4 CAPITOLO
IL PROCEDIMENTO
IL PROCEDIMENTO
1
Le
fasi del procedimento. A) La fase preparatoria.
Il procedimento amministrativo si articola
secondo la costruzione dottrinale dominante in varie fasi: la fase
preparatoria, la fase costitutiva e la fase integrativa dell’efficacia. CENTOFANTI N., CENTOFANTI P. e FAVAGROSSA M. , Formulario del diritto amministrativo
2012, 32.
La fase preparatoria, che in precedenza è
stata riservata esclusivamente alla amministrazione, è codificata dalla L.
241/1990.
La legge disciplina alcuni principi generali,
già introdotti dalla giurisprudenza amministrativa. Il cosiddetto accesso al
procedimento amministrativo, che consente al destinatario dell’atto di
inserirsi nella fase preparatoria - prima esclusivamente riservata
all’amministrazione - si articola nei seguenti punti: l’obbligo di comunicare
la data dell’avvio del procedimento, la motivazione, la fissazione di un
termine per provvedere ed infine l’obbligo di nominare il responsabile del
procedimento.
2
L’accesso al
procedimento amministrativo.
La L. 7 agosto 1990, n. 241 rivoluziona il procedimento
amministrativo istituendo la possibilità di accedere al procedimento stesso fin
dalla fase preparatoria, che in precedenza era riservata esclusivamente alla
amministrazione.
Tale legge inoltre conferma i principi generali di
disciplina dei procedimenti amministrativi, già introdotti dalla giurisprudenza
amministrativa. Essi sono: l’obbligo di comunicare la data dell’avvio del
procedimento, la motivazione, la fissazione di un termine per provvedere ed
infine l’obbligo di nominare il responsabile del procedimento.
Sul piano procedurale il diritto si configura solo dopo
la presentazione di una richiesta motivata.
L'amministrazione è tenuta in presenza di una richiesta
di accesso ai documenti amministrativi, ai sensi dell'art. 22 della L. 7 agosto
1990, n. 241, a dare notizia dell'avvio del procedimento al soggetto che, dalla
autorizzazione alla visione dei documenti, potrebbe ricevere un pregiudizio.
Le conseguenze sostanziali sono quelle della possibilità
di fare dichiarare illegittimo l’intero procedimento con ricorso alla giustizia
amministrativa.
3
Il
Regolamento in materia di
accesso ai documenti amministrativi.
Con il D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, è stato
approvato il Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti
amministrativi.
Il Regolamento, che definisce le
modalità di esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi in
conformità a quanto stabilito nel capo V della L. 7 agosto 1990, n. 241, e
successive modificazioni, è entrato in vigore il 2 giugno 2006.
Le amministrazioni interessate hanno un anno
di tempo per adottare i provvedimenti generali organizzatori necessari al
corretto esercizio di tale diritto, dandone comunicazione alla Commissione per
l'accesso ai documenti amministrativi istituita ai sensi dell'art. 27, L. 7
agosto 1990, n. 241.
La Commissione per l'accesso ai documenti
amministrativi è l'organismo preposto alla vigilanza sull'attuazione
del principio della piena conoscibilità e trasparenza dell'attività della
pubblica amministrazione al quale possono rivolgersi privati cittadini e
pubbliche amministrazioni.
L’art. 11, D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184,
definisce le attribuzioni della commissione.
Essa ha facoltà di: esprimere pareri per coordinare
l'attività organizzativa delle amministrazioni in materia di accesso e per
garantire l'uniforme applicazione dei principi sugli atti che le singole
amministrazioni adottano ai sensi dell'art. 24, comma 2, della L. 7 agosto
1990, n. 241, nonché, ove sia richiesto, su quelli attinenti all'esercizio e
all'organizzazione del diritto di accesso e decidere i ricorsi di cui all'art. 12,
D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184.
Il Governo può acquisire il parere della
Commissione ai fini dell'emanazione del regolamento di cui all'art. 24, comma
6, della L. 7 agosto 1990, n. 241, e della predisposizione di normative
comunque attinenti al diritto di accesso.
Il diritto di accesso ai documenti
amministrativi può essere esercitato nei confronti di tutti i soggetti di diritto pubblico; nei confronti di
tutti i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico
interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario; da chiunque abbia un interesse diretto, concreto e attuale,
corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al
documento per il quale è richiesto l'accesso, ex art. 2, D.P.R.
