La Seconda Guerra Mondiale.
La seconda
guerra mondiale aveva avuto inizio il 1º settembre 1939 con l'attacco della
Germania nazista alla Polonia.
L’invasione
era stata rapidissima.
Giani
aveva appreso la notizia dalla radio alle 18.
A
quell’ora aveva finito di lavorare ed aveva lasciato il laboratorio.
Lui
era tranquillamente seduto al tavolino del bar vicino alla cassa dove poteva
seguire meglio il movimento dei
camerieri impegnati a servire i
clienti che a quell’ora cominciavano a
venire per gustare i suoi gelati.
Aveva
capito subito che le cose sarebbero andate nel verso sbagliato.
Successivamente
le forze armate tedesche avevano invaso Norvegia e Danimarca, Olanda Belgio e
Lussemburgo e Francia.
Giani
seguiva il succedersi degli avvenimenti sempre sperando che le cose si
sarebbero risolte in fretta.
La
guerra lampo promessa dal duce sembrava una realtà.
Lui
non era un interventista, era un buon uomo abituato a risolvere i problemi con
la persuasione e non con la violenza
Nel
maggio del 40 era stato richiamato alle armi.
In
caserma, attaccato alla radio aveva capito che la situazione andava ormai verso
il disastro più totale quando aveva sentito il testo della dichiarazione di
guerra pronunciato da Mussolini nel discorso di Palazzo Venezia il 10 Giugno
1940, alle ore 18.00.
Quel
momento apparentemente così tranquillo era
stato scosso dalla voce del duce:
“Combattenti
di terra, di mare e dell'aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni!
Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del regno d'Albania! Ascoltate!
Un'ora
segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L'ora delle decisioni
irrevocabili.
La
dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran
Bretagna e di Francia.”
Il
4 dicembre 40 Badoglio presentava una lettera di dimissioni e veniva sostituito
dal generale Cavallero.
Cavallero
aveva indubbie doti di ingegno; aveva percorso tutta la carriera dello stato
maggiore. Il generale aveva come dote l’ottimismo e Mussolini non chiedeva di
meglio. (Indro Montanelli, Storie d’Italia Vol
8, 2003, 360).
Giani
non seguiva gli avvenimenti che si verificavano nelle alte sfere dell’esercito.
Non
era né favorevole né contrario al cambio dei vertici militari, anche se non
nutriva grande stima per Badoglio.
Faceva
parte della truppa di fanteria che
i grandi generali consideravano senza
troppi riguardi come pedine da muovere nei loro scacchieri di guerra per
ottenere onori dal Duce.
Aveva
capito a sue spese che il mondo si divideva fra potenti che comandavano e
truppa che obbediva, se non voleva essere passata per le armi.
Era
rassegnato ad un destino che sentiva di
non potere neppure tentare di cambiare.
Cosa
avrebbero potuto fare lui e i suoi commilitoni che non la pensavano come il
Duce per fermare l’Europa che correva verso il precipizio?
Al
massimo potevano prendere un sacco di bastonate o al peggio essere fucilati
come disertori.
Nel
settembre del 41 giunse al 121° reggimento Battaglione Motorizzato di Piacenza.
Piacenza
era un luogo storico da cui era partita la seconda crociata ed il suo capitano
lo ricordava spesso per galvanizzare gli uomini. Giani e i suoi commilitoni lo
guardavano senza parlare, ma sentivano in cuor loro che quella non era la loro
guerra.
Il
1941 era stato già fino a quel momento un anno terribile.
La
Roma era morta il 21-7-1941 di tifo per avere mangiato delle cozze crude e
Angelo l’aveva seguita nel triste viaggio perché aveva condiviso con lei quel
piatto così gustoso.
Quel
dolore l’aveva intristito, ma doveva reagire ad una situazione di guerra e si
fece forza.
Nelle
retrovie Giani non stava poi tanto male aveva persino trovato l’Avila, un antico casale, sulle prime colline della
val Trebbia, vicino a Piacenza dove poteva rilassarsi nei rari momenti di
pausa.
Un
locale nel verde adatto a festeggiare, ballare, parlare tanto da interrompere
la routine della vita militare e trovare una specie di normalità.
Nel
maggio del 42 era stato assegnato in forza al 17 reggimento di artiglieria
motorizzato della Sforzesca.
La
caserma Cantore lungo lo stradone Farnese era diventata la sua nuova casa.
Giani
non sapeva ancora di essere capitato in un battaglione segnato da un destino avverso, ma nella sua sfortuna ha una
qualifica che sicuramente avrebbe contribuito a
salvargli la vita.
Il
suo foglio matricolare attestava fra i suoi segni particolari quello di essere
un autista. Tanto bastava a sottrarlo
dalla fanteria da montagna destinata fra non molto a muoversi a piedi
nell’inverno Russo.
Una
vera sciagura! A Giani che soffriva di mal di macchina avere quella patente era
costata molta sofferenza, ma era bravo e gli piaceva guidare .
Per
abituarsi alla puzza di nafta che gli dava il volta stomaco soleva tuffare il
suo naso nella bocca dello scarico dei fumi della nafta.
In
questa maniera, diceva, di curare il suo mal di macchina che dopo questo
rimedio inconsueto gli era passato.
Non
sapeva che la sua forza di volontà ed il suo amore per i motori gli sarebbe
stato utile nei momenti più difficili
della sua vita.
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