sabato 4 marzo 2017

La d.i.a. nell’edilizia.

1                    La d.i.a. nell’edilizia.


L’art. 22 del d.p.r. 6.6.2001, n. 380, precisa che gli interventi edilizi realizzabili mediante denuncia di inizio di attività sono individuati in via residuale rispetto alle categorie espressamente previste e sottoposte a permesso di costruire, eventualmente integrate dalle ulteriori ipotesi individuate dalle singole regioni (Centofanti N., Diritto a costruire. Programmazione urbanistica. Espropriazione, 2010, 1113).
La denuncia di inizio di attività si perfeziona con un procedimento assolutamente semplificato.
Il richiedente inoltra la denuncia, la pubblica amministrazione controlla la legittimità della stessa, ma non emette un provvedimento espresso: L’istante può iniziare i lavori inerenti a quanto dichiarato nella domanda trascorso un termine perentorio di trenta giorni.
La procedura addossa al progettista la responsabilità di asseverare la conformità delle opere alle disposizioni di piano o di regolamento edilizio ed al rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico sanitarie.
Per questo la giurisprudenza afferma che la denuncia di inizio di attività non ha valore di provvedimento amministrativo, né lo acquista in virtù del decorso del termine previsto per l'attività di riscontro della p.a.
L’azione dell’amministrazione, conseguentemente, non è stata considerata un'attività di secondo grado, che interviene su di una precedente attività provvedimentale (Cons. St., sez. VI, 4.9.2002, n. 4453).
Il procedimento prevede che la denuncia di inizio attività sia presentata allo sportello unico trenta giorni prima di quando effettivamente iniziano i lavori, ex art. 23, 1° co., d.p.r. 6.6.2001, n. 380.
Essa è accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici adottati o approvati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.
La dottrina rileva che se, nel termine indicato,  il responsabile del procedimento non riscontra una delle condizioni stabilite per la regolarità della denuncia, egli notifica all’interessato l’ordine motivato di non effettuare l’intervento (Fantigrossi U. e Piscitelli L. (a cura di), La nuova disciplina edilizia,2003, 351).
L’amministrazione può inibire i lavori denunciati ove questi non siano conformi alle disposizioni vigenti.
La giurisprudenza ha precisato che il provvedimento con il quale l'Amministrazione comunale rigetta la denuncia di inizio attività di cui agli artt. 22 e 23, t.u. n. 380 del 2001, non deve essere preceduto dalla comunicazione dei motivi ostativi di cui all'art. 10 bis, l. n. 241 del 1990. (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 23.5.2006, n. 5487, in  Foro Amm.T.A.R., 2006, 5, 1820).
Nel caso di silenzio i lavori possono iniziare regolarmente dopo la scadenza del termine.
La denuncia di inizio attività è corredata dall'indicazione dell'impresa cui si intende affidare i lavori.
I lavori devono essere effettuati nel termine massimo di efficacia della denuncia che è fissato dalla legge in tre anni.
La realizzazione della parte non ultimata dell'intervento è subordinata a nuova denuncia.
L'interessato è, in ogni caso, tenuto a comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori.
L’art. 22, 4°, d.p.r. 6.6.2001, n. 380, non risolve il problema della corresponsione del contributo di costruzione.
Esso demanda alle regioni, nell’esercizio della loro autonomia legislativa, la facoltà di assoggettare le opere a specifica contribuzione.
Il progettista ha la responsabilità di asseverare la conformità delle opere alle disposizioni di piano, di regolamento edilizio ed il rispetto delle norme di sicurezza ed igienico sanitarie.
Il progettista ha l’onere di individuare esattamente l’estensione delle varie fattispecie tassativamente indicate dal legislatore.
Il progettista che vuole essere tutelato deve identificare fattispecie assolutamente certe o scegliere di richiedere il permesso di costruire.
Il progettista deve produrre una relazione accompagnata dagli elaborati progettuali che, non essendo indicati, devono essere necessariamente stabiliti da un emanando regolamento comunale, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici adottati od approvati ed ai regolamenti edilizi esistenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico sanitarie.