12 aprile 2006, n. 184.
La pubblica amministrazione cui è indirizzata
la richiesta di accesso, qualora individui soggetti controinteressati, é tenuta
a dare comunicazione agli stessi, inviando copia mediante raccomandata con
avviso di ricevimento oppure per via telematica a coloro che abbiano consentito
a tale forma di comunicazione.
I soggetti controinteressati sono individuati
tenuto anche conto del contenuto degli atti connessi.
Entro dieci giorni dalla ricezione della
comunicazione, i controinteressati possono presentare motivata opposizione, anche per via
telematica, alla richiesta di accesso. Decorso tale termine, la pubblica
amministrazione provvede sulla richiesta, una volta accertata l’avvenuta
ricezione della comunicazione, ex art. 3, D.P.R. 12 aprile
2006, n. 184.
Qualora, in base alla natura del documento
richiesto, non risulti l'esistenza di controinteressati il diritto di accesso
può essere esercitato in via informale mediante richiesta, anche verbale,
all'ufficio dell'amministrazione competente a formare l'atto conclusivo del
procedimento o a detenerlo stabilmente.
In tal caso il richiedente deve indicare gli estremi del
documento oggetto della richiesta o gli elementi che ne consentano
l'individuazione; specificare e, ove occorra, comprovare l'interesse connesso
all'oggetto della richiesta; dimostrare la propria identità
e, ove occorra, i propri poteri di rappresentanza del soggetto interessato.
La richiesta è accolta mediante indicazione
della pubblicazione contenente le notizie, esibizione del documento, estrazione
di copie o altra modalità idonea. Ove provenga da una pubblica amministrazione,
la richiesta é presentata dal titolare dell'ufficio interessato o dal
responsabile del procedimento amministrativo.
La pubblica amministrazione, qualora in base
al contenuto del documento richiesto riscontri l'esistenza di controinteressati,
invita tali soggetti a presentare richiesta formale di accesso, anche per il
tramite degli Uffici relazioni con il pubblico, ex art. 5,
D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184.
Le modalità di invio delle domande e le
relative sottoscrizioni sono disciplinate dall'art. 38, D.P.R. 28 dicembre
2000, n. 445, e successive modificazioni, dagli artt. 4 e 5, D.P.R. 11 febbraio
2005, n. 68, e dal D. L.vo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ex
art. 13, D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184.
4
Il
legittimato passivo al procedimento.
Le norme sulla partecipazione al procedimento
amministrativo garantiscono a qualunque soggetto portatore di interessi
pubblici e privati la possibilità di intervenire nel procedimento attraverso il
diritto di prendere visione degli atti e di presentare memorie e documenti e
non limitano in alcun modo l'accesso ai soli atti relativi a procedimenti
definiti.
La giurisprudenza prevede che solo in funzione del
cosiddetto accesso esoprocedimentale occorre che si dimostri specificamente la
titolarità di un interesse giuridicamente rilevante, correlato agli atti di cui
si chieda l'esibizione, mentre nell'accesso endoprocedimentale il soggetto la
cui posizione giuridica è incisa da un provvedimento amministrativo null'altro
deve dimostrare, per legittimare la richiesta relativa agli atti e documenti
formati nel relativo procedimento, se non la sua veste di destinatario del
provvedimento stesso.
5
L’esclusione.
Sul piano oggettivo i documenti per i quali si chiede di
esercitare l’accesso non devono rientrare tra quelli esclusi con apposito
regolamento governativo, come indicato dall’art. 24, L. 241/1990. L’esclusione
del diritto all’accesso può avvenire nei casi stabiliti con regolamento.
Nell’ambito delle categorie generali fissate dal
regolamento le amministrazioni possono, entro termini perentori, determinare i
documenti da esse formati o comunque rientranti nelle proprie disponibilità
sottratti all’accesso.
La giurisprudenza ha precisato che le previsioni
regolamentari contrastano con la norma primaria di cui all'art. 24 della L. n.
241/1990 e, in particolare, con la disposizione secondo cui il diritto di
difesa prevale sulla riservatezza.
L'orientamento giurisprudenziale è stato confermato dalla
L. n. 15/2005, che ha modificato la previsione dell'ultimo comma dell'art. 24
della L. 241/1990.
Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso
ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per
difendere i propri interessi giuridici.
