42
CAPITOLO
IL
PROCESSO
1 L’azione di annullamento.
Il
processo amministrativo risulta caratterizzato dal primato dell’interesse
pubblico ed il privato ha una posizione
giuridica limitata al controllo della legittimità dell’esercizio del potere da
parte della pubblica amministrazione. CENTOFANTI
N., CENTOFANTI P. e FAVAGROSSA M. , Formulario del diritto amministrativo
2012, 158.La dottrina ha contribuito a superare la limitazione del contenuto
dell’azione del privato di fronte alla pubblica amministrazione assicurando una tutela sempre più piena ed
efficace . il legislatore ha, quindi, progressivamente aumentato le azioni a
tutela del ricorrente. A fronte all’azione costitutiva di annullamento si è
configurata l’azione di condanna e l’azione di accertamento in particolare
contro il silenzio dell’amministrazione
oltre alle azioni sommarie , cautelari e esecutive. L’art. 29, D.L.vo 2
luglio 2010, n.104, cod. proc.
amm., disciplina l’azione di
annullamento nei confronti dell’atto amministrativo illegittimo riproponendo i
classici vizi di illegittimità: per violazione di legge, incompetenza ed
eccesso di potere.
L’azione
si deve proporre nel termine di decadenza di sessanta giorni.
La
giurisprudenza ha precisato che i terzi, che ritengano di essere pregiudicati
dall'effettuazione di una attività edilizia assentita in modo implicito,
possono agire innanzi al giudice amministrativo per chiedere l'annullamento del titolo abilitativo formatosi
per il decorso del termine fissato dalla legge entro cui l'Amministrazione può
impedire gli effetti della d.i.a. Consiglio
Stato , sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 72.
2 L’azione di condanna al risarcimento del danno.
L’art.
30, D.L.vo cod. proc. amm., dispone che l'azione di condanna può essere
proposta contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione
esclusiva, anche in via autonoma.
La
giurisprudenza ritiene necessaria ai fini dell'ammissibilità dell'azione di risarcimento
danni proposta dinanzi al giudice amministrativo, l'accertamento dell'illegittimità del
provvedimento, dal quale deriva la lesione in capo al soggetto titolare
dell'interesse legittimo, costituisce presupposto necessario affinché si
configuri una responsabilità dell'apparato amministrativo procedente.
L'interessato deve fornire la prova dell'esistenza di
un danno e del nesso di causalità diretta tra l'evento dannoso e l'operato
dell'Amministrazione .
L'imputazione dell'elemento dannoso a titolo di dolo o
colpa della Pubblica amministrazione è da ritenersi sussistente nell'ipotesi in
cui l'adozione della determinazione illegittima, che apporti lesione
all'interesse del soggetto, si sia verificata in violazione delle regole di imparzialità,
di correttezza e di buona amministrazione ovvero quando l'azione
dell'Amministrazione sia caratterizzata da negligenza nell'interpretare ed
applicare la vigente normativa. Consiglio Stato , sez. V, 22 febbraio 2010, n.
1038
Può
essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto di natura
patrimoniale derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa
o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione
esclusiva può altresì essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di
diritti soggettivi . Sussistendo i presupposti previsti dall'articolo 2058 del
codice civile, può essere chiesto il risarcimento del danno in forma
specifica.
L’art.
30, D.L.vo cod. proc. amm., fissa un termine di decadenza per la
proposizione dell’azione di risarcimento per lesione di interessi legittimi.
Essa
deve essere proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni
decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza
del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo.
La
dottrina nota come il legislatore delegato tenti di restringere il processo
amministrativo nello schema tradizionale del giudizio dia annullamento.
Nel
determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e
il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento
dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche
attraverso l’uso degli strumenti di tutela.
Per
il risarcimento dell'eventuale danno patrimoniale che il ricorrente comprovi di
aver subito in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di
conclusione del procedimento, il termine entro cui proporre l’azione non
decorre fintanto che perdura l'inadempimento.
Il
termine per l’impugnazione inizia comunque a decorrere dopo un anno dalla
scadenza del termine per provvedere.
Nel
caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria
può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi
giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.
Dell'azione
di condanna conosce esclusivamente il giudice amministrativo .
Di
ogni domanda di condanna al risarcimento di danni per lesioni di interessi
legittimi o, nelle materie di giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi
conosce esclusivamente il giudice amministrativo
La
dottrina si chiede
se l‘azione di condanna non abbia un ambito più vasto di quello rappresentato
dall’art. 30,
D.L.vo 2 luglio 2010, n.104,
ricomprendendo anche la condanna ad un facere come quando si procede
contro il silenzio della p.a.
3 L’azione di accertamento.
L’art.
31, D.L.vo 2
luglio 2010, n.104,
disciplina due azioni di accertamento quella avverso il silenzio e quella per
l’accertamento della nullità dell’atto amministrativo.
L’azione
relativa al silenzio della pubblica amministrazione sulla domanda di provvedere
è esaminata nella sez. VII.
La
domanda volta all’accertamento delle nullità previste dall’art. 21-septies, L. 241/1990. La norma dichiara che è nullo il provvedimento amministrativo che
manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di
attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato,
nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge.
La domanda si propone entro il termine di
decadenza di centottanta giorni. La decadenza non si applica alle nullità degli
in violazione od in elusione del giudicato, di cui all’articolo 114, comma 4,
lettera b), D.L.vo 2 luglio 2010, n.104.
La
nullità dell’atto può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere
rilevata d’ufficio dal giudice.
La
dottrina rileva che la giurisprudenza ha aperto la strada al principio della
atipicità delle azioni tipico del processo civile per cui le azioni di
accertamento non possono considerarsi rigidamente fissate dal legislatore.
La giurisprudenza riconosce nel processo amministrativo l'azione di accertamento del
diritto all'adozione del provvedimento finale. Essa è ammissibile solo quando da parte
dell'istante venga fatta valere una posizione di diritto soggettivo e sussista
la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 19 gennaio
2010, n. 194.
E’ di accertamento l'azione proponibile avverso la D.I.A. da parte
di terzi, che siano controinteressati all'intervento che si rende operativo
dopo il prescritto termine di legge e che deducano che le opere progettate non
siano conformi alla normativa urbanistica.
La verifica affidata al giudice amministrativo
non può che concernere i presupposti in fatto e in diritto del provvedimento.
L'azione
promossa dal terzo introduce un giudizio di cognizione, nel quadro di
un'attività amministrativa strettamente vincolata, volto ad ottenere l'accertamento
dell'assunto illecito edilizio. T.A.R.
Trentino Alto Adige Trento, sez. I, 17 dicembre 2009, n. 310
Per la giurisprudenza l'effettività della
tutela deve essere assicurata al terzo mediante strumenti diversi dall'azione
di annullamento, che siano perfettamente compatibili con la natura privatistica
della d.i.a. Tale strumento di tutela non può, allora, che essere identificato
nell'azione di accertamento autonomo che il terzo può esperire innanzi al
giudice amministrativo per sentire pronunciare che non sussistevano i
presupposti per svolgere l'attività sulla base di una semplice denuncia di
inizio di attività. Emanata la sentenza di accertamento, graverà
sull'Amministrazione l'obbligo di ordinare la rimozione degli effetti della
condotta posta in essere dal privato, sulla base dei presupposti che il giudice
ha ritenuto mancanti. Cons. Stato , sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717
4 Il ricorso giurisdizionale
Il
giudizio amministrativo non si instaura, come il giudizio civile, con una
citazione a comparire ad udienza fissa avente data fissa, ma con un ricorso al
giudice purché provveda ad annullare il provvedimento impugnato (BENVENUTI).
Gli
effetti sostanziali non cambiano, anche se proceduralmente si attribuisce al
giudice un più esteso potere, almeno teorico, in ordine all'istruttoria con la
possibilità di richiedere direttamente alla amministrazione documentazioni e
certificazioni.
L’art.
