domenica 12 febbraio 2017

I vincoli preordinati all’esproprio.

12. I vincoli preordinati all’esproprio. Le modalità dell’indennizzo per i vincoli scaduti ex art. 39, D.P.R. 8.6.2001, n. 327.

La reiterazione del vincolo da parte degli enti locali ha comportato una situazione di compressione a tempo indeterminato del diritto del proprietario in carenza di indennizzo.
L’art. 9, 4° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327, dispone la possibilità di reiterazione del vincolo dopo la sua durata quinquennale lasciando impregiudicata la questione della corresponsione dell’indennizzo per la proroga del vincolo
La questione è stata risolta, comunque, dalla Corte costituzionale che ha sancito la illegittimità della reiterazione dei vincoli di piano senza la corresponsione di un indennizzo. N. CENTOFANTI, La legislazione urbanistica, 2000, 135.
Il Consiglio di Stato ha rilevato la non manifesta infondatezza della questione richiedendo una determinazione  espressa da parte  del legislatore dei casi in cui la reiterazione dei vincoli  costituisca espropriazione di valore e comporti, di conseguenza, la corresponsione dell'indennizzo; il giudice amministrativo, inoltre, ha affermato che devono essere previsti per legge i criteri di determinazione dell'indennizzo stesso. Cons. Stato, Ad. Pl., 25.9.1996, n. 20, in Riv. Giur. Ed., 1997, 254.
La dottrina ha aderito a questa impostazione della giustizia amministrativa e         propone, quindi, la corresponsione di un indennizzo alla scadenza del temine quinquennale ovvero, quanto meno, l’approvazione di una relazione di massima delle spese occorrenti per l’acquisizione delle aree. G. LAVITOLA, Trent’anni dopo: l’impatto delle sentenze della Corte Costituzionale 55 e 56 del 1968 sull’evoluzione successiva dell’ordinamento giuridico e dell’urbanistica, in Riv. Giur. Ed., 1998, 301.
La Corte costituzionale ha accolto i rilievi formulati ed ha disposto l’indennizzo per i vincoli scaduti e reiterati dalle amministrazioni. Corte cost., 20.5.1999, n. 179, in Riv. Giur. Ed., 1999, 635.
La Corte precisa i caratteri che devono distinguere il vincolo perché possa essere soggetto ad indennizzo.
-          il vincolo deve essere preordinato all’espropriazione o avere carattere espropriativo, nel senso di comportare come effetto pratico uno svuotamento di rilevante entità ed incisività, del contenuto della proprietà stessa, mediante imposizione, immediatamente operativa, di vincoli a titolo particolare su beni determinati comportanti inedificabilità assoluta,
-          il vincolo non deve superare la durata che il legislatore abbia fissato come limite, non irragionevole e non arbitrario, affinché il vincolo stesso risulti sopportabile da parte del singolo soggetto titolare del bene,
-          il vincolo non deve superare, sotto il profilo quantitativo, la normale tollerabilità secondo una concezione della proprietà regolata dalla legge per i modi di godimento ed i limiti preordinati alla sua funzione sociale.                               
Non rientrano negli schemi del procedimento espropriativo, invece, i beni immobili aventi valore paesistico- ambientale, in virtù delle loro qualità oggettive che li inserisce in particolari categorie di beni.
Tali beni, infatti, sono sottoposti ad un particolare regime di utilizzo, secondo le caratteristiche intrinseche che li distinguono.
Devono essere considerati come normali e connaturati alla proprietà i limiti non ablatori posti dai regolamenti edilizi e dalla pianificazione urbanistica e relativi alle norme tecniche, quali i limiti di altezza, di cubatura, di superficie coperta, quali le distanze tra edifici, le zone di rispetto relative a determinate opere pubbliche, gli indici di edificabilità e gli standard attinenti alle zone territoriali omogenee.
La Corte non esclude che i vincoli decaduti possano essere reiterati in via amministrativa.
Possono, infatti, sussistere ragioni giustificative accertate e motivate con congruo provvedimento entro i limiti della ragionevolezza e della logicità.
Qualora i vincoli assumano carattere patologico o quando vi sia una ripetizione o una proroga sine die o all’infinito attraverso una reiterazione di proroghe, che si aggiungano le une alle altre, o quando il limite temporale sia indeterminato e senza una previsione di indennizzo, il sistema si scontra con i limiti posti dalle norme costituzionali.
E’ stato dichiarato incostituzionale il combinato disposto degli artt. 7, n. 2, 3 e 4, e 40, L. 1150/1942 e art. 2, 1° co., L. 1187/1968 nella parte in cui consente alla amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificabilità, senza la previsione di indennizzo. Corte cost., 20.5.1999, n. 179, in Riv. Giur. Ed., 1999, 635.
E’ stata pronunciata, quindi, l’illegittimità costituzionale non dell’intero complesso normativo, che continua a consentire la reiterazione dei vincoli, ma esclusivamente alla mancata previsione d’indennizzo in tutti i casi di permanenza del vincolo urbanistico preordinato all’espropriazione o comportante l’assoluta inedificabilità oltre i limiti di durata fissati dal legislatore ove non risulti, in modo inequivocabile, l’inizio della procedura espropriativa.
La Corte non giunge a fissare i criteri per la concreta liquidazione del quantum dell’indennizzo anche se pone le premesse per la loro definizione.
Ravvisate nella procedura di determinazione del risarcimento una serie di variabili che sostanzialmente pongono la diminuzione di valore a seguito reiterazione del vincolo in rapporto diverso con l’indennizzo relativo alla perdita della proprietà del bene, la Corte afferma che l’indennizzo per il protrarsi del vincolo è un ristoro non necessariamente integrale od equivalente al sacrificio, per una serie di pregiudizi che si possono verificare a danno del titolare del bene immobile colpito.
Esso deve essere commisurato al mancato uso normale del bene ovvero alla diminuzione di prezzo di mercato rispetto alla situazione giuridica antecedente alla pianificazione che ha imposto il vincolo.
Se spetta al legislatore ordinario fissare i criteri per l’indennizzo la Corte non esclude che, anche in caso di mancanza di tale intervento, il giudice competente sulla richiesta di indennizzo, una volta accertato che i vincoli imposti in materia urbanistica abbiano carattere espropriativo, possa ricavare dall’ordinamento le regole per la liquidazione di obbligazioni indennitarie, nella specie considerandole come obbligazioni derivanti dal pregiudizio subito a causa della rinnovazione o del protrarsi del vincolo. 