La preminenza del diritto di difesa sul diritto alla riservatezza, pertanto, impone di disapplicare le norme regolamentari configgenti con il citato art. 24, L. 241/1990, ma non anche di annullare le norme stesse perché ciò non appare strettamente necessario ai fini del soddisfacimento dell'interesse sottostante all'azione ad exhibendum.
La preminenza del diritto di difesa sul diritto alla riservatezza, pertanto, impone di disapplicare le norme regolamentari configgenti con il citato art. 24, L. 241/1990, ma non anche di annullare le norme stesse perché ciò non appare strettamente necessario ai fini del soddisfacimento dell'interesse sottostante all'azione ad exhibendum.
6
L’avvio.
L'amministrazione è tenuta, ai sensi dell'art. 7 della L.
241, in presenza di una richiesta di accesso ai documenti amministrativi, ai
sensi dell'art. 22 della L. 7 agosto 1990, n. 241, a comunicare l'avvio del
procedimento al soggetto che, dalla autorizzazione alla visione dei documenti,
potrebbe ricevere un pregiudizio.
La necessità della comunicazione dell'avvio del
procedimento ai destinatari dell'atto finale è prevista in generale dall'art. 7
della L. 241/90 non soltanto per i procedimenti complessi che si articolano in
più fasi, ma anche per i procedimenti semplici che si esauriscono direttamente
con l'adozione dell'atto finale, i quali comunque comportano una fase
istruttoria da parte della stessa autorità emanante. T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 26 giugno 2007, n. 1236.
La comunicazione consente, a coloro nella cui sfera
giuridica l’atto è destinato a produrre i suoi effetti, di partecipare
attraverso memorie e controdeduzioni alla stessa redazione dell’atto.
Non occorre la comunicazione dell'avvio del procedimento
nei confronti del soggetto che lo ha attivato, dato che questi sa che la sua
istanza consegue l'attività procedimentale, mentre l'omissione dell'indicazione
dell'ufficio e del responsabile del procedimento non è causa dell'illegittimità
del provvedimento formale perché non determina un vuoto procedimentale, ma, se
mai, una irregolarità rilevante agli effetti dell'imputazione delle
responsabilità. T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 29 giugno 2007, n. 795.
7
Il
responsabile del procedimento.
E’ fatto obbligo alle amministrazioni di indicare un
responsabile del procedimento, che è il dirigente di ogni unità organizzativa,
il quale può provvedere ad assegnare ad altro dipendente la responsabilità
dell’istruttoria o di un’altra fase, ad esempio quella costitutiva o
esecutoria, del provvedimento.
La mancata nomina del responsabile del procedimento, nel
vigente disegno legislativo di cui agli artt. 4 e 5 della L. 7 agosto 1990, n.
241, non determina un vuoto normativo e procedimentale perché, fino a quando il
procedimento non è assegnato ad uno specifico responsabile, del procedimento
medesimo risponde il funzionario preposto all'unità organizzativa competente.
Cons. Stato, VI, 25 giugno 2002, n. 3459.
La mancata designazione del responsabile del procedimento
implica soltanto che è considerato responsabile del singolo procedimento il
funzionario preposto all'unità organizzativa e, pertanto, essa rileva
unicamente in termini di responsabilità disciplinare dell'agente che ha omesso
la relativa comunicazione.
Tale mancanza, non impedendo la partecipazione degli
interessati al procedimento, non determina l'invalidità del provvedimento
finale, rilevando solo come mera irregolarità formale. T.A.R. Abruzzo Pescara,
6 novembre 2003, n. 924.
L'istruttoria dei procedimenti amministrativi deve essere
informata al principio della iniziativa d'ufficio e del potere - dovere del
responsabile del procedimento di acquisire d'ufficio ogni elemento utile per
l'istruttoria e di invitare gli interessati a regolarizzare istanze e
dichiarazioni incomplete. Ne deriva che, a fronte di una documentazione
ritenuta inidonea, è onere dell'amministrazione completare l'istruttoria
richiedendo all'interessato quanto necessario a tal fine, ex art. 6,
lett. b), L. 7 agosto 1990, n. 241,.
8
L’istruttoria.
Le pubbliche amministrazioni devono precisare il termine
entro cui i singoli procedimenti devono concludersi fissando, nel caso di
carenza di dizione espressa, il termine massimo di 30 giorni.
