Espropriazione.
Criteri per la determinazione dell’indennità per aree edificabili
La Corte
costituzionale, 24.10.2007, n. 348, ha
bocciato i criteri fissati dall’art. 37, d.p.r. 327/2001, per il calcolo
degli indennizzi di espropriazione per pubblica utilità assegnati ai
proprietari di aree edificabili considerandoli troppo bassi .
Le precedenti
sentenze, come la 283/1993, nel dichiarare non fondata la questione relativa
all’art. 5-bis della L. 359 del 1992, hanno in ogni modo affermato che
l'indennità di espropriazione non garantisce all'espropriato il diritto ad un
indennizzo esattamente commisurato al valore venale del bene.
Esse in ogni
caso impongono che l’indennità non possa essere meramente simbolica ed
irrisoria, ma debba essere congrua, seria, adeguata.
La Corte ha
sempre posto in rilievo il carattere transitorio di tale disciplina,
giustificata dalla grave congiuntura economica che il Paese sta attraversando
ed ha precisato che la valutazione sull’adeguatezza dell’indennità deve essere
condotta in termini relativi, avendo riguardo al quadro storico-economico ed al
contesto istituzionale.
Per la Corte
europea dei diritti dell’uomo la legislazione dello Stato deve prevedere un
idoneo meccanismo di determinazione dei valori di espropriazione che possa
rientrare in quel margine di apprezzamento, all’interno del quale è legittimo
che il singolo Stato si discosti dagli standard previsti in via generale dalle
norme CEDU.
I criteri per la
determinazione dell’indennità di espropriazione riguardante aree edificabili
devono fondarsi sempre sulla base del valore del bene, avendo riguardo alla
situazione reale delle disposizioni di piano che regolano il suo utilizzo in
rapporto alle diverse destinazioni generali attribuite dalla zonizzazione.
Non possono
essere utilizzati criteri astratti che portano a differenziazioni di valori
che, non essendo supportate da dati reali, determinano inevitabilmente
situazioni di diseguaglianza contrarie all’art. 3 cost.
L’art. 2, comma
89 della L. 244/2007, modifica l’art. 37 del T.U. espr. accogliendo
l’invito rivolto dalla Corte costituzionale di introdurre nuove norme che
bilancino l’interesse individuale del proprietario del bene espropriato con la
funzione sociale della proprietà secondo i principi espressi dalla Corte
europea
La norma
distingue il caso di espropriazione isolata di un singolo bene dal caso in cui
l’espropriazione avvenga nell’ambito di iniziative aventi rilevante interesse
economico sociale. (N. Centofanti, P.
Centofanti e M. Favagrossa, Diritto
urbanistico, 2012, 455).
Nel caso di
espropriazione isolata di un singolo bene l’indennità di espropriazione di
un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene.
Nel caso di
espropriazione collocata nell’ambito di iniziative aventi rilevante interesse
economico e sociale l’indennità è ridotta del venticinque per cento rispetto al
valore venale del bene. La misura dell’indennizzo, pur restando agganciata al
parametro del valore venale del bene espropriato, è ridotta in funzione del
peculiare fine di utilità sociale che l’espropriazione è diretta a realizzare.
LA giurisprudenza
ha precisato che tale disposizione si
applica solo ai procedimenti espropriativi in corso e non ai giudizi in corso.
Si pone poi il
problema di fissare se sia il Comune con
un suo provvedimento l’organo competente a determinare quali sia l’intervento
di riforma economico-sociale, che giustifica la riduzione del 25% del valore
venale del bene ai fini della determinazione dell'indennità.
La giurisprudenza
ha precisato che detto presupposto deve riguardare l'intera collettività o parti di
essa geograficamente o socialmente predeterminate ed essere, quindi, attuato in
forza di una previsione normativa che in tal senso lo definisca.
Esso non può esser
pertanto determinato dal potere
discrezionale dell’amministrazione espropriante o affidato al giudice in via di
interpretazione della singola situazione. Cass. civ., sez. I, 28/5/2012, n.
8445
Nel caso in cui il
procedimento sia adottato per realizzare un programma di edilizia convenzionata
detto presupposto non sussiste Cass. civ.,
sez. I, 23/02/2012, n. 2774
Parimenti non rientra
in questa categoria di espropriazioni l'occupazione di un'area inserita in un
p.i.p. Cass. civile, sez. I, 28/01/2011, n. 2100
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