40, D.L.vo
2 luglio 2010, n.104, cod. proc. amm., precisa il ricorso deve contenere:
a) gli elementi identificativi del ricorrente, del suo difensore e
delle parti nei cui confronti il ricorso è proposto. E' ammesso il
ricorso collettivo di più ricorrenti avverso uno stesso provvedimento purché
gli interessi dei ricorrenti al ricorso non siano in contrasto tra loro; ed il
ricorso cumulativo contro più provvedimenti tra di loro connessi;.
b) l'indicazione dell'oggetto della domanda, ivi compreso l'atto o
il provvedimento eventualmente impugnato, e la data della sua notificazione,
comunicazione o comunque della sua conoscenza. Nel caso di ricorso contro il
silenzio rifiuto si devono indicare gli estremi dell'atto di diffida. Si può
anche ricorrere contro un comportamento dell'amministrazione per ottenere una
sentenza di accertamento in tal caso non vi è alcun provvedimento oggetto di
impugnazione ma vi è un’azione di accertamento dell’inesistenza dei presupposti
come ad esempio, nel caso di denuncia di inizio di attività;
c) l'esposizione sommaria dei fatti, i motivi specifici su cui si
fonda il ricorso, l'indicazione dei mezzi di prova e dei provvedimenti chiesti
al giudice.
Il
fatto ha una grossa rilevanza per identificare la successione degli avvenimenti
che costituiscono il presupposto del provvedimento.
Essi
possono costituire eventuali vizi di legittimità come ad esempio il
travisamento dei fatti su cui si fonda la motivazione del provvedimento.
Sostanziale
per l'impugnativa e' l'indicazione dei motivi che devono essere portati a
sostegno del ricorso.
Non
sono ammessi motivi nuovi se non nei termini di proposizione del ricorso a
riconferma del principio di decadenza del termine di presentazione del ricorso.
Motivi
aggiunti possono essere prodotti solo se sopravvengono nuovi fatti,
successivamente all'atto impugnato, ovvero se vengono prodotti nuovi documenti.
Essi
devono essere fatti valere con apposito atto notificato alle controparti.
d) la sottoscrizione del ricorrente, se essa sta in giudizio
personalmente, oppure del difensore, con indicazione, in questo caso, della
procura speciale.
L'indicazione
del tribunale adito non è indicata tassativamente come requisito obbligatorio
del ricorso.
La
carenza di questi elementi ovvero l'incertezza assoluta della persona del ricorrente
o dell'oggetto della domanda provocano la nullità del ricorso.
Il
difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o
l'indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di volere ricevere la
comunicazione, ex art. 176, modificato dall'art. 2 del D.L. 14 marzo
2005, n. 35, conv. L.
80/2005.
L’obbligo
è ribadito dall’art. 136, D.L.vo 2
luglio 2010, n.104, cod. proc. amm., che impone ai difensori costituiti di fornire
copia in via informatica di tutti gli atti di parte depositati e, ove
possibile, dei documenti prodotti e di ogni altro atto di causa. Il difensore
attesta la conformità tra il contenuto del documento in formato elettronico e
quello cartaceo. Il deposito del materiale informatico, ove non sia effettuato
unitamente a quello cartaceo, è eseguito su richiesta della segreteria e nel
termine da questa assegnato, esclusa ogni decadenza.
L’art. 5, D.L.vo cod. proc. amm. all. 2, obbliga ciascuna parte,
all’atto della propria costituzione in giudizio, a consegnare il proprio fascicolo, contenente gli
originali degli atti ed i documenti di cui intende avvalersi nonché il relativo
indice.
Gli atti devono essere depositati in numero di copie
corrispondente ai componenti del collegio e alle altre parti costituite. Il
segretario deve rifiutare il fascicolo di parte e i depositi successivi che non
contengano le copie degli atti previsti.
5 Il contributo unificato nel D.P.R. 115/2002.
L’art.
9 della L. 23 dicembre 1999, n. 488, sostituisce il sistema precedente basato
sulle imposte di bollo, le tasse ed i diritti di segreteria, istituendo un
contributo unificato di iscrizione a ruolo secondo la tabella riportata in
calce alla stessa legge.
Il
valore della domanda, determinato in base all’ex art. 10 e segg. c.p.c., deve
essere espresso in un’apposita dichiarazione, resa nell’atto introduttivo o
nell’atto di precetto, ai sensi del comma 5 dello stesso art. 9.
Le
modalità di determinazione del contributo sono disciplinate dal D.P.R. 30
maggio 2002, n. 115.
Se
il valore della causa è indeterminabile la normativa stabilisce un contributo
di euro 340, ex art. 13, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, mod. L. 311/204.
In
tutti gli altri casi il valore della causa deve essere dichiarato e a questo è
ragguagliato il contributo relativo, unificato in relazione allo scaglione di
riferimento.
Il
pagamento deve essere effettuato prima dell’atto di deposito dei fascicoli per
l’iscrizione a ruolo della causa; ne sono escluse le parti civili nel processo
penale.
Per
l’atto di precetto si pone il problema solo quando esso non riguardi il
pagamento somme.
Qualora
la domanda sia modificata in modo da aumentarne il valore, il convenuto deve
dichiararlo e procedere al pagamento integrativo secondo le tabelle.
In
questo modo si elimina il cosiddetto valore indeterminato, dato che si potrà
sempre integrare successivamente un’eventuale differenza del valore espresso
nella dichiarazione iniziale.
L’art.
13, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, prevede una tabella riguardante le spese per
gli atti giudiziari, abolendo tutti gli oneri attuali.
La
tabella, in particolare, per quanto inerisce ai procedimenti civili, penali ed
amministrativi e, inoltre, per le materie tavolari, le procedure concorsuali e
di volontaria giurisdizione, elimina le carte bollate e le relative marche, la
tassa di iscrizione a ruolo, i diritti di cancelleria e di chiamata
dell’ufficiale giudiziario.
Essa
è suddivisa a scaglioni di valore delle cause, seguendo i criteri adottati per
le tariffe professionali forensi.
L’art.
21, comma 4, D.L. 223/2006, mod. dall'art.
1, L. 4 agosto 2006, n. 248, modifica l'art.
13 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
spese di giustizia di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introducendo
il comma 6-bis.
Detto
articolo prevede che il contributo sia commisurato non in funzione del valore
del ricorso ma bensì in rapporto al suo contenuto.
Per
i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio
di Stato il contributo dovuto è di euro 500 a prescindere del valore della
causa. Si tratta di un contributo cosiddetto ordinario che si applica ove non
siano previsti particolari esenzioni.
Il
contributo è ridotto alla metà per i processi speciali previsti nel libro IV,
titolo I, del codice di procedura civile, compreso il giudizio di opposizione a
decreto ingiuntivo e di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, ex
art. 13, comma 3, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Per
i ricorsi contro il silenzio, per quelli contro il diniego di accesso, per i
ricorsi aventi ad oggetto il diritto di cittadinanza, di residenza, di
soggiorno e di ingresso nel territorio dello Stato e per i ricorsi di
esecuzione della sentenza o di ottemperanza del giudicato il contributo dovuto
è di euro 250.
6 La notifica
Le domande si introducono
con ricorso al tribunale amministrativo regionale competente.
Qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere
notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso
l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato
nell'atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione,
comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta
la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della
pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge, ex art. 41, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, cod. proc. amm.,
L’azione
di annullamento si deve avviare nel termine di
decadenza di sessanta giorni, ex
art. 29, D.L.vo cod. proc. amm.
L’azione di risarcimento, se non proposta contestualmente alla
azione di annullamento, può essere iniziata sino a centoventi giorni dal
passaggio in giudicato della relativa sentenza, ex art. 30, D.L.vo cod. proc. amm.
L'azione contro il silenzio della p.a. può essere proposta
fintanto che perdura l'inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla
scadenza del termine di conclusione del procedimento, ex art. 31, D.L.vo
cod. proc. amm.
Rimane
l’obbligo di integrare tali notifiche con ulteriori notifiche agli altri
controinteressati prescritte dal tribunale amministrativo regionale.
