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CAPITOLO
AMBIENTE
1.
La
valutazione ambientale strategica.
Il
D.L.vo 4/2008, dopo avere abrogato la disciplina portata dal
D.L.vo 3.4.2006, n. 152, mod. D.L.vo 4/2008, regola
la Valutazione ambientale strategica (Vas) di piani e progetti, recependo la Dir Europea 2001/42. CENTOFANTI N., CENTOFANTI P. e
FAVAGROSSA M. , Formulario del
diritto amministrativo 2012, 463.
La VAS deve essere effettuata per tutti i piani e programmi che
sono elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell'aria, per i
settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei
trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni,
turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli e
che al contempo definiscono il quadro di riferimento per l'approvazione,
l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la realizzazione dei
progetti sottoposti a VIA o a Verifica di assoggettabilità a VIA.
Rispetto alla precedente definizione, che ricomprendeva
integralmente quella della direttiva 2001/42/CE, l’obbligo della VAS è ora
previsto anche per i piani di gestione della qualità dell’aria ampliando così
ulteriormente una casistica già particolarmente estesa.
Sono sottoposti a VAS anche i piani/programmi per i quali è
necessaria la valutazione d'incidenza, ai sensi dell'art. 5 del D.P.R. 8
settembre 1997, n° 357 (in questo caso, la valutazione d'incidenza è compresa
nella procedura di VAS) in considerazione dei possibili impatti sulle zone di
protezione speciale o sui siti di importanza comunitaria (ZPS - SIC).
Diversamente
la VIA consiste nello studio concernente l’impatto sull’ambiente provocato
dalla realizzazione di una singola opera..
La procedura di VAS ha natura endoprocedimentale ed è quindi
effettuata durante il processo di formazione del piano o del programma e prima
della sua approvazione definitiva. Essa è quindi parte integrante delle
procedure ordinarie utilizzate per l’adozione e approvazione dei piani e dei
programmi.
La
VAS deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del
programma ed anteriormente alla sua approvazione.
Per
i piani sottoposti a VAS va redatto un rapporto ambientale che è parte
integrante della documentazione del piano o del programma.
Nel
rapporto ambientale debbono essere individuati, descritti e valutati gli
impatti significativi che l'attuazione del piano o del programma proposto
possono avere sull'ambiente e sul patrimonio culturale, nonché le ragionevoli
alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e
dell'ambito territoriale del piano o del programma stesso.Le informazioni da
fornire nel rapporto ambientale sono contenute nell'allegato VI, ex art.
13, 4° co., D.L.vo n. 152/2006, mod. D.L.vo 4/2008.
Contestualmente
alla comunicazione del rapporto ambientale all’autorità competente, l'autorità
procedente cura la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana o nel Bollettino Ufficiale della regione o provincia
autonoma interessata.
L'avviso
deve contenere: il titolo della proposta di piano o di programma, il proponente,
l’autorità procedente, l'indicazione delle sedi ove può essere presa visione
del piano o programma e del rapporto ambientale e delle sedi dove si può
consultare la sintesi non tecnica anche mediante pubblicazione sul proprio sito
web.
Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell'avviso, chiunque può prendere visione della proposta di piano o programma e del relativo rapporto ambientale e presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi, ex art. 14, D.L.vo n. 152/2006, mod. D.L.vo 4/2008.
Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell'avviso, chiunque può prendere visione della proposta di piano o programma e del relativo rapporto ambientale e presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi, ex art. 14, D.L.vo n. 152/2006, mod. D.L.vo 4/2008.
2.
La
valutazione di impatto ambientale. Le fasi procedimentali.
La
VIA consiste nello studio concernente l’impatto sull’ambiente provocato dalla
realizzazione di un’opera.
La
VIA costituisce uno degli strumenti più significativi per descrivere e valutare
gli effetti diretti ed indiretti di una singola opera sull’uomo, sulla fauna,
sul suolo, sulle acque, sull’aria, sul clima e sul paesaggio.
La
procedura è stata prevista dalla direttiva CEE 27.6.1985, n. 337, che ha
affermato come la migliore politica ecologica sia quella di evitare fin
dall’inizio l’aggressione dell’ambiente non permettendo la realizzazione di
opere che possano portare degli effetti di inquinamento o, quanto meno, di
stravolgimento del territorio.
