Il principio della meritocrazia tanto sbandierato da tutti trova
originale interpretazione nell’articolo 5 della legge della Regione Piemonte 29
aprile 2011, n. 7l .
La norma stabilisce che il Presidente del Consiglio regionale può
avvalersi, per lo svolgimento delle proprie funzioni, del supporto di una
professionalità esterna, scelta sulla base di rapporti fiduciari. Il contenuto
dell'incarico ed i rapporti con le strutture sono disciplinati con
provvedimento deliberativo dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio.
La privatizzazione del pubblico impiego trova la sua massima
espressione.
Solo il rapporto fiduciario con l’eletto consente l’assunzione ai
massimi incarichi regionali.
Chi gestisce i provvedimenti più complessi deve avere un esplicito
gradimento con l’amministratore.
I migliori saranno costretti a fare le valigie o a digerire
provvedimenti dettati dalla convenienza
particole dell’amministratore che non dalle norme in vigore.
Forse così è più facile aggiudicare i lavori, gestire la progettazione
attraverso deleghe a professionisti esterni
baipassando uffici e dirigenti che verranno pagati ugualmente, ma il
loro ruolo gestionale sarà ridotto sotto la guida nel nuovo consulente dell’amministrazione.
La Corte Costituzionale opportunamente ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
dell’articolo 5 della legge della Regione Piemonte 29 aprile 2011, n. 7, per
violazione degli artt. 3 e 97 Cost.
La Corte ha affermato, in tema di incarichi temporanei a soggetti
esterni all’amministrazione, il principio in base al quale la Regione può
derogare ai criteri statali di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, a condizione che
preveda, in alternativa, altri criteri di valutazione, ugualmente idonei a
garantire la competenza e la professionalità dei soggetti di cui si avvale e ad
assicurare che la scelta dei collaboratori esterni avvenga secondo i canoni
della buona amministrazione, onde evitare che sia consentito l’accesso a tali
uffici di personale esterno del tutto privo di qualificazione.
Simili forme di diretta collaborazione, per loro natura temporanee (in
quanto strettamente connesse con la permanenza in carica dell’organo di rappresentanza
politica dell’Ente), presuppongono che l’individuazione dei collaboratori
esterni avvenga anche sulla base di criteri di tipo fiduciario, dato il
carattere politico dell’organo che questi ultimi sono chiamati a coadiuvare.
Le Regioni possono dettare, in deroga ai criteri di selezione dettati
dall’art. 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, dei propri,
autonomi, criteri selettivi, che tengano conto della peculiarità dell’incarico
in conseguenza del necessario rapporto fiduciario con l’organo politico.
Tuttavia, la Corte ha sempre escluso che la selezione di tale personale
esterno di diretta collaborazione possa avvenire soltanto in base al predetto
rapporto fiduciario e, quindi, in totale assenza di criteri di valutazione
della professionalità e competenza.
La norma censurata, dispone che
la individuazione della professionalità esterna, di ausilio alle funzioni del
Presidente del Consiglio Regionale, possa avvenire esclusivamente sulla base di
«rapporti fiduciari», in deroga a quanto disposto dall’art. 7, comma 6, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e non prevede, in luogo di tali
criteri, alcun meccanismo di selezione alternativo che possa garantire la
professionalità del collaboratore esterno.
Essa, inoltre, non stabilisce alcun termine di cessazione della
collaborazione esterna e non commina la decadenza della stessa neppure alla
cessazione del mandato del Presidente del Consiglio regionale, rimettendo la
stessa determinazione del contenuto dell’incarico e quella dei rapporti con le
altre strutture ausiliarie ad una successiva delibera dell’Ufficio di
presidenza del Consiglio regionale, con notevoli margini di incertezza anche
nella definizione dei rapporti con il preesistente Ufficio di gabinetto, di cui
all’art. 14 della legge regionale n. 23 del 2008.
La forma di collaborazione
introdotta dalla disposizione censurata, pertanto, non risultando ancorata né a
precisi limiti temporali né ad obiettive e predeterminate esigenze funzionali
dell’organo politico, a causa di tale indeterminatezza viola il principio di
buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e quello di
ragionevolezza (art. 3 Cost.). Corte Costituzionale, 09/03/2012, n. 53.
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