La seconda sezione del Consiglio di Stato interpreta lo sbocca cantieri dl. 32/2019 prima della sua entrata in vigore. Se le sentenze fossero emanate tutte con questa velocità avremmo la migliore giustizia possibile.
La seconda sezione del Consiglio di Stato ha emesso la sentenza
n.3367/2019 depositata il 23 maggio scorso richiama i seguenti principi
recentemente sintetizzati dalla sentenza della IV Sezione n. 6378/2018 ad interpretare
il dl 32/2019 detto sbocca cantieri: i cantieri restano fermi!
a) l’art. 9 del d.m. del 1968, laddove
prescrive la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici
antistanti, va rispettato in tutti i casi, trattandosi di norma volta a
impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo
igienico-sanitario, e pertanto non è eludibile (cfr. Cass. civ., Sez. II, 26
gennaio 2001 n. 1108; Cons. Stato, Sez. V, 19 ottobre 1999 n. 1565; da ultimo,
Cass. civ., Sez. II, 3 ottobre 2018 n.24076;
b) La distanza di dieci metri, che deve
sussistere tra edifici antistanti, va calcolata con riferimento a ogni punto
dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano (Cons. St., Sez. V, 16
febbraio 1979, n. 89). Tale calcolo si riferisce a tutte le pareti finestrate e
non soltanto a quella principale, prescindendo altresì dal fatto che esse siano
o meno in posizione parallela (Cass., Sez. II, 30 marzo 2001 n. 4715;.
c) L’art. 136 d.P.R. n. 380 del 2001 ha
mantenuto in vigore l’art. 41 quinquies, commi 6, 8, 9, della legge n. 1150 del
1942, per cui, in forza dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, la distanza
minima inderogabile di 10 metri tra le pareti finestrate e di edifici
antistanti è quella che tutti i Comuni sono tenuti a osservare. E il giudice è
tenuto ad applicare tale disposizione anche in presenza di norme contrastanti
incluse negli strumenti urbanistici locali, dovendosi essa ritenere
automaticamente inserita nel PRG al posto della norma illegittima (Cass. civ.,
Sez. II, 29 maggio 2006, n. 12741). La norma, per la sua genesi e per la sua
funzione igienico-sanitaria, costituisce quindi un principio assoluto e
inderogabile (Cass. civ., Sez. II, n. 11013/2002), che prevale sia sulla
potestà legislativa regionale, in quanto integra la disciplina privatistica
delle distanze (Corte Cost., n. 232 del 2005), sia sulla potestà regolamentare
e pianificatoria dei Comuni, in quanto deriva da una fonte normativa statale
sovraordinata (Cass. civ., Sez. II, n. 23495/2006), sia infine sull’autonomia
negoziale dei privati, in quanto tutela interessi pubblici che non sono nella
disponibilità delle parti (Cons. St., Sez. IV, 3094 del 2007).
d) Ai fini dell’applicazione della
normativa codicistica e regolamentare in materia di distanze tra edifici, per
nuova costruzione si deve intendere non solo la realizzazione dalle fondamenta
di un fabbricato, ma anche qualsiasi modificazione nella volumetria di un
fabbricato precedente che ne comporti l’aumento della sagoma d’ingombro,
incidendo così direttamente sulla situazione degli spazi tra gli edifici
esistenti, e ciò anche indipendentemente dalla realizzazione o meno di una
maggiore volumetria e/o dall’utilizzabilità della stessa a fini abitativi
(Cass., n. 8383 del 1999, cit.).
e) La sopraelevazione deve essere
considerata come nuova costruzione e può essere di conseguenza eseguita solo
con il rispetto della normativa sulle distanze legali dalle costruzioni
esistenti sul fondo confinante. Risulta, in tal caso, inapplicabile il criterio
di prevenzione, che si esaurisce, viceversa, con il completamento, dal punto di
vista strutturale e funzionale, della prima costruzione (Cass. n. 5049/2018).
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