Nell’ambito di tali termini si colloca l’attività del
privato che può accedere alla fase preparatoria del procedimento prendendo
visione degli atti e presentando memorie e documenti.
La tipicità dell’azione amministrativa consente di
ravvisare la presenza di una serie di operazioni e di atti nella procedura
richiesta per l’emanazione dell’atto che costituisce lo schema base del
cosiddetto procedimento amministrativo.
Questo si articola in varie fasi che hanno rilevanza o
compressione in relazione alla specifica disciplina legislativa.
La fase preparatoria, parimenti alla fase istruttoria nel
processo, serve a raccogliere tutta la documentazione necessaria per fornire
alla amministrazione gli elementi indispensabili alla redazione dell’atto.
Gli atti di norma possono provenire direttamente dalla
amministrazione ed in questo caso essa si attiva prendendo l’iniziativa: si
pensi ad esempio ad un piano urbanistico ove il procedimento inizi con
l’incarico affidato dall’amministrazione ai progettisti abilitati a redigerlo.
Se l’atto è rilasciato su richiesta degli interessati, si
pensi al permesso di costruire, è il privato che deve fornire la documentazione
necessaria per consentire l’emanazione dell’atto e la pubblica amministrazione
si limita a verificare la rispondenza di quanto richiesto alle norme vigenti.
Talora nel procedimento si innestano vari subprocedimenti
che danno vita ad atti amministrativi autonomi, e come tali impugnabili
direttamente, che costituiscono presupposti necessari al procedimento
principale. Ad esempio, il verbale di consistenza nell’espropriazione.
In altri casi il subprocedimento produce atti che hanno
una rilevanza interna per cui si esclude la loro autonoma impugnazione.
Essi acquistano rilevanza giuridica nell’atto
amministrativo di cui costituiscono il supporto. Ad esempio, il parere della
sovrintendenza nel procedimento di rilascio di permesso di costruire.
In questa fase si può inserire la presenza dei
destinatari dell’atto che partecipano a vario titolo.
Possono verificarsi ipotesi in cui il contraddittorio è
requisito sostanziale: quando la sua mancanza comporta un vizio dell’intero
procedimento, ad esempio nel verbale di consistenza, oppure quando il privato è
invitato a presentare semplici apporti di mera collaborazione, ad esempio nella
relazione di piani urbanistici, ovvero quando la partecipazione dei destinatari
è requisito stesso dell’atto amministrativo, come nei concorsi pubblici.
Le osservazioni presentate nel corso del procedimento
hanno acquistato ai sensi della L. 241/90 effetti particolari con obbligo per
l'amministrazione di comunicare il responsabile del procedimento e di
rispondere alle richieste del soggetto interessato al procedimento medesimo.
Nella fase preparatoria il privato ha il cosiddetto
diritto all'accesso al procedimento e può partecipare nella fase formativa del
provvedimento in modo da eliminare, notiziando tempestivamente
l'amministrazione, quegli elementi di vizio di legittimità ovvero di merito che
si sono riscontrati, sempre che l'amministrazione lo ritenga opportuno.
Evitando e correggendo eventuali errori nella fase
preparatoria, si dovrebbe ridurre la successiva fase contenziosa nel
provvedimento definitivo.
Questa nuova impostazione legislativa innova quindi
radicalmente quei procedimenti che attribuivano al privato un diritto
all'accesso senza però sancire alcun obbligo all'amministrazione di rispondere,
vedi ad esempio la procedura di formazione dei piani regolatori generali.
In tali ipotesi vi é quindi l'obbligo per
l'amministrazione di rispondere alle osservazioni motivando l'eventuale non
recepimento pena l'illegittimità della procedura.
La fase partecipativa consente inoltre all’interessato di
presentare memorie scritte e documenti.
In accoglimento di tali osservazioni l’amministrazione
può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, accordi con gli
interessati al fine di determinare il provvedimento finale ovvero in
sostituzione di questo, ai sensi dell’art. 11 della L. 241/1990.
Si formalizza così l’accordo sostitutivo di provvedimenti
che diventa strumento possibile di intervento anche al di fuori delle ipotesi
ora tassativamente previste, ad esempio nella cessione bonaria degli immobili
oggetto di procedimento espropriativo.
9
L’acquisizione
di pareri.
La fase preparatoria che necessita di subprocedimenti
intesi all’acquisizione di pareri è regolamentata dall’art. 16 della L.