La notificazione dei ricorsi nei confronti delle amministrazioni
dello Stato è effettuata secondo le norme vigenti per la difesa in giudizio
delle stesse.
Qualora
la notifica debba essere effettuata nei confronti di una amministrazione dello
Stato, questa deve essere appoggiata presso l'ufficio dell'Avvocatura dello
Stato.
L'Avvocatura
generale dello Stato con sede in Roma Via dei Portoghesi 12 provvede alla
rappresentanza e difesa delle amministrazioni nei giudizi davanti alla Corte
Costituzionale, alla Corte di Cassazione al Tribunale Superiore delle Acque
Pubbliche ed alle altre supreme giurisdizioni anche se amministrative ,ed ai
collegi arbitrali con sede in Roma ,nonché
nei procedimenti innanzi ai collegi internazionali e comunitari.
Le
Avvocature distrettuali provvedono alla rappresentanza e difesa in giudizio
delle amministrazioni nelle rispettive circoscrizioni.
.
7 Il controinteressato
L’art.
41, D.L.vo 2 luglio
2010, n.104, cod.
proc. amm.
dispone che qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere
notificato, a pena di decadenza, ad almeno uno dei controinteressati che sia
individuato nell'atto stesso.
Il
principio del contradditorio si realizza attraverso la notifica del ricorso
alla amministrazione che ha emanato l'atto e a coloro ai quali l'atto
direttamente si riferisce, ovvero almeno ad uno di essi.
La
giurisprudenza riconosce la qualità di controinteressato in senso tecnico a
coloro che, da un lato, siano portatori di un interesse qualificato alla
conservazione del provvedimento impugnato, di natura eguale e contraria a
quello del ricorrente (c.d. elemento sostanziale), e, dall'altro lato, siano
nominativamente indicati nel provvedimento stesso o comunque siano agevolmente
individuabili in base ad esso (c.d. elemento formale). T.A.R. Liguria, sez. I,
18 settembre 2003, n. 1026, in Foro amm. TAR, 2003, 2577.
Conseguentemente
il ricorso proposto avverso il provvedimento di diniego di un'autorizzazione
amministrativa non deve essere notificato ad alcun controinteressato in quanto
l'atto emanato lascia inalterata la situazione antecedente e, quindi, i
soggetti controinteressati non possono essere individuati neanche tra coloro
che operano nel settore nell'ambito del quale era stata chiesta
l'autorizzazione. T.A.R. Basilicata, 22 dicembre 2003, n. 1053.
Chi
ha interesse all'atto, il cosiddetto controinteressato, deve avere la
possibilità di costituirsi in giudizio per far valere le sue ragioni a fianco
dell'amministrazione resistente ovvero parallelamente al ricorrente per
conseguire anche egli gli effetti del ricorso.
8 Il ricorso incidentale.
Il
ricorso incidentale ha sostanzialmente lo scopo di rimettere in termini il
controinteressato che abbia, difformemente dal ricorrente, interesse a
mantenere in vita il provvedimento amministrativo impugnato, ovvero ad
impugnarlo per altre parti,a seguito del ricorso principale.
E'
un ricorso che ha natura accessoria rispetto a quello principale e ne segue le
sorti .
Il
ricorso incidentale innanzi al giudice amministrativo mira all'annullamento del
medesimo provvedimento impugnato dal ricorrente principale per motivi diversi
da quelli da costui dedotti, onde le censure incidentali sono tali rispetto non
già ad uno, piuttosto che ad un altro dei motivi del ricorso principale, bensì
a quest'ultimo nel suo complesso.
Le parti resistenti e i controinteressati
possono proporre domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda
proposta in via principale, a mezzo di ricorso incidentale.
Il ricorso incidentale deve risolversi in una mera
controimpugnazione su capi dipendenti o connessi con quelli contrastati in via
principale, e non può avere ad oggetto doglianze autonome e indipendenti, e
comunque sorrette dalla autonomia dell'interesse, poiché in tal caso è soggetto
ai termini ordinari di impugnazione. Consiglio
Stato , sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8920.
Il ricorso si propone nei termine di sessanta giorni decorrenti dalla ricevuta notificazione del
ricorso principale . Per i soggetti intervenuti il termine decorre
dall'effettiva conoscenza della proposizione del ricorso principale, ex art. 42, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, cod. proc. amm.
Il ricorso incidentale è notificato alle controparti personalmente
o, se costituite, ai sensi dell'articolo 170 c.p.c.
9 I motivi aggiunti.
L’art.
43, D.L.vo
2 luglio 2010, n.104, cod. proc. amm., riproduce l’art.
1, L. 205/2000, che modifica sostanzialmente
il modo di proporre ricorso contro tutti gli atti connessi all’oggetto del
ricorso, precedentemente presentato, in pendenza del medesimo; ad esempio, se
si impugna una variante di piano regolatore e, successivamente, il comune
adotta un piano attuativo si porranno motivi aggiunti al ricorso principale
qualora si voglia impugnare anche l’ultimo atto, con conseguente economia
processuale.
La
norma consente detto ricorso per motivi aggiunti sia al ricorrente principale
che a quello incidentale consentendo quindi il ricorso anche a parti diverse
dal ricorrente principale.
In
tal caso, pur in carenza di una disposizione espressa, è necessario notificare
alla amministrazione i motivi aggiunti per garantire il contraddittorio secondo
una giurisprudenza più legalista del legislatore.
Tale
giurisprudenza non tiene assolutamente conto dei criteri di parietarietà, che
hanno ispirato il legislatore. Essi consentono all’amministrazione non solo di
adottare una decisione tardiva ma impongono a pena di improcedibilità ed
inammissibilità un adempimento procedurale non fissato dal legislatore, con la
notifica di una memoria aggiunta su fatti nuovi, garantendo così una ulteriore
ingiustificata procedura a tutela all’amministrazione inadempiente.
10 I vizi del ricorso.
L’art. 44, D.L.vo 2
luglio 2010, n.104,
cod. proc. amm., dispone espressamente i motivi di nullità del ricorso
Il ricorso
è nullo:
a) se manca la sottoscrizione. La giurisprudenza ha
precisato che se la parte non ha sottoscritto il ricorso, il difensore che firma in suo nome
deve essere munito di procura speciale. In base alla predetta regola, quindi,
il ricorso
introduttivo di un giudizio amministrativo può essere proposto o mediante duplice sottoscrizione
della parte e del procuratore legale, senza necessità di procura ad litem, in calce o a margine del ricorso stesso,
oppure mediante sottoscrizione
del ricorso
da parte del solo difensore purché munito di procura ad litem. Va considerato inammissibile il ricorso giurisdizionale sottoscritto
dal solo avvocato o procuratore legale, al quale la rappresentanza tecnica sia
stata conferita con mandato generale ad lites e non con mandato speciale. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 14 luglio
2008, n. 1047;
b)
se vi è incertezza assoluta sulle parti o sull'oggetto della domanda.
c) per nullità della notificazione. La giurisprudenza
ritiene che la notificazione del ricorso deve ritenersi inesistente quando manchi del tutto ovvero
sia stata effettuata in un luogo o con riguardo a persona che non abbia alcun
riferimento con il destinatario della notificazione stessa, risultando a costui
del tutto estranea. La notificazione è affetta da nullità, ma sanabile con effetto ex tunc con la costituzione del
convenuto ovvero con la rinnovazione della notifica cui la parte istante
provveda spontaneamente o in esecuzione dell'ordine impartito dal giudice. Ciò
è possibile quando, pur essendo eseguita la notifica mediante consegna a
persona o in luogo diversi da quello stabilito dalla legge, un collegamento
risulti tuttavia ravvisabile, così da rendere possibile che l'atto, pervenuto a
persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza del
destinatario. Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8970.
11 Il deposito del ricorso. L'instaurazione del giudizio.
L’art. 45, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, cod.
proc. amm., dispone che il ricorso, con la prova
delle avvenute notifiche, e con copia del provvedimento impugnato, ove in
possesso del ricorrente, deve essere depositato nella segreteria del tribunale
amministrativo regionale, entro trenta giorni dall'ultima notifica.
