13. La dichiarazione
di pubblica utilità.
La dichiarazione di pubblica utilità costituisce un
subprocedimento necessario che definisce una qualificazione giuridica del bene,
rendendolo oggetto del procedimento ablatorio.
Alla sua emanazione provvede l’autorità competente al
procedimento ablatorio ma essa può essere sollecitata dal soggetto anche
privato che è interessato alla realizzazione dell’opera pubblica predisponendo
gli elaborati previsti dall’art. 16, D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
La dichiarazione di pubblica utilità può essere
emanata sulla base di diversi atti formali purché l’opera prevista sia conforme
alle previsioni dello strumento urbanistico o della sua variante.
Riprendendo quanto affermato dalle disposizioni
normative in materia di pianificazione che attribuiscono efficacia di
dichiarazione di pubblica utilità all’approvazione degli strumenti urbanistici
attuativi l’art. 12, 1° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327, contempla fra gli atti
che comportano la dichiarazione di pubblica utilità: a) all’approvazione del
progetto definitivo dell’opera pubblica, al piano particolareggiato, il piano
di lottizzazione, al piano di recupero urbano, al piano di ricostruzione, al
piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi e al piano di zona.
Tale effetto non è riconosciuto agli strumenti
urbanistici generali, ma a quelli attuativi ai quali è espressamente attribuita
tale qualità al momento della loro approvazione, come, ad esempio, al piano
particolareggiato o al piano di zona per l’edilizia economico popolare. Cass.
civ., sez. I, 11.6.1993, n. 6546, in Giust.
Civ. Mass., 1993, 1024.
La corrispondenza fra
pianificazione urbanistica e dichiarazione di pubblica utilità deve essere
piena.
Il potere conformativo attribuito ai piani urbanistici
non consente una localizzazione contrastante con la zonizzazione senza un preventivo
adeguamento delle disposizioni di piano. T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez.
I, 8.1.1997, n. 4, T.A.R., 1997,
1010.
14. Termini.
Proroga.
Il limite
all’emanazione della dichiarazione di pubblica utilità è la decadenza del
vincolo quinquennale dall’approvazione dello strumento urbanistico generale;
mentre per le aree interessate dalla pianificazione attuativa il limite è la
relativa scadenza dei piani, ad esempio, decennale per i pano
particolareggiato, ex art. 13, 1° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Il provvedimento che comporta la dichiarazione di
pubblica utilità può stabilire il termine entro il quale il decreto di
esproprio deve essere eseguito.
Manca la distinzione fra termine relativo alle
espropriazioni e termine relativo ai lavori che caratterizzava la dizione
dell’art. 13, L. 25.6.1865, n. 2359 e che comportava la dichiarazione di
illegittimità nel caso di mancata indicazione espressa dei termini
distintamente per le due attività. Cons. Giust. Amm. Sicilia, sez. giurisd.,
28.1.1998, n. 21, in Foro Amm., 1998,
1147).
Se
manca l’espressa determinazione del termine di esecuzione del decreto di
esproprio può essere eseguito entro il termine di cinque anni, decorrente dalla
data in cui diventa efficace l’atto che dichiara la pubblica utilità dell’opera.
A
differenza del disposto dell’art. 13, L. 25.6.1865, n. 2359, viene richiesto
unicamente l’indicazione del termine finale premesso che il termine iniziale è
determinato automaticamente fino alla scadenza della possibilità di emettere la
dichiarazione di pubblica utilità. Cons. St., sez. IV, 24.10.1997, n. 1228, in Urb. App., 1998, 201. Cons. St., sez. IV, 17.4.1998,
n. 645, in Foro Amm., 1998, 1034.
Cons. St., sez. IV, 16.10.1998, n. 1313, in Riv. Giur. Ed., 1999, 330.
L’art.
13, 5° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327, consacra il principio fissato dalla
giurisprudenza che consente la proroga dei termini nei casi di forza maggiore e
per altre giustificate ragioni.
I requisiti della proroga sono tassativi essa deve
essere disposta prima della scadenza del termine e non avere durata maggiore
dei due anni.
La giurisprudenza ha in precedenza ammesso la proroga
dei termini che doveva essere, secondo i principi generali, congruamente
motivata e approvata prima della scadenza.