241/1990 che impone un termine tassativo di 90 giorni dal ricevimento della
richiesta per esprimere il parere. La mancata comunicazione, non dovuta ad
esigenze istruttorie, esime il richiedente dall’acquisizione del parere.
Laddove un parere non venga reso nel termine perentorio
previsto, l'amministrazione procedente può prescindere dall'apporto consultivo,
ma ben può tenere conto di un eventuale parere reso tardivamente. T.A.R.
Lombardia Milano, sez. I, 19 aprile 2007, n. 1882.
Tale ipotesi non si applica a pareri rilasciati da
amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e
alla salute.
L'art. 16, comma 3, e l'art. 17, comma 2, L. 7 agosto
1990, n. 241 stabiliscono che le norme sulla semplificazione dell'azione
amministrativa, contenute nell'art. 16, comma 1 e 2, e nell'art. 1, comma 1 e
2, stessa legge, non si applicano allorché pareri e valutazioni tecniche
debbano essere rilasciati da organi o amministrazioni preposti alla tutela
ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini.
Il procedimento di acquisizione dei pareri è stato
modificato dall'art. 17, comma 24, L. 127/1997, che riduce i termini per
esprimere il parere a 45 giorni per tutte le amministrazioni pubbliche statali
e per gli enti pubblici anche non economici, come precisati dall'art. 2 della
L. 29/1993.
E' ribadito il principio che, in carenza di comunicazioni
anche istruttorie, l’amministrazione può procedere indipendentemente dal
parere, salvo che si tratti di pareri rilasciati da amministrazioni preposte
alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei
cittadini.
La modifica dell’art. 16 della L. 241/1990 introdotta
dall’art. 8, L. 69/2009, riduce drasticamente il termine per esprimere il
parere a venti giorni dalla richiesta sia per i pareri obbligatori sia
per quelli facoltativi.
Tali nuovi termini generali per l’attività
consultiva vanno posti in relazione al termine per la conclusione del
procedimento, che la nuova formulazione dell’art. 2, comma 2, della L.
241/1990, come sostituito dall’art. 7, L. 69/2009, ha ridotto a 30 giorni.
La disciplina relativa alla mancata espressione del
parere nei termini prescritti, prevede una diversa regolamentazione secondo che
il parere sia obbligatorio o facoltativo.
Nel caso di mancata espressione di un parere
obbligatorio, continua invece ad applicarsi la disciplina attualmente vigente,
in base alla quale l’amministrazione richiedente ha la facoltà di proseguire il
procedimento in assenza del parere stesso.
Per la giurisprudenza precedente in caso di decorrenza
del termine di quarantacinque giorni dalla richiesta senza che sia stato
comunicato il parere o senza che l'organo adito abbia rappresentato esigenze
istruttorie, è in facoltà dell'amministrazione richiedente di procedere
indipendentemente dall'acquisizione del parere obbligatori, con la sola
eccezione, prevista dal comma 3, dei pareri che debbano essere rilasciati da
amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e
della salute dei cittadini.
Detto principio si applica anche ai pareri vincolanti, i
quali restano atti consultivi e non di amministrazione attiva.
10
La
motivazione.
L'art. 3, comma 3, della L. 7 agosto 1990, n. 241 afferma
che l’amministrazione ha l'onere della motivazione dei suoi atti. Essa deve
dare conto, anche in modo sintetico purché chiaro e comprensibile, della
ragione sostanziale della decisione maturata sull'apporto collaborativo dei
soggetti coinvolti nel procedimento. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 4 agosto 2006,
n. 6950.
La norma non impone all’amministrazione di notificare o
comunicare, unitamente al provvedimento, gli atti da cui risultino le ragioni
della decisione, ma solo che detto atto sia indicato o reso disponibile.
Essa consente all’ente pubblico di fornire una
motivazione per relationem, ponendo tuttavia a carico
dell'Amministrazione due obblighi.
L’atto deve contenere il richiamo espresso all'altro atto
che contiene la motivazione e deve essere messo a disposizione, in visione o
copia, l'atto richiamato, su istanza di parte. Il concetto di disponibilità non
comporta, quindi, che l'atto amministrativo richiamato per relationem debba
essere unito imprescindibilmente al documento, bensì che il documento sia reso
disponibile a norma della stessa legge, vale a dire che esso possa essere
acquisito utilizzando il procedimento di accesso ai documenti amministrativi.