Sono
oggetto di valutazione ambientale i progetti relativi ad opere indicate
nell’all. III, come, ad esempio, le raffinerie di petrolio e le centrali
termiche e nucleari, e quelli inseriti nell’all. III, lett. b), compresi in
aree protette, come, ad esempio, il cambiamento di uso di aree non coltivate
con una superficie superiore ai 10 ha.
Il
procedimento si articola in varie fasi.
Esse
sono dettagliatamente previste ex art. 19, D.L.vo. 4/2008:
a)
Nello svolgimento di una verifica di assoggettabilità il proponente trasmette
all'autorità competente il progetto preliminare e lo studio preliminare
ambientale. Dell'avvenuta trasmissione è dato sintetico avviso, a cura del
proponente. Entro quarantacinque giorni dalla pubblicazione dell'avviso
chiunque abbia interesse può far pervenire le proprie osservazioni. L'autorità
competente, nei successivi quarantacinque giorni, verifica se il progetto abbia
possibili effetti negativi apprezzabili sull'ambiente.
b) Nella definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale il proponente ha la facoltà di richiedere una fase di consultazione con l'autorità competente e i soggetti competenti in materia ambientale al fine di definire la portata delle informazioni da includere, il relativo livello di dettaglio e le metodologie da adottare. L'autorità competente apre una fase di consultazione con il proponente e in quella sede si pronuncia sulle condizioni per l'elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale ed esamina le principali alternative, compresa l'alternativa zero. La fase deve chiudersi entro sessanta giorni dalla domanda; non sono previsti mezzi di tutela.
c) La presentazione e la pubblicazione del progetto è soggetta a verifica da parte dell’autorità competente per accertare la completezza della documentazione.
d) Lo svolgimento di consultazioni inizia dalla presentazione dell’istanza. Chiunque abbia interesse può presentare osservazioni entro i successivi sessanta giorni;
f) la valutazione dello studio ambientale e degli esiti delle consultazioni sono disposti dall’autorità competente che deve acquisire i pareri necessari delle autorità indicate dal proponente che devono esprimersi sull’istanza. Vizia la procedura il fatto che il proponente ometta di indicare alcune autorità che devono esprimersi sull’istanza.
g) La decisione deve essere adottata dall'autorità competente con provvedimento espresso e
motivato nei centocinquanta giorni successivi alla presentazione dell'istanza. L'inutile decorso del tempo implica l'esercizio del potere sostitutivo da parte del Consiglio dei Ministri, che provvede, su istanza delle amministrazioni o delle parti interessate, entro sessanta giorni, previa diffida all'organo competente ad adempiere entro il termine di venti giorni.
L'inutile decorso del termine implica l'esercizio del potere sostitutivo da parte del Consiglio dei Ministri che provvede, su istanza delle amministrazioni o delle parti interessate, entro sessanta giorni, previa diffida all'organo competente ad adempiere entro il termine di venti giorni.
b) Nella definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale il proponente ha la facoltà di richiedere una fase di consultazione con l'autorità competente e i soggetti competenti in materia ambientale al fine di definire la portata delle informazioni da includere, il relativo livello di dettaglio e le metodologie da adottare. L'autorità competente apre una fase di consultazione con il proponente e in quella sede si pronuncia sulle condizioni per l'elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale ed esamina le principali alternative, compresa l'alternativa zero. La fase deve chiudersi entro sessanta giorni dalla domanda; non sono previsti mezzi di tutela.
c) La presentazione e la pubblicazione del progetto è soggetta a verifica da parte dell’autorità competente per accertare la completezza della documentazione.
d) Lo svolgimento di consultazioni inizia dalla presentazione dell’istanza. Chiunque abbia interesse può presentare osservazioni entro i successivi sessanta giorni;
f) la valutazione dello studio ambientale e degli esiti delle consultazioni sono disposti dall’autorità competente che deve acquisire i pareri necessari delle autorità indicate dal proponente che devono esprimersi sull’istanza. Vizia la procedura il fatto che il proponente ometta di indicare alcune autorità che devono esprimersi sull’istanza.
g) La decisione deve essere adottata dall'autorità competente con provvedimento espresso e
motivato nei centocinquanta giorni successivi alla presentazione dell'istanza. L'inutile decorso del tempo implica l'esercizio del potere sostitutivo da parte del Consiglio dei Ministri, che provvede, su istanza delle amministrazioni o delle parti interessate, entro sessanta giorni, previa diffida all'organo competente ad adempiere entro il termine di venti giorni.