Il
termine è perentorio, la sua inosservanza provoca la improcedibilità del
ricorso.
E’
fatta salva la facoltà della parte di effettuare il deposito dell'atto, anche
se non ancora pervenuto al destinatario, sin dal momento in cui la
notificazione del ricorso si perfeziona per il notificante.
La
parte che si avvale della facoltà di depositare anticipatamente alla avvenuta
notifica il ricorso è tenuta a depositare la documentazione comprovante la
data in cui la notificazione si è perfezionata anche per il destinatario. In
assenza di tale prova le domande introdotte con l'atto non possono essere
esaminate.
La
giurisprudenza ha precisato che il mancato deposito dell'avviso di ricevimento qualifica
come inesistente la notificazione e ciò preclude che possa o debba procedersi alla sua
rinnovazione ai sensi dell'art. 291, primo comma, c.p.c. atteso che la
produzione ed allegazione dell'avviso di ricevimento della notifica del ricorso è atto
che rientra nella piena disponibilità della parte istante; il ricorrente può porre
in essere ogni iniziativa di verifica prima che la causa sia trattenuta per la
decisione ottenendo, eventualmente, il rilascio di duplicato in caso di
smarrimento. Cons.
Stato , sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2697.
12 L’istruttoria.
Il
processo amministrativo è soggetto, rispetto a quello civile, ad una
limitazione di mezzi di prova connessa alle peculiarità del rito.
La
limitazione dell'onere probatorio che governa il processo amministrativo si
fonda sulla naturale ineguaglianza delle parti, privato e p.a., e quindi sul
generale possesso dei documenti da parte dei pubblici uffici che resistono in
giudizio. T.A.R. Liguria, sez. I, 18 dicembre 2004, n. 1721.
Il
D.L.vo 104/2010, prevede un
potenziamento dei mezzi probatori nell’ambito del processo amministrativo nelle
controversie amministrative, con eccezione delle sole prove legali quali la
confessione ed il giuramento.
La
preclusione delle prove legali è tradizionalmente giustificata dalla
indisponibilità dell’interesse pubblico. Tale limitazione appare non del tutto
giustificata qualora la pubblica amministrazione incontri delle posizioni di
diritto soggettivo.
La dottrina
rileva che la confessione ed il giuramento presuppongono che il giudice
amministrativo sia inibito di estendere la propria conoscenza dei fatti oltre
tali atti di disposizione operanti dalla parte, in contraddizione con al
libertà di movimento che il metodo acquisitivo lascia al giudice amministrativo.
F. BENVENUTI, L’istruttoria nel processo amministrativo, 1953, 348.
Sono le parti che debbono introdurre i fatti necessari
a fondare le loro ragioni e non il giudice che ha l'obbligo di giudicare
secondo quanto provato e prodotto dalle parti.
All'onere
del ricorrente di affermare i fatti su cui si fonda la sua pretesa non
corrisponde l'onere di provarli per cui sussiste un potere acquisitivo del
giudice dei mezzi di prova.
Il
principio dispositivo subisce importanti deroghe in quanto al giudice sono attribuiti
importanti poteri istruttori L. R. PERFETTI,
Corso di diritto amministrativo,
2006, 536.
Viene trasferito dalla parte al giudice il potere di
disporre dei fatti introdotti nel ricorso; la parte ha solo il compito di
introdurli.
13 Le prove.
La giurisprudenza ha riconosciuto che nel
giudizio amministrativo vige il generale principio processualistico di cui all'art. 2697
c.c., in base al quale incombe sulla parte attrice l'onere di indicare e
dimostrare specificamente i fatti posti a fondamento della pretesa azionata. Se
è vero che tale principio subisce un'attenuazione nell'ipotesi in cui il
giudizio verta su interessi legittimi, per effetto della intermediazione del
provvedimento amministrativo, esso trova piena applicazione in sede di
giurisdizione esclusiva, allorché gli elementi di prova della fondatezza della
domanda giudiziale siano nella disponibilità della parte, anche mediante il
procedimento di accesso alla documentazione amministrativa. L'omessa
specificazione dei fatti che connotano la posizione del ricorrente, in
relazione alla pretesa che lo stesso intende far valere, preclude al giudice amministrativo di
entrare nel merito della domanda. Tale mancanza non può essere superata
mediante incombenti da porre a carico dell'Amministrazione non avendo il
giudice il potere di sopperire all'inerzia della parte onerata. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 26 gennaio 2010, n. 963.
Il
metodo acquisitivo è ribadito dall’art. 63, D.L.vo 104/2010, che, da una parte
riconosce che l'onere della prova a carico delle
parti e dall’altra dispone che il giudice possa chiedere anche d'ufficio
chiarimenti o documenti, possa ordinare a terzi di esibire in giudizio i
documenti o quanto altro ritenga necessario e possa altresì disporre
l'ispezione ai sensi dell'art. 118 c.p.c.
Spetta alle parti l'onere di fornire gli elementi di prova che
siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle
domande e delle eccezioni.
L’art. 63, D.L.vo 104/2010, sembra confermare la tendenza
giurisprudenziale che non consente al collegio di ammettere l'esame testimoniale di altri
soggetti - non richiesto dalla parte - attesi i perduranti e non giustificati
limiti istruttori che riguardano la giurisdizione generale di legittimità e che
dunque inibiscono l'ingresso alla testimonianza nel giudizio amministrativo
quale mezzo di prova quando vengono in gioco interessi legittimi. T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 7 febbraio 2007,
n. 328.
La
prova testimoniale può essere ammessa solo su istanza di parte. Essa è sempre assunta in forma scritta ai
sensi del codice di procedura civile.
La
giurisprudenza precedente ha posto una notevole preclusione alla ammissione
della prova testimoniale che non può essere assunta in sede di processo
amministrativo. Cons. St., sez. V, 4 febbraio 2004,
n. 350, in Com. It., 2004, f. 4, 96.
Nel
giudizio amministrativo di legittimità non è ammessa la prova testimoniale ed a
maggior ragione è inammissibile la testimonianza scritta, formata senza le
garanzie del contraddittorio imposte dal codice di procedura civile. Cons. St., sez. IV, 10 giugno 2004,
n. 3772, in Foro amm. Cons. St., 2004, 1669.
Il
giudice amministrativo può disporre
anche la consulenza tecnica d’ufficio.
La
normativa esprime la regola che, al di fuori di ogni ipotesi in cui si tratti
di valutare il perseguimento del pubblico interesse e di attuare, quindi,
discrezionalmente la subordinazione degli interessi dei privati a quello
pubblico indicato da una norma, la valutazione dei fatti e dei presupposti
dell'azione dell'amministrazione ben può essere riprodotta nel processo a mezzo
di consulenza tecnica d'ufficio. T.A.R. Lombardia, sez. III, Milano, 30 giugno
1999, Ord. n. 204, in Riv. giur. ed., 1999, I, 1159.
L’art. 63, D.L.vo 104/2010,limita
l’utilizzo della consulenza tecnica d’ufficio solo ai casi essa sia ritenuta
indispensabile dal giudice . Come nota la dottrina essa non è utilizzabile per
il solo fatto che dia intermini di principio, maggiori garanzie di terzietà.
L’art.
67, D.L.vo cod. proc. amm., regola le modalità per
l’assunzione della consulenza tecnica d'ufficio
Con l'ordinanza con cui dispone la consulenza tecnica d'ufficio,
il collegio nomina il consulente, formula i quesiti e fissa il termine entro
cui il consulente incaricato deve comparire dinanzi al magistrato a tal fine
delegato per assumere l'incarico e prestare giuramento.
L'ordinanza è comunicata al consulente tecnico a cura della
segreteria.
Le eventuali istanze di astensione e ricusazione del consulente
sono proposte, a pena di decadenza, entro lo stesso termine dato dal giudice per l’accettazione
della nomina e sono decise dal
presidente o dal magistrato delegato con decreto non impugnabile.
