Aumento dei tassi di interesse. BTP
Stando alle ultime tabelle statistiche di Bankitalia
(relative al terzo trimestre del 2017) le famiglie italiane hanno in pancia
120,5 miliardi di titoli di Stato a medio lungo termine (BTp in sostanza) a cui
sommare 1,6 miliardi di titoli di Stato a tasso variabile (CcT).
Questi 122,1 miliardi (erano
121,7 a inizio 2017 ) rappresentano il 5,5% dell’attuale ammontare del
debito pubblico (2.256 miliardi).
L’attivo finanziario delle famiglie italiane - il più
elevato d’Europa e questa è ancora una volta l’altra faccia dell’elevato debito
pubblico - ammonta a circa 4.300 miliardi. Di questi circa 1.000 miliardi sono
investiti in assicurazioni, circa 1.000 in “azioni e altre partecipazioni”,
oltre 500 miliardi in fondi comuni, 325 miliardi in titoli obbligazionari (di
cui 122 in titoli di Stato). E poi c’è una fetta assolutamente non trascurabile
di quasi 1.400 miliardi fermi sui conti correnti (sotto forma di liquidità,
depositi, depositi a vista).
Il 30 settembre 2018 è una data significativa. Perché la
Banca centrale europea allora interromperà con ogni probabilità gli acquisti di
titoli di Stato dell’Eurozona, italiani compresi (attualmente ne detiene 363
miliardi, ovvero il 16% del debito pubblico). La Bce, sia chiaro, non
abbandonerà sul mercato i titoli fin qui acquistati (perché ha annunciato che
continuerà a reinvestire gli importi dei titoli che andranno in scadenza). Tuttavia
è evidente che offrirà un bel taglio in termini di nuovi acquisti, calcolato
in almeno 5 miliardi al mese a svantaggio dell’Italia .
Se i tassi dei BTp salissero di 150 punti base per i
possessori (che non intendano portarli a scadenza) ci sarebbe una perdita
shock.
Ricordiamo infatti che rendimenti e prezzi di
un’obbligazione si muovono al contrario: quando salgono i tassi (rendimenti) i
prezzi scendono. Come ha calcolato
Maximilian Cellino , la durata media finanziaria dei bond del Tesoro
presenti sul mercato e con scadenza superiore a un anno è infatti pari a 6,78
anni, mentre il rendimento è dell'1,31 per cento. Un eventuale aumento dei
tassi di 100 punti base farebbe evaporare quanto in genere si guadagna in circa
cinque anni.
Ecco perché le famiglie italiane, tanto nel dover gestire le
attività finanziarie in essere quanto nel dover calibrare eventuali nuovi
investimenti (non sarebbe una cattiva idea dato che tenendo in banca fermi
1.400 miliardi ogni anno perdono tra 10 e 15 miliardi di potere d’acquisto
complice la pur bassa ma presente inflazione) dovranno tener conto nei prossimi
mesi della fine del quantitative easing della Bce. A cui seguirà, nel 2019
(quando ad ottobre scadrà il mandato di Draghi) l’incognita della successione
alla guida della banca centrale. Se il nuovo governatore sarà tedesco (scenario
più probabile) non è da escludere che i rialzi dei tassi possano procedere più
rapidi di quanto oggi previsto.
L’unico appiglio per il piccolo risparmiatore è sperare che
l’inflazione non salga troppo. A fronte di aspettative di inflazione molto
basse qualsiasi banca centrale (pur a trazione tedesca) non potrà mai muovere
troppo in alto la leva dei tassi.
ilsole24ore.com/solemobile/main/art/finanza-e-mercati/2018-03-10/
La bufala
La repubblica italiana tutela il risparmio
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