lunedì 10 giugno 2019

Consiglio di Stato interpreta lo sbocca cantieri dl. 32/2019 prima della sua entrata in vigore.


La seconda sezione del Consiglio di Stato interpreta lo sbocca cantieri dl. 32/2019  prima della sua entrata in vigore. Se le sentenze fossero emanate tutte con questa velocità avremmo la migliore giustizia possibile.
La seconda sezione del Consiglio di Stato ha emesso la sentenza n.3367/2019 depositata il 23 maggio scorso richiama i seguenti principi recentemente sintetizzati dalla sentenza della IV Sezione n. 6378/2018 ad interpretare il dl 32/2019 detto sbocca cantieri: i cantieri restano fermi!
a) l’art. 9 del d.m. del 1968, laddove prescrive la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, va rispettato in tutti i casi, trattandosi di norma volta a impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario, e pertanto non è eludibile (cfr. Cass. civ., Sez. II, 26 gennaio 2001 n. 1108; Cons. Stato, Sez. V, 19 ottobre 1999 n. 1565; da ultimo, Cass. civ., Sez. II, 3 ottobre 2018 n.24076;
b) La distanza di dieci metri, che deve sussistere tra edifici antistanti, va calcolata con riferimento a ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano (Cons. St., Sez. V, 16 febbraio 1979, n. 89). Tale calcolo si riferisce a tutte le pareti finestrate e non soltanto a quella principale, prescindendo altresì dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela (Cass., Sez. II, 30 marzo 2001 n. 4715;.
c) L’art. 136 d.P.R. n. 380 del 2001 ha mantenuto in vigore l’art. 41 quinquies, commi 6, 8, 9, della legge n. 1150 del 1942, per cui, in forza dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, la distanza minima inderogabile di 10 metri tra le pareti finestrate e di edifici antistanti è quella che tutti i Comuni sono tenuti a osservare. E il giudice è tenuto ad applicare tale disposizione anche in presenza di norme contrastanti incluse negli strumenti urbanistici locali, dovendosi essa ritenere automaticamente inserita nel PRG al posto della norma illegittima (Cass. civ., Sez. II, 29 maggio 2006, n. 12741). La norma, per la sua genesi e per la sua funzione igienico-sanitaria, costituisce quindi un principio assoluto e inderogabile (Cass. civ., Sez. II, n. 11013/2002), che prevale sia sulla potestà legislativa regionale, in quanto integra la disciplina privatistica delle distanze (Corte Cost., n. 232 del 2005), sia sulla potestà regolamentare e pianificatoria dei Comuni, in quanto deriva da una fonte normativa statale sovraordinata (Cass. civ., Sez. II, n. 23495/2006), sia infine sull’autonomia negoziale dei privati, in quanto tutela interessi pubblici che non sono nella disponibilità delle parti (Cons. St., Sez. IV, 3094 del 2007).
d) Ai fini dell’applicazione della normativa codicistica e regolamentare in materia di distanze tra edifici, per nuova costruzione si deve intendere non solo la realizzazione dalle fondamenta di un fabbricato, ma anche qualsiasi modificazione nella volumetria di un fabbricato precedente che ne comporti l’aumento della sagoma d’ingombro, incidendo così direttamente sulla situazione degli spazi tra gli edifici esistenti, e ciò anche indipendentemente dalla realizzazione o meno di una maggiore volumetria e/o dall’utilizzabilità della stessa a fini abitativi (Cass., n. 8383 del 1999, cit.).
e) La sopraelevazione deve essere considerata come nuova costruzione e può essere di conseguenza eseguita solo con il rispetto della normativa sulle distanze legali dalle costruzioni esistenti sul fondo confinante. Risulta, in tal caso, inapplicabile il criterio di prevenzione, che si esaurisce, viceversa, con il completamento, dal punto di vista strutturale e funzionale, della prima costruzione (Cass. n. 5049/2018).


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