domenica 12 febbraio 2017

La pianificazione urbanistica

 La pianificazione urbanistica. La progettazione delle opere pubbliche ed il loro rilievo ai fini della procedura di esproprio.

Con l’avvento della pianificazione territoriale comunale, che oramai ha raggiunto grande diffusione, l’esecuzione di un progetto di opera pubblica si deve confrontare con le previsioni urbanistiche esistenti.
La L. 109/1994 sui lavori pubblici, inoltre, impone l’inclusione delle opere da realizzare in un piano triennale o nei suoi aggiornamenti annuali.
Nell’ambito della programmazione triennale l’inclusione di un opera nell’elenco dei lavori da avviare nell’anno è subordinata alla previa approvazione della progettazione preliminare, art. 14, 6 comma, L. 109/1994.
Poiché l’elenco annuale dei lavori costituisce un allegato allo schema di bilancio di previsione, unitamente alla relazione previsionale e programmatoria, ne consegue che il progetto preliminare di ogni singolo intervento costituisce una componente essenziale del programma complessivo e che la relativa spesa deve figurare tra gli stanziamenti previsti nel bilancio pluriennale.
Il ruolo del progetto preliminare è determinante nella programmazione degli enti locali ed esso può essere realizzato solo se conforme alla programmazione urbanistica.
Solo se l’opera è conforme alle previsioni dello strumento urbanistico o di una sua variante può essere disposta la dichiarazione di pubblica utilità, che sarà addirittura implicita nel caso si tratti di uno strumento urbanistico attuativo, come, ad esempio, del piano particolareggiato o del piano di zona per l’edilizia economico popolare, art. 12, D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Se l’opera da realizzare non risulta conforme alle previsioni urbanistiche l’approvazione del progetto definitivo da parte del consiglio comunale costituisce adozione di variante allo strumento
urbanistico, art. 19, D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Il comune, con la approvazione dello strumento urbanistico generale, determina il sorgere del vincolo all’esproprio per le aree da destinare a servizi o opere pubbliche.
I tempi per la realizzazione dell’opera non possono essere indeterminati, ma il procedimento, in ossequio al principio di legalità, deve rispettare delle scansioni temporali ben precise.
Il D.P.R. 8.6.2001, n. 327, all’art. 9, disciplina gli effetti espropriativi dei vincoli dei piani regolatori generali fissando la sua durata in cinque anni.
















Lo stesso vincolo quinquennale può essere disposto, dando espressamente atto della sua natura mediante un atto di approvazione di progetto di opera pubblica che abbia natura di variante allo strumento urbanistico, come ad esempio un provvedimento della conferenza di servizi, art. 10, D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Se, nel termine di cinque anni dalla approvazione del vincolo, non viene emanata la dichiarazione di pubblica utilità, il vincolo decade, art. 9, 3° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
In tal caso il privato, liberato dal vincolo, può realizzare gli interventi consentitigli dalla normativa in carenza di pianificazione urbanistica.
L’art. 4, 8° co., L. 10/1977, che funge da norma quadro per il legislatore regionale, fissa, in carenza di tale normativa, dei limiti rigorosi.
Fuori dal perimetro dei centro abitato, l’edificazione a scopo residenziale non può superare l'indice di metri cubi 0,03 per metro quadrato di area edificabile, mentre, nell'ambito del centro abitato, sono consentite soltanto opere di restauro o di risanamento conservativo, di manutenzione ordinaria e straordinaria, di consolidamento statico o di risanamento igienico.
Tale norma è, peraltro, ripresa dall’art. 9 del progetto di T.U. dell’edilizia, approvato dal consiglio dei ministri in data 24.5.2001, dopo avere ricevuto il parere delle commissioni parlamentari competenti e del Consiglio di Stato.
Anche per tale T.U. la data di entrata in vigore è prevista per il 1.1.2002, ma a tutt'oggi non è ancora stato emanato il relativo decreto dal Presidente della Repubblica e, conseguentemente, manca la pubblicazione in G.U. (Il richiamo è, pertanto, improprio!)

11. Il silenzio assenso regionale nell’approvazione di variante di piano.

Anticipando il T.U. sulle procedimento per la formazione dei piani attuativi, previsto dalla L. 24.11.2000, n. 340, all. 1, n. 13, il T.U. sulle espropriazioni disciplina due fattispecie di silenzio assenso in materia urbanistica.
La prima ipotesi di silenzio assenso regionale è relativo all’approvazione di variante del piano urbanistico generale nel caso di opera pubblica non conforme alle previsioni di p.r.g., ex art. 19, 4° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
L’approvazione del progetto di opera pubblica o di pubblica utilità da parte del consiglio comunale comporta, infatti, variante al piano regolatore.
Il silenzio della regione o dell’ente competente all’approvazione, protratto per 90 giorni dalla ricezione della delibera del consiglio che adotta il piano, equivale ad assenso dopo che il consiglio comunale ne ha disposto l’efficacia.
La seconda ipotesi di silenzio assenso riguarda la modifica del tipo di opera programmata, ex art. 9, 5° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Nel corso della durata quinquennale del vincolo il consiglio comunale può motivatamente deliberare il cambiamento di tipologia dell’opera pubblica.
La regione o l’ente preposto all’approvazione deve manifestare il proprio dissenso entro 90 giorni dalla ricezione della delibera comunale.
Nel caso di silenzio si forma l’assenso sulla delibera trasmessa, dopo che il consiglio comunale ne ha disposto l’efficacia.
Tale ipotesi modifica l’art. 1, 4° co., L. 1/1978, ora abrogata.
Esso prevede la possibilità di approvare opere pubbliche senza variare il piano urbanistico, quando sono destinate  a servizi pubblici, anche se con diversa destinazione.
A seguito di detta modifica, dal 1.1.2002 nel caso di varianti, considerate finora non varianti, si deve modificare il piano urbanistico attraverso l’approvazione del progetto definitivo dell’opera da parte del consiglio comunale programmata, ex art. 9, 5° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327.


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