12. I vincoli
preordinati all’esproprio. Le modalità dell’indennizzo per i vincoli scaduti ex
art. 39, D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
La reiterazione
del vincolo da parte degli enti locali ha comportato una situazione di
compressione a tempo indeterminato del diritto del proprietario in carenza di
indennizzo.
L’art. 9, 4°
co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327, dispone la possibilità di reiterazione del
vincolo dopo la sua durata quinquennale lasciando impregiudicata la questione
della corresponsione dell’indennizzo per la proroga del vincolo
La questione è
stata risolta, comunque, dalla Corte costituzionale che ha sancito la
illegittimità della reiterazione dei vincoli di piano senza la corresponsione
di un indennizzo. N. CENTOFANTI, La
legislazione urbanistica, 2000, 135.
Il Consiglio di
Stato ha rilevato la non manifesta infondatezza della questione richiedendo una
determinazione espressa da parte del legislatore dei casi in cui la
reiterazione dei vincoli costituisca
espropriazione di valore e comporti, di conseguenza, la corresponsione
dell'indennizzo; il giudice amministrativo, inoltre, ha affermato che devono
essere previsti per legge i criteri di determinazione dell'indennizzo stesso.
Cons. Stato, Ad. Pl., 25.9.1996, n. 20, in Riv.
Giur. Ed., 1997, 254.
La
dottrina ha aderito a questa impostazione della giustizia amministrativa e propone, quindi, la corresponsione di
un indennizzo alla scadenza del temine quinquennale ovvero, quanto meno,
l’approvazione di una relazione di massima delle spese occorrenti per
l’acquisizione delle aree. G. LAVITOLA, Trent’anni dopo: l’impatto delle
sentenze della Corte Costituzionale 55 e 56 del 1968 sull’evoluzione successiva
dell’ordinamento giuridico e dell’urbanistica, in Riv. Giur. Ed., 1998,
301.
La Corte
costituzionale ha accolto i rilievi formulati ed ha disposto l’indennizzo per i
vincoli scaduti e reiterati dalle amministrazioni. Corte cost., 20.5.1999, n.
179, in Riv. Giur. Ed., 1999, 635.
La Corte precisa
i caratteri che devono distinguere il vincolo perché possa essere soggetto ad
indennizzo.
-
il vincolo deve
essere preordinato all’espropriazione o avere carattere espropriativo, nel
senso di comportare come effetto pratico uno svuotamento di rilevante entità ed
incisività, del contenuto della proprietà stessa, mediante imposizione,
immediatamente operativa, di vincoli a titolo particolare su beni determinati
comportanti inedificabilità assoluta,
-
il vincolo non
deve superare la durata che il legislatore abbia fissato come limite, non
irragionevole e non arbitrario, affinché il vincolo stesso risulti sopportabile
da parte del singolo soggetto titolare del bene,
-
il vincolo non
deve superare, sotto il profilo quantitativo, la normale tollerabilità secondo
una concezione della proprietà regolata dalla legge per i modi di godimento ed
i limiti preordinati alla sua funzione sociale.
Non rientrano negli schemi del procedimento
espropriativo, invece, i beni immobili aventi valore paesistico- ambientale, in
virtù delle loro qualità oggettive che li inserisce in particolari categorie di
beni.
Tali beni, infatti, sono sottoposti ad un particolare
regime di utilizzo, secondo le caratteristiche intrinseche che li distinguono.
Devono essere considerati come normali e connaturati
alla proprietà i limiti non ablatori posti dai regolamenti edilizi e dalla
pianificazione urbanistica e relativi alle norme tecniche, quali i limiti di
altezza, di cubatura, di superficie coperta, quali le distanze tra edifici, le
zone di rispetto relative a determinate opere pubbliche, gli indici di
edificabilità e gli standard attinenti alle zone territoriali omogenee.
La Corte non esclude che i vincoli decaduti possano
essere reiterati in via amministrativa.
Possono, infatti, sussistere ragioni giustificative
accertate e motivate con congruo provvedimento entro i limiti della
ragionevolezza e della logicità.
Qualora i vincoli assumano carattere patologico o quando
vi sia una ripetizione o una proroga sine
die o all’infinito attraverso una reiterazione di proroghe, che si
aggiungano le une alle altre, o quando il limite temporale sia indeterminato e
senza una previsione di indennizzo, il sistema si scontra con i limiti posti
dalle norme costituzionali.
E’ stato dichiarato incostituzionale il combinato
disposto degli artt. 7, n. 2, 3 e 4, e 40, L. 1150/1942 e art. 2, 1° co., L.
1187/1968 nella parte in cui consente alla amministrazione di reiterare i
vincoli urbanistici scaduti preordinati all’espropriazione o che comportino
l’inedificabilità, senza la previsione di indennizzo. Corte cost., 20.5.1999,
n. 179, in Riv. Giur. Ed., 1999, 635.