Le modalità di calcolo dell’indennizzo sono disciplinate dall’art. 39, D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Si tratta di una normativa transitoria in attesa del t.u sulla programmazione urbanistica attuativa.
Il vincolo reiterato deve essere indennizzato attraverso la corresponsione di una indennità commisurata all’entità del danno effettivamente prodotto commisurata al tempo della reiterazione.
L’atto che reitera il vincolo deve prevedere la corresponsione dell’indennizzo.
Il problema che si pone è se una variante generale di piano comporti la reiterazione del vincolo anche in presenza di mutamenti programmatori.
Si tratta evidentemente di verificare volta per volta se sostanzialmente il vincolo viene reiterato.
Qualora l’amministrazione non provveda il privato può inoltrare domanda documentata di pagamento e corrisponderla entro i successivi trenta giorni, pena la decorrenza degli interessi legali.
Competente all’impugnazione della determinazione dell’indennizzo o a decidere in presenza di un silenzio dell’amministrazione sulla domanda è la Corte di Appello.
L’indennità è autonoma rispetto a quella corrisposta per un successivo esproprio
Per alcuni autori l’indennizzo dopo il sesto anno è commisurato all’interesse sulla futura indennità di esproprio.
La dottrina lamenta come nel d.p.r. 8.6.2001, n. 327 manchi la possibilità per i proprietari di monetizzare destinazioni pubbliche con destinazioni private, operando attraverso comparti, perequazioni, trasferimenti di cubatura, accordi sulle aree da cedere o addirittura eseguendo essi stessi le opere pubbliche. Tale normativa del tutto evidentemente avrebbe costituito un eccesso di deroga anche se la giurisprudenza ha riconosciuto legittime le forme di perequazione contenute nella normativa di piano regolatore generale. G. SAPORITO, Pronto anche il testo unico degli espropri, in Ed Terr., 2001, n. 23, 42.
Vi sono, però, alternative al sistema degli indennizzi dei vincoli.
La dottrina propone la fissazione di un indice virtuale di edificabilità per le aree ricadenti in ogni singolo comprensorio, dividendo la cubatura complessivamente consentita dal piano regolatore nel comprensorio per il numero dei metri quadri dell’intera superficie interessata dal comprensorio medesimo.
In tal modo si identifica il diritto ad edificare di ogni singolo proprietario.
Questo diritto reso commerciabile fra i privati etra i privati e la pubblica amministrazione a prezzi concordati consentirebbe l’attuazione automatica del piano regolatore.
Al legislatore restano da disciplinare le procedure coattive di attuazione del piano in caso di inottemperanza dei privati a realizzare le sue previsioni. G. D’ANGELO, Regime giuridico delle aree fabbricabili: necessità ed urgenza di una riforma legislativa, in Riv. Giur. Ed., 1999, 1184.


Nessun commento:

Posta un commento