L'inutile decorso del termine implica l'esercizio del potere sostitutivo da parte del Consiglio dei Ministri che provvede, su istanza delle amministrazioni o delle parti interessate, entro sessanta giorni, previa diffida all'organo competente ad adempiere entro il termine di venti giorni.
Il
provvedimento conclusivo di valutazione dell'impatto ambientale sostituisce
o coordina tutte le autorizzazioni, le intese, le concessioni, le licenze, i
pareri, i nulla osta e gli assensi comunque denominati in materia ambientale e
di patrimonio culturale, ex art.26, D.L.vo 4/2008.
I
progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro
cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell'impatto
ambientale. Tenuto conto delle caratteristiche del progetto il provvedimento
può stabilire un periodo più lungo. Trascorso detto periodo, salvo proroga
concessa, su istanza del proponente, dall’autorità che ha emanato il
provvedimento, la procedura di valutazione dell'impatto ambientale deve essere
reiterata.
h) L'informazione sulla decisione parte dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ovvero dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della regione. Da detta scadenza decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte di soggetti interessati, ex art. 27, D.L.vo 4/2008.
I provvedimenti adottati senza la VAS ovvero la VIA se previste come obbligatorie sono annullabili per violazione di legge non essendo espressamente prescritta la loro nullità, ex art. 21-septies, L. 241/1990.
h) L'informazione sulla decisione parte dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ovvero dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della regione. Da detta scadenza decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte di soggetti interessati, ex art. 27, D.L.vo 4/2008.
I provvedimenti adottati senza la VAS ovvero la VIA se previste come obbligatorie sono annullabili per violazione di legge non essendo espressamente prescritta la loro nullità, ex art. 21-septies, L. 241/1990.
Il provvedimento è provvisoriamente efficace; esso diventa
definitivo qualora non sia presentato
ricorso, su istanza di parte, entro gli ordinari termini di
decadenza previsti per i ricorsi amministrativi. Non è, invece, soggetto a
termini di decadenza il potere di autoannullamento di un provvedimento
illegittimo che l’amministrazione può esercitare, ricorrendone i presupposti,
purché entro un termine ragionevole, ex art. 21-nonies, L.
241/1990.
3.
Il danno
ambientale. Definizione.
L’art.
300, D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152, definisce danno ambientale qualsiasi
deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa
naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima.
Il
secondo comma dell’art. 300, D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152, contiene un vero e
proprio elenco degli ambiti che possono essere oggetto di deterioramento
ambientale che restringe apparentemente i fatti che possono essere lesivi
dell’ambiente.
La
norma afferma che costituisce danno ambientale, in particolare, il
deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato:
a) alle specie e agli habitat naturali protetti
dalla normativa nazionale e comunitaria di cui alla L. 11 febbraio 1992, n.
157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, e di cui al D.P.R.
8 settembre 1997, n. 357, relativa alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, nonché
alle aree naturali protette di cui alla L. 6 dicembre 1991, n. 394;
b)
alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente
negativo sullo stato ecologico, chimico e/o quantitativo oppure sul potenziale
ecologico delle acque interessate;
c)
alle acque costiere ed a quelle comprese nel mare territoriale mediante le
azioni suddette, anche se svolte in acque internazionali;
d) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che
crei un rischio significativo di effetti nocivi,
anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell’introduzione nel suolo, sul suolo
o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per
l’ambiente.
Tale
elenco è da considerarsi esemplificativo e non tassativo.
E’
evidente, infatti, che sono lesive dell’ambiente tutte le fattispecie di
interventi realizzati senza la cosiddetta autorizzazione ambientale, mentre il
legislatore fa specifico riferimento a fattispecie definite dalla Direttiva
2004/35/CE.
Non
è consentita un'opposizione di merito alla scelta dell'Amministrazione di
intervento in una zona della città che, comunque, è idoneo ad incidere sulla
morfologia paesaggistico-ambientale della zona nonché sull'assetto urbanistico
e architettonico del centro come negli anni consolidatosi, sostituendo così i
propri apprezzamenti estetici e funzionali a quelli che, secondo la legge,
sono, invece, riservati all'Amministrazione comunale.