Il collegio con ordinanza dispone i successivi incombenti quali, fra
l’altro, la corresponsione al consulente
tecnico di un anticipo sul suo compenso; la nomina di consulenti tecnici delle parti; la
trasmissione, ad opera del consulente tecnico d'ufficio.
14 La fissazione d’udienza
Il giudizio si svolge ad udienza fissa.
Nel fissare l’udienza il
collegio può, su istanza di parte o d'ufficio, disporre la riunione di ricorsi
connessi.
La fissazione dell'udienza di discussione deve essere chiesta da una delle parti con apposita istanza, non revocabile, da presentare entro il termine massimo di un anno dal deposito del ricorso, ex art. 71, D.L.vo 104/2010. La giurisprudenza precedente ha sancito che nel processo amministrativo la fissazione d'udienza deve essere richiesta, nel termine massimo di due anni dal deposito del ricorso. Il ricorso in trattazione deve pertanto essere dichiarato perento. T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 08 luglio 2009, n. 3774
La fissazione dell'udienza di discussione deve essere chiesta da una delle parti con apposita istanza, non revocabile, da presentare entro il termine massimo di un anno dal deposito del ricorso, ex art. 71, D.L.vo 104/2010. La giurisprudenza precedente ha sancito che nel processo amministrativo la fissazione d'udienza deve essere richiesta, nel termine massimo di due anni dal deposito del ricorso. Il ricorso in trattazione deve pertanto essere dichiarato perento. T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 08 luglio 2009, n. 3774
La parte può segnalare l'urgenza del ricorso depositando istanza
di prelievo.
Il presidente, decorso il termine per la costituzione delle altre parti, fissa l'udienza per la discussione del ricorso. Il decreto di fissazione è comunicato a cura dell'ufficio di segreteria, almeno sessanta giorni prima dell'udienza fissata, sia al ricorrente sia alle parti costituite in giudizio. Tale termine è ridotto a quaranta giorni, su accordo delle parti, se l'udienza di merito è fissata a seguito di rinuncia alla definizione autonoma della domanda cautelare.
Il presidente, decorso il termine per la costituzione delle altre parti, fissa l'udienza per la discussione del ricorso. Il decreto di fissazione è comunicato a cura dell'ufficio di segreteria, almeno sessanta giorni prima dell'udienza fissata, sia al ricorrente sia alle parti costituite in giudizio. Tale termine è ridotto a quaranta giorni, su accordo delle parti, se l'udienza di merito è fissata a seguito di rinuncia alla definizione autonoma della domanda cautelare.
Il presidente designa il relatore almeno trenta giorni prima della
data di udienza.
L'istanza di fissazione d'udienza deve essere
rinnovata dalle parti o dall'amministrazione dopo l'esecuzione
dell'istruttoria.
Le parti possono produrre documenti e memorie fino a trenta giorni
liberi prima dell'udienza e presentare repliche fino a venti giorni liberi
prima. La giurisprudenza esclude che possano venire in rilievo preclusioni di
ordine contenutistico in relazione ad uno o più segmenti del complessivo iter processuale azionato. T.A.R. Sicilia Palermo,
sez. III, 9 dicembre 2009, n. 1879.
L’art. 10, D.L.vo 104/2010, all. 2, impone ai magistrati
amministrativi, al personale di segreteria e al personale ausiliario di
indossare nelle pubbliche udienze la toga o la divisa stabilita dal Consiglio
di presidenza della giustizia amministrativa.
Gli avvocati
devono vestire nelle pubbliche udienze la toga.
Nell'udienza le parti possono discutere sinteticamente.
Se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione
rilevata d'ufficio, il giudice la indica in udienza dandone atto a verbale .
Se la questione emerge dopo il passaggio in decisione, il giudice
riserva quest'ultima e con ordinanza assegna alle parti un termine non
superiore a trenta giorni per il deposito di memorie, ex art. 73,
D.L.vo 104/2010.
15 Le questioni incidentali.
Il
processo amministrativo può essere sospeso per la risoluzione di una serie di
questioni che possono influire sullo svolgimento del processo medesimo e che
sono denominate incidentali.
Alcune
questioni sono risolte direttamente dal giudice amministrativo.
Il
processo può non subire modificazioni come, ad esempio, nell’istanza di
ricusazione oppure può essere sospeso qualora vi sia una questione connessa al
giudizio pendente presso altro giudice amministrativo.
Altre
questioni sono risolte da diversa giurisdizione e comportano la sospensione del
processo come nel caso sia presentata una questione di legittimità
costituzionale o una istanza di regolamento preventivo di giurisdizione.
L'incidente
più noto è quello relativo alla proposizione di una questione di legittimità
costituzionale.
Se
il ricorrente ritiene non manifestamente infondata una questione di legittimità
costituzionale di una legge che sia rilevante ai fini della decisione propone
che il giudice rilevi la questione.
Qualora
la questione sia ritenuta ammissibile, il giudice emette ordinanza di
rimessione degli atti alla Corte Costituzionale; il processo è sospeso e gli
atti sono trasmessi alla Corte, ex art. 23, L. 87/1953.
Il
giudice amministrativo può ritenere opportuno sospendere il giudizio, ai sensi
dell'art. 295, c.p.c., in attesa della pronuncia della Corte costituzionale
anche sulla questione di incostituzionalità avanzata da altro giudice, come nel
caso della questione sollevata sulla legittimità dell'art. 53 del D.P.R. n. 327
del 2001. T.A.R.
Lombardia Brescia, 22 luglio 2005, n. 776.
Il
processo amministrativo deve essere riassunto ad istanza di parte dalla data
della pronuncia della Corte costituzionale secondo quanto previsto dall’art. 80,
D.L.vo104/2010.
La
giurisprudenza ha riconosciuto il principio della preminenza del diritto
comunitario impone non solo al giudice, ma allo stesso Stato membro in tutte le
sue articolazioni (e quindi a tutte le amministrazioni), di dare pieno effetto
alla norma comunitaria e, in caso di contrasto, di disapplicare la norma
interna. Cons. St., sez. VI, 23
maggio 2006, n. 3072,
in Foro amm. CDS, 2006, 5, 1543.
I principi del diritto comunitario sono
espressamente richiamati nell’art. 1, D.L.vo 104/2010.
Essi
sono direttamente applicabili dal giudice interno a meno che non si renda
necessario un controllo di costituzionalità sulla norma interna ove questa sia
incompatibile con quella comunitario. Corte Cost. 248/2007, 249/2007.
La
questione relativa all'applicazione
delle norme comunitarie deve essere rimessa alla Corte di Giustizia
Comunitaria.
Il
rinvio pregiudiziale di una causa alla Corte di giustizia europea, ex
art. 234 trattato CE Trattato firmato a
Nizza
il 26 febbraio 2001, reso esecutivo con L. 102 del 11 maggio 2002, può essere
disposto soltanto ove al giudice nazionale si ponga un dubbio relativo alla
interpretazione e all'applicazione delle norme comunitarie. La controversa
questione interpretativa deve avere rilevanza in relazione al thema
decidendum sottoposto al giudice nazionale ed alle norme interne che lo
disciplinano.
Nel
caso in cui si ponga al giudice l'opposto problema di interpretare la norma
interna al fine di verificarne la compatibilità con la normativa comunitaria
l'eventuale disapplicazione compete direttamente al giudice italiano. Cass.
civ., sez. I, 22 settembre 2006, n. 20708.
16 La perenzione.
La perenzione è dichiarata qualora le parti non
compiano atti procedurali. La norma precisa che il ricorso si considera perento se nel corso di un anno non sia compiuto
alcun atto di procedura, ai sensi dell'art. 81, D.L.vo104/2010.
La
giurisprudenza ha precisato che, ove nel termine decadenziale previsto non
risulti il deposito della istanza di fissazione di udienza davanti al giudice
amministrativo adito sia in primo che in secondo grado, il ricorso
giurisdizionale a quest'ultimo presentato deve considerarsi perento. T.A.R.
Campania Napoli, sez. VIII, 1 marzo 2009, n. 1516.
Il
termine è sospeso per adempimenti istruttori o per termini feriali.
