giovedì 15 giugno 2017

Foglio matricolare.La Seconda Guerra Mondiale.

La Seconda Guerra Mondiale. 


La seconda guerra mondiale aveva avuto inizio il 1º settembre 1939 con l'attacco della Germania nazista alla Polonia.
L’invasione era stata rapidissima.
Giani aveva appreso la notizia dalla radio alle 18.
A quell’ora aveva finito di lavorare ed aveva lasciato il laboratorio.
Lui era tranquillamente seduto al tavolino del bar vicino alla cassa dove poteva seguire meglio il  movimento dei camerieri impegnati  a servire i clienti  che a quell’ora cominciavano a venire  per gustare i suoi gelati.
Aveva capito subito che le cose sarebbero andate nel verso sbagliato.
Successivamente le forze armate tedesche avevano invaso Norvegia e Danimarca, Olanda Belgio e Lussemburgo e Francia.
Giani seguiva il succedersi degli avvenimenti sempre sperando che le cose si sarebbero risolte in fretta.
La guerra lampo promessa dal duce sembrava una realtà.
Lui non era un interventista, era un buon uomo abituato a risolvere i problemi con la persuasione e non con la violenza 
Nel maggio del 40 era stato richiamato alle armi.
In caserma, attaccato alla radio aveva capito che la situazione andava ormai verso il disastro più totale quando aveva sentito il testo della dichiarazione di guerra pronunciato da Mussolini nel discorso di Palazzo Venezia il 10 Giugno 1940, alle ore 18.00.
Quel momento apparentemente così tranquillo  era stato scosso dalla voce del duce:
“Combattenti di terra, di mare e dell'aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del regno d'Albania! Ascoltate!
Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L'ora delle decisioni irrevocabili.
La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia.”
Il 4 dicembre 40 Badoglio presentava una lettera di dimissioni e veniva sostituito dal generale Cavallero.
Cavallero aveva indubbie doti di ingegno; aveva percorso tutta la carriera dello stato maggiore. Il generale aveva come dote l’ottimismo e Mussolini non chiedeva di meglio. (Indro Montanelli, Storie d’Italia Vol  8, 2003, 360).
Giani non seguiva gli avvenimenti che si verificavano nelle alte sfere dell’esercito.
Non era né favorevole né contrario al cambio dei vertici militari, anche se non nutriva grande stima per Badoglio.
Faceva parte della truppa di fanteria  che i  grandi generali consideravano senza troppi riguardi come pedine da muovere nei loro scacchieri di guerra per ottenere onori dal Duce.
Aveva capito a sue spese che il mondo si divideva fra potenti che comandavano e truppa che obbediva, se non voleva essere passata per le armi.
Era rassegnato ad un destino che sentiva di  non potere neppure tentare di cambiare.
Cosa avrebbero potuto fare lui e i suoi commilitoni che non la pensavano come il Duce per fermare l’Europa che correva verso il precipizio?
Al massimo potevano prendere un sacco di bastonate o al peggio essere fucilati come disertori.
Nel settembre del 41 giunse al 121° reggimento Battaglione Motorizzato di Piacenza.
Piacenza era un luogo storico da cui era partita la seconda crociata ed il suo capitano lo ricordava spesso per galvanizzare gli uomini. Giani e i suoi commilitoni lo guardavano senza parlare, ma sentivano in cuor loro che quella non era la loro guerra.
Il 1941 era stato già fino a quel momento un anno terribile.
La Roma era morta il 21-7-1941 di tifo per avere mangiato delle cozze crude e Angelo l’aveva seguita nel triste viaggio perché aveva condiviso con lei quel piatto così gustoso.
Quel dolore l’aveva intristito, ma doveva reagire ad una situazione di guerra e si fece forza.
Nelle retrovie Giani non stava poi tanto male aveva persino trovato l’Avila,  un antico casale, sulle prime colline della val Trebbia, vicino a Piacenza dove poteva rilassarsi nei rari momenti di pausa.
Un locale nel verde adatto a festeggiare, ballare, parlare tanto da interrompere la routine della vita militare e trovare una specie di normalità.
Nel maggio del 42 era stato assegnato in forza al 17 reggimento di artiglieria motorizzato della Sforzesca.
La caserma Cantore lungo lo stradone Farnese era diventata la sua nuova casa.
Giani non sapeva ancora di essere capitato in un battaglione segnato da un  destino avverso, ma nella sua sfortuna ha una qualifica che sicuramente avrebbe contribuito a  salvargli la vita.
Il suo foglio matricolare attestava fra i suoi segni particolari quello di essere un autista.  Tanto bastava a sottrarlo dalla fanteria da montagna destinata fra non molto a muoversi a piedi nell’inverno Russo.
Una vera sciagura! A Giani che soffriva di mal di macchina avere quella patente era costata molta sofferenza, ma era bravo e gli piaceva guidare .
Per abituarsi alla puzza di nafta che gli dava il volta stomaco soleva tuffare il suo naso nella bocca dello scarico dei fumi della nafta.
In questa maniera, diceva, di curare il suo mal di macchina che dopo questo rimedio inconsueto gli era passato.
Non sapeva che la sua forza di volontà ed il suo amore per i motori gli sarebbe stato utile nei momenti  più difficili della sua vita.

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