Provoca danno ambientale, secondo detta disposizione, un qualunque fatto doloso o colposo, in violazione di disposizioni di leggi o di provvedimenti adottati in base a legge, che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto od in parte.
Provoca danno ambientale, secondo detta disposizione, un qualunque fatto doloso o colposo, in violazione di disposizioni di leggi o di provvedimenti adottati in base a legge, che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto od in parte.
4.
Il
principio di precauzione e l’azione di prevenzione.
L’art.
301, D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152, introduce il principio di precauzione in applicazione
dell’articolo 174, paragrafo 2, del Trattato CE.
Detto
principio di precauzione prevede che in caso di pericoli, anche solo
potenziali, per la salute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un
alto livello di protezione.
E’
l’operatore interessato che ha la responsabilità diretta, quando emerga il
rischio suddetto, di informarne senza indugio - indicando tutti gli aspetti
pertinenti alla situazione - il comune, la provincia, la regione o la provincia
autonoma nel cui territorio si prospetta l’evento lesivo nonché il Prefetto
della provincia che, nelle ventiquattro ore successive, deve informare il
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio.
Il
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio in quanto ultima autorità
ad essere informata, in applicazione del principio di precauzione, ha la
facoltà di adottare in qualsiasi momento misure di prevenzione.
L’azione
di prevenzione deve essere eseguita quando il danno ambientale non si è ancora
verificato, ma esiste una minaccia imminente che si verifichi, ex art.
304, D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152.
In
questo caso il soggetto abilitato o l’operatore interessato adotta, entro
ventiquattro ore e a proprie spese, le necessarie misure di prevenzione e di
messa in sicurezza.
Gli
interventi non devono essere sottoposti ad alcuna autorizzazione
amministrativa; essi devono essere preceduti da apposita comunicazione al
comune, alla provincia, alla regione, o alla provincia autonoma nel cui
territorio si prospetta l’evento lesivo, nonché al Prefetto della provincia che
nelle ventiquattro ore successive informa il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio.
Tale
comunicazione deve avere ad oggetto tutti gli aspetti pertinenti della
situazione, ed in particolare le generalità dell’operatore, le caratteristiche
del sito interessato, le matrici ambientali
presumibilmente coinvolte e la descrizione degli
interventi da eseguire.
La
comunicazione, non appena pervenuta al comune, abilita immediatamente
l’operatore alla realizzazione degli interventi.
La
mancata attivazione dell’operatore comporta la irrogazione di una sanzione
amministrativa non inferiore a mille euro né superiore a tremila euro per ogni
giorno di ritardo.
La
sanzione presuppone l’accertamento della situazione di pericolo e la
documentata inerzia dell’operatore di fronte all’emergenza.
Il
codice dell’ambiente ignora ogni intervento cautelare delle amministrazioni
locali prevedendo invece un intervento cautelare del Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio che ha facoltà di chiedere all’operatore di fornire
informazioni su qualsiasi minaccia imminente di danno ambientale, di ordinare
all’operatore di adottare le specifiche misure di prevenzione considerate
necessarie e di adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie.
Il
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ha facoltà di adottare
egli stesso le misure necessarie per la prevenzione del danno in caso di
inottemperanza, addebitando le relative spese.
5.
L’ordinanza
ministeriale di rimessione in pristino in forma
specifica e per equivalente
patrimoniale.
L’art.
311, D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152, prevede che il Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio agisca, anche esercitando l’azione civile in sede
penale, per il risarcimento del danno ambientale in
forma specifica.
Il secondo comma dell’art.
311, D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152, dispone che chiunque,
realizzando un fatto illecito o omettendo attività o comportamenti doverosi,
con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con
negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme tecniche, arrechi danno
all’ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte,
è obbligato al ripristino della precedente situazione.
Spetta al magistrato in caso di mancanza di ogni attività da parte
del gestore di ripristino ambientale dettare le modalità dell’azione di
ripristino.
Così configurata l'azione di rimessione in pristino è puramente
teorica poiché, nel caso di latitanza del gestore, è evidente la necessità di
un'azione sostitutiva da parte dell’organismo pubblico tesa ad eliminare il
danno ambientale attraverso gli interventi più appropriati.