11
Il
termine a provvedere.
L'art. 2 della L. 241/1990 sul procedimento
amministrativo ribadisce l'obbligo dell'amministrazione a concludere i
procedimenti entro termini tassativi.
Il mancato rispetto del termine per la conclusione dei
procedimenti amministrativi non determina effetti invalidanti sul provvedimento
tardivamente assunto.
Il termine per la definizione del procedimento ha,
infatti, carattere meramente acceleratorio, non recando la predetta legge
alcuna prescrizione sulla perentorietà del termine, sulla decadenza della
potestà amministrativa o sull'illegittimità del provvedimento adottato oltre il
decorso del termine, alla cui scadenza è ricollegata una figura di silenzio
significativo, qualificato ope legis silenzio-rifiuto immediatamente
impugnabile.
La normativa non contiene, infatti, alcuna prescrizione
in ordine alla perentorietà dello stesso ed alla conseguente illegittimità del
provvedimento adottato. T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 16 giugno 2006, n. 836, in Foro amm. TAR, 2006, 6, 2168.
La riformulazione dell’art. 2 della L. 241/1990 proposta
dall’art. 7, L. 18 giugno 2009, n. 69, oltre ad esigere la necessità di un
provvedimento conclusivo espresso, reca i seguenti, principali elementi di
novità.
In assenza di un termine fissato dalla legge o dagli
enti, i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti
pubblici nazionali devono concludersi entro 30 giorni anziché 90, come previsto
dal testo vigente.
Le amministrazioni statali e gli enti pubblici nazionali
possono fissare specifici termini per la conclusione dei procedimenti di
competenza che non possono in via generale superare i 90 giorni.
La fissazione di tali termini, per quanto concerne le
amministrazioni statali, è rimessa a regolamenti, da adottare, ex art.
17, comma 3, della L. 400/1988, con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri, su proposta del ministro di volta in volta competente di concerto con
i ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la
semplificazione normativa.
I termini non possono in ogni modo superare i centottanta
giorni, con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza
italiana e di quelli riguardanti l’immigrazione.
Il comma 6 del novellato art. 2, L. 241/1990, precisa che
i termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del
procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad
iniziativa di parte. Detta data non coincide necessariamente con la data in cui
l’atto viene protocollato consentendo una anticipazione dei tempi
procedimentali.
I suddetti termini entro i quali il provvedimento deve
essere emanato possono essere sospesi, per una sola volta e per un periodo non
superiore a trenta giorni, per l’acquisizione di informazioni o di
certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già
in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso
altre pubbliche amministrazioni. La giurisprudenza ha precisato che i casi di
sospensione del termine procedimentale sono tassativi, sicché - in assenza di
tali evenienze - il procedimento non può essere sospeso dalla semplice
richiesta di integrazione documentale peraltro reiterata più volte nel corso
del tempo. T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, 7 marzo 2008, n. 277
La giurisprudenza ha affermato che l'obbligo di
concludere il procedimento con un provvedimento espresso entro un termine
determinato, trova legittima sospensione nell'intervenuto sequestro penale
degli atti amministrativi
Tale sequestro si configura come un "factum
principis" ossia quale circostanza estranea alla sfera di disponibilità,
di gestione e di organizzazione della stessa amministrazione.
In sostanza, nella specie, l'obbligo di provvedere sancito dall'art. 2 della legge n. 241/1990 è restato inadempiuto per un fatto non imputabile alla organizzazione ed alla inerzia della stessa amministrazione, ma per circostanze esterne del tutto indipendenti dalla sua volontà. Sicché, sussistendo una causa di forza maggiore che esclude l'imputabilità all'amministrazione intimata del contestato inadempimento, non può pervenirsi ad una pronuncia impositiva dell'obbligo di provvedere entro i termini di legge.
Secondo il diritto comune, per causa non imputabile ai sensi dell'art. 1218 c.c. in grado di esonerare il debitore da responsabilità da inadempimento deve intendersi quell'impedimento assolutamente imprevedibile ed estraneo, sempre sul piano oggettivo, alla sfera del debitore, cioè tale che egli non avrebbe potuto in alcun modo prevedere e controllare.