E’ stata
pronunciata, quindi, l’illegittimità costituzionale non dell’intero complesso
normativo, che continua a consentire la reiterazione dei vincoli, ma
esclusivamente alla mancata previsione d’indennizzo in tutti i casi di
permanenza del vincolo urbanistico preordinato all’espropriazione o comportante
l’assoluta inedificabilità oltre i limiti di durata fissati dal legislatore ove
non risulti, in modo inequivocabile, l’inizio della procedura espropriativa.
La Corte non giunge a fissare i criteri per la
concreta liquidazione del quantum
dell’indennizzo anche se pone le premesse per la loro definizione.
Ravvisate nella procedura di determinazione del
risarcimento una serie di variabili che sostanzialmente pongono la diminuzione
di valore a seguito reiterazione del vincolo in rapporto diverso con
l’indennizzo relativo alla perdita della proprietà del bene, la Corte afferma
che l’indennizzo per il protrarsi del vincolo è un ristoro non necessariamente
integrale od equivalente al sacrificio, per una serie di pregiudizi che si
possono verificare a danno del titolare del bene immobile colpito.
Esso deve essere commisurato al mancato uso normale
del bene ovvero alla diminuzione di prezzo di mercato rispetto alla situazione
giuridica antecedente alla pianificazione che ha imposto il vincolo.
Se spetta al legislatore ordinario fissare i criteri
per l’indennizzo la Corte non esclude che, anche in caso di mancanza di tale
intervento, il giudice competente sulla richiesta di indennizzo, una volta
accertato che i vincoli imposti in materia urbanistica abbiano carattere
espropriativo, possa ricavare dall’ordinamento le regole per la liquidazione di
obbligazioni indennitarie, nella specie considerandole come obbligazioni
derivanti dal pregiudizio subito a causa della rinnovazione o del protrarsi del
vincolo.
Le
modalità di calcolo dell’indennizzo sono disciplinate dall’art. 39, D.P.R.
8.6.2001, n. 327.
Si
tratta di una normativa transitoria in attesa del t.u sulla programmazione
urbanistica attuativa.
Il
vincolo reiterato deve essere indennizzato attraverso la corresponsione di una
indennità commisurata all’entità del danno effettivamente prodotto commisurata
al tempo della reiterazione.
L’atto
che reitera il vincolo deve prevedere la corresponsione dell’indennizzo.
Il
problema che si pone è se una variante generale di piano comporti la reiterazione
del vincolo anche in presenza di mutamenti programmatori.
Si
tratta evidentemente di verificare volta per volta se sostanzialmente il
vincolo viene reiterato.
Qualora
l’amministrazione non provveda il privato può inoltrare domanda documentata di
pagamento e corrisponderla entro i successivi trenta giorni, pena la decorrenza
degli interessi legali.
Competente
all’impugnazione della determinazione dell’indennizzo o a decidere in presenza
di un silenzio dell’amministrazione sulla domanda è la Corte di Appello.
L’indennità
è autonoma rispetto a quella corrisposta per un successivo esproprio
Per alcuni autori l’indennizzo dopo il sesto anno è
commisurato all’interesse sulla futura indennità di esproprio.
La dottrina lamenta come nel d.p.r. 8.6.2001, n. 327
manchi la possibilità per i proprietari di monetizzare destinazioni pubbliche
con destinazioni private, operando attraverso comparti, perequazioni,
trasferimenti di cubatura, accordi sulle aree da cedere o addirittura eseguendo
essi stessi le opere pubbliche. Tale normativa del tutto evidentemente avrebbe
costituito un eccesso di deroga anche se la giurisprudenza ha riconosciuto
legittime le forme di perequazione contenute nella normativa di piano
regolatore generale. G. SAPORITO, Pronto
anche il testo unico degli espropri, in Ed
Terr., 2001, n. 23, 42.
Vi sono, però,
alternative al sistema degli indennizzi dei vincoli.
La dottrina
propone la fissazione di un indice virtuale di edificabilità per le aree
ricadenti in ogni singolo comprensorio, dividendo la cubatura complessivamente
consentita dal piano regolatore nel comprensorio per il numero dei metri quadri
dell’intera superficie interessata dal comprensorio medesimo.
In tal modo si
identifica il diritto ad edificare di ogni singolo proprietario.
Questo diritto
reso commerciabile fra i privati etra i privati e la pubblica amministrazione a
prezzi concordati consentirebbe l’attuazione automatica del piano regolatore.
Al legislatore
restano da disciplinare le procedure coattive di attuazione del piano in caso di
inottemperanza dei privati a realizzare le sue previsioni. G. D’ANGELO, Regime giuridico delle aree fabbricabili:
necessità ed urgenza di una riforma legislativa, in Riv. Giur. Ed., 1999, 1184.
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