E’ stato affermato che i termini possono essere
prorogati per i casi di forza maggiore e
per altri motivi indipendenti dalla volontà dell'espropriante, ma sempre
fissando la relativa scadenza; l'inadeguata motivazione è fonte di
illegittimità del relativo provvedimento.
Non può
ammettersi una proroga implicita del
termine per l'espropriazione, da desumersi dalla sola proroga del termine
per l'inizio ed il compimento dei lavori. Cons. St., sez. IV, 21.7.1997, n.
724, in Cons. Stato, 1997, 1008.
Cons. St., sez. IV, 8.10.1985, n. 416, in Riv.
Giur. Ed., 1986, 189.
Solo in presenza di un accertato sopravvenuto evento
che abbia rappresentato un obiettivo impedimento al completamento del
procedimento ablatorio si può giustificare la proroga che rappresenta
altrimenti una ingiustificata ulteriore compressione al diritto dei
proprietari.
La proroga dei termini già scaduti è illegittima
poiché essa è in conflitto col principio costituzionale, fissato dall’art. 42
cost., che prevede per la proprietà solo limiti a tempo determinato o comunque
oggetto di indennizzo.
E’, invece, esclusa la possibilità di regolarizzazione
di un provvedimento, nel quale sia omessa l'indicazione dei termini per
l'inizio e il compimento dei lavori e delle procedure espropriative. Cons. St.,
Ad. Pl., 26.8.1991, n. 6, in Riv. Amm.,
1991, 1800. Con. St., sez. IV, 15.4. 1997, n. 395, in Foro Amm., 1997, 1069. Cass. civ., Sez. U., 4.3.1997, n. 1907, in Riv. Giur. Ed., 1997, 504.
L’atto
amministrativo può naturalmente essere rinnovato.
In
tal caso la dichiarazione di pubblica utilità deve contenere una nuova indicazione dei termini svincolati da
quelli originari, impone la riproduzione di tutti gli atti successivi alla
precedente dichiarazione, secondo l'ordine logico del procedimento espropriativo,
ma non anche di quelli precedenti. Trib. sup. acque, 29.11.1997, n. 84, in Cons. Stato, 1997, II, 1829. Cons. St., sez. IV,
14.7.1997, n. 715, in Foro Amm.,
1997, 1941.
15. Impugnazione.
Il subprocedimento è automaticamente impugnabile,
senza necessità di attendere il successivo decreto di espropriazione.
Il ricorso è teso ad acclarare la legittimità del
procedimento di esproprio nella fase programmatoria che deve essere seria ed
attendibile:
La giurisprudenza ha affermato che è illegittima
l'espropriazione di aree di proprietà privata non occorrenti alle attuali
esigenze di pubblico interesse ma finalizzate ad obiettivi di là da venire per i quali non
sussiste allo stato alcuna progettazione
neppure di larga massima e tanto meno l'impegno delle necessarie risorse
finanziarie. T.A.R. Piemonte, sez. II,
4.4.1997, n. 180, in Foro Amm., 1997, 3150.
Nell’impugnazione
non si può censurare il merito del provvedimento a meno che il vizio si
manifesti nella assoluta carenza di logicità delle scelte effettuate
dall’amministrazione. Così, ad esempio, la scelta delle aree da espropriare è
rimessa all'apprezzamento della pubblica
amministrazione e non è sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità,
salvo che il giudice non consideri l'illogicità ovvero l'inutilità ictu oculi della scelta effettuata.
Cons. St., sez. IV, 14.7.1997, n. 715, in Cons.
Stato, 1997, I, 1002.
L'annullamento in sede giurisdizionale della
dichiarazione di pubblica utilità dell'opera ha, infatti, effetti caducanti e
non già invalidanti sugli atti ablatori successivamente assunti, quali il
decreto di occupazione o il decreto di espropriazione, anche se non impugnati.
Sotto
il profilo sostanziale la compressione effettuata dal procedimento
espropriativo non estingue il diritto del proprietario.
Il termine di impugnazione della dichiarazione di
pubblica utilità differisce a seconda che essa provenga ex lege o sia esplicita.
Qualora venga approvato uno strumento urbanistico la dichiarazione
implicita di pubblica utilità deve essere impugnata avendo a riferimento i termini
per la approvazione, mentre nel caso di dichiarazione esplicita il termine
decorre dal momento della notifica del provvedimento.
Cons. St., sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2874, in Foro
amm. CDS, 2007, 5, 1488.
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