Più in generale, nella giurisprudenza amministrativa, la configurabilità del factum principis costituisce un principio di ampia applicazione ogni qual volta la presenza di un evento esterno sia idoneo a spezzare il nesso di imputazione soggettiva della fattispecie, al pari di una clausola civilistica di esonero da responsabilità per fatto altrui. T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 16 giugno 2008, n. 5919.
In sostanza, nella specie, l'obbligo di provvedere sancito dall'art. 2 della legge n. 241/1990 è restato inadempiuto per un fatto non imputabile alla organizzazione ed alla inerzia della stessa amministrazione, ma per circostanze esterne del tutto indipendenti dalla sua volontà. Sicché, sussistendo una causa di forza maggiore che esclude l'imputabilità all'amministrazione intimata del contestato inadempimento, non può pervenirsi ad una pronuncia impositiva dell'obbligo di provvedere entro i termini di legge.
Secondo il diritto comune, per causa non imputabile ai sensi dell'art. 1218 c.c. in grado di esonerare il debitore da responsabilità da inadempimento deve intendersi quell'impedimento assolutamente imprevedibile ed estraneo, sempre sul piano oggettivo, alla sfera del debitore, cioè tale che egli non avrebbe potuto in alcun modo prevedere e controllare.
Più in generale, nella giurisprudenza amministrativa, la configurabilità del factum principis costituisce un principio di ampia applicazione ogni qual volta la presenza di un evento esterno sia idoneo a spezzare il nesso di imputazione soggettiva della fattispecie, al pari di una clausola civilistica di esonero da responsabilità per fatto altrui. T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 16 giugno 2008, n. 5919.
La mancata emanazione del provvedimento nei termini
costituisce “elemento di valutazione” della responsabilità dirigenziale.
12
Il
silenzio assenso e il potere dell’amministrazione.
L'amministrazione, che intenda contestare l’attività
prevista dalla istanza ed escludere il perfezionarsi del silenzio assenso, non
ha altra scelta e possibilità se non quella di intervenire con un diniego
espresso e motivato nei termini perentori espressi dalla norma.
In caso contrario si forma il provvedimento tacito di
approvazione.
I termini fissati dalla legislazione speciale per
materializzare il silenzio assenso hanno natura perentoria.
La scadenza del termine ha natura sostanziale perché
perfeziona la realizzazione di un atto amministrativo che ha i contenuti che
necessariamente fanno rinvio per relationem a quanto emerge dall’istanza
del richiedente.
L’approvazione tacita consente al richiedente di dare
attuazione al provvedimento.
A tal punto per la dottrina la p.a. consuma
automaticamente il potere di provvedere, in senso positivo come in senso
negativo, in ordine alla istanza, conservando, per converso, la sola possibilità
di attivarsi in sede di autotutela con atto di annullamento del silenzio
illegittimamente formatosi ovvero con provvedimento di revoca.
Il provvedimento, peraltro, come tutti gli atti
amministrativi è soggetto all’esperimento dei normali mezzi di autotutela.
La L. 80/2005 conferma espressamente l’ammissione dei
provvedimenti di autotutela sia della revoca sia dell’annullamento di ufficio.
L’annullamento del provvedimento, qualora questo non sia
conforme ai dettati legislativi, è consentito in rapporto a fattispecie
previste anche dalla legislazione regionale.
L'atto di diniego ha natura recettizia, pertanto il
provvedimento deve essere portato a conoscenza del richiedente.
L’art. 19 della L. 241/1990, sostituito dall’art. 9, L.
69/2009, consente espressamente il ricorso giurisdizionale avverso un
provvedimento di silenzio assenso lesivo dell’interesse di terzi.
La posizione della precedente giurisprudenza
amministrativa appare contraria poiché essa non ha ritenuto ammissibile la
domanda avente ad oggetto l'accertamento della formazione del silenzio assenso
e la conseguente declaratoria della sanatoria di un abuso edilizio.
La verifica giudiziale del silenzio assenso non può
avvenire in sede di processo di mero accertamento ma esclusivamente in sede di
legittimità mediante l'impugnazione dell'atto amministrativo che non riconosca
all'interessato la sussistenza di una fattispecie a lui favorevole. T.A.R.
Lazio Latina, 8 giugno 2005, n. 518.
