di passaggio che veniva esercitata su
una striscia
di
terreno contigua al confine e che impediva al prevenuto di avanzare la sua
costruzione fino a quella del preveniente, posta a distanza illegale
(Cass.
civ., sez. II, 20 aprile 1996, n. 3769, GCM,
1996, 1217).
Nel caso in cui le norme di piano
escludano la prevenzione non solo non è consentito al prevenuto di costruire in
aderenza, ma anche deve essere esclusa la possibilità che il preveniente possa
costruire sul confine, salva l’azione da
parte del confinante di remissione in pristino.
Le disposizioni dei regolamenti comunali edilizi che
impongono una distanza minima tra pareti finestrate e pareti degli edifici
antistanti, con esclusione della facoltà di costruire in aderenza, rendono
inapplicabile il criterio della prevenzione, con conseguente esclusione della
possibilità di costruire sul confine, dovendo colui che costruisce
per primo osservare una distanza minima dal confine del proprio fondo,
non inferiore alla metà di quella prescritta
(Cass.
civ., sez. II, 1 luglio 1996, n. 5953, GCM,
1996, 929).
In
tema di costruzioni sulla zona di confine, la scelta offerta al preveniente dal
combinato disposto degli artt. 873, 874, 875, 877 c.c. (costruzione sul
confine ovvero con distacco legale dal confine o a distanza inferiore al
distacco legale) è subordinata alla
possibilità, per il vicino, di esercitare, a sua volta, nella prima e nella terza
ipotesi, il diritto di
costruire in appoggio o in
aderenza al muro del preveniente con la
conseguenza che la predetta facoltà deve essere negata al preveniente se, in
forza di un divieto di legge (norme
del regolamento edilizio) o di
particolari vincoli nascenti da negozio privato (es. servitù) o di situazioni
giuridiche (canali di bonifica, corsi d'acqua) o dell'appartenenza a terzi di
tale zona (o di parte di essa), non sia
possibile al vicino spingere il proprio fabbricato sino a quello del
preveniente.
In
questo caso, è il preveniente che deve
rispettare il distacco legale dal confine e che si espone al rischio, nel caso
di costruzione a distanza inferiore, di essere
costretto dal vicino ad
arretrare la sua costruzione fino a
raggiungere la prescritta distanza
legale dal confine.
Nella
specie, si è ritenuto inoperante il principio della prevenzione per l'esistenza di una servitù di passaggio
che veniva esercitata su una striscia di
terreno contigua al confine e che impediva al prevenuto di avanzare la sua costruzione fino a quella del
preveniente, posta a distanza illegale
(Cass.
civ., sez. II, 20 aprile 1996, n. 3769, GCM,
1996, 616).
Secondo la giurisprudenza il principio
codicistico della prevenzione si applica anche alle situazioni nelle quali
opera la disciplina dell'art. 17, l. 6 agosto 1967, n. 765, la dove la norma
fissa la distanza da tenere rapportandola all’altezza dei fabbricati.
La
prevenzione, poiché regola la distanza tra fabbricati, sia pure in funzione di
quello costruito successivamente - la distanza degli edifici vicini non può
essere inferiore all'altezza di ciascun fronte dall'edificio da costruire - è
integrativa dell'art. 873 c.c.; e, pertanto, ad eccezione della maggiore entità
del distacco, devono ad essa applicarsi le regole ed i principi previsti dal
codice civile per la disciplina della distanza fra costruzioni su fondi
finitimi, compreso quello della prevenzione, perché non escluso dalla legge
speciale
(Cass.
civ., sez. II, 27 gennaio 1998, n. 784, GC,
1998, I, 965, nota Mannetta).
La scelta effettuata dal preveniente
legittima la sua posizione solo se essa è conforme alle norme di legge e di
regolamento sulle distanze.
La prevenzione può essere esercitata
solo se viene dato il nulla osta all’esercizio del corrispondente diritto del
confinante prevenuto.
Se questo non può esercitare il suo
diritto parallelamente di deve escludere l’esercizio della prevenzione da parte
del preveniente
In tema di costruzioni sulla zona di confine, la scelta
offerta al preveniente dal combinato disposto degli artt. 873, 874, 875, 877
c.c. - costruzione sul confine ovvero con distacco legale dal
confine o a distanza inferiore al distacco legale - è subordinata alla
possibilità, per il vicino, di
esercitare, a sua volta, nella prima e
nella terza ipotesi, il
diritto di costruire in appoggio o in aderenza al muro
del preveniente.
La
predetta facoltà deve essere negata al preveniente se, in forza di un divieto
di legge - norme del regolamento edilizio - o di particolari
vincoli nascenti da negozio privato – come, ad esempio, l’esistenza di una
servitù - o di situazioni giuridiche - come, ad esempio, la presenza di
canali di bonifica o di corsi d'acqua - o dell'appartenenza a terzi di
tale zona o di parte di essa, non sia
possibile al vicino spingere il proprio fabbricato sino a quello del preveniente.
In
questo caso, è il preveniente che deve
rispettare il distacco legale dal confine e che si espone al rischio, nel caso
di costruzione a distanza inferiore, di essere
costretto dal vicino ad arretrare
la sua costruzione fino a raggiungere la prescritta distanza legale dal confine.
Nella
specie, si è ritenuto inoperante il principio della prevenzione per l'esistenza
di una servitù di passaggio che veniva esercitata su una striscia di terreno contigua al confine e
che impediva al prevenuto di avanzare la sua costruzione fino a quella del
preveniente, posta a distanza illegale
(Cass.
civ., sez. II, 20 aprile 1996, n. 3769, GCM,
1996, 616).
La giurisprudenza si è posta il
problema se il prevenuto possa realizzare una propria costruzione illegittima
ed evitare la domanda di demolizione del preveniente, proponendo soluzioni che
possano sanare la situazione pregressa.
La giurisprudenza appare orientata
negativamente sulla possibilità di invocare soluzioni a sanatoria che non
rivestano una concreta possibilità di realizzazione tenendo conto anche delle
possibilità del preveniente di opporsi all'iniziativa.
In tema di distanze fra le costruzioni il principio
che la scelta, in concreto operata dal convenuto di una delle soluzioni
costruttive - a distanza legale, in aderenza o in appoggio - consentitegli può
essere successivamente mutata qualora la situazione lo consenta, opera
incondizionatamente soltanto allorché la soluzione originariamente adottata sia
legittima.
Il principio non è invocabile quando la scelta
originaria sia in contrasto con la legge, ed il preveniente, titolare di un
diritto soggettivo al rispetto delle norme sulle distanze fra le costruzioni, agisca in giudizio per l'eliminazione
della situazione illegittima.
In
tal caso, se al convenuto è consentito di contrastare la domanda dell'attore
medesimo mediante la deduzione, in via di eccezione riconvenzionale, della sua
intenzione di modificare la costruzione - già effettuata in violazione di legge
- in maniera da realizzare una delle soluzioni consentitegli nell'ambito del
meccanismo della prevenzione, tale deduzione non è da sola sufficiente a
paralizzare la domanda di demolizione, essendo altresì necessario accertare sia
la serietà che la concreta realizzabilità del proposito del prevenuto di
attuare una soluzione costruttiva diversa da quella originariamente scelta.
Al qual fine deve tenersi conto degli strumenti vigenti
all'epoca in cui dovesse eliminarsi l'illegittima intercapedine.
(Cass.
civ., sez. II, 24 giugno 1996, n. 5825, GCM,
1996, 913).
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