7. La partecipazione
degli interessati al procedimento.
La l. 7.8.1990, n. 241 sul
procedimento amministrativo introduce l’obbligo per la pubblica amministrazione
della conclusione dell’atto mediante l’adozione di un procedimento espresso e
l’obbligo della motivazione espressa. N. CENTOFANTI, L’espropriazione per pubblica utilità, 1999, 166.
Le pubbliche
amministrazioni devono precisare il termine entro cui i singoli procedimenti
devono concludersi, fissando, qualora esso non sia specificato con dizione
espressa, la scadenza massima di 30 giorni, ex art. 2, L. 7.8.1990, n. 241.
La tipicità
dell’azione amministrativa richiede la presenza di una serie di operazioni e di
atti per l’emanazione del provvedimento, che costituiscono lo schema base del
cosiddetto procedimento amministrativo.
Questo si articola in varie
fasi che hanno rilevanza o compressione in relazione alla specifica disciplina
legislativa, ma che devono necessariamente adeguarsi ai principi generali sul
procedimento disposti dalla L. 241/1990.
Si pensi, ad esempio, alle
possibili applicazioni nei casi di non definizione dell’indennità definitiva e,
soprattutto, nella carenza di procedimento ablatorio a seguito della
occupazione illegittima.
La fase preparatoria,
parimenti alla fase istruttoria nel processo, serve a raccogliere tutta la
documentazione necessaria per fornire alla amministrazione gli elementi
indispensabili alla redazione dell’atto.
Talora nel procedimento si
innestano vari subprocedimenti che danno vita ad atti amministrativi autonomi,
e come tali impugnabili direttamente, che costituiscono presupposti necessari a
quello principale. Ad esempio il verbale di consistenza.
In altri casi il
subprocedimento produce atti che hanno una rilevanza interna per cui si esclude
la loro autonoma impugnazione.
In questa fase si può
inserire la presenza dei destinatari dell’atto che partecipano a vario titolo.
Possono verificarsi ipotesi
in cui il contraddittorio è requisito sostanziale: quando, ad esempio, la sua
mancanza comporta un vizio dell’intero procedimento.
Al privato viene riconosciuto
il diritto di accedere alla fase preparatoria del procedimento, prendendo
visione degli atti e presentando memorie e documenti.
L'amministrazione è tenuta, ai sensi dell'art. 7 della
L. 241/1990, a dare notizia dell'avvio del procedimento al soggetto che, dalla
autorizzazione alla visione dei documenti, potrebbe ricevere un pregiudizio, ex
art. 7, L. 241/1990.
Conseguenza
sostanziale è la possibilità di fare dichiarare illegittimo l’intero
procedimento, poiché l’omissione, da parte della amministrazione, della
comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo nei confronti dei
soggetti relativamente ai quali il provvedimento finale è destinato a produrre
effetti diretti, costituisce vizio che determina violazione legge.
8. Applicabilità
della l. 241/1990 al procedimento di espropriazione.
In relazione al principio della specialità
procedimentale, un filone
giurisprudenziale ha ritenuto che non sussista alcun obbligo per l'amministrazione di comunicare all'interessato, ai sensi degli
artt. 7 e ss. L. 7.8.1990, n. 241, l'avvio del procedimento espropriativo.
Nella specie si trattava della mancata comunicazione
della localizzazione di un’opera pubblica in difformità dagli strumenti
urbanistici vigenti da parte di un’amministrazione statale, successivamente
approvata con deliberazione regionale, ai sensi dell'art. 81, 3° co., D.P.R. 24.7.1977, n. 616.
L'obbligo di comunicazione non ricorre nei casi nei
quali il legislatore abbia previsto procedure specifiche per garantire
tempestivamente la difesa del soggetto
vulnerato dall'attività amministrativa posta in essere ovvero una forma di
partecipazione, in senso lato, di quest'ultimo all'attività istruttoria. La
comunicazione di avvio del procedimento non è necessaria in tutti quei casi in cui leggi speciali, predispongono
strumenti partecipativi diversi e
alternativi, comunque adeguati al fine, come avviene ad esempio nei procedimenti di espropriazione per pubblica
utilità o di occupazione d'urgenza, in
quelli disciplinari e in quelli
di sospensione dei lavori. T.A.R. Lombardia sez. Brescia, 17.3.1994, n. 133, in
T.A.R. 1994, 1901. T.A.R. Friuli
Venezia Giulia, 13.1.1997, n. 17, in T.A.R.,
1997, 997.
La giurisprudenza ribadisce la possibilità di posporre
la formalità procedimentali garantistiche che consentono una effettiva
partecipazione, rendendola praticamente ininfluente ai fini della tutela. Tale
interpretazione impedisce alla proprietà di porre osservazioni al progetto e
consente, quindi, solo una azione risarcitoria.
E’ stata affermato che l'approvazione di un progetto
di opera pubblica, anche quando comporta
la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza ex
art. 1, L. 3.1.1978, n. 1,
non deve essere necessariamente preceduta dalle formalità garantistiche di cui agli art.
10 e 11,
l. 22.10.1971, n. 865, fermo
restando che queste formalità devono comunque essere compiute, anche se
successivamente, nel corso del procedimento espropriativo. Cons. St., sez. IV,
2.2.1998, n. 147, in Foro Amm., 1998,
332. Cons. St., sez. IV, 23.10.1998, n. 1368, in Riv. Giur. Ed., 19998, 328.
Questo indirizzo assolutamente non convince poiché non
appare in linea con i principi della L. 241/1990.