In sede di giudizio di tipo impugnatorio, rimane
estremamente dubbio che il giudice possa pervenire a una pronuncia di
cessazione della materia del contendere per intervenuta formazione del silenzio
- assenso, poiché ciò comporterebbe una necessaria e previa attività di
accertamento della formazione di un atto positivo ove si ammetta tale natura
del silenzio-assenso per silentium, accertamento che fuoriesce dai
poteri del giudice in sede di giudizio impugnatorio.
13
B)
La fase costitutiva.
Nella fase costitutiva il responsabile dell’adozione del
provvedimento analizza gli elementi raccolti dal responsabile del procedimento,
li valuta e manifesta nell’atto la volontà dell’amministrazione.
Vi è, praticamente, coincidenza dei soggetti là dove
l’organo preposto alla fase istruttoria sia il medesimo dell’adozione e sia
monocratico.
Ad esempio, il funzionario preposto all’atto determina la
sua volontà contestualmente alla raccolta dei dati istruttori.
Qualora si tratti invece di organo collegiale nella fase
costitutiva si deve dare atto del modo in cui si determina la volontà e, in
particolare, della ritualità della convocazione, della verifica del numero
legale e delle maggioranze previste per l’oggetto in discussione.
Lo schema procedimentale tende a complicarsi
ulteriormente qualora nel procedimento si inseriscano più organi; in tale caso
si pone il problema se l’atto non ancora perfetto possa esplicare effetti
ovvero se il procedimento debba attendere l’espletarsi di ulteriori
subprocedimenti che ne condizionano l’iter ovvero se più procedimenti,
pur nella loro autonomia, possano esplicare effetti gli uni sugli altri.
Nell’eventualità che più organi concorrano nel
procedimento amministrativo, il principio generale afferma che l’atto non è
perfetto fino a che le loro volontà non si sono manifestate; l’atto è, pertanto,
impugnabile solo alla fine del procedimento.
Esistono casi in cui l’adozione dell’atto da parte di
un’autorità - ad esempio l’adozione del piano regolatore - pur non essendo
ancora approvato dall’organo regionale, esplica direttamente effetti sui
privati interessati alle sue disposizioni consentendo, nel caso in esame,
l’applicazione delle misure di salvaguardia. L’atto è considerato perfetto, e
come tale impugnabile, pur non essendo concluso il procedimento amministrativo.
Se la regione non approva il piano quelle norme non hanno alcun effetto ex
tunc, con conseguente carenza di interesse all’impugnativa del
ricorrente.
14
C)
La fase integrativa dell’efficacia.
La fase costitutiva rende l’atto valido, ma non sempre
efficace.
L’atto può essere operante nella sfera interna
dell’amministrazione, ma non può conseguire effetti nei confronti dei soggetti
passivi dell’atto.
Alcuni atti, per essere efficaci, devono essere
comunicati al soggetto passivo, ad esempio attraverso la notifica del
provvedimento.
Il provvedimento deve essere comunicato nelle forme
stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti dal codice di
procedura civile. Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione
personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione
provvede mediante forme di pubblicità idonee, di volta in volta stabilite
dall'amministrazione medesima, art. 21 bis, L. 241/1990, ins. art. 14,
L. 11 febbraio 2005, n. 15.
La pubblicità integra l’efficacia dell’atto: essa può
consistere nella pubblicazione in albi particolari, ad esempio nel Foglio
annunzi legali, ovvero nella notifica, che di norma avviene a mezzo ufficiale
giudiziario, per gli atti recettizi.
Questi atti acquistano efficacia solo ove si dimostri che
il soggetto cui l’atto è diretto ne sia venuto a conoscenza. Così, ad esempio,
una diffida produce effetti solo se è notificata; lo stesso avviene, di norma,
per tutti gli atti che comportano effetti ablatori.
La notifica integra l’efficacia dell’atto, già valido,
poiché sussistono tutti i suoi elementi costitutivi.
Altri atti, per essere efficaci, devono ottenere
particolari approvazioni ovvero sottostare a particolari controlli.
Decorsi i termini per l’impugnazione l’atto diventato
efficace può essere eliminato solo dalla stessa amministrazione in via
d’autotutela.
Il visto della Corte dei Conti sui contratti dello Stato
che superano un determinato importo integra l’efficacia del contratto.
Le delibere comunali devono essere pubblicate per
quindici giorni all’albo pretorio.
La mancanza della pubblicazione, per la giurisprudenza
prevalente, dà luogo solo a delle irregolarità formali che possono sempre
essere sanate.
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