L'art. 82, D.L.vo104/2010,
prevede una ipotesi particolare di perenzione per i ricorsi ultraquinquennali.
L’intento
è quello di eliminare il numero dei ricorsi pendenti verificando in termini
brevi l’effettivo interesse dei ricorrenti.
La
disposizione è diretta a semplificare la definizione di quelle controversie,
per le quali il decorso del tempo può costituire indice di una sopravvenuta
carenza di interesse, che è poi desunta dall'assenza di presentazione di una
nuova istanza di fissazione entro il termine di sei mesi dalla specifica
comunicazione inviata dalla segreteria.
La
norma precisa che, dopo il
decorso di cinque anni dalla data di deposito del ricorso, la segreteria
comunica alle parti costituite apposito avviso in virtù del quale è fatto onere
al ricorrente di presentare nuova istanza di fissazione di udienza,
sottoscritta dal ricorrente e dal suo difensore, entro centottanta giorni dalla
data di ricezione dell’avviso. In difetto di tale nuova istanza, il ricorso è
dichiarato perento.
In
assenza di una nuova fissazione di udienza a firma delle parti il giudice deve
dichiarare la perenzione del ricorso.
17 Il decreto di estinzione
L'estinzione e
l'improcedibilità possono essere pronunciate con decreto dal presidente o da
un magistrato da lui delegato, ex art.
85, D.L.vo104/2010.
La giurisprudenza
precedente ha riconosciuto che la norma si applica anche al giudizio avanti al
Consiglio di Stato; pertanto, la perenzione del giudizio d'appello può essere
dichiarata con decreto del presidente della
sezione o di un consigliere da lui delegato. Consiglio Stato a. plen., 23
marzo 2004, n. 6
Il decreto è
depositato in segreteria che ne dà comunicazione alle parti costituite.
Nel termine di
sessanta giorni dalla comunicazione ciascuna delle parti costituite può
proporre opposizione al collegio, con atto notificato a tutte le altre parti.
Il giudizio di
opposizione si svolge in camera di consiglio ed è deciso con un’ordinanza che,
in caso di accoglimento dell'opposizione, fissa l'udienza di merito.
La giurisprudenza ha accolto l’opposizione
che ha fornito la prova del deposito di una copia dell'istanza di fissazione.
Detto docmento portante il timbro a data
della segreteria del Tribunale amministrativo ricevente costituisce prova evidente che
detta istanza è stata presentata nei termini, mentre la mancanza del numero di
protocollo è da addebitarsi ad una omissione dell'Ufficio, alla quale la parte
ricorrente non era in grado di porre rimedio, con la conseguenza che le
relative conseguenze non possono farsi ricadere su di essa. Cons. St., sez. IV, 26 febbraio .
In caso di rigetto, le spese sono poste a
carico dell'opponente e vengono liquidate dal collegio nella stessa ordinanza,
esclusa la possibilità di compensazione anche parziale.
L'ordinanza è depositata in segreteria
che ne dà comunicazione alle parti costituite.
18 I procedimenti in camera di consiglio
L’art. 87, D.L.vo104/2010, precisa che si trattano in camera di consiglio
le seguenti controversie:
a) i giudizi cautelari e quelli relativi
all’esecuzione delle misure cautelari collegiali. La giurisprudenza precedente
ha precisato che il giudizio amministrativo può essere definito con sentenza in forma
semplificata emessa in esito alla camera di consiglio per la trattazione dell'istanza cautelare ove ricorrano
completezza dell'istruttoria, integrità del contraddittorio e avvenuta
esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio e a condizione che il
Presidente del Collegio abbia reso edotte le parti di tale eventualità. T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 28 novembre
2009, n. 3179;
b) il giudizio in materia di silenzio
c) il giudizio in materia di accesso ai documenti
amministrativi;
d) i giudizi di ottemperanza;
e) i giudizi in opposizione ai decreti che pronunciano
l’estinzione o l’improcedibilità del giudizio.
Salva l’ipotesi del giudizio cautelare, tutti i
termini processuali sono dimezzati rispetto a quelli del processo ordinario,
esclusi quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso
incidentale e dei motivi aggiunti. La camera di consiglio è fissata d’ufficio
alla prima udienza utile successiva al trentesimo giorno decorrente dalla
scadenza del termine di costituzione delle parti intimate.
Nella camera di consiglio sono sentiti i difensori che
ne fanno richiesta.
La trattazione in pubblica udienza non costituisce
motivo di nullità della decisione.
La
giurisprudenza ha precisato che
l'apprezzamento circa l'esistenza dei presupposti sostanziali per
addivenire ad un decisione in camera di consiglio resa con motivazione in forma semplificata costituisce
valutazione di merito del giudice di primo grado insindacabile in appello,
fermo restando che ogni errore di giudizio contenuto nella decisione può essere
devoluto al giudice di appello mediante il relativo atto di gravame. Cons. St., sez.
IV, 13 gennaio 2010, n. 34.
19 La sentenza.
Il giudizio amministrativo ha come sua conclusione
naturale la sentenza che è di norma
l’atto conclusivo del processo . In alcuni casi la sentenza ha natura
strumentale. Ad esempio le sentenze interlocutorie che ordinano incombenze come
la remissione degli atti alla Corte Costituzionale ovvero le sentenze
istruttorie.
La decisione può avere ad oggetto i requisiti
processuali dichiarando la irricevibilità o la improcedibilità del ricorso, ad
esempio nel caso di ricorso tardivo ovvero la inammissibilità per carenza di
presupposti dell'azione, ad esempio per vizi del ricorso quale la carenza di
sottoscrizione del ricorrente.
L’art. 88, D.L.vo104/2010, precisa il contenuto della sentenza che è
pronunciata in nome del popolo italiano e reca l’intestazione Repubblica
italiana.
Essa deve contenere:
a) l’indicazione del giudice adito e del collegio che
l’ha pronunciata;
b) l’indicazione delle parti e dei loro avvocati;
c) le domande;
d) la concisa esposizione dei motivi in fatto e in
diritto della decisione, anche con rinvio a precedenti cui intende conformarsi;
e) il dispositivo, ivi compresa la pronuncia sulle
spese. Esso è formulato a seconda del tipo di sentenza formulata dal giudice.
Se la sentenza è di annullamento della aggiudicazione nel dispositivo viene determinato
in capo all'amministrazione soccombente l'obbligo di conformarsi alle relative
statuizioni. T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 17 dicembre
2009, n. 3781.
Nel caso di condanna al risarcimento del danno il giudice
amministrativo
può nel dispositivo stabilire i criteri in base ai quali l'Amministrazione deve
proporre in favore dell'avente titolo il pagamento della somma entro un congruo
termine, prevedendo che, qualora permanga il disaccordo, le parti possano
rivolgersi nuovamente al giudice per la determinazione delle somme dovute nelle
forme del giudizio di ottemperanza. Cons. St., sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1038;
f) l’ordine che la decisione sia eseguita
dall’autorità amministrativa;
g) l’indicazione del giorno, mese, anno e luogo in cui
la decisione è pronunciata;
h) la sottoscrizione del presidente e dell’estensore.
L’art.
33, D.L.vo104/2010, definisce i provvedimenti del giudice. Si ha
sentenza quando il provvedimento definisce in tutto o in parte il giudizio;
ordinanza quando il giudice assume misure cautelari o interlocutorie ovvero
decide sulla competenza; decreto nei casi previsti dalla legge di norma emanato
inaudita altera pars.
Il
giudizio amministrativo ha come sua conclusione naturale la sentenza.
L’art.
34, D.L.vo cod. proc. amm., precisa il contenuto delle sentenze di
merito.
