All’Italia serve «Un’agenda di riforme strutturali»: bisogna
diminuire la spesa pubblica e aumentare la concorrenza del mercato italiano. E
i Paesi che hanno un alto debito pubblico devono fare «una politica fiscale
prudente per non destabilizzare la situazione» dell’eurozona. Tradotto: fare
riforme ad ampio respiro, farle bene e farle presto. Perché aumentare il
deficit nella prossima legge di bilancio non risolverà tutti i problemi
dell'Italia. Questo è il messaggio di “super” Mario Draghi al governo
Conte due. Il presidente della Banca centrale europea ha snocciolato i
punti della sua agenda politica con il solito tono pacato, rispondendo alle
domande dei deputati della commissione Affari economici del Parlamento europeo
nella sua ultima audizione a Bruxelles come capo dell’Eurotower.
Primo punto dell’agenda politica di Draghi: pensare in
grande. Aumentare la concorrenza nel mercato italiano sempre più depresso,
velocizzare i tempi della giustizia, più investimenti in ricerca e istruzione.
Perché «Le riforme strutturali sono una categoria più ampia rispetto a le
riforme singole come quella del mercato del lavoro». Non bastano le promesse
bandiera agitate in campagna elettorale per risolvere i problemi dell’Italia.
Il riferimento velato è al reddito di cittadinanza che avrebbe dovuto far
crescere il Pil italiano in un solo anno dell’1,5 grazie al suo effetto
moltiplicatore. Almeno promettevano così Luigi Di Maio e Giuseppe Conte,
quando ancora facevano parte del governo gialloverde. Ma non è successo. Perché
per garantire una crescita stabile e realizzare «obiettivi di equilibrio
strutturale» serve una combinazione di tante riforme a largo respiro, senza
paura di scontentare qualcuno. Draghi ha parlato anche d'intervenire sul
«mercato dei prodotti», gergo da economisti che significa per esempio
aprire il mercato delle libere professioni: notai e ingegneri, per dirne due.
Oppure liberalizzare le concessioni delle spiagge come in teoria imporrebbe la
direttiva Bolkestein, congelata dal governo italiano. Ma bisognerebbe anche
combattere la burocrazia fatta di lacci e lacciuoli, di timbri, di code e
dipendenti poco propensi ad aggiornarsi.linkiesta.it24.9.2019
Nessun commento:
Posta un commento