Come dichiarato dalla Presidente
della Camera Boldrini in occasione dell’apertura dell’Internet Governance Forum
dello scorso anno e ribadito oggi per la presentazione stampa, i 14
principi sanciti dalla Dichiarazione saranno poi oggetto di una mozione
unitaria che vincoli il Governo ad adottarli come propri sia internamente
che nel contesto internazionale.
La Dichiarazione è dunque un
testo che pone al centro la persona, il singolo utente del web.
Quest'ultimo viene difeso e
tutelato nei suoi diritti fondamentali: l'accesso al web e alle sue piattaforme
(come i Social Network), la privacy, l'anonimato, la protezione dei dati
personali, il diritto all'oblio, alla manifestazione del pensiero (“Non sono
ammesse limitazioni della libertà di manifestazione del pensiero (Art.13)”) e
all'educazione sui temi e le tecnologie del web. È la Magna Carta dell'era
digitale, un momento di sintesi dedicato ai Grandi Principi, non alle norme di
dettaglio: libertà, eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona sono i
suoi pilastri che devono ispirare il legislatore e – si spera – anche la
comunità internazionale.
Accesso al web è diritto
fondamentale della persona
Ciò che emerge dalla lettura dei
14 articoli è che la tutela della persona sia la priorità assoluta. Ecco
perché il diritto di accesso a Internet è in assoluto la cosa più importante,
il punto centrale di tutto il testo: “L'accesso ad internet è diritto
fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo
sociale. Ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in
condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che
rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.”
Ovviamente qui si apre un mondo
di considerazioni pratiche: come potrà lo Stato superare le forme di
divario digitale attualmente in essere, al fine di garantire l'efficacia
pratica di questo principio? Il testo auspica ulteriori interventi pubblici in
tal senso, e poi ribadisce il principio della neutralità della rete
(Art.4), che – in sostanza – consiste nel diritto degli individui a inviare e
ricevere dati senza discriminazioni o restrizioni relative al contenuto, al
mittente o al destinatario.
Il Diritto alla conoscenza e
all'educazione in rete, la cui disciplina è stata letteralmente spostata
dal penultimo al terzo articolo e rafforzata nei suoi contenuti di
principio. Secondo la Commissione, l'acquisizione delle competenze
necessarie per l'uso consapevole di Internet è un vero e proprio diritto delle
persone e deve essere favorito dallo Stato: "Le istituzioni pubbliche assicurano
la creazione, l’uso e la diffusione della conoscenza in rete intesa come bene
accessibile e fruibile da parte di ogni soggetto. Debbono essere presi in
considerazione i diritti derivanti dal riconoscimento degli interessi morali e
materiali legati alla produzione di conoscenze". Si auspicano
importanti conseguenze pratiche di cui sopra, nella consapevolezza che la
Dichiarazione non è soltanto un atto "pseudo" normativo, ma può
essere la base di un'importante evoluzione culturale per il nostro Paese.
Uno dei grandi temi del web è la
protezione dei dati personali, poichè ogni giorno compiliamo moduli, form,
inseriamo credenziali e offriamo ai colossi dei web i nostri dati su un piatto
d'argento; c'è assoluto bisogno di norme e principi chiari che disciplinino un
punto sensibile come questo. Come conseguenza dei suoi principi generali, il
Documento stabilisce che i dati personali, ovvero quelli che consentono di
risalire all'identità della persona, possano essere raccolti o trattati
solo con il consenso informato del titolare, consenso che – tra l'altro –
potrebbe non bastare qualora vi sia un significativo squilibrio di potere tra
la persona interessata e il soggetto che effettua il trattamento. Ogni
persona deve poter accedere ad essi per integrarli, rettificarli o cancellarli,
e può contare (hacker permettendo, e sappiamo quanto il tema sia di attualità)
sul principio dell'inviolabilità dei sistemi e dei domicili informatici, eccezion
fatta per il caso di autorizzazione dell'autorità giudiziaria.
Molto importanti altri due
principi sanciti dal Documento, ovvero l'anonimato e il diritto all'oblio. La
comunicazione in forma anonima è permessa (“Ogni persona può accedere alla rete
e comunicare elettronicamente usando strumenti anche di natura tecnica che
proteggano l’anonimato ed evitino la raccolta di dati personali, in particolare
per esercitare le libertà civili e politiche senza subire discriminazioni o
censure”) con alcune limitazioni giustificate dall’esigenza di “tutelare
rilevanti interessi pubblici e risultino necessarie, proporzionate, fondate
sulla legge e nel rispetto dei caratteri propri di una società democratica”, mentre
il diritto all'oblio è una questione un po' più complessa poiché porta a
dover soppesare diversi diritti confliggenti come l'esercizio del diritto di
cronaca, la libertà di ricerca e, appunto, il diritto all'oblio stesso.
La Dichiarazione risponde in modo
equilibrato tenendo sì in massimo conto la volontà del singolo, ma anche il
diritto dell'opinione pubblica ad essere informata: “Ogni persona ha diritto di
ottenere la cancellazione dagli indici dei motori di ricerca dei riferimenti ad
informazioni che, per il loro contenuto o per il tempo trascorso dal momento
della loro raccolta, non abbiano più rilevanza pubblica”, ma poi sostiene che
“Il diritto all’oblio non può limitare la libertà di ricerca e il diritto
dell’opinione pubblica a essere informata”. dday.it/28.7.2015.
Nessun commento:
Posta un commento