La nuova disciplina è tesa a conseguire tempestivamente
l’esecuzione delle sanzioni amministrative attraverso la riduzione dei tempi
del risarcimento.
In mancanza della possibilità di ottenere l’azione di ripristino
l’amministrazione può ottenere l’equivalente patrimoniale.
E’ prevista un’ordinanza ingiunzione che dà la possibilità al
Ministero di incassare in modo certo e veloce le somme.
Dette somme, una volta riscosse, confluiscono in un fondo di
rotazione che deve finanziare gli interventi di messa in sicurezza,
disinquinamento, bonifica e ripristino ambientale.
6.
La
determinazione del danno.
La
L. 349 del 1986 ribadisce che per la determinazione del danno deve essere preso
in considerazione il costo del ripristino delle risorse naturali, il profitto
indebito conseguito dall’autore del danno e del grado della colpa dell’agente.
La
giurisprudenza ammette che, in mancanza di misurazioni qualitative e
quantitative dell'inquinamento, il danno ambientale sia liquidato dal giudice
penale sulla scorta dei criteri equitativi dettati dall'art. 18, L. 349 del
1986, e che il suo ammontare, fermo restando il costo di ripristino delle
risorse naturali, vari in funzione del grado della colpa e del profitto
indebito conseguito dal trasgressore.
La
dottrina invoca una organizzazione amministrativa capace di raccordare
l'attività del Ministero dell'ambiente (di per sé privo di qualsiasi struttura
periferica in grado di raccogliere, ordinare e valutare tutti gli elementi e le
conoscenze indispensabili all'utile esercizio dell'azione con riferimento alla
singola condotta lesiva dell'ambiente) con i compiti della locale Avvocatura
distrettuale dello Stato, organo tecnico esclusivo titolare della
rappresentanza dell'Amministrazione statale nel processo e responsabile delle
scelte difensive di volta in volta da compiere
L’art.
311, comma 3, D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152, dà una definizione più compiuta dei
criteri per determinare il risarcimento.
Detta
disposizione normativa precisa, infatti, che alla
quantificazione del risarcimento per equivalente patrimoniale il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio provvede in applicazione dei
criteri enunciati negli Allegati 3 e 4 al D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152.
Il
risarcimento di danni provocati da impianti i cui progetti sono sottoposti a
VIA, all. 3, deve essere quantificato tenendo in evidenza gli elementi di
verifica richiesti per l'assoggettamento a VIA di quei progetti con particolare
riferimento alle caratteristiche dei progetti, alla loro localizzazione e alle
caratteristiche del loro impatto potenziale.
Per
la giurisprudenza il responsabile del disastro ambientale deve risarcire il
danno morale ai residenti nell'area in quanto soggetti a rischio.
Deve
essere ristorata la lesione costituita dalla paura di ammalarsi come
conseguenza del reato ex art. 449 c.p.
Nella
specie, la Corte ha confermato il risarcimento per i cittadini di un paese che,
in seguito alla fuoriuscita di diossina da una fabbrica, erano stati
ripetutamente sottoposti a controlli sanitari e a un regime di vigilanza; a
detta della Corte, il danno non patrimoniale da risarcire andava ravvisato nel
patema d'animo indotto in ognuno dei cittadini dalla preoccupazione per il
proprio stato di salute, dopo la consumazione del reato di disastro ambientale.
Cass. civ., sez. III, 13 maggio 2009, n. 11059.
Gli
attori, residenti nelle zone confinanti a quelle oggetto di danno ambientale
devono sottoporsi, in quanto soggetti a rischio, a ripetuti controlli sanitari,
sia nell'immediatezza dell'evento sia successivamente, per parecchi anni.
Il fatto nel patema d'animo indotto in ognuno dalla preoccupazione per il proprio stato di salute ha indotto il giudice civile a configurare il danno non patrimoniale in capo agli attori.
Il fatto nel patema d'animo indotto in ognuno dalla preoccupazione per il proprio stato di salute ha indotto il giudice civile a configurare il danno non patrimoniale in capo agli attori.
Il
fatto deve essere documentalmente provato.
Il
danno non patrimoniale consistente nel patema d'animo e nella sofferenza
interna ben può essere provato per presunzioni. Il danno è stato quantificato
in euro 5.000 liquidato in via equitativa in favore di ciascuno degli attori
sulla base di una valutazione prudenziale, se non addirittura minima del danno
morale.
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