Esso si fonda su di un precedente orientamento che riteneva
sussistesse la possibilità di rinnovare adempimenti procedurali, anche
successivamente alla scansione logicamente prevista.
La giurisprudenza ha affermato l'obbligo di seguire la
procedura di cui all'art. 10 della L. 865/1971 solo qualora si debba richiedere
una dichiarazione espressa di pubblica utilità. Cons. St., Ad. Pl., 9.10.1986,
n. 6, in Foro Amm., 1986, 1010.
La
partecipazione dei privati al procedimento espropriativo è prevista negli artt.
5 e 17 della L. 2359/1865 e sostanzialmente tali principi sono ribaditi negli
artt. 10 e 11 della L. 865/1971.
La sequenza procedimentale richiede, infatti, un
necessario contraddittorio con gli interessati.
In via generale, la disciplina del procedimento
amministrativo è portata dalla L. 241/1990 che accentua, anche in chiave di
tutela, l’interesse del soggetto passivo
dall’atto amministrativo al procedimento, inteso in senso dinamico, consentendo
agli interessati una serie di verifiche, accertamenti, acquisizioni
conoscitive.
L’esclusione
dall’applicazione della L. 241/1990 è espressamente disposta solo per atti a
carattere generale per i quali sono dettate discipline speciali, in ordine
anche alla riservatezza che deve tenere l’amministrazione fino all’adozione del
provvedimento, art. 13, l. 241/1990.
La dizione legislativa non include la materia
espropriativa tra quelle ivi indicate con la conseguenza che per essa trova
applicazione la disciplina della partecipazione, specificamente prevista
dall’art. 8, L. 241/1990, che impone la comunicazione dell’avvio del
procedimento ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è
destinato a produrre effetti.
Negare la partecipazione equivale contrastare la ratio ispiratrice della L. 241/1990 che
prevede, in via generale, l’accesso al procedimento, ma anche la ratio della L. 865/1971 che ora regola
puntualmente il procedimento ablatorio.
E’ inaccettabile
la costruzione tradizionale, secondo cui l’inadempimento delle formalità
garantistiche, nel caso di approvazione del progetto di opera pubblica (anche
con valore di variante), legittimamente avrebbe potuto essere posposto al
suddetto atto di approvazione. S. DE SANTIS, Dichiarazione di pubblica utilità implicita, formalità garantistiche e
partecipazione al procedimento amministrativo, in Giur. Civ., 1998, 3310.
La giurisprudenza ha aderito alle posizioni
dottrinali, modificando le affermazioni precedenti è stato dichiarato che nel
caso in cui la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera consegua ex lege, e pertanto il proprietario
inciso non abbia avuto modo di rappresentare le proprie ragioni nella fase di
approvazione del progetto, è illegittimo il provvedimento di occupazione
d'urgenza che sia stato adottato. Deve essere, infatti, data al privato la
possibilità di interloquire quanto meno prima del materiale impossessamento del
bene, specie se egli era in grado di prospettare soluzioni alternative. T.A.R.
Campania, sez. V, Napoli, 21.12.1996, n. 640, in T.A.R., 1997, 687.
L’indirizzo
non è, però, univoco stante che alcune pronunce ritengono non necessarie le
garanzie procedimentali nelle procedure destinate alla dichiarazione di
pubblica utilità implicita.
La
questione, pertanto, è stata deferita all’adunanza plenaria del consiglio di
stato. Cons. St., sez. IV, 9.4.1999, n. 604, in Gazz. Uff.
Giuffrè, 1999, n. 22, 112.
E’ esclusa, pertanto, la possibilità di sanare
l’omissione precedente con atti successivi, non restando che ripetere il
procedimento. T.A.R. Abruzzo, sez. Pescara, 10.4.1997, n. 172, in Foro Amm., 1997, 3214.
9. Le novità del
d.p.r. 8.6.2001, n. 327.
Nell’elaborazione
dell’art. 11, D.P.R. 8.6.2001, n. 327, si afferma il principio che il
proprietario oggetto di esproprio può accedere al procedimento sin dalla fase
della pianificazione territoriale.
Fin dalla fase
dell’istituzione del vincolo preordinato all’esproprio - che si concretizza con
l’approvazione del piano urbanistico generale ex art. 9, D.P.R. 8.6.2001, n.
327, anche se manca ancora la dichiarazione di pubblica utilità -
L’obbligo non
sussiste nel caso di adozione ex novo
di uno strumento urbanistico o variante generale, ma sussiste nel caso in cui
sia in corso l’adozione di una variante al piano regolatore per la
realizzazione di un’opera pubblica, anche nell’ipotesi che la variante venga
adottata mediante conferenza di servizi o accordo di programma che comporti
variante allo strumento urbanistico, art. 10, D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Al proprietario
che risulti dai registri catastali va inviato l’avviso dell’avvio del
procedimento venti giorni prima dell’adozione, art. 11, D.P.R. 8.6.2001, n.
327.
Le osservazioni vengono valutate ai fini
dell’approvazione dello strumento urbanistico e le relative determinazioni
possono essere sottoposte al vaglio della giustizia amministrativa.
Naturalmente il proprietario può censurare le scelte
anche sotto il profilo urbanistico seguendo le norme che consentono di portare
osservazioni e opposizioni al piano urbanistico. G. PAGLIARI, Corso di diritto urbanistico, 1999, 106.
Nessun commento:
Posta un commento