1.1         La inibizione dei lavori. L’annullamento. Le sanzioni.


Ove, nel termine di trenta giorni dalla presentazione della d.i.a., il dirigente comunale o il responsabile dell’ufficio rilevi la mancanza dei requisiti di legge deve procedere a notificare un provvedimento motivato, contenente l’accertamento delle irregolarità riscontrate, con il quale si inibisce l’intervento (Mandanaro A., La d.i.a. nel t.u. edilizia e nella legge obiettivo, in Urb. App., 2002 , 148).
La disciplina di legge, in altri termini, così come precisato in giurisprudenza, non presenta alcun potere soprassessorio della p.a. coincidente con la possibilità di sospendere, sia pure temporaneamente, la d.i.a. ma, appunto, solo il potere di ordinare, motivatamente, di non effettuare il previsto intervento (T.A.R. Liguria, sez. I, 18.3.2004 n. 268).
È stata dichiarata dalla giurisprudenza  illegittima la sospensione della denuncia di inizio attività, potendo l'amministrazione solo inibire l'attività stessa. (T.A.R. Basilicata Potenza, 3.3.2007, n. 135).
Il dirigente informa l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza, ex art. 23, 6° co., d.p.r. 6.6.2001, n. 380.
E’ comunque salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio di attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia.
Il potere di annullamento dell’amministrazione non si consuma nei termini assentivi né ammette termini di decadenza.
Gli atti repressivi devono essere motivati.
L'amministrazione deve valutare preventivamente gli interessi pubblici eventualmente pregiudicati, in relazione con l'affidamento di chi abbia iniziato le opere, con riferimento al tempo trascorso tra il loro inizio e il riscontro della loro illegalità.
La giurisprudenza ha precisato che, trascorso il termine per l’esercizio dei poteri inibitori - ora di trenta giorni, ex art. 23, d.p.r. 6.6.2001, n. 380 - devono essere esercitati i poteri sanzionatori.
L'amministrazione comunale non può più esercitare i poteri inibitori, secondo cui il sindaco, ove sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica agli interessati l'ordine motivato di non effettuare le previste trasformazioni; l'amministrazione può soltanto, ricorrendone i presupposti, esercitare poteri in via di autotutela ed emanare gli eventuali provvedimenti sanzionatori del caso (T.A.R. Veneto, sez. II, 22.2.2002, n. 844, in Foro Amm.T.A.R., 2002, 428).
L'amministrazione può procedere in ogni tempo al riscontro della conformità alla normativa vigente di tutte le attività private che possono essere intraprese su semplice denuncia.
L'amministrazione deve, inoltre, invitare chi abbia intrapreso i lavori a conformarli alla normativa vigente, quando ciò sia possibile.
L'art. 37, 5° co., d.p.r. n. 380 del 2001, prevede la possibilità di presentare una d.i.a. in sanatoria in corso d'opera, la quale, con riferimento al 1° co. dello stesso articolo, riguarda tanto l'ipotesi in cui la d.i.a. iniziale sia mancata del tutto, quanto quella in cui essa sia stata presentata, ma i lavori siano stati realizzati in difformità dal progetto (T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 18.1.2006, n. 109).
La sanatoria dell’intervento prevede una attività dell’amministrazione atta a valutare la conformità dell’opera alla normativa urbanistica che nel caso positivo rende lecita l’opera.
l’antigiuridicità della condotta permane. Questa  è punita con una sanzione pecuniaria (Stella Richter P. e Iaione C., Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla denuncia di inizio di attività, in Testo unico dell’edilizia, (a cura di Sandulli M. A.), 2004, 449).
















2                    La s.c.i.a. sostituisce la d.i.a. nell’edilizia?



Con circolare 16.9. 2010, il Ministero per la semplificazione normativa ha confermato  l’applicabilità della disciplina della segnalazione certificata di inizio attività alla materia edilizia.
La dizione  letterale dell’art. 49, 4° co. ter della l. 122 del 2010, tassativamente afferma che le espressioni segnalazione certificata di inizio attività e s.c.i.a. sostituiscono, rispettivamente, quelle di dichiarazione di inizio attività e d.i.a.., ovunque ricorrano anche come parte di un’espressione più ampia, sia nelle normative statali che in quelle regionali.
Il medesimo comma stabilisce, altresì, che la disciplina della s.c.i.a. contenuta nel novellato art. 19 della l. 241 del 1990 sostituisce direttamente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, quella della dichiarazione di inizio attività recata da ogni normativa statale e regionale.
La circolare evidenzia, inoltre, che, nel confronto con la previgente formulazione dell’art. 19, l. 241/19990,  il legislatore ha omesso di indicare la d.i.a. edilizia tra quelle oggetto di espressa esclusione dall’ambito applicativo della disposizione.
Nella previgente formulazione il legislatore aveva escluso dall’ambito applicativo della dichiarazione di inizio attività quella in materia edilizia, laddove aveva disposto che  restano ferme le disposizioni di legge vigenti che prevedono termini diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 per l’inizio dell’attività e per l’adozione da parte dell’amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti .
Analoga clausola di salvezza non compare nel vigente art. 19, l. 241/19990.
La previsione secondo cui la segnalazione certificata di inizio attività è corredata non solo dalle certificazioni ed attestazioni ma anche dalle “asseverazioni” di tecnici abilitati - riferimento non presente nel previgente art. 19, l. 241/19990  - appare in linea con quanto stabilito dalla disciplina della d.i.a. edilizia contenuta nell’art. 23 del d.p.r. 6 .6.2001, n. 380
La norma  richiede, preliminarmente all’avvio dell’attività edilizia, la presentazione di una “dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.


