12 CAPITOLO
SERVIZIO PUBBLICO.
1. Servizio pubblico locale.
L’art.
112, D.L.vo 18 agosto, 2000, n. 267, non contiene una definizione del servizio
pubblico locale; la norma indica semplicemente l’oggetto del servizio pubblico
locale. Esso deve tendere alla produzione di beni ed attività rivolte a
realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle
comunità locali. CENTOFANTI N., CENTOFANTI P. e FAVAGROSSA M. , Formulario del diritto amministrativo
2012, 743.
La
giurisprudenza ha precisato che sono da considerare servizi pubblici tutti
quelli di cui i cittadini usufruiscono uti singuli e come componenti
della collettività, purché rivolti alla produzione di beni e utilità per
obiettive esigenze sociali.
La
dottrina ritiene che il servizio pubblico locale sia una componente reale del
benessere delle persone e delle economie esterne alle imprese.
Per
tali motivi l’organizzazione industriale dei servizi pubblici ha visto
prevalere la forma del monopolio pubblico sia per le ingenti spese di
investimento e manutenzione della rete non duplicabile sia per le garanzie di
continuità del servizio e di tutela dagli aspetti negativi del monopolio
privato.
Gli
enti locali sono stati contemporaneamente gli organizzatori dell’attività di
impresa dei servizi pubblici ed anche i rappresentanti della domanda di servizi
necessari a sopperire alle richieste dei bisogni sociali ed economici dei
cittadini.
La
crisi della finanza pubblica, le politiche di risanamento del bilancio e le
nuove regole per l’efficienza e la responsabilità nella pubblica
amministrazione, cui si sono aggiunte le direttive dell’Unione europea sui
mercati unici e sulla tutela dei consumatori, hanno accentuato i limiti del
modello monopolistico.
I
compiti di rappresentanza dei bisogni dei cittadini sono rimasti all’ente
locale mentre l’organizzazione dei fattori produttivi in modo efficiente per il
controllo dei costi di gestione è stata affidata a soggetti terzi.
Gli
Enti locali hanno così sviluppato l’affidamento a soggetti esterni
all’amministrazione della gestione dell’attività di impresa riservandosi la
programmazione e il controllo della gestione e della tutela degli interessi dei
cittadini.
Gli
Enti locali valutano discrezionalmente quali sono i servizi pubblici alla cui
gestione provvedono e che abbiano per oggetto la produzione di beni ed attività
rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile
delle comunità locali.
La
funzione dell’ente locale all’erogazione di detti servizi non può però
considerarsi facoltativa in quanto è lo stesso testo unico degli enti locali
che fissa il principio che le entrate fiscali devono finanziare i servizi
pubblici ritenuti necessari per lo sviluppo della comunità e devono integrare
la contribuzione erariale per l'erogazione dei servizi pubblici indispensabili,
ex art. 149, comma 7, D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267.
Manca
un’elencazione dei servizi indispensabili. In tale numero devono essere fatti
rientrare quei servizi il cui impianto od esercizio sia previsto come
obbligatorio per i Comuni e che sono riconosciuti tali dal Consiglio comunale.
L’art. 42, comma 2, lett. e), D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, fa rientrare nelle attribuzioni del consiglio comunale l’organizzazione dei pubblici servizi, la costituzione di istituzioni e aziende speciali, la concessione dei pubblici servizi, la partecipazione dell'ente locale a società di capitali e l’affidamento di attività o servizi mediante convenzione.
L’art. 42, comma 2, lett. e), D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, fa rientrare nelle attribuzioni del consiglio comunale l’organizzazione dei pubblici servizi, la costituzione di istituzioni e aziende speciali, la concessione dei pubblici servizi, la partecipazione dell'ente locale a società di capitali e l’affidamento di attività o servizi mediante convenzione.
2. I servizi aventi rilevanza economica. I principi della Comunità Europea.
L’art. 113,
D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, sost. dall'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448
e successivamente dall’art. 14, L. 24 novembre 2003, n. 326, distingue i
servizi pubblici locali aventi rilevanza economica dai servizi pubblici locali
privi di tale rilevanza al fine di individuare le modalità di erogazione
dell’una e dell’altra tipologia di servizi.
La
norma non elenca i servizi pubblici aventi rilevanza economica né rinvia ad
altra norma attuativa.
La
dottrina, allo scopo di individuare quali sono i servizi aventi rilevanza
economica, ritiene necessario considerare gli adeguamenti che la normativa
interna ha dovuto apportare alle disposizioni del Trattato della Unione europea
in materia di servizi di interesse pubblico generale.
L’art.
90 (ex 86), L. 14 ottobre 1957, n. 1203, e mod., afferma che le imprese
incaricate della gestione di servizi d'interesse economico generale o aventi
carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente
Trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui
l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di
fatto, della specifica missione loro affidata.
Sul
punto la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha chiarito che l'intervento
pubblico teso a sottrarre alle dinamiche concorrenziali l'intera gestione di
una certa attività economica che soddisfi bisogni della collettività è
legittimo solo se e nella misura in cui rappresenti una scelta indispensabile
al fine di assicurare l'adempimento della missione di interesse generale. Corte
di Giustizia, 19 maggio 1993, causa C-320/1991).
L'intervento
pubblico in economia dunque, anche attraverso l'imposizione di monopoli, deve
avvenire nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza.
È
legittimo quindi riconoscere un diritto esclusivo o speciale sulla base delle
diseconomie prodotte dalla missione di interesse generale, tuttavia non è
legittimo estenderlo oltre la stessa capacità dell'operatore in monopolio di
soddisfare adeguatamente tutta la domanda esistente sul mercato.