In
caso di accoglimento del ricorso il giudice, nei limiti della domanda:
a)
annulla in tutto o in parte il provvedimento impugnato. La giurisprudenza ha
precisato che i terzi, che ritengano di essere pregiudicati dall'effettuazione
di una attività edilizia assentita in modo implicito, possono agire innanzi al giudice amministrativo
per chiedere l'annullamento
del titolo abilitativo formatosi per il decorso del termine fissato dalla legge
entro cui l'Amministrazione può impedire gli effetti della d.i.a. Consiglio
Stato , sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 72.
b) ordina
all'amministrazione, rimasta inerte, di provvedere entro un termine. La
giurisprudenza ha affermato che nell'ipotesi di ricorso avverso il silenzio
dell'Amministrazione, in caso di totale o parziale accoglimento del gravame, il
giudice amministrativo
ordina all'Amministrazione di provvedere entro un termine di norma non superiore a trenta
giorni, di talché resta escluso qualsiasi accertamento (con potenziale valore
di giudicato) in ordine a validità ed efficacia di un'eventuale, pregressa
attività istruttoria. Il giudizio concerne unicamente la verifica della
sussistenza dell'obbligo di provvedere, circostanza che, tra l'altro, giustifica la scelta del
rito nonché la possibilità di redigere la sentenza in forma succintamente
motivata. Ne consegue che eventuali contrasti tra la decisione assunta
dall'Amministrazione e gli esiti dell'espletata istruttoria non possono che
farsi valere in un apposito giudizio di annullamento quali motivi di illegittimità
del provvedimento adottato. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 6 ottobre
2009, n. 1034.
c) condanna al pagamento di una somma di denaro, anche
a titolo di risarcimento del danno, all'adozione delle misure idonee a tutelare
la posizione giuridica dedotta in giudizio e dispone misure di risarcimento in
forma specifica ai sensi dell'articolo 2058 del codice civile.
La giurisprudenza ha disposto che per le sentenze di condanna
dell'amministrazione al pagamento di somme di denaro da parte del giudice ordinario, il soggetto
interessato può scegliere tra l'esecuzione forzata secondo le norme del codice
di rito e l'esecuzione in sede amministrativa. Consiglio Stato , sez. VI, 14 dicembre 2009, n.
7809
d) nei casi di
giurisdizione di merito, adotta un nuovo atto, ovvero modifica o riforma quello
impugnato. Nel giudizio di merito la sentenza può riformare l'atto o
sostituirlo. A. TRAVI, Formulario annotato della giustizia amministrativa,
2008, 421.
e) dispone le misure idonee ad assicurare l'attuazione
del giudicato e delle pronunce non sospese, compresa la nomina di un
commissario ad acta, che può
avvenire anche in sede di cognizione con effetto dalla scadenza di un termine
assegnato per l'ottemperanza. La giurisprudenza ha precisato che la nomina
del Commissario
ad acta non determina di per sé
l'esaurimento della competenza della p.a. sostituita a provvedere all'ottemperanza al
giudicato, in quanto il venir meno dell'inerzia della p.a. stessa, pur dopo la
scadenza del termine assegnatole, rende priva di causa la nomina e la
funzione del Commissario, secondo i principi di economicità e buon andamento
dell'azione amministrativa, non smentiti dalla legge o dalla pronuncia del
giudice dell'ottemperanza.
La sentenza ha
natura strumentale e si definisce di rito quando essa non affronta la questione
di merito proposta col ricorso. La decisione può avere ad oggetto i requisiti
processuali dichiarando la irricevibilità o la improcedibilità del ricorso, ad
esempio nel caso di ricorso tardivo ovvero la inammissibilità per carenza di
presupposti dell'azione, ad esempio per vizi del ricorso quale la carenza di
sottoscrizione del ricorrente.
L’art.
35 , D.L.vo104/2010, precisa
che il giudice dichiara, anche d'ufficio, il ricorso: a) irricevibile se
accerta la tardività della notificazione o del deposito; b) inammissibile quando
è carente l'interesse o sussistono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul
merito; c) improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto
di interesse delle parti alla decisione o non è stato integrato il
contraddittorio nel termine assegnato ovvero sorgono altre ragioni ostative ad
una pronuncia sul merito.
Il giudice dichiara estinto il giudizio: a) se
non viene proseguito o riassunto nei casi previsti dal presente codice; b) per
perenzione; c) per rinuncia.
19.1 Tutela
cautelare.
Il ricorso
giurisdizionale non ha effetto sospensivo sul provvedimento impugnato. A tutela
del ricorrente è ammessa la possibilità di chiedere l’emanazione di misure
cautelari, compresa l’ingiunzione a pagare una somma in via provvisoria, che
appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli
effetti della decisione sul ricorso, ex
art. 55, D.L.vo
cod. proc. amm.
La dottrina nota che il
provvedimento cautelare è stato progressivamente configurato dalla
giurisprudenza amministrativa con interventi sempre condotti al di là del dato
normativo testuale.
Si pensi ai primi tentativi di
sospensione di provvedimenti negativi, raggiunti attraverso la qualificazione
dei medesimi come provvedimenti positivi
come alla sospensione dei dinieghi di dispensa dal servizio militare o
alla sospensione delle non ammissioni all'esame di maturità.
La Corte cost. ha dato
particolare validità alla fase cautelare stabilendo
che conseguono ad ogni effetto l'abilitazione i candidati che abbiano superato
le prove d'esame di idoneità scritte ed orali previste dal bando, anche se
l'ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della
commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali
cautelari. Corte cost., 9
aprile 2009, n. 108. C. E. GALLO,
L'appellabilità
del decreto cautelare presidenziale, in Foro amm. CDS,
2009, 11, 2615.
Il tribunale deve verificare che sussistano gli stessi
presupposti che rendono ammissibile il giudizio cautelare.
Il ricorso deve
infatti avere il fumus boni iuris,
ossia dimostrarsi fondato ad un primo esame, e dimostrare il pericolo di un
danno grave ed irreparabile del ricorrente derivante dall'immediata esecuzione
del provvedimento.
La giurisprudenza ritiene che il giudice amministrativo
possa accordare la più ampia tutela in sede cautelare conformemente agli art.
3, 24, 100 e 113 cost. Pertanto il giudice può emanare le statuizioni più
opportune nel caso in cui emerga il "fumus boni iuris",
sulla lesione del diritto dell'utente o del gestore disponendo l'effettuazione
di una prestazione dovuta da parte dell'amministrazione ovvero l'emanazione di
ordini di pagamento di una somma a favore del ricorrente. Cons. St., a. plen., 30 marzo 2000, n. 1.
La
giurisprudenza ha precisato che alla tutela cautelare ingiuntiva può
ricorrersi, pur in mancanza dei presupposti richiesti per l'accesso alla forma
di tutela sommaria, a condizione che sussista, oltre che il presupposto del
"fumus boni iuris", anche quello del
"periculum in mora",
destinato a condizionare non solo l'"an",
ossia la possibilità di accordare la tutela, ma anche il "quantum", cioè il contenuto della
misura ingiuntiva rilasciata nella sede propriamente cautelare, che, infatti,
dovrà limitarsi a disporre il pagamento delle somme necessarie a salvaguardare
il diritto nelle more della decisione di merito.
L’art 55, D.L.vo cod. proc. amm., comprende fra le misure cautelari
l’ingiunzione a pagare una somma in via provvisoria.
L’ordinamento
processuale prevede una sistema a doppio binario per la tutela delle posizioni
giuridiche soggettive a contenuto patrimoniale : quello sommario mutuato dal
processo civile e quello cautelare.
Le
due tutele hanno una struttura diverse e rispondono a differenti esigenze.
Ul
sistema cautelare è legato al presupposto del periculum in mora e al fumus
boni iuris, mentre quello sommario è subordinato alla ricorrenza dei
presupposti della prova scritta e della esigibilità del credito. L.R. PERFETTI,
Corso di diritto amministrativo,
2006, 566.
Il
procedimento prevede infatti che sulla domanda cautelare il collegio pronuncia
nella prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal
perfezionamento, anche per il destinatario, dell’ultima notificazione e,
altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso, ex art 55, comma 5, D.L.vo cod. proc.
amm. .
La domanda cautelare può essere proposta con il
ricorso di merito o con distinto ricorso notificato alle altre parti.