1                    Gli effetti della l. 122/2010 con le discipline statali e regionali previgenti.


Con la circolare 16.9. 2010, il Ministero per la semplificazione normativa ha preso posizione sull’effetto  delle discipline statali e regionali previgenti incompatibili con l’attuale normativa statale e non abrogate espressamente dall’art. 49 della l. 122 del 2010.
La norma introduce un meccanismo di sostituzione automatica della disciplina della s.c.i.a. a quella della d.i.a., anche edilizia.
La conclusione che precede impone un ulteriore chiarimento ermeneutico, con riferimento agli interventi edilizi realizzabili con d.i.a. alternativa rispetto al permesso di costruire.
L’articolo 22, comma 3, del d.p.r. n. 380 del 2001 determina i casi in cui interventi edilizi soggetti a permesso di costruire possono essere realizzati alternativamente con d.i.a., e il successivo comma 4 riconosce alle Regioni a statuto ordinario la facoltà di ampliare o ridurre l’ambito applicativo del precedente comma. Di qui il problema del rapporto tra la disciplina della s.c.i.a. e quella della  d.i.a. alternativa al permesso di costruire, e segnatamente del rapporto tra la disciplina della s.c.i.a. e quella contenuta nelle leggi regionali che, in attuazione della previsione dell’articolo 22, comma 4, del d.p.r. n. 380 del 2001, hanno introdotto ulteriori casi di alternatività tra d.i.a. e permesso di costruire.
La disciplina della s.c.i.a. non si applica alla d.i.a. alternativa al permesso di costruire;  le leggi regionali previgenti con le quali è stata esercitata la facoltà prevista dall’articolo 22, comma 4, del d.p.r. n. 380 del 2001 non sono state incise dall’entrata in vigore dell’art. 49 , l. 122 del 2010.
Al permesso di costruire non può essere  applicabile la disciplina della s.c.i.a..
Con particolare riguardo alle leggi regionali recanti ulteriori casi di d.i.a. alternativa al permesso di costruire, la predetta conclusione è conforme ad una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 49 della legge n. 122 del 2010, che salvaguardi la potestà legislativa regionale di estendere, oltre i confini dell’intervento statale ed in attuazione dell’articolo 22, comma 4, del testo unico edilizia, l’istituto della d.i.a.
L’art. 29, comma 2-quater della l. 241 del 1990, riconosce alle Regioni, nella disciplina dei procedimenti amministrativi di propria competenza, la facoltà di prevedere livelli ulteriori di tutela rispetto a quelli garantiti dalle disposizioni statali attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui ai precedenti commi 2-bis e 2-ter.
La circolare  precisa che  in caso di intervento edilizio in zona sottoposta a vincolo, permane l’onere di acquisizione ed allegazione alla segnalazione certificata dello specifico atto di assenso dell’ente preposto alla tutela del vincolo stesso; tale atto, in virtù della espressa previsione dell’articolo 19, comma 1, della legge n. 241/1990, non può essere sostituito dalla s.c.i.a.
Sotto il profilo transitorio la circolare afferma che  per le d.i.a.  presentate prima dell’entrata in vigore della novella dell’articolo 19 della legge n. 241 del 1990, anche nell’eventualità in cui alla data di entrata in vigore non fosse ancora decorso il termine per l’esercizio del potere inibitorio da parte dell’amministrazione, la disciplina applicabile non può che essere quella vigente al momento della presentazione della d.i.a., salva la possibilità per il privato di avvalersi degli effetti della novella presentando, per il medesimo intervento, una s.c.i.a.


















2                    I problemi di costituzionalità.


L’art. 49, 4° co. bis, l. 122/2010, sicuramente presenta degli aspetti di incostituzionalità perché, prevedendo la sostituzione della d.i.a. con la s.c.i.a. anche nelle leggi regionali lede l’autonomia legislativa delle regioni.
II testo dell’art. 117, cost., come modificato dall’art. 3, l. cost. 18.10.2001, n. 3, nel ripartire la potestà legislativa fra Stato e Regioni, distingue tre principali categorie di materie: quelle riservate in via esclusiva allo Stato, quelle di legislazione concorrente - per le quali la normativa di dettaglio è attribuita alle regioni, mentre spetta allo Stato la determinazione dei principi fondamentali - e quelle di legislazione esclusiva regionale, che hanno portata residuale.
L’art. 177, 3° co., cost. definisce le materie a legislazione concorrente ove la potestà legislativa spetta alle regioni, salvo per la determinazione dei criteri fondamentali riservata alla legislazione dello Stato.
Il governo del territorio è oggetto di legislazione concorrente delle regioni con riserva dello Stato della determinazione dei principi fondamentali (Carbone V., La consulta non risolve il problema dell’indennità di esproprio irrisoria offerta dalla pubblica amministrazione, in Corr. Giur, 2002, 7).
La dottrina esclude la possibilità per le regioni di introdurre una legislazione  incompatibile con i principi fondamentali fissati dalla legge statale, mentre, per contro, ammette una normativa statale di dettaglio, poiché,  nel disciplinare la legislazione concorrente, non sembra attribuire la normativa di dettaglio alle regioni in via esclusiva, ma piuttosto in via principale. Le norme regionali hanno però  la possibilità di integrare i disposti statali secondo il principio di autocompletamento dell'ordinamento (Centofanti N., Diritto di costruire. Pianificazione urbanistica. Espropriazione, 2010, 17).
L’estensione della s.c.i.a. al settore dell’edilizia viola inoltre le attribuzioni della Regione in materia di governo del territorio non consentendo un efficace controllo sull'attività urbanistico-edilizia.



















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