Firmato il 18 marzo 2016 l'accordo tra la Turchia e
l'Ue prevede che tutti i migranti fermati sulla rotta verso i confini
dell'Unione Europea vengano riportati in Turchia e per ogni siriano di ritorno
in Turchia dalle isole greche, un altro, il cui nome è inserito in una lista
d'attesa, ottenga i documenti necessari a un trasloco in Europa.
Meccanismo che ha funzionato fino a un certo punto,
permettendo fino ad ora il trasferimento in Europa di appena 12.489, dei
3.670.000 siriani. Principale ostacolo è la lentezza della burocrazia
greca, che ha permesso il rientro verso Ankara di appena 1.546
siriani nel biennio 2016-2018, cui vanno aggiunti altri 600 rimpatriati in
virtù degli accordi tra i due governi.
Dei 12.489 giunti in Europa ben 4.313 sono stati trasferiti
in Germania, in Olanda, in Francia e in Finlandia. Ungheria, Polonia, Bulgaria,
Repubblica Ceca e Danimarca si sono rifiutate di accogliere migranti siriani.
L'accordo prevede inoltre che l'Ue versi nelle casse turche
6 miliardi di euro sulla base di una formula 3+3. Soldi da destinare a progetti
di integrazione e di accoglienza, fino ad ora soprattutto spesi nel campo della
sanità e dell'istruzione.
L'Unione Europea, oltre al sostegno finanziario, si è
impegnata ad accelerare il processo di integrazione europea della Turchia, ma
soprattutto ha promesso l'abolizione dei visti per i cittadini turchi che
vogliano varcare i confini dell'Unione.
La Turchia, che nel 2018 ha fermato circa 268 mila migranti
sulla via del'Europa e più di 170 mila nel 2019, è insoddisfatta del
riscontro ottenuto dall'Europa e minaccia di aprire le frontiere con Grecia e
Bulgaria se l'accordo non sarà rinegoziato.Agi.it 1.9.2019
LA bufala
Oltre ai profughi siriani ci saranno anche nuovi lavoratori
turchi divenuti cittadini europei ad entrare in Europa: una pacifica invasione dell’appetitoso
welfare europeo. Chi ha controllato l’effettuazione dei progetti turchi di
integrazione?
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