Il collegio può disporre la prestazione di una
cauzione, anche mediante fideiussione, qualora dalla decisione sulla domanda
cautelare derivino effetti irreversibili,
cui subordinare la concessione o il diniego della misura cautelare. La
concessione o il diniego della misura cautelare non può essere subordinata a
cauzione quando la domanda cautelare attenga a diritti fondamentali della
persona o ad altri beni di primario rilievo costituzionale. Il provvedimento
che impone la cauzione ne indica l’oggetto, il modo di prestarla e il termine
entro cui la prestazione deve avvenire.
L’ordinanza cautelare motiva in ordine alla
valutazione del pregiudizio allegato e indica i profili che, ad un sommario
esame, inducono ad una ragionevole previsione sull’esito del ricorso,
ex art. 55,
comma 9,D.L.vo cod. proc. amm. .
La giurisprudenza ha precisato che l'effetto sospensivo dell'ordinanza cautelare di
accoglimento non può andare oltre la mera sterilizzazione dell'efficacia del
provvedimento impugnato, nel senso che quest'ultimo diviene provvisoriamente
incapace di produrre gli effetti suoi propri fino all'adozione della sentenza
che definisce il merito del giudizio; ne deriva che l'effetto conformativo
nascente da un provvedimento cautelare di sospensione dell'efficacia di una aggiudicazione di
una gara non può andare oltre la inibizione dall'adottare i provvedimenti che
normalmente conseguono alla aggiudicazione (aggiudicazione definitiva - ove la
prima sia solo provvisoria, stipula del contratto, consegna dei lavori ecc.),
senza che possa in nessun modo ragionevolmente ricondursi nella portata
precettiva della sospensione del provvedimento impugnato (aggiudicazione)
l'attività relativa all'ulteriore corso della gara con l'aggiudicazione ad
altro soggetto, che è senz'altro attività esorbitante rispetto alla portata
naturale del provvedimento cautelare sospensivo. T.A.R. Puglia
Lecce, sez. II, 18 marzo 2005, n. 1533.
Nel caso in cui il giudice amministrativo
sospenda in sede cautelare
gli effetti di un provvedimento e l'amministrazione si adegui con un atto
consequenziale al contenuto dell'ordinanza cautelare, di regola non si verifica
l'improcedibilità del ricorso o la cessazione della materia del contendere
(rispettivamente, se il successivo atto sia sfavorevole o favorevole
all'originario ricorrente), giacché l'adozione non spontanea dell'atto con cui
l'amministrazione dà esecuzione alla sospensiva non comporta la revoca del
precedente provvedimento impugnato ed ha una rilevanza provvisoria, in attesa
che la sentenza di merito
accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo. T.A.R. Lombardia
Brescia, sez. I, 5 novembre 2009, n. 1917.
Il tribunale amministrativo regionale, in sede
cautelare, se ritiene che le esigenze del ricorrente siano apprezzabili
favorevolmente e tutelabili adeguatamente con la sollecita definizione del
giudizio nel merito, fissa con ordinanza collegiale la data di discussione del
ricorso nel merito. La
giurisprudenza ha rpecisato che misura cautelare del
giudice amministrativo,
ha natura di provvedimento giurisdizionale interinale al processo nel
quale è pronunziata ed effetti limitati alla durata dello stesso; essa è
destinata a rimanere interamente assorbita dalla sentenza di merito e deve
cessare di produrre effetti, quando il giudizio di merito si concluda negativamente
per l'interessato.
La giurisprudenza precedente ha delineato
la possibilità, ancora prima di proporre ricorso giurisdizionale con l'istanza
di sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato, allorché sussiste estrema
urgenza e sono presenti i presupposti della tutela cautelare, di un ricorso ex
art. 700, c.p.c. sul quale, anche "inaudita
altera" parte, provvede il Presidente del tribunale amministrativo
regionale. Detta forma di tutela trova concorrente giustificazione negli art.
24 e 113, cost. nonché nell'art. 13, conv. europea per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo, che tutela la pretesa ad un giusto processo. T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 14 novembre 1997, n. 758.
L’art 56, D.L.vo
cod. proc. amm., disciplina le misure cautelari monocratiche. Il ricorrente può, con la domanda cautelare o con
distinto ricorso notificato alle controparti, chiedere al presidente del
tribunale amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso è assegnato,
di disporre misure cautelari provvisorie. La domanda può essere presentata
prima della trattazione della domanda cautelare da parte del collegio, in caso
di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino
alla data della camera di consiglio.
La domanda cautelare è improcedibile finché non è
presentata l’istanza di fissazione d’udienza per il merito, salvo che essa
debba essere fissata d’ufficio. Il presidente provvede sulla domanda solo se
ritiene la competenza del tribunale amministrativo regionale.
La tutela ante
causam si impone in rapporto alle indicazioni fornite dalla Corte di
giustizia.
Essa ha affermato che un sistema di giustizia
amministrativa che non consente, nel settore degli appalti pubblici, una tutela
cautelare d'urgenza piena ed autonoma dalla proposizione di un'azione di merito
contrasta con i principi del diritto comunitario in tema di effettività della
tutela e, in particolare, con l'art. 2 c. 1, lett. a), direttiva ricorsi
Corte giust. Ce, Ord.za
sez. IV, 29 aprile 2004, n. 202, in Cons. St., 2004, 1000.
La possibilità di
proporre una misura cautelare ante
causam avanti al giudice amministrativo è stata dapprima introdotta limitatamente alle controversie in materia di
appalti pubblici.
Successivamente la giurisprudenza ha esposto la necessità di assumere le opportune
iniziative per estendere la tutela cautelare "ante
causam"
a tutto il processo
amministrativo,
in quanto prevedere la tutela cautelare "ante
causam"
solo nel settore dei pubblici appalti - pur nella peculiarità degli interessi
coinvolti - potrebbe non superare il vaglio di costituzionalità per disparità
di trattamento allorché si evidenzi che, anche in altre materie, si è in
presenza della medesima situazione giuridica soggettiva tutelata nella materia
degli appalti. Cons. St., Atti norm.,
6 febbraio 2006, n. 355.
Il
principio è stato ripreso dall’art. 61,D.L.vo cod. proc. amm. che ha disposto che prima della trattazione
della domanda cautelare da parte del collegio, in caso di estrema gravità ed
urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della
camera di consiglio, il ricorrente può, con la domanda cautelare o con distinto
ricorso notificato alle controparti, chiedere al presidente del tribunale
amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso è assegnato, di
disporre misure cautelari provvisorie.
19.2 La definizione del giudizio nel merito all'udienza cautelare.
L’art 60, D.L.vo cod. proc. amm., afferma la definizione del giudizio nel merito può
essere adottata all'udienza cautelare, purché siano trascorsi almeno venti
giorni dall'ultima notificazione del ricorso. Il collegio, accertata la
completezza del contraddittorio e dell'istruttoria, sentite sul punto le parti
costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio nel merito con
sentenza in forma semplificata, salvo che una delle parti chieda l'assegnazione
di un termine per proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di
giurisdizione o di competenza .
Ove necessario, il collegio dispone l'integrazione del
contraddittorio e fissa contestualmente la data per il prosieguo della
trattazione.
Nel caso in cui ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la
manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza
del ricorso, il giudice decide con sentenza in forma semplificata. La
motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto
di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente
conforme, ex art 74, D.L.vo cod. proc.
amm.
L'autonomia
del giudice cautelare comporta la possibilità di impugnare in secondo grado le
ordinanze di sospensione.
In
particolare la Corte Costituzionale 1 febbraio 1982, n. 8 ha affermato il
doppio grado di giurisdizione nel processo cautelare.
L’art 62, D.L.vo cod. proc. amm., prevede che contro le ordinanze cautelari è
ammesso appello al Consiglio di Stato, da proporre nel termine di trenta giorni
dalla notificazione dell'ordinanza, ovvero di sessanta giorni dalla sua
pubblicazione.
L'appello, depositato nel
termine di trenta giorni dalla data dell’ultima notifica.
L’appello è deciso in
camera di consiglio con ordinanza.
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