Un costante
orientamento giurisprudenziale afferma che, ai sensi dell'art. 78, d.l.vo 18
agosto 2000 n. 267 e relativamente agli atti a carattere generale (quali gli
strumenti urbanistici), l'amministratore pubblico deve astenersi dal prendere
parte alla discussione ed alla votazione nei soli casi in cui sussista una
correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e
specifici interessi suoi o di parenti o affini fino al quarto grado; tale
obbligo di allontanamento dalla seduta, in quanto dettato al fine di garantire
la trasparenza e l'imparzialità dell'azione amministrativa, sorge per il solo
fatto che l'amministratore rivesta una posizione suscettibile di determinare,
anche in astratto, un conflitto di interesse, a nulla rilevando che lo
specifico fine privato sia stato o meno realizzato e che si sia prodotto o meno
un concreto pregiudizio per la p.a. (Consiglio di Stato sez. IV,
28 gennaio 2011, n. 693). Occorre che il consigliere versi in una condizione di
conflitto di interessi in quanto l’atto riguarda interessi propri o di loro
parenti o affini sino al quarto grado.
La
giurisprudenza ha chiarito che il concetto di « interesse » del consigliere
alla deliberazione comprende ogni situazione di conflitto o di contrasto di
situazioni personali, comportante una tensione della volontà, verso una
qualsiasi utilità che si possa ricavare dal contribuire all'adozione di una
delibera. (Cons. Stato, sez. IV, 23 settembre 1996, n. 1035). Tale regola, che
costituisce applicazione del principio, di livello costituzionale, di
imparzialità e buon andamento che deve contrassegnare l'azione dei pubblici
poteri (Cons. Stato, sez. IV, 4 novembre 2003 n. 7050).
La
norma è chiara nello stabilire che la violazione dell’obbligo di astensione
sussiste non solo nel caso di partecipazione alla votazione del consigliere in
conflitto di interessi, ma anche nel caso di partecipazione alla discussione. L'Amministratore
pubblico, in base al disposto dell'art. 78 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 ha
l’obbligo di allontanamento dalla seduta al fine di garantire la trasparenza e
l'imparzialità dell'azione amministrativa. (T.a.r. Abruzzo Pescara, 13 febbraio
2004, n. 208; Cons. Stato, sez. IV, 20 settembre 1993, n. 794).
Infatti,
anche coloro che si limitano a partecipare alla discussione contribuiscono alla
formazione della volontà dell’organo collegiale pur avendo essi
stessi
o loro parenti specifico interesse in ordine alla disciplina urbanistica in
discussione e possono incidere anche sulla votazione integrando il
quorum
costitutivo della seduta.
La
giurisprudenza (T.A.R. Liguria Sez. I, 16-05-2004, n. 1342) ha infatti
precisato che il consigliere comunale che versa in conflitto di interessi non
va computato nel numero dei consiglieri presenti in aula.
Inoltre,
deve sussistere un collegamento tra il contenuto della deliberazione e
l’interesse del consigliere che, con riferimento agli atti pianificatori
e
generali la legge definisce come correlazione immediata e diretta. Tale
correlazione deve avere in primo luogo carattere oggettivo,
tale
da manifestare o comunque rendere logicamente ipotizzabile la possibilità di un
conflitto di interesse ovvero la non estraneità di propri interessi rispetto ai
fatti sui quali si concorre a deliberare. (T.a.r. Lombardia Milano, sez. I, 11
marzo 1998, n. 52).
Nella
materia urbanistica, il conflitto di interessi non è peraltro escluso
nell’ipotesi che nessun concreto beneficio economico scaturisca per gli
immobili di proprietà dei consiglieri o dei loro prossimi congiunti, ai fini dell’incompatibilità
essendo sufficiente che sussista una relazione personale fra l'oggetto
dell'atto e l'amministratore, secondo una regola di carattere generale che non
ammette eccezioni e ricorre anche qualora la scelta discrezionale adottata sia
in concreto la più utile e la più opportuna per lo stesso interesse pubblico
(cfr. T.A.R. Liguria n. 818/04, cit.; Cons. Stato, sez. IV, 26 maggio 2003, n.
2826; T.A.R. Liguria, I, 19 ottobre 2007 n. 1773) in quanto la condotta di un
amministratore che utilizza il suo incarico pubblico per regolare gli interessi
propri e dei propri parenti comporta comunque una lesione dell’imparzialità
dell’amministrazione e della sua immagine che la legge intende evitare con un
giudizio ex ante in astratto.
Per
concludere, nel caso de quo l’assessore/consigliere comunale non potrà
partecipare sia alla discussione che alla votazione della variante di piano e dovrà,
pertanto, astenersi dal prenderne parte, in quanto riguardante un interesse
proprio, ex. Art. 78, comma 2, T.U enti locali.
Tale
obbligo di astensione è applicabile, poiché sussiste una correlazione immediata
e diretta tra il contenuto della deliberazione di cui in oggetto e la
“situazione di conflitto”.
Pertanto,
l’amministratore dovrà allontanarsi dalla seduta: la violazione dell’obbligo di
astensione e di partecipazione alla discussione costituisce causa di illegittimità
degli atti di adozione e di approvazione del piano (T.A.R. Milano Lombardia sez.
II, 19 maggio 2009, n. 3782).
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