Il
sindacato sulla ragionevolezza della scelta dei legislatori nazionali è
evidentemente rimesso alla Corte di Giustizia Europea.
L’art.
86, L. 14 ottobre 1957, n. 1203, e mod., deve tutelare lo sviluppo degli scambi
che non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della
Comunità.
Il Trattato non definisce la nozione di servizio
pubblico.
Le autorità pubbliche dello Stato membro - siano esse
nazionali, regionali o locali - sono libere di definire i servizi di interesse
generale.
La nozione di servizio pubblico generale trova in ogni
caso definizione e limite nella giurisprudenza della Corte di Giustizia
Europea.
I servizi di interesse generale sono quelli che
riguardano la collettività. Essi devono essere destinati a soddisfare gli
interessi generali dei cittadini.
Ai sensi
dell’art. 50 del Trattato, sono considerate come servizi le prestazioni fornite
normalmente dietro retribuzione quando non siano regolate dalle disposizioni
relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone.
L’attività economica è quella esercitata da un
soggetto a fine di lucro.
3. I servizi non aventi rilevanza economica.
Le
attività che non rientrano nei servizi di interesse economico generale si
considerano per esclusione non economiche.
In
queste ipotesi la dottrina rileva che non esiste neppure a livello potenziale
un mercato; per questo non vi è alcuna ragione di applicare le regole sulla
concorrenza.
Essa
ritiene che non abbiano carattere economico le attività che rientrano tra le
funzioni fondamentali dello Stato e quelle che riguardano i regimi obbligatori
di sicurezza sociale.
Devono
considerarsi servizi non economici i servizi che hanno principalmente carattere
solidaristico e che non danno luogo alla realizzazione di profitti o che
comunque non sono effettuati a scopo di lucro. C. Questi servizi riguardano la
collettività e sono offerti dietro pagamento di un corrispettivo che deve
coprire i costi oltre che remunerare il capitale.
I
servizi pubblici locali privi di rilevanza economica sono gestiti mediante
affidamento diretto a : a) istituzioni; b) aziende speciali, anche consortili;
c) società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici
titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a
quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più
importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la
controllano.
È consentita la gestione in economia quando, per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio, non sia opportuno procedere ad affidamento, ex art. 113 bis, D.L.vo 18 agosto 267/2000.
È consentita la gestione in economia quando, per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio, non sia opportuno procedere ad affidamento, ex art. 113 bis, D.L.vo 18 agosto 267/2000.
E’
opportuno segnalare che attualmente la materia è in fase di revisione
legislativa.
In
questa sede si sono voluti precisare i principi di fondo alla luce del diritto
europeo.
4. L’affidamento dei servizi in regime di concorrenza .
L'erogazione
dei servizi d'interesse economico deve avvenire in regime di concorrenza
secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione
europea.
La
titolarità del servizio è possibile solo a) a società di capitali individuate
attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;
b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;
c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano, il cosiddetto affidamento "in house providing", ex art. 113, comma 5, D.L.vo 267/2000.
b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;
c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano, il cosiddetto affidamento "in house providing", ex art. 113, comma 5, D.L.vo 267/2000.
La
Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha fornito l'interpretazione
del
concetto di controllo. La Corte si riferisce alle società di capitali, soggetti
tipici del diritto commerciale comune, il cui controllo è normalmente
assicurato dal possesso della maggioranza del capitale. Corte di Giustizia, 13
ottobre 2005, causa C-458/03 Parking Brixen GmbH.
La
Corte di Giustizia ha poi affermato che la partecipazione, anche minoritaria,
di un’impresa privata al capitale di una società alla quale partecipi anche
l'amministrazione aggiudicatrice in questione esclude in ogni caso che tale
amministrazione possa esercitare su detta società un controllo analogo a quello
che essa esercita sui propri servizi. Corte di Giustizia 11 gennaio 2005, in
causa C-26/03).
E’
necessario il possesso dell'intero capitale da parte dell'Ente pubblico per
ravvisare un assetto idoneo all'esercizio del controllo analogo. Cons. St.,
Sez. V, 22 dicembre 2005, n. 7345.
La
Corte di giustizia ha addirittura individuato un ulteriore parametro sulla base
del quale identificare una fattispecie di «controllo analogo a quello
esercitato sui propri servizi», ossia la necessità dell'assenza nella compagine
sociale di qualsiasi socio privato.
L’art. 9,
L.183/2011, dispone liberalizzazioni, privatizzazioni ed altre misure per favorire lo
sviluppo
modificando l’art. 4, d.l. 138/2011.
Gli enti locali, nel rispetto dei principi di concorrenza, di liberta'
di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, dopo aver individuato i
contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e universale,verificano
la realizzabilita' di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali
di rilevanza economica, di seguito "servizi pubblici locali",
liberalizzando tutte le attivita' economiche compatibilmente con le
caratteristiche di universalita' e accessibilita' del servizio e limitando,
negli altri casi, l'attribuzione di diritti di esclusiva alle ipotesi in cui,
in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non
risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunita'
(2).
2. All'esito della verifica di cui al comma 1 l'ente adotta una delibera
quadro che illustra l'istruttoria compiuta ed evidenzia, per i settori
sottratti alla liberalizzazione, le ragioni della decisione e i benefici per la
comunita' locale derivanti dal mantenimento di un regime di esclusiva del
servizio. Con la stessa delibera gli enti locali valutano l'opportunita' di
procedere all'affidamento simultaneo con gara di una pluralita' di servizi
pubblici locali nei casi in cui possa essere dimostrato che tale scelta sia
economicamente vantaggiosa. G.Palliggiano, Affidamenti in house: la soglia cala
a 500 mila euro, in Guida Dir., 2011, 48, 115.
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